Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9032 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9032 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore:
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21472/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 3879/2022 depositata il 08/02/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato gli avvisi di accertamento del 2014, con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha rettificato la categoria catastale di una cabina elettrica ed un
aerogeneratore siti in agro del Comune di Rocchetta Sant’Antonio, contrada Serno di Luca e Macchialupo.
I ricorsi, all’esito della riunione, sono stati parzialmente accolti, con riduzione della rendita catastale della cabina elettrica ad euro 19.200,00.
L’appello è stato rigettato.
4.La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, formulando quattro motivi.
La Corte, con ordinanza n. 3879 del 2022, ha rigettato il ricorso per cassazione. In particolare, in ordine al quarto motivo (violazione degli artt. 10 r.d.l. n. 652 del 1939 e 28 e 29 d.P.R. n. 1142 del 1042, per avere i giudici territoriali erroneamente ritenuto che il valore fondiario attribuito all’aerogeneratore ammontasse ad euro 600,00 MW, mentre in realtà gli avvisi recavano il valore di 480.000 per il capitale fondiario, nonché per avere ritenuto la correttezza del criterio di stima adottato dall’ufficio, il quale aveva assimilato gli impianti ai fabbricati, invece di applicare il criterio affermato nella decisione n. 8592/2013), si legge, nell’ordinanza in esame, che è inammissibile ed in parte infondato: inammissibile nella parte in cui denuncia un errore di fatto, consistente nell’erronea percezione, da parte del giudice, di circostanze risultanti dagli atti di causa, che avrebbe dovuto essere dedotto con la revocazione; infondato nella parte in cui denuncia l’omessa valutazione dell’obsolescenza, in quanto, oltre che fondato su un precedente inconferente, è smentito dalla motivazione della sentenza della Commissione tributaria regionale, che ha ridimensionato il valore accertato per uno degli impianti, riconducendolo al biennio 19881989, tenuto conto dell’epoca di completamento dell’impianto e, dunque, della sua vetustà.
4.La contribuente ha impugnato ex art. 391-bis e 395, comma 1, n. 4 e 5, cod.proc.civ. l’ordinanza della Suprema Corte (ricorso r.g. 645/2018).
5.L’RAGIONE_SOCIALE, costituitasi con controricorso, ha concluso per l’inammissibilità/infondatezza del ricorso.
La contribuente ha depositato ulteriore memoria.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 14 marzo 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La contribuente ha dedotto: 1) l’errore di fatto ex art 395, primo comma, n. 4) cod.proc.civ., risultante dagli atti e documenti di causa, posto che la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto (ovvero sulla percezione che la società ricorrente avesse inteso eccepire che l’avviso di accertamento recava un capitale fondiario accertato di euro 600.000,00 a MW e che era necessario ricondurlo a 480.000,00 a MW), in contrasto con gli atti di causa, da cui si evince chiaramente che è stata eccepita solo una violazione di legge e, cioè, l’omessa applicazione, nella stima dei beni in esame, del criterio del valore medio costante, consistente nella media aritmetica dei valori riferiti agli anni futuri, stimati anche in considerazione dell’effetto della vetustà: circostanza che non ha costituito un punto controverso e che è stato decisivo, avendo condotto la Corte ad un’errata decisione (nel ricorso si è precisato che né in sede di appello né nel giudizio di legittimità la ricorrente ha fatto riferimento ad un accertamento dell’Ufficio di un capitale fondiario di euro 600.000 a MW da ridurre a 480.000, visto che l’avviso di accertamento già riportava un valore di stima catastale unitario pari ad euro 480.000); 2) il contrasto con il successivo giudicato tra le stesse parti e, cioè, con l’ordinanza n. 4837 del 2022 della Corte di cassazione, deliberata nella stessa camera di consiglio, ma depositata successivamente, con cui lo stesso motivo di gravame è stato, invece, accolto, determinando la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Il primo motivo va rigettato.
Deve ribadirsi, difatti, che, in tema di revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391bis cod.proc.civ. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (così Cass., Sez. 3, n. 29 marzo 2022, n. 10040; v. anche Cass., Sez. U, 28 maggio 2013, n. 13181, secondo cui non è idoneo ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391bis e 395, numero 4), cod. proc. civ., l’ipotizzato travisamento, da parte della Corte di cassazione, di dati giuridicofattuali, per giunta estranei ai punti controversi sui quali essa si sia pronunciata, acquisiti attraverso la mediazione RAGIONE_SOCIALE parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi dei rispettivi atti del giudizio, e dunque mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale – quand’anche risulti errata – di revocazione).
