Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7471 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7471 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
Cartella di pagamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23285/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del RAGIONE_SOCIALE, società incorporante della RAGIONE_SOCIALE, già rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, già elettivamente domiciliata presso l’avv. NOME COGNOME in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, e RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., domiciliate in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale sono rappresentate e difese ope legis ;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 157/2019 pubblicata in data 31/01/2019, non notificata; udita la relazione della causa svolta nell ‘ udienza pubblica del 13/12/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME udito il PM, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito l’avv . NOME COGNOME per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
La CTR del la Liguria rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE società incorporante della RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza della CTP della Spezia che ne aveva dichiarato inammissibile, perché tardivo, il ricorso proposto contro la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA dell’importo di euro 664.355,82, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 54bis d.P.R. n. 633 del 1972 della dichiarazione per l’anno di imposta 2010 , con cui era negato un credito IVA della società incorporata.
Contro tale decisione propone ricorso la società contribuente sulla base di tre motivi.
Agenzia delle entrate RAGIONE_SOCIALE e Agenzia delle entrate si difendono con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l ‘udienza pubblica del 7 giugno 2024 e poi per la nuova udienza del 13 dicembre 2024, per la quale il PM, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha concluso per l ‘ inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la società ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo per la valutazione della tempestiva impugnazione della cartella di pagamento, evidenziando
che la CTR avrebbe omesso di indagare sulla mancata indicazione nella stessa del termine entro cui proporre ricorso giurisdizionale, invocando l’orientamento di questa Corte che in casi siffatti ritiene tale circostanza idonea a rimettere in termini la parte.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 4 Cost. e dell’art. 101 cod. proc. civ., in relazione alla mancanza di autenticità della cartella di pagamento notificata a mezzo p.e.c. come semplice allegato in formato pdf. e non nel formato p7m., circostanza che renderebbe nulla la notifica, con conseguente ammissibilità del ricorso.
Con il terzo motivo di ricorso, la società deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, relativo all’ass enza di congrua motivazione dell’atto impugnato , nonché nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 , avendo la CTR errato nel non esaminare l ‘ eccepita mancanza di adeguata motivazione dell’atto , oggetto di motivo di appello.
1.1. Occorre premettere che a seguito della cancellazione dell’originario difensore dall’albo degli avvocati, come comunicato dalla cancelleria, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo con comunicazione effettuata alla società in persona del liquidatore p.t. (Cass., Sez. U., 14/11/2017, n. 26856 ha infatti statuito che nel procedimento di cassazione è invalida la comunicazione dell’avviso di fissazione di udienza nei confronti del difensore cancellatosi dall’albo in quanto indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla perché privo di jus postulandi ).
Occorre sempre preliminarmente rigettare l ‘ eccezione di inammissibilità del ricorso, avanzata dalla difesa erariale, secondo la
quale nella sentenza impugnata sarebbero presenti due distinte rationes decidendi (inammissibilità del ricorso e insussistenza di vizi della cartella), di cui solo la prima sarebbe stata impugnata.
A i fini dell’ applicabilità del predetto principio occorre, infatti, che le due rationes decidendi siano equiordinate, laddove nel caso di specie la CTR prima ha confermato l ‘ inammissibilità del ricorso, e poi, nel merito ha ritenuto comunque infondati alcuni vizi dedotti, genericamente proposti; soccorre sul punto il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in casi siffatti, il giudice che abbia pronunciato l ‘ inammissibilità del ricorso si spoglia della potestas iudicandi , per cui le considerazioni attinenti al merito della controversia devono considerarsi rese meramente ad abundantiam e pertanto la loro impugnazione è inammissibile.
E’ principio infatti consolidato di questa Corte che «Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della ” potestas iudicandi ” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ” ad abundantiam ” nella sentenza gravata» (Cass., Sez. U., 20/02/2007, n. 3840; conf. Cass. 20/08/2015, n. 17004; nonché Cass. 19/12/2017, n. 30393).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. In primo luogo, infatti, il motivo è formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.; essendo in presenza di una cd. doppia conforme (CTP e CTR hanno infatti entrambi ritenuto inammissibile l’originario ricorso perché tardivo ), è inammissibile la
deduzione di tale vizio; inoltre, in casi siffatti la parte ha l’onere di indicare quali fossero le ragioni diverse poste a base della medesima decisione.
La previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata ai sensi dell’art. 360 n. 5 la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado , si applica, agli effetti dell’art. 54, comma 1, del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dopo l’11/09/2012 (Cass. 11/05/2018, n. 11439).
