Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9668 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9668 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.25937/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso cui è domiciliata ope legis in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso cui è elettivamente domiciliata in Catania alla INDIRIZZO, pec
;
-controricorrente-
tributi
avverso la sentenza n.4144/17/2015 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, pronunciata in data 28 maggio 2015, depositata in data 2 ottobre 2015 e non notificata. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
l’RAGIONE_SOCIALE ricorre, con tre motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che resiste con controricorso, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello dell ‘Ufficio , in controversia concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini Irpeg, Irap ed Iva per l’anno di imposta 200 3;
con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva infondato il primo motivo di appello, in quanto la sentenza impugnata conteneva i requisiti di legge di cui all’art.36, comma 2, d.lgs. n.546/1992, rigettava il secondo motivo di appello perché ampliava gli originari motivi di accertamento, incorr endo nella violazione dell’art. 345, primo comma, cod. proc. civ., e rigettava il terzo motivo dell’appello perché l’Ufficio non aveva assolto al proprio onere probatorio di dimostrare la fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 20 marzo 2024, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31 agosto 2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo, l ‘RAGIONE_SOCIALE ricorrente denunzia la violazione degli artt. 345 cod. proc. civ. e 57 d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.);
secondo la ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE sarebbe incorsa nella denunziata violazione di legge per aver ritenuto che , con l’atto di appello, l’ufficio avesse aggiunto motivi nuovi a sostegno dell’accertamento, laddove ,
invece, si era limitato a chiarire il contenuto del processo verbale constatazione da cui era scaturito l’atto impositivo;
ritiene, dunque, la ricorrente che l’atto di appello non contravvenisse il divieto di cui all’art.57 d.lgs. n.546/1992 , che non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese;
1.2. con il secondo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente denunzia l’ insufficiente motivazione su fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ.;
la ricorrente sostiene che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe apoditticamente prestato adesione alle deduzioni difensive di parte contribuente, limitandosi a rilevare che l’Ufficio non aveva dato prova della fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di accertamento, con la totale pretermissione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di terzi, ampiamente favorevoli alla tesi dell’amministrazione finanziaria;
1.3. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la nullità del procedimento per la violazione e falsa applicazione dell’art.112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere omesso i giudici di secondo grado di pronunciarsi sui motivi di appello dell’Ufficio;
2.1. i motivi di ricorso sono complessivamente inammissibili, in quanto risultano tutti estremamente generici e si fermano a mere enunciazioni di principio, senza confrontarsi con la fattispecie concreta;
in particolare, il primo motivo, nel contestare la statuizione della sentenza impugnata sugli elementi di novità dell’atto di appello, che avrebbe, in maniera inammissibile, ampliato i motivi posti a fondamento dell’accertamento, non indica quali sarebbero tali elementi e perché configurerebbero RAGIONE_SOCIALE mere difese, che non aggiungevano nulla alle ragioni della pretesa fiscale né comportavano un illegittimo ampliamento del thema decidendum ;
il secondo motivo non specifica quali siano gli elementi indiziari posti a base dell’accertamento dei quali la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe tenuto conto, indicando genericamente la pretermissione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese da terzi, che si assumono essere favorevoli alle tesi del fisco, senza chiarire, neanche sinteticamente, il loro contenuto e la valenza indiziaria nello specifico contesto, né la presenza di ulteriori elementi di riscontro, neanche menzionati dalla ricorrente;
il terzo motivo risulta assolutamente generico, non indicando in alcun modo, sia pure in via riassuntiva, i motivi di appello pretermessi, né il loro contenuto;
secondo il consolidato orientamento di questa Corte, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia ai sensi dell’articolo 112 cpc. è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano rivolte una domanda o un’eccezione ritualmente ed in equivocamente formulate, per le quali detta pronunzia sia necessaria, dall’altro che tali istanze siano riportate nei loro esatti termini – e non genericamente- nel ricorso per Cassazione, con la indicazione specifica dell’atto dife nsivo o del verbale di udienza nei quali erano state formulate, onde consentire al giudice di verificare la ritualità e decisività RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate ( ex plurimis : Cass. 21226/2010; 6361/2007);
per l’assoluta genericità del ricorso, rimane assorbita l’eccezione di parte controricorrente in ordine alla formazione, per mancanza di specifica impugnazione in fase di appello , del giudicato sull’autonoma ratio decidendi della sentenza di primo grado, relativa alla statuizione secondo cui i costi oggetto di contestazione non sono stati computati dalla contribuente nella determinazione della base imponibile (ratio che, ove confermata in appello, non risulterebbe, comunque, impugnata con l’attuale ricorso in cassazione) ;
in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente
va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore della controricorrente;
rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778);
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, euro 200,00 per esborsi, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2024