Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28508 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 28508 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
SENTENZA
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
sul ricorso iscritto al n. 24915/2023 R.G. proposto da: NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
REGIONE LOMBARDIA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO della LOMBARDIA n. 2484/2023 depositata il 02/08/2023. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udita la requisitoria del Procuratore Generale ed i difensori presenti, nella persona dell’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
In data 19.03.2021, la RAGIONE_SOCIALE di Varese –RAGIONE_SOCIALE ha notificato all’odierno ricorrente il verbale di contestazione Protocollo NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO Classificazione 9.11.2, con cui veniva determinato il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi in e uro 306.000,00 per l’attività di discarica abusiva/scarico di rifiuti in Cadegliano Viconago INDIRIZZO Sonneggio, ai sensi dell’art. 53 co. 5 della l.r. Lombardia 10/2003, oltre la sanzione quantificata in euro 918.000, per un totale di euro 1.224.000,00.
Con decreto di citazione diretta a giudizio davanti al Tribunale di Varese, ha parallelamente avuto origine un procedimento penale a carico dell’odierno ricorrente avente n. 2644/2020 R.G.N.R.
Il contribuente, con ricorso avanti la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Milano, ha indi impugnato l’ avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO del l’ 11.10.2021 e contestuale irrogazione delle sanzioni e degli oneri accessori (per Tributo Speciale per il conferimento in Discarica di Rifiuti Solidi) emesso in relazione a tali fatti.
Con sentenza n. 1735/2022, depositata in data 16.06.2022, la CTG 1° di Milano ha respinto il ricorso e condannato il ricorrente alla rifusione delle spese di lite.
Avverso la sentenza, il contribuente ha proposto appello e la Corte di Giustizia di 2° di Milano, con pronuncia n. 2484/2023, depositata in data 2.08.2023, ha respinto l’appello .
In particolare, la corte di gravame ha ritenuto provato il ruolo del contribuente e le sue condotte, basandosi sulle annotazioni dei RAGIONE_SOCIALE che lo avevano osservato trasportare rifiuti nella discarica e sulla contestazione penale per raccolta, trasporto e smaltimento giustificava la sua responsabilità solidale. La
quantificazione del tributo e della sanzione è stata considerata corretta, poiché, non essendo stato determinato il peso dei rifiuti ma solo il volume, si applicava la presunzione prevista dalla legge regionale e la presenza di rifiuti pericolosi, accertata dal sequestro preventivo, giustificava l’uso del coefficiente massimo previsto dalla normativa. Infine, la Corte ha confermato che la Regione Lombardia, difesa da un Avvocato dello Stato, poteva richiedere il pagamento delle spese legali, specificando comunque che anche se fosse stata difesa da un funzionario, le spese sarebbero state dovute, ma con una riduzione del 20%.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 4 motivi (erroneamente indicati come nn. 1, 2, 4 e 5), cui ha resistito con controricorso la Regione Lombardia.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
Successivamente il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c. in cui si è richiamato ai propri motivi.
In sede di udienza il difensore del contribuente ha chiesto l’acquisizione dell’atto di appello formulato in sede penale, successivo al deposito del ricorso e delle memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve ritenersi inammissibile la produzione documentale richiesta in udienza, in quanto non rientrante nei requisiti di ammissibilità di cui a ll’art. 372 c.p.c. e non prodotto ritualmente per via telematica.
Nel merito delle doglianze, con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione di norma di diritto ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e art. 15 D.Lgs. n. 546/92 sull’illegittima condanna alle spese di lite nei gradi di giudizio.
La Corte di secondo grado ha erroneamente ritenuto che la Regione Lombardia fosse difesa dall’Avvocatura dello Stato, mentre il legale apparteneva all’Avvocatura Regionale, i cui membri sono funzionari interni e non avvocati del libero foro. Poiché la normativa regionale non estende la rappresentanza alla giurisdizione tributaria, si chiede l’applicazione del principio secondo cui, in caso di difesa da parte di un funzionario dell’ente, il contribuente non può essere condannato alle spese legali. Il ricorso contesta quindi la condanna alle spese della sentenza impugnata.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione di diritto in ordine all’art. 52, c.1, lett. a) e b) l.r. Lombardia 10/2003 e l’assenza di legittimazione passiva in capo al ricorrente. In particolare, il ricorrente contesta la sentenza per non aver svolto una valutazione autonoma rispetto al procedimento penale, limitandosi a richiamarne l’esistenza senza verificare il reale coinvolgimento del ricorrente e sottolinea che non vi è alcuna prova del suo ruolo nella gestione della discarica o della sua responsabilità, e che la documentazione agli atti distingue chiaramente tra lui e un omonimo, con diversa data di nascita . L’attribuzione della qualifica di gestore e della relativa responsabilità è quindi ritenuta illegittima, così come la sua legittimazione passiva, mancando qualsiasi elemento concreto che lo colleghi ai fatti contestati.
2.2. Con il terzo motivo di ricorso (erroneamente rubricato dal ricorrente come n. 4), si lamenta la violazione della norma di diritto in ordine all’art. 1294 c.c. e art. 52, c.1, lett. a) e b) l.r. Lombardia 10/2003.
