Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4316 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4316 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 13032/2016 proposto da:
NOME, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO, per delega in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, n. 37/16, depositata in data 12 gennaio 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale, con la sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso per revocazione proposto da NOME avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 37/16, depositata in data 12 gennaio 2012, affermando che non sussistevano né i presupposti della revocazione ordinaria, né quelli della revocazione straordinaria ex art. 395, primo comma, nn. 2 e 4, cod. proc. civ..
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno argomentato che:
-) qualora la contribuente avesse lamentato l’errore di fatto per cui il questionario, a differenza di quanto eventualmente ammesso dai Giudici di primo e secondo grado, non fosse mai stato ritirato il 31 luglio 2009, ma solo il 13 gennaio 2010, si ricadeva nell ‘ ipotesi di cui all’art. 395, comma 4, cod. proc. civ., concernente uno strumento di impugnazione esperibile entro trenta giorni dalla notifica della sentenza o sei mesi dal suo deposito e, nel caso in esame, la sentenza era stata depositata il 5 marzo 2012 ed era divenuta definitiva il 22 ottobre 2012, mentre il ricorso per revocazione era stato proposto solamente il 3 novembre 2014;
-) considerato il passaggio in giudicato della pronuncia, era esperibile una revocazione straordinaria che, considerato il tenore del ricorso della contribuente, doveva essere quella ex art. 395, comma 2, cod. proc. civ., ossia quella attinente sentenze adottate «in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza…», ma nel caso in esame, nessuna prova era stata riconosciuta o dichiarata falsa,
considerato come il giudizio riguardante la querela di falso si era concluso con una pronuncia di inammissibilità, dato che nessuna firma era stata apposta sull’avviso di ricevimento, che, di conseguenza, era veritiero in tutte le sue parti e, come tale, conosciuto dai Giudici di prima e seconda istanza;
-) i motivi aggiunti, presentati a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015, erano inammissibili perché esorbitavano dalle ipotesi previste dall’art. 24 del decreto legislativo n. 546 del 1992 ed erano comunque infondati.
NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con con troricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 395, primo comma, nn. 2 e 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale aveva errato nel ritenere che la ricorrente potesse proporre solo la revocazione ordinaria, in quanto si trattava di errore di fatto, in quanto il dato rilevante era che le Commissioni di primo e secondo grado avevano sostenuto che la ricorrente aveva provveduto al ritiro del plico alla data del 31 luglio 2009, perché nell’apposito spazio, quello recante la dicitura «Ritiro in Ufficio del plico non notificato» era apposta la sottoscrizione attestante l’avvenuto ritiro attribuito alla odierna esponente, mentre tale sottoscrizione, parte integrante della relata di notifica, atto di ufficiale giudiziario (o equiparato, l’agente postale), non era della ricorrente. Di fronte a tale solenne attestazione non restava altro mezzo che adire il Tribunale ordinario di Milano ex art. 221 cod. proc. civ. promuovendo querela di falso in via principale al fine di far accettare che la detta sottoscrizione non era di suo pugno. Né era possibile impugnare ex art. 395, primo comma, n. 4, cod.
proc. civ., quel «falso» avanti la Commissione tributaria regionale in via ordinaria, perché quell’atto, quella attestazione, poteva essere «sindacata» unicamente da una sentenza resa ex art. 221 cod. proc. civ.. Dopo tale sentenza poteva essere esperito ricorso per revocazione straordinaria ex art. 395, comma primo, n. 2, cod. proc. civ., perché quella sentenza del Tribunale ordinario di Milano aveva riconosciuto falsa quella prova dopo la sentenza della Commissione tributaria di Milano emessa il 10 gennaio 2012, depositata il 5 marzo 2012 (non notificata).
Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 395, comma primo, n. 2, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Nel caso di specie il fatto assunto come prova dall’RAGIONE_SOCIALE prima e dai giudicanti poi (sottoscrizione della contribuente sul ritiro del plico in data 31 luglio 2009) non era vero, come era stato affermato dal Tribunale di Milano; «deve quindi essere affermato che nell’avviso di ricevimento oggetto di causa non è presente la sottoscrizione dell’attrice attestante il ritiro del plico in data 31.07.2009.… » .
Il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. L’RAGIONE_SOCIALE aveva emesso un accertamento di tipo induttivo sul presupposto che la contribuente avesse mancato al suo esplicito dovere di rispondere al questionario che le era stato inviato, ma l’invocato questionario non era mai stato recapitato. Non era, dunque, invocabile l’applicazione dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973.
L’esame RAGIONE_SOCIALE esposte censure porta al rigetto dei primi due motivi, con assorbimento del terzo motivo, che concerne specificamente la fase rescissoria del giudizio.
4.1 Ed invero assume rilievo decisivo e assorbente la sentenza impugnata nella parte in cui afferma, contrariamente a quanto
ritenuto dalla ricorrente, che, nel caso in esame, nessuna prova era stata riconosciuta o dichiarata falsa, considerato che il giudizio sulla querela di falso si era concluso con una pronuncia di inammissibilità, dato che nessuna firma era stata apposta sull’avviso di ricevimento, che, dunque, era veritiero in tutte le sue parti e, come tale, conosciuto dai giudici di primo e secondo grado (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).
