Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15758 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15758 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24238/2016 R.G. proposto da COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio del prof. avv. COGNOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’UMBRIA n. 140/03/2016 , depositata il 16 marzo 2016;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 aprile 2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Perugia dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME esercente la professione
di agente di commercio, tre distinti avvisi di accertamento con i quali rettificava il reddito complessivo, il valore della produzione netta e il volume d’affari da lui dichiarati, rispettivamente, ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA, in relazione agli anni 2007, 2008 e 2009, operando le conseguenti riprese fiscali e irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
L’Ufficio contestava, fra l’altro, l’indeducibilità ai fini delle imposte dirette e l’indetraibilità ai fini dell’IVA dei costi asseritamente sostenuti dal contribuente per attività pubblicitaria, sul presupposto dell’inesistenza oggettiva delle relative operazioni, come fatturate da tale NOME COGNOME titolare dell’omonima scuderia automobilistica.
Il COGNOME impugnava gli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, la quale, con sentenza n. 140/03/2016 del 4 giugno 2015, depositata il 16 marzo 2016, rigettava l’appello della parte privata.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo di ricorso sono denunciati l’ , nonché la violazione dell’art. 53 Cost. .
1.1 Si rimprovera alla CTR di non aver valutato la documentazione prodotta dal contribuente a dimostrazione dei costi di pubblicità sostenuti negli anni 20072009, dei quali l’Ufficio aveva disconosciuto la deducibilità.
Con il secondo motivo sono lamentati: (a)l’ ; (b)la e (l’) indebito arricchimento erariale> ; (c)la della decisione.
2.1 Si contesta l’impugnata sentenza per non aver preso atto degli esiti del parallelo accertamento tributario condotto dalla Direzione Provinciale di Frosinone dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di NOME COGNOME soggetto che aveva emesso le fatture relative alle prestazioni pubblicitarie per cui è causa.
Viene, al riguardo, posto in evidenza che nell’àmbito di tale accertamento erano state ritenute tutte le fatture emesse dal predetto Oddi, comprese quelle di cui trattasi: da ciò si sarebbe dovuta inferire l’infondatezza dei rilievi fiscali mossi nei confronti del COGNOME dalla Direzione Provinciale di Perugia della medesima Agenzia.
2.2 Si soggiunge che la soluzione della controversia adottata dalla Commissione regionale finirebbe per assicurare un indebito arricchimento all’Erario, consentendogli di applicare .
Con il terzo mezzo è nuovamente dedotto l’ .
3.1 Si addebita al collegio di secondo grado di aver trascurato di considerare che il COGNOME, nella sua qualità di agente monomandatario della RAGIONE_SOCIALE, era a far fronte a spese di pubblicità per poter mantenere i rapporti commerciali con i suoi clienti più importanti, e in particolare con la Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
Tali spese, peraltro, risultavano non solo inerenti all’attività d’impresa da lui svolta, ma anche congrue rispetto al fatturato prodotto.
Con il quarto motivo sono prospettati: (a)la ; (b) ; (c)la .
4.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti del COGNOME, sebbene risultasse .
Con il quinto motivo è ulteriormente denunciato l’ .
5.1 Si sostiene che i giudici regionali non avrebbero tenuto conto degli effetti preclusivi derivanti dall’adesione del contribuente al cd. di cui all’art. 13 -bis del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009.
Con il sesto mezzo è contestata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002.
6.1 Si critica la sentenza d’appello per aver a torto ritenuto inapplicabile alla fattispecie di causa la disposizione normativa innanzi citata, la quale pone una presunzione legale assoluta di deducibilità delle spese pubblicitarie sostenute in favore delle società sportive dilettantistiche, fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro.
Con il settimo motivo viene adombrata la .
7.1 Sulla premessa giuridica che ( recte : detratta n.d.r.), si lamenta l’erroneità dell’impugnata decisione .
Con l’ottavo motivo è ancora una volta dedotto l’ .
