Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21164 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21164 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 6478/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione (PEC: EMAIL;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 4330/18/2017, depositata il 14.07.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 128/03/2012 del 9.05.2012, la CTP di Latina rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE esercente l’attività di commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi freschi, avverso
Oggetto: Tributi
–
Revocazione ex art. 395, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
-Scoperta nuovi documenti
civ.
l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007, per imposte dirette e IVA, mediante il quale si provvedeva a recuperare, fra l’altro, i componenti negativi di reddito indebitamente dedotti, in quanto ritenuti riconducibili ad operazioni inesistenti, relative a servizi ricevuti dalle società “RAGIONE_SOCIALE” e ‘RAGIONE_SOCIALE‘;
tale sentenza passava in giudicato, per mancanza di impugnazione, in data 24.12.2012;
contro la predetta sentenza la società contribuente presentava ricorso per revocazione straordinaria, ai sensi degli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 546 del 1992, adducendo ‘ il ritrovamento di documentazione nuova dopo il passaggio in giudicato della sentenza ‘;
-con sentenza n. 576/03/2015, la CTP di Latina dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione, in quanto ‘ la documentazione rinvenuta dalla società era stata già esaminata dall’Ufficio nell’ambito della verifica fiscale condotta a carico della società ricorrente, di cui la parte era a conoscenza ‘, per averla prodotta in sede di accertamento con adesione, ritenendo i documenti comunque non decisivi e che non sussisteva la causa di forza maggiore richiesta per la revocazione della sentenza;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dalla contribuente, osservando, per quanto qui ancora rileva, che:
-il ricorso per revocazione era stato correttamente rigettato mancando i relativi presupposti normativi;
la contribuente, infatti, non aveva fornito la prova della sussistenza della causa di forza maggiore che avrebbe impedito di produrre i documenti prima della decisione della causa; tale prova doveva essere rigorosa, in quanto la parte non poteva semplicemente
dichiarare la sussistenza del fatto impeditivo, ma doveva provare di avere assunto opportune iniziative per ritrovare i documenti smarriti; – nella specie, non era stata fornita la prova di avere svolto ricerche dei documenti non prodotti nel giudizio di primo grado, né delle circostanze di fatto che avevano condotto al loro ritrovamento dopo la
sentenza di primo grado;
la contribuente, quindi, non aveva fornito la prova della sussistenza della causa di forza maggiore -che implica l’intervento di una circostanza esterna non imputabile alla parte ricorrente – avendo fatto semplicemente riferimento alla negligenza di un non meglio identificato ‘ collaboratore prontamente allontanato ‘ nel custodire i documenti essenziali per documentare, ai fini fiscali, lo svolgimento dell’attività commerciale;
la RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memoria;
-l ‘Agenzia delle entrate si costituiva al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione a ll’ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato nel giudizio per revocazione la documentazione ritrovata dalla contribuente in data 15.06.2013, riguardante varie fatture, in mancanza della quale la contribuente non aveva potuto proporre appello e che dimostrava la sua buona fede ed incolpevole ignoranza;
con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 09, comma 34 lett. b) d.P.R. n. 917/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , per avere la CTR errato nel non riconoscere la deducibilità dei costi relativi alle prestazioni
fatturate, come si evinceva dalla documentazione prodotta dalla contribuente, e non trovando applicazione la disciplina della indeducibilità dei ‘costi da reato’ di cui all’art. 14, comma 4 -bis, della l. n. 537 del 1993;
con il terzo motivo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., e, segnatamente, l’inesistenza di elementi certi a supporto dell’onere dell’Ente impositore e del complesso probatorio per presunzione;
con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 2 d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., evidenziando che le fatture successivamente ritrovate non erano generiche, in quanto contenevano tutti gli elementi previsti dall’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, e che non si poteva desumere la prova del mancato sostenimento dei costi dal fatto che i pagamenti delle prestazioni erano stati effettuati in contanti, considerato che i lavori erano svolti da piccoli agricoltori che utilizzavano tale mezzo di pagamento;
-i predetti motivi, che per connessione vanno esaminati unitariamente, sono inammissibili, in quanto si limitando a censurare la sentenza della CTP di Latina n. 128/3/2012, ormai passata in giudicato, senza confrontarsi con la ratio decidendi della pronuncia impugnata che ha confermato l’inammissibilità del ricorso per revocazione per mancanza dei relativi presupposti;
-la contribuente avrebbe dovuto preliminarmente affrontare la questione dei presupposti della revocazione straordinaria, puntualmente esclusi dalla sentenza impugnata;
-come ha più volte affermato questa Corte, infatti, la revocazione straordinaria, ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., presuppone l’impossibilità di produrre nel giudizio di merito un
documento che, ignorato a causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario e ritrovato dopo la sentenza, risulti decisivo, ossia astrattamente idoneo a formare un diverso convincimento del giudice, conducendo ad una decisione diversa da quella revocanda; conseguentemente, la parte impugnante è onerata di dimostrare la tempestività ed ammissibilità dell’impugnazione, indicando nell’atto introduttivo, a pena di inammissibilità, le prove di tali circostanze, nonché del giorno della scoperta o del ritrovamento del documento (Cass. n. 29122 del 2023);
– ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 3, cod. proc. civ., è necessario, pertanto, che la parte si sia trovata nell’impossibilità di produrre il documento asseritamente decisivo nel giudizio di merito, incombendo sulla stessa parte, in quanto attrice nel relativo giudizio, l’onere di dimostrare che l’ignoranza dell’esistenza del documento o del luogo ove esso si trovava fino al momento dell’assegnazione della causa a sentenza non era dipeso da colpa o negligenza, ma dal fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore. Ne consegue che, nell’ipotesi di ignoranza dell’esistenza di un documento, l’onere della parte è soddisfatto dalla dimostrazione di una situazione di fatto tale da giustificarne la mancata conoscenza, mentre in quella di ignoranza soltanto del luogo di conservazione l’ammissibilità dell’impugnazione è subordinata alla prova di una diligente ricerca del documento e, nel caso di un suo pregresso possesso, dell’essersi verificato lo smarrimento per cause eccedenti la possibilità di controllo della parte (Cass. n. 735 del 2008);
-secondo la sentenza impugnata, la società ricorrente aveva sostenuto di non avere potuto produrre nel giudizio di primo grado le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, in quanto rinvenute solo in data 15.06.2013, ma si trattava di documenti non
decisivi, in quanto, come aveva rilevato l’Agenzia delle entrate, si trovavano già allegati in copia al PVC ed erano stati esaminati nel corso della verifica fiscale; i giudici di appello hanno poi evidenziato che la contribuente non solo non aveva fornito la prova delle circostanze di fatto che avevano condotto al ritrovamento della documentazione dopo la sentenza di primo grado, ma non aveva neppure indicato quali iniziative aveva assunto per ritrovare i documenti smarriti, limitandosi ad accennare alla negligenza tenuta nella loro custodia da un non meglio identificato ‘collaboratore prontamente allontanato’;
la ricorrente non ha in alcun modo censurato tali statuizioni, limitandosi a sostenere l’infondatezza della ripresa nel merito;
in conclusione, il ricorso va rigettato e nulla va disposto sulle spese non avendo la controricorrente svolto alcuna difesa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 maggio 2025