4.2 Per il resto, sulla premessa incontroversa che il giudice tributario, in materia di querela di falso, è tenuto, ai sensi dell’art. 39 del decreto legislativo n. 546 del 1992, a sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stessa o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio, trattandosi di accertamento riservato ad altra giurisdizione di cui egli non può conoscere, neppure incidenter tantum (cfr. Cass., 30 novembre 2017, n. 28671; Cass., 3 aprile 2013, n. 8406), i giudici di secondo grado correttamente hanno affermato che il termine per proporre la revocazione ordinaria era di trenta giorni decorrente dalla notifica della sentenza o di sei mesi dal suo deposito e che, nel caso in esame, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano era stata depositata il 5 marzo 2012 ed era divenuta definitiva il 22 ottobre 2012, mentre il ricorso per revocazione era stato proposto solamente il 3 novembre 2014, ovvero tardivamente (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata ed anche pag. 8 del ricorso per cassazione).
4.3 Ciò in conformità al principio statuito da questa Corte secondo cui « Il configurarsi del sopravvenire della conoscenza di un fatto, quale “dies a quo” per l’impugnazione, mentre è caratteristico RAGIONE_SOCIALE ipotesi della cosiddetta “revocazione straordinaria” (nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 cod. proc. civ.), è invece del tutto estraneo alle ipotesi della cosiddetta “revocazione ordinaria” (nn. 4 e 5 RAGIONE_SOCIALE stesso articolo), nelle quali il “dies a quo” si identifica, invece, in quello della notificazione della sentenza, o, in mancanza, in quello della
pubblicazione della stessa, e determina – corrispondentemente – il decorrere del termine breve, o del termine annuale (o semestrale) per l’impugnazione » (Cass., 9 giugno 1997, n. 5103; Cass., 19 novembre 1996, n. 10136).
4.4 Questa Corte, in proposito, ha pure affermato che, « Nel processo tributario, l’impugnazione per revocazione per i motivi previsti dai nn. 4 e 5 dell’art. 395 c.p.c. – anche nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 9, comma 1, lett. cc), del d.lgs. n. 156 del 2015, che ha modificato l’art. 64, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 – è ammissibile nei confronti RAGIONE_SOCIALE sentenze d’appello avverso le quali sia stato già proposto ricorso per cassazione o sia pendente il termine per proporlo, poiché nel giudizio di cassazione non sono ammessi nuovi accertamenti di fatto, né rivalutazioni del giudizio sul fatto compiuto dal giudice d’appello » (Cass., 11 maggio 2022, n. 14893) e più di recente che « Nell’ambito del processo tributario, la proposizione di motivi di revocazione ordinaria ex art. 395, comma 1, nn. 4) e 5) cod. proc. civ. avverso le sentenze RAGIONE_SOCIALE Commissioni Tributarie Regionali rese in funzione di giudice d’appello è ammissibile anche se impugnate con ricorso per Cassazione, ovvero siano ancora pendenti i termini per proporre tale ricorso, alla luce del complessivo quadro sistematico e anche della riformulazione del primo comma dell’art. 64 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ad opera dell’art. 9, comma 1, lett. cc), D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 il quale ha voluto espressamente fugare le incertezze chiarendo l’equiparazione della disciplina della revocazione ordinaria prevista dal rito speciale tributario a quella prevista dal codice di rito ordinario. Le condizioni di proposizione dei motivi di revocazione straordinaria di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 64, non modificate dal D.Lgs. n. 156 del 2015, restano a loro volta le medesime fissate dall’art. 396 primo comm a cod. proc. civ. per il processo civile ordinario » (Cass., 24 luglio 2023, n. 22047).
4.5 E’ pure corretta l’ulteriore affermazione dei giudici di secondo grado, laddove hanno ritenuto che, dopo il passaggio in giudicato della pronuncia, era sì esperibile una revocazione straordinaria ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 2, cod. proc. civ., riguardante, alla luce del tenore del ricorso per revocazione della contribuente, le sentenze adottate «in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza…», ma, nel caso in esame, nessuna prova era stata riconosciuta o dichiarata falsa, in quanto, per come già detto, il giudizio riguardante la querela di falso si era concluso con una pronuncia di inammissibilità, dato che nessuna firma era stata apposta sull’avviso di ricevimento, il quale, di conseguenza, era veritiero in tutte le sue parti e, come tale, conosciuto dai Giudici di prima e seconda istanza.
4.6 Peraltro, sia con riguardo alla statuizione di inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria per tardività, sia in relazione alla statuizione di infondatezza del ricorso per revocazione straordinaria in assenza di prova riconosciuta o dichiarata falsa, si è in presenta di ragioni autonome del decidere, che non sono state adeguatamente censurate dalla ricorrente, che si è limitata ad affermare sulla prima ratio che non era possibile impugnare quel «falso» avanti la Commissione tributaria regionale in via ordinaria, perché quell’atto poteva essere sindacato unicamente da una sentenza resa ex art. 221 cod. proc. civ., con ciò non confrontandosi con il contenuto della sentenza impugnata che non aveva affatto affermato che l’atto dovesse essere impugnato davanti al giudice tributario, e sulla seconda ratio , che era ammissibile la revocazione straordinaria, avendo il Tribunale ordinario di Milano riconosciuto falsa la prova, a fronte di un diverso accertamento condotto dai giudici di secondo grado nella sentenza impugnata in questa sede. Il che configura un ulteriore profilo di inammissibilità del primo e del secondo motivo di ricorso.
Per le ragioni di cui sopra, il primo e il secondo motivo di ricorso vanno rigettati, con assorbimento del terzo motivo; la ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dal l’RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del l’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 13 febbraio 2024.