Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14812 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14812 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13587/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO -controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE
-intimata-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sede in ROMA, n. 5462/2019 depositata il 26/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di rettifica e liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO l’Agenzia delle Entrate sottoponeva ad accertamento il valore dell’immobile ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione’ alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (oggi RAGIONE_SOCIALE) per il valore dichiarato di €6.500.000,00, consistente in un complesso industriale da cielo a terra, sito in Comune di Roma (RM), ed oggetto di trasferimento con atto notarile soggetto a tassa di registro, rettificandolo in € 9.480.000,00 sulla scorta di apposita perizia.
Con separati ricorsi le società contribuenti impugnavano l’avviso contestando il difetto di valida sottoscrizione, la carenza di motivazione, la violazione del diritto al contraddittorio, l’eccessività del valore accertato.
Con sentenza n. 1366/26/18, depositata in data 17.01.2017, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, dopo averne disposto la riunione, rigettava i ricorsi.
Le contribuenti impugnavano la decisione di prime cure, e la CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe indicata, previo espletamento di CTU, accoglieva parzialmente l’appello.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
L’intimata RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha depositato controricorso.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380. bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare , l’Agenzia delle Entrate ha eccepito che la mancata impugnazione da parte del venditore -nei cui confronti è dunque passata in giudicato la quantificazione stabilita dal giudice di appello -sortirebbe effetto vincolante e preclusivo anche nei riguardi del coobbligato acquirente.
La censura non merita accoglimento.
L’esito diverso del giudizio di impugnazione in favore di un coobbligato ricorrente, eventualmente favorevole, non può certamente essere precluso dalla mancata impugnazione da parte del venditore coobbligato. La tesi della difesa erariale finirebbe per ritenere obbligatoria la proposizione del gravame da parte di tutti i contribuenti, pena la cristallizzazione dell’obbligo impositivo, in evidente contrasto con gli stessi principi generali sottostanti la riconosciuta possibilità di impugnare le decisioni.
Non viene nemmeno in rilievo l’ ipotesi di cui all’art. 1306 c.c., perché si tratterebbe di estensione in malam partem. Non si verte quindi di una fattispecie di estensione soggettiva del giudicato interno.
Con una seconda eccezione, la difesa erariale ha rilevato che il ricorso è composto di quattro motivi articolati, all’interno di ognuno sono contenute diverse censure, ed ha contestato tale modalità di redazione dell’atto, eccependo genericamente la inammissibilità dei motivi ‘ misti ‘ .
Tale eccezione non merita accoglimento, in quanto generica perchè priva di riscontro con riferimento alle specifiche doglianze. Può (deve) invece essere analizzata con riferimento ad ogni singolo motivo, sotto la prospettiva della ammissibilità ovvero inammissibilità delle singole censure. Ciò in quanto il ricorso per cassazione segnato da motivi articolati e compositi non è di per sé inammissibile, trattandosi di verificare se ciascuna doglianza, pur coacervata, permetta comunque l’esatta ed univoca individuazione delle singole censure con essa cumulativamente veicolate.
Con il primo motivo di ricorso si deduce testualmente: ‘Omessa pronuncia, omessa motivazione e omesso esame da parte della sentenza d’appello circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, riguardante l’assenza di un’idonea delega alla sottoscrizio ne dell’impugnato avviso di rettifica e la mancanza di prova della necessaria qualifica funzionale del dipendente delegato – Concorrente e/o alternativa violazione o falsa applicazione del combinato disposto dall’art. 13 del D.Lgs, n. 347/1990, dell’art . 52 del D.P.R. n. 131/1986 e dell’art. 42 del D.P.R, n. 600/1973 26 nonché, per quanto di vantaggio, degli artt. 4, 16 e 17 del D.Lgs. n, 165/2001 e degli artt. 21-septies e 21octies della legge n. 241/1990.’
3.1. La parte ricorrente afferma espressamente trattarsi di quattro concorrenti e/o alternativi vizi dell’impugnata sentenza riguardanti la stessa questione, che vanno trattati ed esaminati congiuntamente, tenendone divise le rispettive ragioni, perché intimamente connessi e sussumibili sotto diverse categorie di vizi di legittimità concernenti però il medesimo aspetto, ancorché espressi in unica doglianza cumulativa.