Tale previsione, poi abrogata e il cui contenuto è stato riprodotto nell’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., è applicabile al giudizio in esame alla luce dell’art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 149 del 2022, come sostituito dall’art. 1, comma 380, lett. a) della l. n. 197 del 2022.
Nel caso di specie l’appello risulta introdotto in data 23/12/2015 e la sentenza di appello conferma la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso perché tardivo.
In casi siffatti, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22/12/2016, n. 26774) mentre nel caso di specie la ricorrente non ha osservato siffatto onere.
3.2. Ancora, il fatto di cui si lamenta l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. deve avere ad oggetto un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. 06/09/2019, n. 22397; Cass. 03/10/2018, n. 24035;
Cass. 08/09/2016, n. 17761; Cass., Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. 08/10/2014, n. 21152; Cass. 04/04/2014, n. 7983; Cass. 05/03/2014, n. 5133); il fatto in questione deve essere decisivo; per potersi configurare il vizio è necessario che la sua considerazione avrebbe condotto a diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass. 13/06/2022, n. 19049; Cass., Sez. U., 08/04/2022, n. 11453); il fatto stesso non deve essere stato esaminato dal giudice e deve essere un fatto, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale) che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti.
Nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. e dell’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., Sez. U., 30/07/2021, n. 21973).
Inoltre, giova anche precisare, con riferimento alla questione giuridica adombrata nel motivo, relativa alle conseguenze della mancata indicazione del termine entro cui fare ricorso, che qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere
nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass. 22/12/2005, n. 28480).
Nel caso di specie, di tale deduzione non vi è traccia nella sentenza; la ricorrente non ha indicato se e dove abbia dedotto la circostanza della mancanza, nella cartella, di indicazione del termine entro il quale proporre ricorso, ma si è limitata ad affermare che i giudici di primo grado e di appello non avrebbero indagato al riguardo; non ha richiamato né trascritto la cartella e la stessa circostanza fattuale risulta contestata dalla difesa erariale (pag. 10 del controricorso).
Il secondo motivo di ricorso, con cui è dedotta violazione di legge, e precisamente degli artt. 24 Cost. e 101 cod. civ., per la mancanza di autenticità della cartella notificata in formato .pdf e non in formato.p7m, è inammissibile.
4.1. In primo luogo, sul punto, valgono le medesime considerazioni espresse al par. 3.2., non avendo la ricorrente indicato di aver dedotto la questione, non trattata nella sentenza di appello, e il cui esame richiede un nuovo accertamento in fatto, quello relativo al formato della cartella.
In secondo luogo, il motivo omette del tutto di indicare le norme che regolano la notifica a mezzo p.e.c. della cartella che sarebbero state violate, profilando una diretta violazione delle disposizioni costituzionali, laddove questa Corte ha avuto modo di sottolineare, in più occasioni, che la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in quanto il contrasto tra la decisione
impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. Sez. U. 12/11/2020, n. 25573; Cass. 15/06/2018, n. 15879; Cass. 17/02/2014, n. 3708).
Occorre appena osservare peraltro che ai sensi dell’art. 26, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, la notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’art. 149 -bis del codice di procedura civile .
Questa Corte ha già ritenuto che in caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso (Cass. 19/12/2023, n. 35541; Cass. 27/11/2019, n. 30948; Cass. 12/01/2023, n. 801).
Il terzo motivo, con cui si deduce contestualmente omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e violazione di legge in relazione alla motivazione della cartella impugnata, e al contempo nel corpo di esso, si lamenta omessa pronuncia su un motivo di appello, è inammissibile.
5.1. La pluralità dei profili censori è di ostacolo, in primo luogo, alla stessa ammissibilità degli stessi, non consentendo di cogliere l’esatta critica mossa alla sentenza impugnata (Cass. 23/10/2018, n. 26874).
La CTR ha inoltre confermato l’inammissibilità del ricorso e quindi evidentemente non ha esaminato (e non doveva farlo, come visto in precedenza) le questioni relative al difetto di motivazione della cartella
impugnata, attinenti al merito della controversia. Si è invece limitata, ad abundantiam , a ritenere generiche le ulteriori censure, affermazione peraltro neanche censurata con il motivo in esame.
In riferimento al dedotto n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., valgono poi le medesime considerazioni di cui al par. 3.1., oltre che la ulteriore considerazione che con tale mezzo di impugnazione non può essere fatta valere una omessa pronuncia (Cass. 22/01/2018, n. 1539).
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, essendo inammissibili tutti i motivi proposti.
Ne segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle Agenzie controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle agenzie controricorrenti, spese che liquida in euro 13.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2024.