Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19866 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19866 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31801/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in NAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che le rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 722/2020 depositata il 06/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 28 giugno 2018, l’Agenzia delle Entrate Riscossione notificava alla società RAGIONE_SOCIALE la cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA emessa a seguito di controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 bis del dpr n. 600 del 1993 e dell’art. 54 bis del dpr 633/72, sulle dichiarazioni dei periodi d’imposta 2012 e 2013.
La contribuente impugnava la cartella dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, eccependone l’illegittimità, la nullità e l’intervenuta prescrizione quinquennale del credito portato nella cartella.
Si costituiva in giudizio l’Ente riscossore contestando le tesi della contribuente e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con atto d’intervento volontario si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate facendo rilevare la regolarità del proprio operato.
La CTP adita, con sentenza n. 124/4/2019 depositata il 25/02/2019 rigettava il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 2.500,00 più accessori in favore dell’Agenzia delle Entrate e, in via equitativa, in euro 1.500,00 in favore dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Avverso tale sentenza la contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, reiterando le eccezioni, deduzioni e richieste già avanzate in primo grado ed eccependo l’erroneità della pronuncia.
La CTR adita, con sentenza n. 722/1872020, depositata il 6/03/2020 rigettava l’appello e condannava la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 2.000,00 a ciascun Ente,
oltre il rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge.
Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle Entrate e l’ADER resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento al disconoscimento ex artt. 214, 215, 216 cod. proc (ed ex art. 2719 cod. civ.) dei documenti prodotti in fotocopia dall’Agenzia delle Entrate e al mancato procedimento di verificazione ad istanza della medesima Agenzia delle Entrate.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4), cod. proc. civ., l’omessa pronuncia in relazione al disconoscimento ex artt. 214, 215, 216 cod. proc. civ. sulla documentazione prodotta in fotocopia dall’Agenzia delle Entrate e al mancato procedimento di verificazione ad istanza di parte.
Con il terzo motivo di ricorso si adombra la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) per aver la CTR omesso di pronunciarsi in ordine alla domanda/eccezione d’inesistenza delle notifiche relative alle comunicazioni di irregolarità, proposta dalla ricorrente in entrambi i gradi di giudizio. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa 2944 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR erroneamente ritenuto che la domanda di rateazione e i pagamenti parziali applicazione dell’art. risultano atti idonei a interrompere la prescrizione.
Con il quinto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, comma 3, D.Lgs. 472/97, 2948 comma 1 n. 4) c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.,
per non aver la CTR riconosciuto il decorso del termine di prescrizione quinquennale delle sanzioni e degli interessi.
Il primo motivo è inammissibile.
Quand’anche assuma trascurato un fatto a suo dire decisivo, il ricorrente s’infrange nella regola, da detta asserzione non derogata, di cui all’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ., la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. ‘doppia conforme’ in facto, sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere nella specie non assolto -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26860 del 2014; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 20994 del 2019; Cass. n. 5947 del 2023).
Il secondo motivo è infondato.
A fronte della produzione del documento in fotocopia, la contestazione di conformità rispetto all’originale, qualora generica, non è efficace quale disconoscimento della conformità tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio. Perché possa aversi, infatti, disconoscimento idoneo è necessario che la parte, nei modi e termini di legge, renda una dichiarazione che – pur nel silenzio della norma predetta, che non richiede forme particolari – evidenzi in modo chiaro e inequivoco gli elementi differenziali del
documento prodotto rispetto all’originale di cui si assume sia copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. in tal senso Cass. n. 28096 del 2009 in tema di applicazione dell’art. 2719 cod. civ.). Il disconoscimento deve quindi contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce dovrà anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale. In buona sostanza, la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (v. Cass. n. 29993 del 2017, n. 12730 del 2016, n. 7775 del 2014 e altre).
Il terzo motivo è vistosamente infondato.
Le comunicazioni di irregolarità -che nella ricostruzione del contribuente integrerebbero una questione trascurata -sono prese in considerazione e specificamente vagliate dalla CTR, che invero testualmente evidenzia: ‘ Nel merito, in ordine alla notifica o meno delle comunicazioni di irregolarità, va rilevato che se è vero che la cartella impugnata contiene il riferimento a due comunicazioni di irregolarità, è altrettanto vero che le stesse sono poi di fatto riportate nel corpo della cartella stessa e che, soprattutto, la cartella non è l ‘ esito delle riscontrate irregolarità quanto invece della decadenza dal beneficio del termine per pagamento rispetto delle rateizzazioni chieste dallo stesso contribuente ‘.
La denuncia di omessa pronuncia riguarda anche l’istanza di rateizzazione, ma pure su tale profilo la CTR si è pronunciata sol
che si consideri la parte in cui evidenzia che l’istanza di rateizzazione è un mero ‘fatto giuridico” e la porzione di sentenza in cui osserva che la medesima è stata presentata nel 2015.
Quindi nessuna violazione dell’art. 112 c.p.c. è riscontrabile.
Il quarto motivo è infondato.
Esso cozza con il principio affermato da questa Corte, a tenore del quale ‘ La domanda di rateazione e di definizione agevolata dei tributi, benché corredata dalla formula di salvezza dei diritti connessi all’esito di accertamenti giudiziali in corso, configura un riconoscimento di debito, al quale l’art. 2944 c.c. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, in quanto atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, che non richiede in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, ma soltanto la volontarietà e la consapevolezza dell’esistenza del debito ‘ (Cass. n. 9221 del 2024; v. anche Cass. n. 20260 del 2021; Cass. n. 14991 del 2022; Cass. n. 37389 del 2022).
Il quinto motivo è infondato.
Sul punto occorre rilevare che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il termine di prescrizione entro il quale devono essere fatte valere sia l’obbligazione tributaria riguardante gli interessi sia la pretesa relativa alle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, che non derivano da sentenza passata in giudicato, è quello quinquennale (Cass. n. 2095 del 2023: Cass., Sez. U., n. 25790 del 2009; conf. Cass. n. 5837 del 2011; Cass. n. 5577 del 2019, nonché Cass. n. 10549 del 2019).
Nella specie, tuttavia, come ha accertato la sentenza impugnata, detto termine non è decorso, essendo stato interrotto dall’istanza di rateizzazione, presentata dalla contribuente nel 2015.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/04/2025.