Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21246/2022 R.G. proposto da
AVV. NOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA n. 493/2022 depositata il 4 febbraio 2022
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 maggio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Cosenza dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’avv. NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale rettificava la dichiarazione dei redditi
presentata dal predetto contribuente in relazione all’anno 2011, contestando l’omessa fatturazione o in alcuni casi la sottofatturazione delle prestazioni professionali da lui rese in quell’anno e operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.
I rilievi mossi dall’Ufficio si fondavano sulle risultanze dell’accesso eseguito da militari della Tenenza di Scalea della Guardia di Finanza presso lo studio del mentovato professionista, nel corso del quale erano stati rinvenuti documenti -fra cui, in particolare, un block notes contenente l’indicazione dei nominativi dei clienti e dei compensi da questi corrisposti- asseritamente integranti una vera e propria contabilità parallela.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, la quale, con sentenza n. 493/2022 del 4 febbraio 2022, rigettava l’appello della parte privata.
A sostegno della pronuncia adottata, per quanto in questa sede ancora interessa, i giudici regionali rilevavano che: – sebbene durante l’accesso fosse stato eccepito dal contribuente il segreto professionale, l’acquisizione dei documenti reperiti dai verificatori doveva ritenersi legittima, avendo essi agito in virtù del provvedimento autorizzativo all’uopo preventivamente rilasciato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola; -eventuali irregolarità procedurali non ostavano, in ogni caso, all’utilizzazione a fini fiscali dei dati informativi ricavabili dai documenti in discorso, in difetto di una specifica previsione preclusiva.
Avverso tale sentenza il Liserre ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
In data 5 maggio 2025 è stata acquisita al fascicolo telematico del presente procedimento ‘nota di deposito’ alla quale risultano allegate: (a)dichiarazione di rinuncia al mandato comunicata al COGNOME dall’avv. NOME COGNOME; (b)procura speciale alle liti rilasciata dal ricorrente all’avv. NOME COGNOME.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto osservato che non può ritenersi valida la nomina dell’avv. NOME COGNOME COGNOME a nuovo difensore del ricorrente NOME COGNOME in quanto la procura conferita al suddetto legale non risulta apposta in calce o a margine di alcuno degli atti processuali indicati dall’art. 83, comma 3, c.p.c., nel testo, applicabile , vigente a sèguito delle modifiche apportate dall’art. 45, comma 9, lettera a), della L. n. 69 del 2009 (cfr. Cass. n. 24472/2020, riguardante un’analoga fattispecie di procura congiunta a una mera ‘nota di deposito’ in Cancelleria).
1.1 Ne discende che il precitato ricorrente deve ritenersi tuttora rappresentato e difeso dal rinunciante avv. Ordine, giusta il disposto dell’art. 85 c.p.c..
1.2 Sempre in via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.
1.3 Esso, infatti, è stato notificato in data 18 ottobre 2022, oltre il termine di complessivi quaranta giorni dalla notifica del ricorso per cassazione, validamente eseguita il 31 agosto di quello stesso anno presso la sede della Direzione Provinciale di Cosenza dell’Agenzia delle Entrate, articolazione territoriale dotata della capacità di stare in giudizio ai sensi degli artt. 10 e 11 del D. Lgs. n. 546 del 1992, secondo un modello assimilabile alla preposizione institoria di cui agli artt. 2203 e 2204 c.c. (cfr. Cass. n. 441/2015).
1.4 Tanto premesso, con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 52, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 103 c.p.p., degli artt. 14, 15 e 111 Cost. e dell’art. 2697 c.c..
1.5 Si censura la gravata sentenza per aver ritenuto utilizzabile la documentazione esaminata dalla Guardia di Finanza nel corso dell’accesso eseguito presso lo studio dell’avv. COGNOME
1.6 Viene obiettato, sul punto, che l’esame di tale documentazione era avvenuto in virtù di un provvedimento autorizzativo rilasciato in via preventiva dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola, il quale conteneva una , oltre che priva di ragioni giustificative, in palese inosservanza dell’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972.
1.7 Il ricorso è inammissibile.
1.8 Come si ricava dalla ricostruzione della vicenda processuale riportata nella superiore narrativa, l’impugnata sentenza della CTR calabrese si fonda su due distinte e autonome «rationes decidendi» , così sintetizzabili:
(a)l’esame dei documenti reperiti dai militari operanti durante l’accesso presso lo studio dell’avv. COGNOME in relazione ai quali era stato opposto dal contribuente il segreto professionale, doveva reputarsi legittimamente eseguito in forza della preventiva autorizzazione rilasciata «ad hoc» dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola ( «essendo il provvedimento del P.M. già munito di deroga preventiva al segreto professionale, nessun altro adempimento doveva essere effettuato da parte dei verbalizzanti al fine di procedere oltre» );
(b)anche in caso di ritenuta irritualità dell’acquisizione dei suddetti documenti, gli elementi probatori raccolti dai verificatori
rimanevano comunque utilizzabili ai fini dell’accertamento fiscale, in assenza di un divieto normativo ( «la eventuale acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dello accertamento fiscale non determina la inutilizzabilità degli stessi, non sussistendo una specifica previsione in tal senso» ).
1.9 Orbene, il COGNOME si è limitato a censurare la prima delle suindicate ragioni decisorie senza minimamente attaccare la seconda.
1.10 A causa della rilevata carenza della sua struttura argomentativa, il ricorso non può trovare ingresso.
1.11 Soccorre, in proposito, il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, qualora la sentenza di merito impugnata in sede di legittimità si fondi su più «rationes decidendi» autonome, nel senso che ognuna è da sola sufficiente a sorreggerla, per poter giungere alla cassazione del provvedimento è indispensabile che il soccombente le censuri tutte quante.
Invero, l’omessa impugnazione di una di tali «rationes» rende inammissibile, per difetto di interesse, le censure relative alle altre, in quanto il loro eventuale accoglimento non potrebbe in alcun caso produrre l’annullamento della sentenza, essendo ormai divenuta definitiva l’autonoma motivazione non specificamente investita da gravame (cfr. Cass. n. 18403/2023, Cass. n. 17265/2022, Cass. n. 18641/2017).
Nulla va statuito in ordine alle spese di lite, stante la rilevata tardività del controricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate (cfr. Cass. n. 26037/2024).
Visto l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione