Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32378 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32378 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23473/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME elettivamente domiciliato in PADOVA INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 9774/2023 depositata il 12/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2024 dal Co: NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il dottor NOME COGNOME esercita da vari anni la professione di commercialista e presentava istanze di rimborso per l’irap corrisposta negli anni da 1998 a 2008, ritenendo non sussistente l’attività autonomamente organizzata e, comunque, dovendosi scorporare i compensi percepiti nella sua qualità di componente i collegi sindacali di varie società, trattandosi di prestazione svolta direttamente e senza l’ausilio di collaboratori.
I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente che ricorreva per cassazione senza trovare apprezzamento delle proprie ragioni, venendo confermata la sentenza di secondo grado.
Ricorre oggi per revocazione dell’ordinanza di questa Corte affidandosi a due motivi cui replica l’Agenzia delle entrate con tempestivo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Vengono proposti due motivi di revocazione ai sensi dell’articolo 395, primo comma, numero 4 c.p.c. e, specificamente:
la decisione impugnata è fondata sulla errata supposizione dell’esercizio dell’attività di commercialista sempre e solo nella forma associata, circostanza esclusa dagli atti e dai documenti di causa;
la decisione impugnata è fondata sulla inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, laddove l’ordinanza impugnata ritiene che il petitum fosse limitato all’attività di componente il collegio sindacale (donde si incentra sul mancato scorporo del compenso per tale attività), mentre la richiesta era più ampia e non si riduceva a quel profilo, involgendo gli altri aspetti dell’opera professionale.
I motivi sono infondati e non possono essere accolti.
Dall’esame dell’ordinanza in scrutinio emerge chiaramente che siano stati tenuti in considerazione sia i diversi periodi di esercizio della professione, sia l’attività di sindaco come distinta da quella di commercialista, dandosi contezza sia del diverso regime (partecipazione a studio associato o meno) con cui si è espletata la professione di commercialista, sia del riferimento ai compensi come componente del collegio sindacale, un tanto in ripresa dell’esposizione della domanda di parte già indicata in principio di pag. 2 dell’ordinanza in esame, ove si riassume la parte in fatto e lo svolgimento dei giudizi di merito.
Dopo aver rigettato la pregiudiziale censura di motivazione apparente della sentenza d’appello, l’ordinanza in scrutinio, a pag. 5, riprende la trattazione del primo motivo, richiamando i principi di questa Corte sull’onere e natura della prova necessaria per dimostrare l’assenza di organizzazione, al fine di ottenere il rimborso Irap.
Ne segue, pertanto, analitica esposizione delle condizioni necessarie nelle varie ipotesi: forma associata, singola, compensi a terzi, attività di collegio sindacale ed altro per escludere un’erronea applicazione da parte della sentenza di merito che ne viene così confermata.
Parimenti, si fa riferimento ai diversi periodi di imposta ed al diverso regime organizzativo affermato, riferendosi non unicamente, ma ‘anche’ ad un determinato periodo e ‘non solo’ all’attività di sindaco (cfr. pag. 8, penultimo capoverso ordinanza in scrutinio).
Ne deriva, per un verso, che non sussistono i lamentati errori revocatori, mentre per altro verso il ricorso qui in esame richiede una rivalutazione di merito esclusa dal perimetro di cognizione di questa suprema Corte di legittimità e, comunque, inibita nel giudizio per revocazione.
Il ricorso dev’essere rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle entrat e delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in €. duemilatrecento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/06/2024.