3.2. Sotto un primo profilo, al punto 1.1., si lamenta che con originario ricorso di primo grado la RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE ha dedotto in via preliminare l’invalidità del l’ avviso di rettifica per l’a ssenza di una valida delega in capo al funzionario che lo ha sottoscritto e/o per il difetto della necessaria qualifica legittimante ques t’ ultimo soggetto, rilevando l’ omessa pronuncia o in subordine l’ omessa motivazione e/o per omesso esame del relativo fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.
3.3. La censura, laddove il ricorrente intendesse prospettarla come autonoma doglianza, è inammissibile, in quanto non è dato comprendere sotto quale vizio tipico si ritenga di far valere la doglianza, rimettendo alla Corte una inammissibile scelta del percorso logico da seguire per ricostruire la doglianza stessa.
3.4. Al punto 1.2.) si deduce, con riferimento a quanto espresso nel precedente punto 1.1., l’omessa pronuncia su tutta la domanda sottoposta all’esame del giudice di gravame, come stabilito dall’art. 112 c.p.c., con conseguente vizio di attività (error in procedendo) che produrrebbe la nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c.: l a CTR non si sarebbe pronunciata sull’assenza di una valida delega in capo al funzionario che ha sottoscritto l’atto e/o per il difetto della necessaria quali fica legittimante di quest’ultimo soggetto.
3.5. Al punto 1.3. rileva il ricorrente che, ove si dovesse ritenere tale eccezione implicitamente rigettata dalla sentenza d’appello, ne discenderebbe allora un vizio di omessa motivazione da parte della stessa sentenza sul medesimo fatto decisivo riguardante il difetto di valida sottoscrizione del l’ atto impugnato. Tale violazione comporta la nullità delia sentenza medesima, indubbiamente rilevante ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c.
3.6. Al punto 1.4. si deduce che ‘nel (non) esaminare la censura di invalida sottoscrizione dell’avviso di rettifica formulata dalla parte privata il Giudice d’appello la ha arbitrariamente rigettata sulla sola base dell’erronea asserzione che «gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fine della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso’, con ciò incorrendo in vizio censurabile a norma del novellato art. 360. comma 1. n. 5 c.p.c.
3.7. Infine, al punto 1.5. si contesta la violazione di legge (rilevante ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.,) derivante dall’avere, la Commissione Regionale, mancato di decretare l’invalidità e illegittimità del contestato avviso di rettifica che è stato sottoscritto con sigla illeggibile da un soggetto privo del relativo potere, in violazione della vigente disciplina che impone che fatto impositivo venga sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’Ufficio emittente o da un impiegato della
carriera direttiva (addetto a tale Ufficio) validamente delegato dal reggente di questo.
3.8. Le censure sono inammissibili.
3.9. L’inammissibilità discende innanzitutto dal loro confezionamento come motivo composito, simultaneamente volto a denunciare violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo al principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443) (Cass., sez. I, 23/10/2018, 23/10/2018), n.26874).
3.10. Ancorché il ricorrente le abbia suddivise, trattandole singolarmente all’interno del motivo plurimo rubricato come motivo n. 1, permane una contraddittoria prospettazione tra gli stessi, volta a far valere ogni possibile vizio tipizzato dall’art. 360 c.1 c.p.c., ma senza una specifica, chiara e intellegibile posizione.
3.11. Rimettere al giudice di legittimità il compito di individuare le singole obiezioni teoricamente avanzabili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi di impugnazione previsti dall’articolo 360 del codice di procedura civile, e successivamente determinare quali disposizioni potrebbero essere pertinenti a tale scopo, comporta l’attribuzione, in modo inammissibile, al giudice di legittimità il compito di definire il contenuto giuridico delle contestazioni sollevate dal ricorrente, in violazione altresì del contraddittorio.
3.12. La censura si palesa quindi affetta da inammissibilità.
3.13. La censura sarebbe in ogni caso anche infondata.
La Agenzia delle Entrate ha prodotto in giudizio la ‘disposizione di servizio’ n. 75/2015 e l’avviso risulta firmato dalla dott.ssa NOME COGNOMEquale funzionario area terza funzionale), preventivamente delegata alla firma dal direttore ufficio con la disposizione di servizio.
Si tratta dunque di una delega ‘di firma’ ingenerante presunzione, superabile ex adverso con allegazione della usurpazione di potere (Cass. n. 2394/19 ed altre), che però non è stata eccepita.
