Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9508 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9508 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7854/2017 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE ROMA, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA SEZ.DIST. BRESCIA n. 4674/2016 depositata il 12/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE era attinta da diversi avvisi di accertamento ai fini Irpef ed Irap per gli anni dal 2005 al 2010. La ripresa a tassazione era conseguente ad indagini di polizia finanziaria nei confronti di diverse società che risultavano avere emesso fatture risultate oggettivamente inesistenti anche nei confronti della ditta COGNOME RAGIONE_SOCIALE.
Reagiva la parte contribuente, eccependo per il 2005 la decadenza dal potere impositivo, e più radicalmente l’esistenza e la legittimità delle operazioni portate in deduzione. I ricorsi per le diverse annualità erano accolti dal giudice di prossimità, tuttavia, l’appello sortiva nella riforma delle sentenze di primo grado con conferma dell’impianto impositivo. Più in particolare, la CTR della Lombardia, sez. Staccata di Brescia, in medesima composizione, con sentenza numero 4674 del 2016 confermava la ripresa a tassazione per Irpef ed altro 2004 e Irap 2005, mentre con sentenza numero 4671 del 2016 confermava la ripresa a tassazione per gli anni 2006, 2007 e 2008.
Contro queste sentenze propone ricorso cumulativo la parte contribuente affidandosi a quattro mezzi di impugnazione, mentre spiega difese con tempestivo controricorso l’Agenzia delle entrate.
La parte privata ha illustrato le proprie ragioni con memoria depos itata in prossimità dell’adunanza.
CONSIDERATO
In via pregiudiziale di rito occorre esaminare l’eccezione sollevata dal Patrono erariale in ordine all’ammissibilità del ricorso cumulativo, cioè dell’unico ricorso in cassazione avverso due distinte sentenze.
1.1. Sul punto è intervenuta questa Suprema Corte di legittimità, con arresto a Sezioni unite, sancendo che in materia tributaria è ammissibile – fermi restando gli eventuali obblighi tributari del ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati – il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima “ratio”, in procedimenti formalmente distinti ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (Cfr. Cass. S.U. n. 3692/2009).
1.2. Il principio è stato affinato successivamente, concentrando l’attenzione sull’omogeneità dei tributi, quale spettro per individuare l’unità del rapporto tributario , condizione -a sua voltaper precipitare in unico giudicato formale e sostanziale che è, in fondo, il criterio indicato dal sopracitato arresto delle Sezioni unite.
Ed infatti, in questo senso, si è affermato che in materia tributaria, il ricorso cumulativo contro una pluralità di sentenze emesse tra le stesse parti in procedimenti formalmente distinti (perché relativi a differenti annualità d’imposta), ma attinenti al medesimo rapporto giuridico, è ammissibile quando la soluzione dipenda da identiche questioni di diritto comuni a tutte le cause, in modo da dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le controversie relative al medesimo rapporto d’imposta. In caso analogo ed in applicazione di questo principio, la Corte ha giudicato inammissibile il ricorso cumulativo avverso sentenze aventi diversa struttura argomentativa, decise da collegi giudicanti diversi e relative ad anni d’imposta e a tributi in parte differenti (cfr. Cass. V, n. 15582/2010; tuttavia, per la definizione di giudicato esterno e sulla definizione di rapporto unitario, cfr. Cass. V, n. 9512/2009).
1.3. Fermi questi principi, si è precisato che i motivi del ricorso debbono rispettare requisiti di specificità con riferimento a ciascuna delle decisioni impugnate, pur ampliando la prospettiva di cognizione, ma richiedendo sempre la coincidenza esatta delle parti in lite. Ed infatti, se con pronuncia n. 4595/2017, questa Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso cumulativo, attesa la coincidenza solo parziale delle parti e delle questioni di diritto oggetto di controversia, successivamente (Sez. II, n. 21005/2019), si è confermato che è sempre inammissibile l’impugnazione cumulativa, proposta mediante un unico ricorso avverso una pluralità di sentenze, quando non ricorra, nelle decisioni gravate, l’identità delle parti coinvolte e delle questioni affrontate.
1.4. All’omogeneità soggettiva (identità delle parti) ha sempre fatto seguito l’omogeneità oggettiva (analogia di questioni), pres upposto dell’unicità di giudicato che resta la condizioni per l’ammissibilità del ricorso cumulativo .
In applicazione del principio, questa Suprema Corte ha giudicato ammissibile l’unico appello avverso più sentenze emesse dalla commissione tributaria provinciale, tenuto conto della sovrapponibilità delle questioni dedotte per le diverse annualità d’imposta e dell’affermata illegittimità del ricorso all’accertamento induttivo per l’assenza del relativo identico presupposto (cfr. Cass. V, n. 8075/2013 ). E l’attitudine a costituire identico giudicato rilevabile d’ufficio è rimasto il criterio discretivo per l’ammissibilità del ricorso cumulativo (di recente, vedasi Cass. V, n. 32060/2022), donde occorre confrontarsi con questo principio, scrutinandone la riferibilità anche al caso in esame.
Nel caso di specie la richiesta unitarietà -come sopra descritta- è irrimediabilmente frazionata, atteso che: a) le due sentenze riguardano non solo anni d’imposta diversi, ma anche fattispecie concrete, operazioni, (oggettivamente e soggettivamente) diverse; b) dipendono da accertamenti di fatti
diversi e non solo dalla soluzione di una mera questione giuridica unitaria, infatti sono impugnate (anche) prospettando il vizio di cui all’art 360, primo comma, n.5 c.p.c., tanto da inibire la formazione di unitario giudicato esterno, ben potendo essere inesistenti alcune operazioni ed esistenti altre; c) non presentano struttura argomentativa totalmente sovrapponibile; d) l’individuazione di quale delle due sentenze sia attinta (e come) dai singoli motivi e comunque l’adeguamento del contenuto dei motivi a ciascuna delle sentenze non può essere rimesso alla scelta della Corte, rimanendo comunque generico. Al giudice compete infatti la qualificazione giuridica della domanda, ma non può essere chiamato a supplire le lacune della domanda, finendo per invadere il principio dispositivo delle parti, che è il perno del processo civile, cui anche il giudizio tributario (con le dovute differenze) accede.
2.1. In definitiva, pur nell’identità di part i, trattando di tributi diversi e di periodi di imposta diversi, attinti con censure diverse, le sentenze non potevano essere oggetto di ricorso cumulativo, donde l’impugnazione dev’essere considerata inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese.
Va pertanto ribadito il seguente principio di diritto: In materia tributaria, il ricorso per cassazione cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti in procedimenti formalmente distinti, seppur attinenti al medesimo rapporto giuridico, è ammissibile quando la soluzione dipenda da identiche questioni di diritto, comuni a tutte le cause, in modo da poter costituire un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le controversie legate dal medesimo rapporto d’imposta. Il ricorso cumulativo è invece inammissibile quando abbia riguardo a periodi d’imposta diversi, a tributi in tutto o in parte differenti, resi da collegi giudicanti distinti o avverso sentenze rette da argomentazioni differenti.
In conclusione, il ricorso -così come proposto- è inammissibile e tale va dichiarato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.cinquemilaseicento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 20/03/2025.