Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33587 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33587 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22117/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO Roma.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA -SEZIONE DISTACCATA DI SALERNO n. 1270/05/2017, depositata in data 15 febbraio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di due avvisi di accertamento ai fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Agenzia delle
Entrate -direzione provinciale di Salerno -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo della detta contribuente ex art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 40.871,00 per il 2007 e di 59.561,50 per l’anno d’imposta 2008. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità di beni e da ulteriori indicatori di capacità contributiva quali, segnatamente: immobili, autovetture, ratei di mutui ipotecari e polizze assicurative.
Avverso gli avvisi di accertamento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Salerno; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 48778/18/2014, accoglieva il ricorso per l’annualità 2007 e riteneva inammissibile quello relativo al 2008.
Contro tale decisione, per la parte relativa al 2008, proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Campania; si costituiva in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 1270/05/2017, depositata in data 15 febbraio 2017, la C.t.r. adita accoglieva il gravame della contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, mentre la contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 12 novembre 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 12, comma 5, D.Lgs. 41 dicembre 1992, n. 546, nella versione vigente nel 2013, ante D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 – Violazione dell’art. 17 bis D.Lgs. n. 546/92, nella versione ante L. 27 dicembre 2013, n. 147 – Violazione dell’art. 22 D.Lgs. n. 546/92 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)»
l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto applicabile l ‘ obbligo di presentazione del reclamo, nonostante il valore della causa fosse superiore alla soglia massima di legge prevista per esso; non doveva quindi a pplicarsi, secondo l’Ufficio, la decorrenza posticipata , ex art. 17- bis, comma 9, d.lgs. n. 546 del 1992, dei termini di costituzione del contribuente nel giudizio di primo grado, da considerarsi quindi scaduti al momento del deposito del ricorso introduttivo, con conseguente inammissibilità d i quest’ultimo, come ritenuto dal giudice di primo grado.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38, quinto comma, d.P.R. n. 600/1973 e della tabella all. al D.M. 19 novembre 1992 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto di disattendere le modalità di calcolo del reddito prescritte normativamente, avendo considerato i ratei di mutuo solo come spese deducibili, non accorgendosi che gli stessi andavano anche restituiti ed integravano quindi un fattore sintomatico di maggior capacità contributiva.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546/1992 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha motivato in maniera soltanto apparente, richiamando, senza spiegare il perché, anche considerazioni che il Giudice di primo grado aveva svolto per un diverso anno di imposta.
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione, avanzata dal controricorrente, di inammissibilità del ricorso perché notificato a mezzo pec. Vale all’uopo la giurisprudenza granitica di questa Corte (cf.r. per tutti Cass. 16/02/2018, n. 3805 seguite da altre di uguale tenore) secondo cui l’irritualità della notificazione di un atto (nella
specie, ricorso per cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità, se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale dello stesso, in omaggio alla regola generale sancita dall’art. 156, comma 3, c.p.c.: ne deriva che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti esclusivamente detto vizio procedimentale, senza prospettare un concreto pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE, in applicazione del principio, ha ritenuto sanato il vizio della notifica a mezzo pec priva nella relata della sottoscrizione digitale del legale, non ritenendo la stessa radicalmente inesistente).
Va inoltre ulteriormente premesso che è pacifico che, come deduce la stessa Agenzia delle Entrate, il ricorso attinge esclusivamente il capo della decisione relativo all’anno d’imposta 2008.
Tanto premesso, il primo motivo è infondato.
Invero, va sottolineato che il d.lgs. del 30 dicembre 2023, n. 220 ha sancito l’abolizione dell’istituto del reclamo e della mediazione tributaria di cui all’art. 17 -bis del d.lgs. n. 546 del 1992, ma tale modifica normativa, ratione temporis , non interessa questa controversia.
L’ art. 17-bis, inserito nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dall’art. 39, comma 9, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e modificato, da ultimo, dal d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, prevede come obbligatorio il reclamo se il valore della causa non è superiore a € 50.000,00. dell’entrata in vigore della c.d. m
Tale limite è stato variato dal precedente di € 20.000,00 a seguito anovra correttiva dell’aprile 2017. La modifica si applica agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018. Pertanto, per tutti gli atti notificati entro il 31
dicembre 2017 si fa riferimento ancora al precedente limite di € 20.000,00.
3 .1. Orbene, nel caso di specie, l’art. 12 del d.lgs. n. 546/1992, nella versione qui applicabile per l’anno 2013, recita, al quinto comma, che per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente all’irrogazione di sanzioni il valore è costituito dalla somma di queste.
