Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12513 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12513 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
Oggetto: cartella di pagamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30810/2020 proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILmailcertEMAILavvocaturastatoEMAIL)
–
contro
ricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, n. 1515/12/20 depositata in data 17/02/2020;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-InRAGIONE_SOCIALE impugnava la cartella ed il ruolo da essa contenuto, emesso sulla base della pronuncia resa dalla CTR di Salerno n. 6208/2018;
-la CTP rigettava il ricorso;
-appellava la contribuente;
-con la sentenza gravata, la CTR ha rigettato l’impugnazione, ritenendo che -fermo restando il principio secondo il quale la cartella è atto impugnabile solo per vizi propri -nessuna decadenza era intervenuta poiché la pretesa oggetto del giudizio era basata su una sentenza i cui risultati erano oggetto del ruolo in riscossione; comunque, secondo il giudice dell’appello le censure proposte si riferivano a cartelle e documenti non prodotti in giudizio e riguardanti elementi diversi da quelli oggetto del processo;
-ricorre a questa Corte la RAGIONE_SOCIALE
-resiste con controricorso Agenzia delle Entrate – riscossione;
Considerato che:
-si deduce in ricorso la violazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 come modificato dal d.L. n. 106 del 2005, art. 1 c. 5 ter per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento non fosse stato impugnato;
-il motivo è inammissibile;
-invero, la censura consiste nell’esposizione in generale delle disposizioni relative alla notifica delle cartelle di pagamento, senza però aggredire la ratio decidendi della sentenza impugnata, che va individuata nell’affermazione, non contestata in ricorso, secondo la quale nessuna decadenza era intervenuta poiché la pretesa oggetto del giudizio era basata su una sentenza i cui risultati erano oggetto del ruolo in riscossione e
comunque, le censure proposte si riferivano a cartelle e documenti non prodotti in giudizio e riguardanti elementi diversi da quelli oggetto del processo;
-orbene, nei confronti di tale affermazione posta dalla CTR a base del proprio decidere, parte ricorrente in concreto non propone alcuna doglianza, mancando del tutto di individuare l’errore di diritto che assume esser stato commesso;
-la doglianza presentata risulta allora inammissibile poiché si appunta su questioni del tutto estranee all’ordito motivazionale fornito dalla corte distrettuale senza muovere invece alcuna critica alla ratio decidendi posta a base della decisione impugnata (“in tema di ricorso per cassazione è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata”, Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017). Più precisamente secondo la giurisprudenza di questa Corte il motivo d’ impugnazione è rappresentato dal l’ enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’ esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’ esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è
espressamente sanzionata con l’ inammissibilità ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (si vedano tra molte Cass. Sez. 3, Sentenza 14/3/2017 n. 6496, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005; tutte seguite da Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 18429 del 08/06/2022);
-pertanto, il ricorso va rigettato;
-le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 4.300,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei contribuenti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2025.