Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2224 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2224 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/01/2024
Oggetto: tributi -improcedibilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24185/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME , titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sez. staccata di Caltanissetta, n. 1035/21/16, depositata in data 14 marzo 2016
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024.
RILEVATO CHE
La contribuente COGNOME NOME , titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE ed esercente l’attività di commercio di autoveicoli, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2005, con il quale, a seguito di PVC, si disconoscevano acquisti relativi alle fatture emesse dal fornitore COGNOME NOME in quanto « inesistenti », con recupero di IRPEF, IRAP e IVA. In particolare, si evidenziava che il fornitore COGNOME, che commercializzava autovetture di provenienza intracomunitaria, era soggetto privo di organizzazione e che non aveva versato l’IVA e, inoltre, aveva nella specie rivenduto le autovetture a un prezzo inferiore a quello di acquisto, circostanza connotativa della natura fittizia degli acquisti provenienti dal suddetto fornitore.
La CTP di Enna ha accolto parzialmente il ricorso in punto IVA e IRAP.
La CTR della Sicilia, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Ufficio , ritenendo -secondo quanto emerge dal ricorso che l’Ufficio non avesse assolto al proprio onere della prova .
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a quattro motivi; la contribuente intimata non si è costituita in giudizio.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. Osserva parte ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione o affetta da mera apparenza della motivazione nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto la sentenza di primo grado correttamente motivata nella parte in cui aveva considerato legittima la ripresa ai fini IRPEF e la avrebbe
annullata ai fini IRAP e IVA, sentenza di primo grado di cui il ricorrente trascrive a pag. 8 del ricorso parte del dispositivo.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciarsi sulla contestazione dell’Amministrazione appellante circa l’errata applicazione del regime IVA del margine.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 17, primo comma e 19 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che l’Ufficio non avesse assolto , anche in via presuntiva, al proprio onere della prova in tema di operazioni soggettivamente inesistenti. Osserva, in particolare, il ricorrente che l’Ufficio ha l’onere di provare che l’acquirente stia acquistando da società priva di organizzazione, senza provare che tale prova sia certa e incontrovertibile, né attinente alla connivenza nella frode, ma purché sia in grado di essere consapevole che l’emittente fosse partecipe di una frode IVA, ove sussistano elementi da consentire a un operatore mediamente esperto, secondo la indicata giurisprudenza di legittimità, che il fornitore fosse soggetto privo di organizzazione, così onerando il contribuente di offrire la prova contraria.
Con il quarto motivo l’Ufficio ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 54 d.P.R. n. 633/1972 sotto i medesimi profili. Osserva, in particolare, il ricorrente, di avere addotto una serie di elementi indiziari a comprova della fittizietà delle operazioni commerciali di cui alle fatture di acquisto del fornitore COGNOME, attinenti alla assenza di struttura organizzativa (mancanza di beni strumentali e locali
commerciali), assenza di capitale, nonché in considerazione del fatto che la provvista degli acquisti delle autovetture era procurata dagli stessi clienti.
Va rilevato preliminarmente come la copia della sentenza impugnata prodotta da parte ricorrente manchi di gran parte della parte motiva della stessa e, quindi, non consente -ciò a prescindere dall’omessa trascrizione della motivazione della sentenza medesima per esteso nel ricorso -di individuare quali siano le ragioni della decisione impugnata, sulle quali si appuntano le censure del ricorrente. Deve, pertanto, farsi applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la produzione di copia incompleta della sentenza impugnata è causa di improcedibilità del ricorso per cassazione ex art. 369 cod. proc. civ., ove la mancata produzione della copia integrale della sentenza impugnata non consenta di dedurre con certezza né l’oggetto della controversia, né le ragioni poste a fondamento della pronuncia (Cass., Sez. I, 8 luglio 2020, n. 14347; Cass., Sez. VI, 5 giugno 2018, n. 14426; Cass., Sez. I, 7 maggio 2015, n. 9199; Cass., Sez. V, 17 febbraio 2005, n. 3254).
Principio, questo, di cui è stata fatta applicazione anche nel caso in cui nella copia prodotta dal ricorrente manchi una sola pagina della sentenza impugnata, purché la parte omessa contenga allegazioni rilevanti ai fini dell’esame della fondatezza dei motivi di gravame (Cass., Sez. I, 12 dicembre 2016, n. 25407; Cass., Sez. III, 14 luglio 2003, n. 11005). A maggior ragione, tale principio non può non operare nella specie (dove, peraltro, viene sviluppata con il secondo motivo anche una censura di omessa pronuncia), in quanto la parte motiva della copia della sentenza prodotta contiene unicamente una parte della motivazione relativa al l’esame del primo motivo di ricorso (già primo motivo di appello), per cui la copia prodotta, mancante di due
pagine della sentenza impugnata, non consente di esaminare la fondatezza di alcuno dei motivi proposti dal ricorrente.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato improcedibile. Nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimata.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 17 gennaio 2024