3.2. La circolare dell’Agenzia delle entrate citata dalla controricorrente, ossia la n. 9/E del 19 marzo 2012, chiarisce poi, in punto di valore della controversia, che ‘qualora un atto si riferisca a più tributi (per esempio, IRPEF e IRAP ovvero imposta di registro, ipotecaria e catastale) il valore deve essere calcolato con riferimento al totale delle imposte che hanno formato oggetto di contestazione da parte del contribuente; in presenza di impugnazione cumulativa avverso una pluralità di atti, la necessità di uno specifico e concreto nesso tra l’atto impositivo oggetto dell’istanza di mediazione e le contestazioni formulate dal contribuente, richiesto dall’articolo 19 del d.Lgs. n. 546 del 1992, impone di individuare il valore della lite con riferimento a ciascun atto impugnato con il ricorso cumulativo. Ne consegue che, in relazione agli atti aventi un valore non superiore a ventimila euro, il contribuente è tenuto ad osservare in ogni caso la procedura prevista dall’articolo 17 -bis del d.Lgs. n. 546 del 1992’.
3.3. Pertanto, dalla lettura della norma in questione, nonché dall’interpretazione consegnata dalla stessa circolare citata, deve ricavarsi che, nel caso di unico ricorso cumulativo proposto avverso più atti, il valore di ciascuno di essi va considerato autonomamente ai fini della verifica dell’obbligo della mediazione.
Occorre tuttavia chiedersi cosa accada quando, proposto dal contribuente ricorso cumulativo avverso due (o più) atti impositivi,
soltanto uno di questi ultimi abbia un valore che, autonomamente considerato, renda obbligatorio il reclamo (nel caso di specie, per essere non superiore al valore di euro 20.000,00). In particolare, per quanto qui interessa, deve stabilirsi se, in tal caso, la costituzione del contribuente ricorrente debba, o meno, essere regolata dal comma 9 dell’art . 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, per cui il termine , di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 546 del 1992, di trenta giorni per la costituzione in giudizio (tramite deposito dell’unico ricorso che impugna la pluralità di atti), decor re non dalla notifica del ricorso introduttivo, ma dal giorno successivo alla scadenza di novanta giorni dal ricevimento dell’istanza di mediazione, ovvero dal giorno successivo alla data di comunicazione del provvedimento di rigetto dell’istanza o dell’atto con il quale l’Agenzia, prima del decorso di novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza.
Invero, per evidenti ragioni di ordine logico e di economia processuale, una volta ammesso (e non contestato nel caso sub iudice ) che sia legittimo impugnare con un solo ricorso più atti impositivi (peraltro tra loro anche connessi soggettivamente ed oggettivamente), se è possibile che solo per uno di essi si introduca e si svolga il procedimento di mediazione, non è tuttavia ipotizzabile che l’adempimento processuale necessariamente unitario- della costituzione del ricorrente, tramite il deposito del l’unico ricorso notificato, possa essere frazionato in momenti temporali diversi in relazione a ciascuno degli atti impositivi impugnati ed all’obbligo, o meno, della mediazione, dipendente dal valore controverso di ogni atto erariale controverso. Né quindi è logicamente concepibile che l’identico e necessariamente unitario adempimento processuale del deposito dell’unico ricorso cumulativo possa essere sottoposto alla scadenza differenziata dell’unico termine di costituzione, che tuttavia decorra da dies a quibus
diversi, a seconda dell’obbligo o meno di mediazione correlato ai singoli atti impositivi impugnati.
In questo senso, del resto, conclude la stessa circolare dell’Agenzia delle entrate n. 9/E del 2012, già citata, che, al capo 10.2, a proposito della costituzione in giudizio del contribuente a seguito di impugnazione cumulativa , recita ‘… si è chiarito che, a fronte dell’impugnazione cumulativa proposta avverso una pluralità di atti, il valore della lite va individuato con riferimento a ciascun atto impugnato con il medesimo ricorso. Ne deriva che, per gli atti di valore non superiore a ventimila euro, il contribuente è tenuto ad osservare il procedimento di cui all’articolo 17 -bis del D.Lgs. n. 546 del 1992. Anche nelle ipotesi di cui si tratta, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio (tramite deposito dell’unico ricorso che impugna la pluralità di atti) decorre, ai sensi del comma 9 dell’articolo 17 -bis in esame, dal giorno successivo alla scadenza di novanta giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero dal giorno successivo alla data di comunicazione del provvedimento di rigetto dell’istanza o dell’atto con il quale l’Agenzia, prima del decorso di novanta giorni, accolga parzialmente l’istanza.’.