Con un secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 13 del D.Lgs. n. 347/1990 e degli artt. 51 e 52 del D.P.R. n. 131/1986, degli artt. 1, 7 e 36 del D.Lgs. n. 546/1992, degli artt. 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonché degli artt. 23, 24, 53, 101, 104, 108, 111 e 113 Cost., degli artt. 6 e 13 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, e degli artt. 20, 47 e 48 del la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in relazione all’inammissibile e d illegittima determinazione del presunto maggior valore dell’immobile compravenduto mediante un metodo e criteri ed elementi estimativi completamente diversi da quelli posti a base dell’impugnato avviso di rettifica.
4.1. La ricorrente contesta l’acritico e pedissequo recepimento del valore dell’immobile che è stato stimato dal C.T.U. mediante un metodo e criteri diversi da quelli posti a base dell’impugnato avviso di rettifica e liquidazione. Dovendo invece essere sin dall ‘origine sorretto da una motivazione adeguata a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio finanziario nell’eventuale fase contenziosa e il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, il recepimento della CTU avrebbe determinato la violazione delle ventiquattro diverse disposizioni normative espressamente indicate dal ricorrente.
Si contesta anche che la Commissione Tributaria abbia ‘il potere di correggere, integrare e/o sanare un atto impositivo errato, lacunoso e infondato ab origine ‘.
4.2. Con tale motivo si tende, in realtà, a provocare una inammissibile diversa valutazione delle prove operata dalla CTR (cfr. p. 52, secondo periodo, del ricorso) e, al contempo, si contesta, sostanzialmente, la possibilità stessa di espletare una CTU che, pur dando parziale ragione al contribuente, abbia seguito un criterio metodologico che si assume essere differente da quello seguito nel provvedimento impositivo.
4.3. La censura è da un lato inammissibile, dall’altro palesemente infondata, in quanto scopo della consulenza di ufficio è proprio quello di consentire al giudice di verificare il percorso logico seguito, il metodo di calcolo e le risultanze così ottenute alla luce dei dati di fatto, sostituendosi se del caso alla diversa conclusione raggiunta in sede provvedimentale dall’amministrazione, nel rispetto della natura di giudizio di impugnazione-merito tipica del giudizio tributario.
4.4. Le dedotte violazioni della Convenzione EDU e della CDFUE, invece, sono del tutto generiche, non consentendo di comprendere in cosa effettivamente sarebbe consistita, in parte qua, la violazione, che viene complessivamente attribuita ad un impianto normativo composto da ben 24 diverse disposizioni di vario genere e rilevanza, senza ulteriori chiare specificazioni.
4.5. Anche il secondo motivo va dunque respinto.
Con il motivo rubricato al n. 3, si contesta testualmente la ‘omessa pronuncia, omessa motivazione e omesso esame da parte della sentenza d’appello circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, riguardante l’arbitraria e invalidante modificazione ed integrazione postuma della rettifica fiscale, e l’accertata e persino riconosciuta sussistenza dei denunciati vizi, errori ed omissioni dell’impugnato avviso di rettifica -Concorrente e/o alternativa
violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 13 del D.Lgs. n. 347/1990, degli artt. 51 e 52 del D.P.R. n. 131/1986, e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 1, 7 e 36 del D.Lgs. n. 546/1992, degli artt 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 24, 101, 104, 108, 111 e 113 Cost, degli artt. 6 e 13 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, degli artt. 20, 47 e 48 della Carta dei Diritti Fond amentali dell’Unione Europea, dell’art 2 -quater del D.L. n. 564/1994 e degli artt. 1 e segg. del D.M. n. 37/1997′.
5.1. Anche in questo caso la parte ricorrente afferma espressamente trattarsi di quattro concorrenti e/o alternativi vizi dell’impugnata sentenza riguardanti la stessa questione, che vanno trattati ed esaminati congiuntamente, tenendone divise le rispettive ragioni, perché intimamente connessi e sussumibili sotto diverse categorie di vizi di legittimità concernenti però il medesimo aspetto, ancorché espressi in unica doglianza cumulativa.
5.2. Anche in questo caso le censure appaiono scarsamente intellegibili.
5.3. Al punto 3.1) si deduce la ‘Ricostruzione delle questioni sollevate dalla Società contribuente circa l’accertata e persino riconosciuta sussistenza dei denunciati vizi, errori ed omissioni dell’avviso di rettifica e la tardiva, inammissibile, illegittima e invalidante modificazione ed integrazione postuma del suo contenuto e della sua motivazione, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso’.