8.1 Viene ascritto al collegio di seconde cure di non aver statuito in ordine ai motivi aggiunti proposti dal contribuente nel corso del giudizio di appello.
Così riassunti i mezzi di impugnazione sottoposti al vaglio della Corte, deve anzitutto evidenziarsi che il ricorso difetta del requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 3) c.p.c., nel testo, qui applicabile «ratione temporis» , anteriore alle modifiche apportate dall’art. 3, comma 27, lettera d), n. 1) del D. Lgs. n. 149 del 2022.
9.1 In virtù di tale disposizione, operante anche rispetto alle controversie tributarie in virtù del rinvio operato dall’art. 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa.
9.2 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il requisito in parola può reputarsi soddisfatto ove nel ricorso siano esposti in maniera chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata: i fatti di causa; le reciproche dei contendenti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano; le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte rispetto alla posizione avversaria; lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni; le argomentazioni essenziali su cui si fonda la pronuncia impugnata e in ordine alle quali si richiede alla Corte, nei limiti del giudizio di cassazione, di esprimere una valutazione giuridica diversa da quella, asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito.
Il ricorso deve, quindi, illustrare tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto e di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alla sentenza gravata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la stessa sentenza (cfr. Cass. n. 1926/2015, Cass. n. 19018/2017, Cass. n. 25452/2024, Cass. n. 8448/2025).
9.3 Orbene, il cennato requisito di ‘forma -contenuto’ appare del tutto carente nella fattispecie che ci occupa.
9.4 Invero, il COGNOME ha completamente omesso di riportare nell’odierno ricorso per cassazione, anche solo in sintesi: (a)i motivi di impugnazione posti a fondamento del suo originario ricorso, i quali, giova rammentarlo, valgono a circoscrivere l’oggetto della presente vertenza, vigendo in materia tributaria il principio generale di conversione dei vizi dell’atto impositivo in motivi di gravame (cfr. Cass. n. 20503/2024, Cass. n. 12493/2022, Cass. n. 12313/2018); (b)le difese svolte dall’Amministrazione Finanziaria in primo grado; (c)le ragioni in fatto e in diritto poste a fondamento della decisione resa dalla CTP di Perugia; (d)le censure da lui mosse alla sentenza di primo grado con l’atto di appello; (e)le controdeduzioni svolte dalla parte pubblica in ordine all’esperito gravame; (f)le argomentazioni addotte a sostegno della decisione di secondo grado.
9.5 Le evidenziate carenze strutturali dell’atto impediscono alla Corte di avere una cognizione chiara e completa della vicenda processuale e di valutare non soltanto la pertinenza delle doglianze sollevate in questa sede dal ricorrente rispetto alla motivazione su cui poggia la sentenza in scrutinio, ma ancor prima di verificare se le stesse avessero già costituito oggetto di specifici motivi di impugnazione articolati con il ricorso introduttivo della causa e successivamente veicolati in appello.
9.6 Fermo quanto precede, va, in ogni caso, evidenziato che il primo, il secondo, il terzo, il quinto e l’ottavo motivo, nella parte in cui prospettano l’omesso esame di , sono inammissibili anche per altre ragioni, e precisamente perché: (a)in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. «doppia conforme»), il ricorso per cassazione avrebbe potuto essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’art. 360, comma 1, c.p.c., in virtù del combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter dello stesso codice, vigente «ratione temporis» e applicabile anche alle sentenze pronunciate dalle Commissioni Tributarie Regionali, ora Corti di giustizia tributaria di secondo grado (cfr. Cass. Sez. Un. nn. 80538054/2014); al riguardo, il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello sono fra loro diverse (cfr. Cass. n. 26934/2023, Cass. n. 5947/2023, Cass. n. 26774/2016); (b)per costante insegnamento di questa Corte regolatrice, l’omesso esame di cui all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. deve riguardare un vero e proprio ‘fatto’ in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una specifica circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, non costituendo, invece, ‘fatti’ le questioni giuridiche, le argomentazioni o deduzioni difensive, gli elementi istruttori, una moltitudine di circostanze o il vario insieme dei materiali di causa (cfr. Cass. n. 25171/2024, Cass. n. 5616/2023, Cass. n. 976/2021, Cass. n. 17536/2020, Cass. 22397/2019); il fatto così propriamente inteso deve risultare dal contenuto della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), aver costituito oggetto di discussione e rivestire carattere decisivo, nel senso che, ove fosse stato preso in esame, avrebbe determinato un esito sicuramente diverso della controversia (cfr. Cass. n. 27282/2022, Cass. n.
