Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4979 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4979  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8826/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il  suo studio sito in INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso  la  sentenza  della  COMM.TRIB.REG.  LAZIO -SEZIONE DISTACCATA  DI  LATINA  n.  6048/40/2016,  depositata  in  data  14 ottobre 2016.
Udita la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  21  gennaio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
 Con  avviso  di  accertamento,  per  l’anno  di  imposta  2007, notificato a NOME COGNOME, titolare di una quota di
Avv. Acc. IRPEF 2007
partecipazione pari al 50% del capitale della RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE richiedeva il quantum nel medesimo atto dettagliato, in forza del dato per cui l’omessa contabilizzazione di ricavi tra i soci di una RAGIONE_SOCIALE a responsabilità limitata a ristretta base societaria dovesse ritenersi indice della distribuzione in nero dei medesimi, e comunque in ragione RAGIONE_SOCIALE chiare risultanze del verbale di constatazione del 4 novembre 2009, redatto dalla competente Guardia di Finanza di Latina.
 Avverso  l’avviso  di  accertamento  il  contribuente  proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Latina; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
 La  C.t.p.  di  Latina,  con  sentenza  n.  23/06/2013,  rigettava  il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
 Con  sentenza  n.  4654/39/2015  la  C.t.r.  adita  rigettava  il gravame del contribuente.
Avverso  la  sentenza  della  C.t.r.  del Lazio, il  contribuente proponeva  ricorso  per  revocazione  dinanzi  la  stessa  C.t.r.;  si costituiva anche l’Ufficio, chiedendone l’inammissibilità.
La C.t.r., con sentenza n. 6048/40/2016, depositata in data 14 ottobre 2016, rigettava il ricorso per revocazione.
 Avverso  la  sentenza  della  C.t.r.  del  Lazio,  il  contribuente  ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025.
Considerato che:
 Con  il  primo  motivo  di  ricorso,  così  rubricato:  «Violazione  di legge  art.  29  D.Lgs.  31  dicembre  1992,  n.  546»  il  contribuente lamenta  l’ error  in  procedendo nella  parte  in  cui,  nella  sentenza
impugnata, la RAGIONE_SOCIALE non ha disposto la riunione dei quattro ricorsi per revocazione proposti dal COGNOME, con riferimento all’annualità di  cui  è  causa  ed  altre,  avverso  altrettante  sentenze  emesse  in appello.
1.2.  Con  il  secondo  motivo  di  ricorso,  così  rubricato:  «Errore  di fatto ex art. 395, primo comma,  n.  4, cod. proc. civ.» il contribuente  lamenta  l’errore  di  fatto  nella  parte  in  cui,  nella sentenza impugnata,  la RAGIONE_SOCIALE.t.r. non  ha  proceduto  a verificare l’invalidità dell’atto presupposto a quello ad esso notificato (avviso di  accertamento  alla  società),  la  quale  si  sarebbe  poi  ripercorsa sulla validità dell’avviso al socio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Errore di fatto sull’esistenza  di  utili  tassabili»  il  contribuente  lamenta  l’errore  di fatto nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non si è avveduta, da risultanze processuali, della mancanza di utili tassabili distribuiti ai soci.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Ritrovamento di nuovi documenti decisivi» il contribuente lamenta (non specificandolo espressamente in rubrica) l’errore di fatto nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha valutato i nuovi documenti emersi attinenti all’estraneità del contribuente all’attività illecita della società accertata in sede penale.
Il primo motivo di ricorso proposto è inammissibile; con esso, in particolare,  parte  ricorrente  censura  la  sentenza  della  C.t.r.  nella parte  in  cui  non  ha  disposto  la  riunione,  derivante  da  ragioni oggettive e soggettive, di quattro ricorsi per revocazione proposti avverso altrettante sentenze.
2.1. L’art.  29  del  d.lgs.  n.  546  del  1992  prevede  che:  «in qualunque momento il presidente della sezione dispone con decreto alla riunione dei ricorsi assegnati alla sezione da lui presieduta che hanno  lo  stesso  oggetto  o  sono  fra  loro  connessi.  Se  i  processi pendono  dinanzi  a  sezioni  diverse  della  stessa  commissione,  il
presidente di questa, di ufficio, su istanza di parte o su segnalazione dei presidenti RAGIONE_SOCIALE sezioni, determina con decreto la sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, riservando a tale sezione di provvedere ai sensi del comma precedente».
2.2. Trattasi evidentemente di un potere ordinatorio del giudice che lo esercita, che non tollera censure siccome preordinato al principio dell’economia dei giudizi e che non è sanzionato da alcuna nullità. In questo senso, questa Corte ha chiarito che il provvedimento di riunione di cause non è suscettibile di impugnazione innanzi ad altri uffici giudiziari (Cass. n. 15031/2014). Ancora, similmente, (Cass. 30/09/2022, n. 28539; Cass. 30/03/2018, n. 8024), si è sostenuto che, in tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione e di separazione, fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità.
 Il  secondo  motivo  di  ricorso  è  ugualmente  inammissibile;  con esso  parte  ricorrente  censura  l’errore  di  fatto  della  RAGIONE_SOCIALE.t.rRAGIONE_SOCIALE  laddove non ha verificato l’invalidità dell’atto presupposto a quello notificato al  contribuente  (avviso  di  accertamento  alla  società),  la  quale  si sarebbe poi ripercorsa sulla validità dell’avviso al socio.
3.1. La RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha rigettato il ricorso in quanto non ha ritenuto che vi fosse stato l’errore di fatto invocato dal contribuente.
In questa materia, con un recente arresto le SS.UU. di questa Corte hanno ulteriormente puntualizzato il principio secondo cui l’errore di fatto revocatorio, ai sensi dell’art. 395, comma 4, cod. proc. civ., consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato, sicché i vizi relativi
all’interpretazione  della  domanda  giudiziale  non  rientrano  nella nozione  di  “errore  di  fatto”  denunciabile  mediante  impugnazione per  revocazione  (Cass.,  SS.UU.,  n.  13417/2023,  che  richiama anche Cass. n. 6505/2018).
3.2. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE ha illustrato adeguatamente che le suindicate caratteristiche non si riscontravano nel preteso errore di fatto denunciato da NOME COGNOME, il quale assumeva che l’errore si sarebbe dovuto desumere dagli atti prodotti in giudizio. In proposito, la RAGIONE_SOCIALE ha avuto cura di affermare che il Giudice del gravame, «avendo chiara proprio la rappresentazione della situazione fattuale evidenziata con il ricorso per revocazione, ha ritenuto, in diritto, che tale situazione non fosse idonea a ribaltare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili già ritenuta dal Giudice di prime cure (v. punto 4.2. della sentenza n. 4550/39/2015)».
3.3. Invece, ricorrendo dinanzi a questa Corte, il contribuente non contesta  la  natura  valutativa  dell’errore  invocato  ma  ripropone pedissequamente  la  censura  per  revocazione  proposta  dinanzi  al Giudice del merito; ciò è reso palese anche dalla stessa denominazione del motivo proposto e dalla mancanza del riferimento ai motivi elencati all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. per proporre ricorso in cassazione; da qui l’inammissibilità del motivo.
Infine,  l’errore  invocato  non  sarebbe  stato  comunque  decisivo, perchè  nessun  rilievo  poteva  avere  l’eventuale  invalidità  della notifica  dell’accertamento  societario  alla  società,  dato  che  non  si configura alcuna lesione del diritto di difesa del ricorrente, il quale aveva ammesso che tale avviso gli è stato notificato unitamente al suo.
Il terzo motivo,  relativo all’errore di fatto  concernente  la mancanza di utili tassabili distribuiti ai soci, è parimenti inammissibile.