Si contesta in sostanza, ma non è chiaro comprendere sotto quale profilo introducibile in sede di legittimità, che la amministrazione avrebbe fatto arbitrariamente ‘ scivolare ‘ nel processo d’appello, in maniera obliqua e irrituale, una tardiva e inaccettabile modificazione, integrazione e revisione postuma della ‘stima”‘, peraltro favorevole al contribuente rispetto alla precedente.
5.4. Se trattasi di censura, la stessa è del tutto priva di argomenti intellegibili, e come tale va dichiarata inammissibile.
5.5. Al punto 3.2., invece, si contesta la omessa pronuncia: nonostante le deduzioni, eccezioni e domande ritualmente proposte dalla parte appellante (come ricostruite nel punto 3.1. che precede), la Commissione Regionale avrebbe mancato di valutarle e comunque di pronunciarsi su di esse.
5.6. Il motivo è infondato.
5.7. Va rammentato che, nella motivazione della propria decisione, il giudice è libero di attingere il proprio convincimento utilizzando i dati probatori che ritiene rilevanti e (così) concludenti ai fini della definizione della lite contestata, né è tenuto ad analiticamente disattendere tutte le risultanze processuali prospettate dalle parti, essendo sufficiente che egli abbia indicato gli elementi posti a fondamento del decisum dai quali possano desumersi come confutati per implicito quelli non accolti (v. Cass., 5 febbraio 2024, n. 3232; Cass., 4 luglio 2017, n. 16467; Cass., 18 ottobre 2001, n. 12751; Cass., 24 maggio 1999, n. 5045).
5.8. Laddove invece la censura, che, si è detto, appare difficilmente ricostruibile, intendesse contestare la valutazione operata dalla CTR, si propone nuovamente la preclusione in precedenza evidenziata, in merito alla impossibilità, in sede di legittimità, di introdurre una diversa valutazione delle prove.
5.9. Al successivo punto 3.3. si deduce il ‘vizio di omessa motivazione da parte della (..) sentenza sul medesimo fatto decisivo riguardante l’accertamento e riconoscimento della plateale erroneità, lacunosità ed infondatezza dell’impugnato avviso di rettifica, e la sua tardiva, illegittima e invalidante modificazione postuma’.
5.10. In particolare, si lamenta che ‘Statuendo in maniera aprioristica e tautologica che «gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti
ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso» (cfr. in tal senso la pagina 6 dell’impugnata sentenza). (…) La Commissione Regionale, quindi, ha completamente omesso di motivare sui denunciati vizi che inficiano in radice l’ atto impugnato per la sua riscontrata erroneità, incompletezza e infondatezza, e per la sua tardiva ed illegittima modificazione in corso di causa, vizi che hanno carattere decisivo per la soluzione della lite e rispetto ai quali la sentenza d’appello non ha in alcun modo esternato le ragioni del l’ ipotetica, ma di fatto mancante, decisione assunta al riguardo’.
5.11. La lunghezza, la inintellegibilità della ricostruzione e la superfetazione delle contestazioni non consentono di comprendere, in base al principio di autosufficienza e specificità, a cosa si stia in concreto riferendo la parte ricorrente, e quali siano gli esatti riferimenti agli atti del giudizio, con conseguente inammissibilità della censura.
5.12. Infine, al punto 3.4., si contesta anche il vizio previsto dal nuovo testo dell’art. 360, comma 1 , n. 5), c.p.c. e, al punto 3.5., il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto che si imputa alla sentenza impugnata rispetto alle questioni sopra ricostruite. In particolare si assume che risulterebbe violato il ‘combinato disposto dell’ art. 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, degli artt. 51 e 52 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., come costantemente interpretati dalla più volte citata giurisprudenza di legittimità, nonché i propri doveri costituzionali di imparzialità, terzietà ed indipendenza, in aperta violazione delle norme che ne regolano i poteri, ovvero degli artt. 1, 7 e 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt. 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 24, 101, 104, 108, 111 e 113 Cost., degli artt. 6 e 13 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, degli art. 20, 47 e 48 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 2 -quater del D.L. n.