Ed è la stessa circolare, al punto 10.1.1. che (sia pur a proposito del ricorso cumulativo contro l’atto impositivo presupposto e la cartella di pagamento) evidenzia come ‘ la formulazione e la ratio della norma non consentano di sdoppiare gli adempimenti processuali inerenti ad un’unica controversia ‘ .
3.4. Tanto premesso, nel caso di specie è pacifico che la sentenza di primo grado (con decisione in parte qua irrevocabile) ha ritenuto ammissibile e procedibile il ricorso relativamente all’anno d’imposta 2007, sul quale si è ormai formato il giudicato interno, evidentemente sull’implicito, ma necessario, presupposto logico che, in relazione al valore dello stesso, fosse doveroso il reclamo e, pertanto, fosse giustificato lo slittamento in avanti del dies a quo del termine di costituzione della parte ricorrente, applicandosi il
comma 9 dell’art. 17 -bis del d.lgs. n. 546 del 1992. Solo tale presupposto, infatti, può giustificare il rilievo, da parte del primo giudice, della tardiva costituzione del ricorrente esclusivamente con riferimento alla parte del ricorso cumulativo che attingeva l’accertamento relativo al 2008 e , soprattutto, il contestuale passaggio alla decisione del merito sull’accertamento di cui al 2007, ormai coperta dal giudicato.
Tuttavia, per le ragioni sinora illustrate, il solo fatto che per almeno uno (quello relativo al 2007) degli atti impositivi cumulativamente impugnati fosse operativa la disciplina del reclamo, era già sufficiente a determinare, per l’intero ed unico ricorso cumulativo, lo spostamento del dies a quo del termine di costituzione della parte ricorrente, in conformità al comma 9 dell’art. 17 -bis del d.lgs. n. 546 del 1992, anche a prescindere dalla circostanza che il valore dell’avviso relativo all’anno 2008, contestualmente impugnato, fosse eventualmente superiore ad euro 20.000,00 e non necessitasse, pertanto, della preventiva mediazione.
In conclusione, sebbene la mediazione fosse obbligatoria solo per l’atto cd. ‘infrasoglia’ , e solo per quest’ultimo il contribuente fosse tenuto ad osservare il procedimento di cui all’art . 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, tuttavia il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio (tramite deposito dell’unico ricorso che impugnava congiuntamente la pluralità di atti), richiedendo necessariamente un adempimento unitario, si era spostato in avanti per entrambi, decorrendo, ai sensi del comma 9 dell’art . 17bis, dal giorno successivo alla scadenza di novanta giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero dal giorno successivo alla data di comunicazione del provvedimento di rigetto dell’istanza o dell’atto con il quale l’Agenzia, prima del decorso di novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza.
Pertanto, sebbene la relativa motivazione debba essere integrata nel senso sinora argomentato, non ha errato la CTR nel ritenere
ammissibile e procedibile il ricorso introduttivo (non solo nella parte in cui impugnava l’avviso relativo all’anno 2007, ma) anche relativamente all’impugnazione dell’avviso per l’anno 2008 , sub iudice in appello ed ora in questa sede.
Tale interpretazione si pone peraltro in linea con la ratio della mediazione/reclamo, quale strumento deflativo del contenzioso, che non può tuttavia determinare un più gravoso esercizio dell’azione in giudizio per il contribuente e, in particolare, non può rendere più difficoltoso il ricorso all’impugnazione congiunta di più atti impositivi tra loro connessi, strumento che, nei limiti del suo corretto esercizio, assolve anche funzioni di economia processuale.
Va quindi enucleato il seguente principio : ‘In materia di processo tributario, qualora con ricorso introduttivo cumulativo siano stati impugnati dallo stesso contribuente due atti impositivi connessi, il valore di ciascuno di essi deve essere autonomamente apprezzato al fine della verifica de ll’applicabilità del procedimento di reclamo e mediazione di cui all’art. 17 -bis d.lgs. n.546/1992 vigente ratione temporis . Tuttavia, qualora anche uno soltanto degli atti contestualmente impugnati risulti sottoposto alla condizione di procedibilità del reclamo, il dies a quo del termine di costituzione del ricorrente, di cui all’art. 22 d.lgs. n.546/1992 , è regolato unicamente dall’art. 17bis , co. 9, d.lgs. n.546/1992, non potendo sdoppiarsi l’adempimento , necessariamente unico, del deposito del ricorso cumulativo notificato alla controparte ed introduttivo di un unico rapporto processuale.’.