Nella censura non viene dedotto lo specifico motivo di cassazione, né le norme di diritto su cui si fonda e nemmeno indicato gli atti processuali su cui la doglianza si fonda; vieppiù che con essa viene, sostanzialmente, richiesta alla Corte una inammissibile e rinnovata indagine degli atti e documenti di causa.
4.1. In base all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il decisum della sentenza gravata. (Cass. 21/07/2020, n. 15517). Infatti, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21296).
4.2. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso,  che  assumono  una  funzione  identificativa,  condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate  dal  codice  di  rito.  Ne  consegue  che  il  motivo  del
ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 14/05/2018, n. 11603). Si è, altresì, precisato che l’esposizione cumulativa RAGIONE_SOCIALE questioni non è consentita ove rimetta al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili; viceversa, la formulazione del motivo deve permettere di cogliere con chiarezza le doglianze cumulate, sicché queste devono essere prospettate in maniera tale da consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. 23/10/2018, n. 26790).
Infine anche il quarto motivo è infondato.
Esso verte sull’asserito  mancato  esame  di  nuova  documentazione (‘ritrovamento di elementi decisivi’) relativa all’accertata, in sede penale, estraneità del contribuente all’attività illecita della società.
Sul precipuo punto, reiterate le riflessioni espresse sub 4 e ss, va rilevato che la denuncia di un nuovo documento può integrare un motivo di revocazione ma non una censura di legittimità; vieppiù che non è stata nemmeno illustrata la decisività.
Quanto  alla  valenza  in  questa  sede  del  decreto  di  archiviazione, valgono le considerazioni che seguono.
Va dato atto della nuova disciplina in tema di riforma dei reati tributari intervenuta con il d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n. 111 del 2023, pubblicato sulla G.U. n. 150 del 28/6/2024 ed entrato in vigore il 29/6/2024). Tale norma con l’art. 1, comma 1, lett. m. ha introdotto, nel corpo del d.lgs. 10 marzo 2000, n 74, l’art. 21 bis, rubricato ‘Efficacia RAGIONE_SOCIALE sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione’, che così dispone, per quel che in questa sede interessa: ‘1.La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha
commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2.La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.’ Tale ius superveniens si applica anche ai casi (come quello per cui è causa in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 87 del 2024, purché, alla data di entrata in vigore del d.lgs., sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una RAGIONE_SOCIALE formule ‘di merito’ previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso) (Cass. 03/09/2024, n.23570). 3.2. Orbene, nel caso di specie, posto che la valutazione va fatta ex officio , non viene in questione una sentenza di assoluzione irrevocabile con le formule suindicate ma un decreto di archiviazione, evidentemente normativamente non contemplato.
5.1. Quanto alla sollevata questione di legittimità costituzionale in punto di compatibilità della composizione RAGIONE_SOCIALE Commissioni con i dettami del giusto ovvero dell’equo processo e perché la C.t.r. non avrebbe motivato sulla richiesta di rimessione alla Consulta, essa va disattesa. Premesso che anche in questo caso si riscontra la violazione del principio di autosufficienza nella parte in cui non è stato dedotto uno specifico motivo né le norme di diritto su cui si fonda, essa si palesa irrilevante ai fini della decisione della specifica questione sottoposta al vaglio di questa Corte nonché mancante del requisito della ‘non manifesta infondatezza’, stante il margine di
autonomia  del  legislatore  processuale -riconosciuto  anche  dalla giurisprudenza  della  Corte  europea  sull’art.  6  della  Cedu  nella determinazione  della  composizione  dei  Collegi,  autonomia  che supporta necessariamente la normativa regolatrice RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie. Peraltro, sulla legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie, la Corte costituzionale si è già espressa con ordinanza n.227/2016.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 6.000,0, oltre spese prenotate a debito.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  d.P.R.  30  maggio 2002, n. 115,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo  unificato,  nella  misura  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 21 gennaio 2025.