564/1994 e degli artt. 1 e segg. del D.M.n. 37/1997′, per un totale di ventisette diverse norme di valore legislativo ordinario, secondario, costituzionale e sovranazionale.
5.13. Vale anche in questo caso quanto già riferito con riferimento al primo motivo, in ordine alla concreta modalità di formulazione del motivo misto.
Il ricorrente ha presentato censure tra loro contraddittorie, e scarsamente comprensibili, senza assumere una posizione chiara e specifica. Affidare al giudice di legittimità il compito di individuare e classificare le obiezioni sollevate sarebbe inammissibile, poiché gli attribuirebbe il compito di definire il contenuto giuridico delle contestazioni, con menomazione dello stesso principio di terzietà.
5.14. Quanto alle specifiche dedotte violazioni della Convenzione EDU e della CDFUE, va nuovamente ribadito che sono del tutto generiche, non consentendo di comprendere in cosa effettivamente sarebbe consistita, in parte qua, la violazione, che viene complessivamente attribuita ad un impianto normativo composto da numerose diverse disposizioni di vario genere e rilevanza.
5.15. Pertanto, la censura è dichiarata inammissibile.
Con riferimento al motivo rubricato come n. 4 si deduce, testualmente, l”Omessa pronuncia, omessa motivazione e omesso esame da parte della sentenza d’appello circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, riguardante la carenza di motivazione e di prova dell’impugnato avviso di rettifica ed i suoi molteplici vizi ed errori Concorrente e/o alternativa violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 13 del D.Lgs. n. 347/1990 e degli artt. 51 e 52 del D.P.R. n. 131/1986, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e delle previsioni del D.P.R, n. 138/1998, in relazione alla denunciata erroneità, infondatezza ed illegittimità dell’impugnato avviso di rettifica.’
6.1. Tale ultimo motivo è prospettato anche esso con la tecnica della formulazione di quattro concorrenti e/o alternativi vizi dell’impugnata sentenza riguardanti la stessa questione, che il ricorrente ritiene vadano trattati ed esaminati congiuntamente, tenendone divise le rispettive ragioni, perché intimamente connessi e sussumibili sotto diverse categorie di vizi di legittimità concernenti però il medesimo aspetto, ancorché espressi in unica doglianza cumulativa.
6.2. La questione -come specificato al punto 4.1. del ricorso attiene, sostanzialmente, alla carenza di motivazione, di giustificazione e di prova dell’atto di accertamento, perché sarebbe ‘basato su elementi fallaci o inconsistenti, inconferenti od estranei alle previsioni di legge’.
6.3. Al punto 4.2., con riferimento a tale aspetto, si contesta che la Commissione Regionale avrebbe totalmente mancato di valutare e comunque di pronunciarsi su tutte le suddette specifiche deduzioni, eccezioni e domande proposte dalla parte appellata, con conseguente vizio di omessa pronuncia e nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c.
6.4. Al punto 4.3., con riferimento a tale aspetto, si contesta invece, la omessa motivazione sul punto da parte della CTR, che avrebbe integrato così il paradigma della motivazione totalmente assente o comunque solo apparente, integrando nuovamente il vizio di mancanza della motivazione agli effetti di cui all’art. 132, n. 4), c.p.c.
6.5. Al punto 4.4, la stessa questione viene prospettata sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 360 c.1 n. 5 c.p.c. e, infine, al punto 4.5., viene ritenuta integrante anche il vizio plurimo di violazione di legge, in relazione al combinato disposto degli art. 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e degli artt. 51 e 52 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. nonché degli artt. 2697, 2727 c 2729 c.c. e delle disposizioni dei D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138.
6.6. Vale anche in questo caso quanto già argomentato in ordine alla inammissibilità dei motivi plurimi prospettati nelle censure di cui ai nn. 1, 3 e 4, alle cui riflessioni ci si riporta.
6.6. Anche tali quattro ultime doglianze sono dunque da dichiarare inammissibili.
Alla luce di quanto rilevato, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo in considerazione dell’esito della lite, dell’ampiezza (circa 125 pagine di ricorso) e delle modalità prismatiche e contorte di redazione dell’atto introduttivo, che hanno determinato un defatigante sforzo ricostruttivo ed argomentativo per la controparte, non consono né ai limiti protocollari vigenti in materia né all’entità giuridica obiettiva della lite.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025 .
Il Presidente
NOME COGNOME