Seguendo l’ ordine logico-giuridico nella disamina delle questioni agitate, è opportuno valutare poi il terzo motivo di ricorso, che è fondato.
Invero, nella sentenza impugnata, la C.t.r. decidendo sull’accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, afferma che
devono intendersi integralmente richiamate e trascritte le argomentazioni dei primi giudici in punto di merito della controversia, per cui devono ribadirsi per l’anno 2008 le osservazioni svolte dalla C.t.p. di Salerno per l’anno 2007, ove si consideri che l’Ufficio non ha proposto appello incidentale né formulato controdeduzioni di merito al gravame, essendosi limitato a richiedere la conferma della pronuncia di primo grado quanto all’inammissibilità del ricorso introduttivo.
È letteralmente evidente che con tale formula il giudice a quo ha inteso decidere nel merito la controversia relativa all’avviso d’accertamento di cui all’anno 2008, che in primo grado era stata oggetto di una mera declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo, nella parte in cui la attingeva. Nel rendere tale decisione la C.t.r. non poteva ovviamente esimersi dal rassegnare una motivazione che raggiungesse quanto meno il c.d. limite minimo costituzionale, vagliando la fondatezza delle ragioni di merito dell’appellante contribuente, individuando la distribuzione dell’onere probatorio tra le parti con riferimento alla fattispecie sostanziale sub iudice e, ma solo all’interno di tale articolato contestato, tenendo conto delle possibili conseguenze dell’ assunta limitazione delle difese dell’Ufficio appellato alla conferma dell’inammissibilità del ricorso introduttivo.
4.1. Costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui la sentenza d’appello non può ritenersi legittimamente resa ” per relationem “, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame (Cass. 03/02/2021, n. 2397). Ancora, la sentenza d’appello può essere motivata ” per relationem “, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur
sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 05/08/2019, n. 20883).
4.2. Nella fattispecie in esame, il giudice d’appello ha completamente obliterato l’obbligo di motivare con proprio convincimento, in relazione ai fatti dedotti ed alle prove allegate in giudizio, la decisione resa, sicché la motivazione è assolutamente parvente, perché non consente di verificare l’iter argomentativo seguito dal giudice per addivenire al l’accoglimento, anche nel merito, del gravame del contribuente.
Infatti, in assenza di ulteriori argomentazioni che possano esplicitare la decisione sull’anno d’imposta ancora controverso, la motivazione della C.t.r., nel rinviare per relationem a quanto motivato dalla C.t.p., perviene all ‘illogica conseguenza di riferirsi, nel decidere sul merito dell’avviso relativo all’anno d’imposta 2008, alla pronuncia resa sul medesimo atto in primo grado dalla stessa C.t.p., ma di natura puramente processuale, essendosi risolta nella declaratoria di inammissibilità.
Tanto meno, poi, potrebbero ritenersi adeguatamente richiamate dalla sentenza qui impugnata, per l’anno d’imposta 2008, le medesime argomentazioni di merito rese per l’anno 2007 dalla decisione di primo grado, atteso che si tratta in ogni caso di un rinvio ad altra decisione meramente apodittico, privo di adeguata valutazione sia dell’identità sostanziale delle due fattispecie e delle relative censure; sia della fondatezza delle considerazioni critiche
effettivamente proposte dall’appellante ed accolte dal giudice d’appello .
Peraltro, come si evince dalla riproduzione della sentenza di primo grado nel controricorso, l’annullamento dell’accertamento relativo all’anno 2007 si fondava anche sulla rilevanza di un determinato apporto reddituale della coniuge del ricorrente, dato non necessariamente costante anche in altri periodi d’imposta e quindi non idoneo comunque a motivare, di per sé solo, per relationem anche la decisione sul 2008.
Sussiste pertanto un difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata, in ordine all’accertamento della fondatezza delle ragioni del contribuente appellante, del quale l’Ufficio appellato può legittimamente dolersi.
Dall’accoglimento del terzo motivo di ricorso discende l’assorbimento del secondo motivo.
In conclusione va rigettato il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, va accolto il terzo ; la sentenza impugnata va quindi cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda nuovo e motivato esame, nonché provveda in ordine alle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda in ordine alle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 12 novembre 2024.