Si lamenta l’illegittima applicazione della solidarietà tributaria, sostenendo che non vi siano i presupposti per una responsabilità solidale tra i soggetti coinvolti, poiché i fatti e i parametri impositivi sono diversi. L’ente accertatore, non potendo at tribuire con certezza le responsabilità individuali, ha applicato una presunzione indebita di
concorso. Inoltre, si deduce che la solidarietà passiva è prevista solo per soggetti estranei (come proprietari o utilizzatori), non per presunti concorrenti e, infine, vi sarebbe violazione del principio di personalità della sanzione, poiché non è stata accertata con precisione l’attivit à illecita imputabile al ricorrente né l’ammontare della sanzione a lui riferibile.
2.3. Con il quarto motivo di ricorso (erroneamente indicato dal ricorrente come quinto), si deduce l’erronea applicazione dell’art. 58, comma 2 e 3, legge regionale Lombardia n. 10/2003.
Il ricorrente contesta che il tributo sia stato determinato in modo arbitrario, basandosi su presunzioni che ritiene applicate erroneamente. In particolare, sostiene che non ricorrevano i presupposti per applicare la presunzione prevista dal comma 2 dell’a rticolo 58 della legge regionale, poiché la relazione della Polizia Giudiziaria indicava chiaramente sia il luogo che la quantità dei materiali, rendendo possibile una determinazione precisa. Inoltre, contesta l’applicazione dell’imposta massima unitaria p revista dal comma 3, poiché dagli atti risultava che i rifiuti erano in gran parte riconducibili al settore edilizio e, quindi, soggetti a un’imposizione più bassa rispetto a quella applicata.
Il ricorso è inammissibile, in quanto difetta totalmente della descrizione dei fatti di causa sottostanti, sia per quanto concerne la fase anteriore al giudizio, che per la fase di giudizio. Questa lacuna, di per sé dirimente, si associa poi ad un’ulteriore caratteristica invalidante del ricorso, data dalla sua sollecitazione, per la maggior parte, ad una riconsiderazione nella presente sede di legittimità di aspetti prettamente fattuali e probatori della vicenda, già ampiamenti dipanati -per giunta con esiti conformi -dai giudici di merito.
2.1. L’art. 366 c. 1 n. 3 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, ratione temporis applicabile alla fattispecie, dispone che il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità anche la chiara
esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso.
2.2. Nel ricorso in analisi, pur essendo indicato l’oggetto, le parti e gli altri elementi necessari, tale requisito è del tutto pretermesso.
Non vi è alcun riferimento fattuale che possa costituire un riferimento alla illustrazione dei motivi di ricorso, in palese violazione dei principi di autosufficienza.
È bene richiamare la giurisprudenza maturata sul tema, la quale ha affermato che ‘È stato condivisibilmente ritenuto che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa da cui devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali in fatto ed in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e su cui si chiede alla Corte di Cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice del merito (Cass. 4.4.2006, n 7825)’ (Cass. 24/01/2011, n.1564), e che ‘il ricorso è inammissibile, poiché inosservante del requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità, dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.; nell’intendere la portata di tale elemento di contenuto forma dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, questa Corte, con indirizzo euristico ormai consolidato ed al quale si intende assicurare continuità, ha precisato che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chia ra ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i
presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito; al fondo, la prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di garantire al giudice di legittimità una conoscenza chiara e completa del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, al fine di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la stessa sentenza gravata (sul tema, cfr., ex plurimis , Cass., 08-20-2023, n. 3836; Cass. 08-03-2022, n. 7579; Cass. 03-11- 2020, n. 24432; Cass. 12-03-2020, n. 7025; Cass. 13-11-2018, n. 29093; Cass. 28-05-2018, n. 13312; Cass. 24-042018, n. 10072; Cass. 03-02-2015, n. 1926) ‘ (Cass. 09/01/2024, n.895).
3. Tale elemento, nel caso di specie, non può nemmeno essere desunto da altri atti del processo o dai motivi del ricorso (che sono comunque inidonei a tal fine): ‘3. Preliminarmente si rileva la mancanza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3), requisito essenziale poiché l’illustrazione dei fatti sostanziali e processuali della vicenda è funzionale alla comprensione dei m otivi e alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. 10072/2018, 7025/2020, 28780/2020). 3.1. Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che la mancanza di tale requisito ‘non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del
provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione’ (Cass. Sez. U., 11308/2014)’ (Cass., ord. 01/03/2022, n. 6611).
Deve dunque ritenersi che la inammissibilità di cui all’art. 366 c.1 n. 3 c.p.c. per difetto della chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso sussista anche quando gli stessi siano ricostruiti in altri atti del processo, ivi compreso il controricorso delle parti avversarie.
Inoltre, va rammentato che, trattandosi di inammissibilità, non è necessario provocare il contraddittorio sul punto, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., in quanto riservato alle questioni di merito: i l rilievo d’ufficio di cause di inammissibilità del ricorso per cassazione (nella specie, tardività del ricorso stesso e, altresì, inosservanza del disposto di cui al n. 6 dell’art. 366 c.p.c.) è sottratto alla regola espressa dall’art. 384, comma 3, c.p.c. -la quale impone al giudice di provocare il contradditorio sulla qu estione rilevata d’ufficio che è da riferirsi soltanto all’ipotesi in cui la Corte ritenga di dover decidere nel merito. (Cass., sez. VI, 20/07/2011, n.15964).
Il requisito in analisi è prescritto a pena di inammissibilità, sicché la conseguenza è la preclusione della verifica dei motivi di ricorso.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/10/2025.
Il Presidente Il consigliere estensore NOME COGNOME NOME COGNOME