19362/2022, Cass. Sez. Un. n. 21973/2021, Cass. n. 15860/2019); (c)nel caso di specie, le sollevate censure non consistono nella denuncia dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nei termini innanzi chiariti, né risulta indicato quando e dove le questioni che esse identificano siano state discusse fra le parti nei pregressi gradi di merito.
9.7 Deve, ancora, rilevarsi che:
-il quarto motivo appare inammissibile anche ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1) c.p.c., non offrendo elementi che possano indurre il Collegio a mutare il consolidato orientamento interpretativo di legittimità secondo cui il principio «praesumptio de praesumpto non admittitur» (cd. divieto di doppie presunzioni) è in realtà inesistente nell’ordinamento giuridico italiano, ben potendo il fatto (noto) accertato in via presuntiva costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea -se come tale apprezzata dal giudice di merito, secondo criteri di gravità, precisione e concordanzaa fondare l’accertamento del fatto ignoto (cfr. Cass. n. 16377/2024, Cass. n. 37352/2022, Cass. n. 19894/2021, Cass. n. 12438/2007);
il sesto e il settimo mezzo, in spregio ai canoni di formulazione del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 22192/2024, Cass. n. 37257/2022, Cass. n. 12376/2021, Cass. Sez. Un. n. 23745/2020), non individuano eventuali affermazioni in diritto contenute nell’impugnata sentenza che si pongano in contrasto con le norme o i princìpi giuridici dei quali viene dedotta la violazione o falsa applicazione;
anche a prescindere da ciò, va comunque osservato che: (1)la presunzione legale assoluta di inerenza e congruità sancita dall’abrogato art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 opera con esclusivo riguardo alle spese pubblicitarie sostenute in favore di società o associazioni sportive dilettantistiche, laddove, nel caso di
specie, per quanto è dato ricavare dalle stesse allegazioni del ricorrente, si discute di spese erogate a favore del titolare di una scuderia automobilistica; (2)la detrazione dell’IVA è ammessa -sempre che il contribuente dimostri di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare a un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità (cfr. Cass. n. 16361/2024, Cass. n. 35577/2023, Cass. n. 24471/2022)- nel solo caso di operazioni soggettivamente inesistenti, ma non anche quando, come si assume essere accaduto nella presente fattispecie (pag. 5 del ricorso, righi 59), sia stata contestata dall’Ufficio l’inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate (cfr. Cass. n. 19778/2024, Cass. n. 41174/2021, Cass. n. 8919/2020);
-l’ottava doglianza, con la quale viene, in realtà, fatta valere l’omessa pronuncia su motivi aggiunti di appello, vizio riconducibile al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., non si presta ad essere riqualificata in questi termini, in difetto di un univoco riferimento alla nullità della decisione derivante da una simile omissione (cfr. Cass. Sez. Un. n. 17931/2013); oltretutto, essa si infrange contro il divieto di «ius novorum» stabilito dall’art. 57, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. n. 20503/2024, Cass. n. 21063/2019, Cass. n. 9224/2007).
9.8 In conclusione, il ricorso -per le plurime ragioni di inammissibilità esposte (a cominciare da quella, di fondo, ricondotta alla mancata osservanza del disposto di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.) e, comunque, anche per l’infondatezza delle altre indicate censure relative a supposte violazioni di diritto, ove anche si fossero volute qualificare come ammissibili – deve essere respinto.
10. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore de ll’Agenzia delle Entrate , delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 4.500 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione