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Ricorso improcedibile: il deposito è essenziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5298/2024, ha dichiarato un ricorso improcedibile perché i ricorrenti, pur avendolo notificato all’Agenzia delle Entrate, non lo hanno depositato in cancelleria entro i termini di legge. La Corte ha ribadito che il deposito è un requisito di procedibilità essenziale, la cui mancanza non può essere sanata.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ricorso improcedibile: la Cassazione ribadisce l’importanza del deposito

Nel processo, la forma è sostanza. Un principio che la Corte di Cassazione ha recentemente riaffermato con l’ordinanza n. 5298 del 28 febbraio 2024, dichiarando un ricorso improcedibile a causa di una grave dimenticanza procedurale. Questa decisione serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto dei termini perentori, in particolare del deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e le lezioni che possiamo trarne.

I Fatti del Caso: La Notifica Senza Deposito

La vicenda trae origine da un contenzioso tributario. Due contribuenti, soci di una società in accomandita semplice, impugnavano una sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia. Essi provvedevano a notificare regolarmente il loro ricorso per cassazione all’Agenzia delle entrate in data 9 gennaio 2023.

Tuttavia, a questo primo e necessario passo non ne seguiva un altro, altrettanto fondamentale: il deposito dell’atto presso la cancelleria della Corte di Cassazione. Un certificato della stessa cancelleria, datato 10 marzo 2023, attestava in modo inequivocabile che il ricorso non era mai stato depositato, superando così ampiamente il termine previsto dalla legge.

La Decisione della Corte: un Ricorso Improcedibile d’Ufficio

Di fronte a questa situazione, la Suprema Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso improcedibile. La decisione si fonda sull’articolo 369, comma 1, del Codice di procedura civile, che impone il deposito del ricorso in cancelleria entro un termine perentorio. La Corte ha sottolineato che questo adempimento costituisce un requisito essenziale per la procedibilità dell’impugnazione.

È interessante notare che la Corte ha agito d’ufficio, cioè di propria iniziativa, senza che fosse la controparte (l’Agenzia delle entrate) a sollevare l’eccezione. Questo dimostra la gravità della violazione: il mancato deposito non è un vizio sanabile né un’irregolarità minore, ma un ostacolo insormontabile alla prosecuzione del giudizio.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e didattiche. La Corte ribadisce che i termini perentori, come quello per il deposito del ricorso, non ammettono deroghe. Il principio sancito dall’art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità di un atto non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo, non si applica in questi casi. Tale principio vale per le irregolarità di forma, non per la violazione di termini che determinano la decadenza da un diritto processuale.

Inoltre, la costituzione in giudizio della parte intimata (la controricorrente) non può sanare il vizio. Anche se l’Agenzia delle entrate si è difesa nel merito, questo non sana la mancata instaurazione del rapporto processuale presso la Corte, che si perfeziona solo con il deposito dell’atto. La Corte, quindi, non ha potuto neppure esaminare le difese proposte, dovendosi fermare alla pregiudiziale e insanabile questione di rito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia in esame offre un insegnamento fondamentale: nel contenzioso, specialmente in quello di legittimità, ogni passaggio procedurale ha un’importanza capitale. La notifica del ricorso è solo il primo tempo di una partita che si completa con il tempestivo deposito in cancelleria. Omettere questo secondo passaggio equivale a non aver mai iniziato la partita.

Le conseguenze per i ricorrenti sono state severe: non solo il loro ricorso è stato dichiarato improcedibile, ma sono stati anche condannati al pagamento delle spese legali. Inoltre, la Corte ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, un’ulteriore sanzione pecuniaria prevista per chi avvia un’impugnazione che si rivela infondata o, come in questo caso, inammissibile.

Cosa succede se un ricorso per Cassazione viene notificato ma non depositato in cancelleria entro i termini?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile. Il mancato deposito entro il termine perentorio previsto dall’art. 369 c.p.c. impedisce al giudice di esaminare il merito della causa, portando alla chiusura del procedimento.

La costituzione in giudizio della controparte può sanare il mancato deposito del ricorso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la costituzione della parte intimata non sana la violazione di un termine perentorio come quello per il deposito. Si tratta di un requisito di procedibilità la cui mancanza non può essere colmata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato improcedibile?
I ricorrenti sono condannati a pagare le spese processuali del giudizio di legittimità. Inoltre, la Corte attesta la sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per il ricorso, di fatto raddoppiando il costo iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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