Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34463 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34463 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
AGENZIA DELLE ENTRATE,
-intimata – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO, n. 4203/2020, depositata il 22/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
REDDITOMETRO REVOCAZIONE 395 n. 3 c.p.c
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17661/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l ‘Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende,
-ricorrente – contro
–
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate , che non ha svolto attività difensiva, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato il ricorso per revocazione proposto dal contribuente avverso la sentenza della C.t.r. n. 5314 del 2015 depositata il 14 ottobre 2015.
1.1. L’Ufficio , con riferimento agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008, aveva contestato al contribuente, quali indici di maggiore capacità contributiva, il possesso di due auto di lusso – precisamente, una Lamborghini acquistata nel 2008 al prezzo di euro 140.000,00 e una Porsche Carrera acquistata nel 2007 per un importo di euro 108.000,00 e, per l’effetto, aveva accertato, in via sintetica, un maggior reddito rispetto a quanto dichiarato.
1.2. La C.t.p., con separate sentenze, rigettava i ricorsi spiegati dal contribuente e la C.t.r., previa riunione dei separati appelli proposti dal medesimo, confermava la sentenza di primo grado con sentenza n. 5314 del 2015
Avverso detta sentenza il contribuente (oltre a proporre ricorso per cassazione) proponeva ricorso per revocazione ai sensi dell’art 395, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. al quale resisteva l’Agenza delle entrate.
Il contribuente adduceva a fondamento della domanda di revocazione che: 1) con sentenza della Cassazione penale n. 14845 del 2020, resa nei confronti del proprio figlio NOME, era stato definitivamente acclarato che le autovetture di lusso e la disponibilità economica oggetto dell’accertamento erano riconducibili all’at tività illecita di quest’ultimo; 2) che il 1° giugno 2020 era stata rinvenuta «dichiarazione sostitutiva di notorietà» sottoscritta il 2 febbraio 2016 da NOME COGNOME, zio della moglie NOME, nella quale quest’ultimo sosteneva di aver corrisposto alla nipote la somma di euro 190.000,00, di cui euro 50.000,00 proveniente da un libretto nominativo presso la
Banca di Roma, ed euro 140.000,00 a mezzo assegni al medesimo intestati, provenienti dalla vendita di un fondo, e girati alla stessa. Aggiungeva che tale ultimo documento confermava quanto sostenuto nei gradi di merito, ovvero che la disponibilità per l’acquisto delle autovetture oggetto di accertamento proveniva dalla moglie, NOME COGNOME che aveva accesso a somme dei genitori e di uno zio e che dai medesimi emergeva il proprio ruolo di mero interposto.
La C.t.r., con la sentenza in epigrafe, rigettava il ricorso per revocazione ritenendo non sussistenti i presupposti di cui all’art. 395 cod. proc. civ. e dall’art. 64 d.lgs. n. 56 del 1992.
Rilevava sul punto che la sentenza penale invocata non aveva ad oggetto gli atti impositivi emessi nei confronti del contribuente, essendo incentrata sul sequestro penale di tutti i beni, nella disponibilità di fatto del figlio; che i due giudizi – quello penale nei confronti di NOME COGNOME e quello tributario nei confronti del padre COGNOME -non avevano attinenza tra di loro in quanto diversi soggettivamente ed oggettivamente; che il giudice tributario poteva solo trarre indizi dalla sentenza penale. Aggiungeva che le motivazioni addotte per la revocazione non rientravano tra le cause previste dall’art. 395 cod. proc. civ.
Avverso detta ultima sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, mentre l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
La sentenza n. 5314 del 2015 è stata, a propria volta, impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione (RG n. 9115 del 2016) chiamato e deciso anch’esso nella odierna adunanza camerale.
Considerato che:
Con il primo motivo NOME COGNOME denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti e in relazione all’art. 3 60, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 395, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e dell’art. 64 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Rileva che la dichiarazione rinvenuta il 1° giugno 2020 – con la quale NOME COGNOME, zio di sua moglie NOME, affermava di aver corrisposto alla nipote la somma di euro 190.000,00 – confermava quanto sostenuto nei gradi di merito, ovvero che la disponibilità per l’acquisto delle auto vetture oggetto di accertamento proveniva dalla propria moglie la quale aveva accesso a somme dei genitori e di uno zio e che vi era la disponibilità di ulteriori risorse rispetto a quelle indicate dall’Ufficio. Aggiunge c he tale documento rientra tra quelli previsti dall’art. 395, pri mo comma n. 3, cod. proc. civ. in quanto avente data successiva al deposito della sentenza oggetto di revocazione e che, pertanto, non era stato possibile produrre in quel giudizio. Censura, pertanto, la sentenza impugnata per non aver esaminato detta circostanza.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto irrilevante, ai fini della revocazione, la sentenza penale emessa nei confronti del proprio figlio. Rileva che detta ultima confermava che gli incrementi patrimoniali contestati erano stati acquisiti con diponibilità derivanti dall’attività illecita di quest’ultimo; che aveva subito la confisca di un autovettura BMW e di un conto corrente sul presupposto che, sebbene a lui intestati fossero riferibili al figlio; che, di conseguenza, la richiesta di maggiori imposte non avrebbe dovuto essere confermata.
Il ricorso è infondato in relazione ad entrambi i motivi.
3.1. L’ipotesi di revocazione di cui al n. 3 dell’art. 395 cod. proc. civ. presuppone che un documento preesistente alla decisione
impugnata – che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario – sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione; essa, viceversa, non può essere utilmente invocata con riferimento a un documento formato dopo la decisione (Cass. 13/10/2015, n. 20587). Ciò si desume, come chiarito da questa Corte, dall’uso dell’espressione «sono stati trovati» contenuta nel citato n. 3, alla quale fa riscontro il termine «recupero» adottato nei successivi artt. 396 e 398 cod. proc. civ., Pertanto, è del tutto irrilevante che il documento faccia riferimento a fatti antecedenti alla sentenza stessa e sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione (Cass. 20/02/2015, n. 3362).
3.2. Il contribuente ha chiesto la revocazione della sentenza della C.t.r. n. 5314 del 2015, depositata il 14 ottobre 2015, in ragione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio del 2 febbraio 2016 e della sentenza penale n. 1445 del 2020 resa nei confronti del figlio; la domanda, di conseguenza, si fondava su documenti formatisi successivamente.
Correttamente, pertanto, la C.t.r. ha rigettato il ricorso.
3.3. Deve aggiungersi che se la questione giuridica è stata esattamente risolta, la sentenza – anche se inadeguatamente ed erroneamente motivata – non può essere cassata, dovendo la Corte suprema, nell’esercizio del potere integrativo e correttivo della motivazione attribuitole dall’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., limitarsi ed integrare e a correggere la motivazione difettosa o erronea, mentre, solo se la soluzione adottata risulta giuridicamente inesatta, la sentenza impugnata deve essere cassata.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese, stante la mancanza di attività difensiva da parte dell’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2024.