In particolare si è precisato che non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391 bis e 395, n. 4) c.p.c., la valutazione, ancorché errata, del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto (Cass., Sez. 6 – L, 27 aprile 2018, n. 10184)
Nel caso di specie, appunto, il motivo di ricorso (uguale a quello proposto nell’altra causa, avente, però, ad oggetto un altro avviso ed una differente sentenza, motivata in modo diverso) è stato rigettato in base all’interpretazione dello stesso e soprattutto in base all’interpretazione della sentenza impugnata, il cui contenuto è stato ritenuto conforme a diritto, in considerazione
dell’avvenuta valutazione della obsolescenza dell’impianto («quanto all’omessa valutazione dell’obsolescenza, il vizio risulta smentito dalla medesima motivazione della CTR, laddove i giudici hanno ridimensionato il valore accertato per uno degli impianti riconducendolo al biennio 19881989 e tenuto conto dell’epoca di completamento dell’impianto e dunque della vetustà dello stesso»).
3. In ordine al secondo motivo, deve premettersi che effettivamente, come eccepito dal controricorrente, l’art. 391 -bis cod.proc.civ. (ai sensi del quale «se la sentenza, l’ordinanza o il decreto di cui all’articolo 380-bis pronunciati dalla Corte di cassazione sono affetti da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’articolo 287, ovvero da errore di fatto ai sensi dell’articolo 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti») non prevede quale motivo di revocazione avverso i provvedimenti della Corte di cassazione la contrarietà con altra precedente decisione avente fra le parti autorità di cosa giudicata. Deve pure evidenziarsi che l’art. 395 n. 5 cod.proc.civ. non è richiamato neppure nel successivo art. 391ter cod.proc.civ., che disciplina la revocazione avverso i provvedimenti con cui la Corte decide la causa nel merito.
Non sembra potersi dubitare della legittimità costituzionale di tale limitazione, per irragionevolezza e conseguente contrasto con l’art. 3 Cost., con riferimento all’art. 391 -bis cod.proc.civ., visto che il contrasto con il precedente giudicato – sia in caso di rigetto del ricorso sia in caso di accoglimento e cassazione con rinvio del provvedimento impugnato -potrebbe configurarsi solo relativamente alla decisione di merito e non a quella di legittimità.
Ad ogni modo, ogni eventuale questione non è rilevante in questa sede, atteso che il contrasto di giudicati idoneo ad integrare un motivo di revocazione, sussiste quando tra le due controversie
vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende processuali sussista un’ontologica e strutturale concordanza degli estremi identificativi dei due giudizi, nel senso che la precedente sentenza deve avere ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad essa antitetico. Al contrario, nel caso di specie, pur essendovi, nelle due cause, identità soggettiva, diversi sono gli avvisi di accertamento impugnati, che si riferiscono ad impianti diversi, sicché difetta l’identità oggettiva dei giudizi ed il contrasto ontologico tra le decisioni. Più precisamente oggetto dell’altro provvedimento invocato è l’avviso del 21.04.2015, con cui l’RAGIONE_SOCIALE ha rettificato la categoria catastale e la rendita relativamente all’aerogeneratore sito in agro del comune di Rocchetta Sant’Antonio alla Contrada Franciosa, mentre oggetto del presente giudizio sono gli avvisi di accertamento del 2014, con cui l’RAGIONE_SOCIALE ha rettificato la categoria catastale di una cabina elettrica ed un aerogeneratore siti in agro del Comune di Rocchetta Sant’Antonio, contrada Serno di Luca e Macchialupo.
A ciò si aggiunga che la decisione invocata è stata depositata successivamente a quella oggi impugnata e, quindi, pur se adottata nella medesima udienza pubblica o adunanza camerale, è da considerarsi successiva, visto che, dopo la deliberazione della decisione della Corte, ma prima della pubblicazione della sentenza, il giudizio di legittimità è ancora pendente, sussistendo pure il dovere di riconvocazione della camera di consiglio in caso di una declaratoria di illegittimità costituzionale intervenuta dopo e idonea ad incidere sul contenuto del provvedimento della Corte (così Cass., Sez. 1, 18 agosto 2004, n. 16081). Con la revocazione può denunciarsi, invece, il contrasto della decisione con quella precedente, ma non con quella successiva.
Il motivo è, dunque, inammissibile, in applicazione del seguente principio di diritto: i provvedimenti della Corte di cassazione di rigetto del ricorso o di accoglimento del ricorso con
rinvio al giudice di merito non sono suscettibili di revocazione ex n. 5 dell’art. 395 cod.proc.civ., non essendo tale ipotesi contemplata dall’art. 391 -bis cod.proc.civ., visto che il contrasto con il precedente giudicato investe la decisione di merito (impugnata o oggetto del giudice di rinvio) e non quella della Corte di cassazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.400,00 per compensi, oltre accessori e le spese che risulteranno dai registri di cancelleria prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024.