Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3646 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35780/2019 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 10809/2019 depositata il 17/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 822/5/17 depositata in data 31 luglio 2017 la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettò il gravame dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 287/2/16 della Commissione tributaria provinciale di Padova, che aveva, in precedenza, accolto il ricorso di NOME avverso un avviso di liquidazione di maggiore imposta IVA, in relazione al 2012, per effetto del disconoscimento della spettanza dell’aliquota agevolata al 4% per l’acquisto della cd. ‘prima casa’. La CTR confermò la decisione di primo grado. La Corte di Cassazione, adita dalla contribuente, ha cassato con ordinanza n. 10809 del 17 aprile 2019 la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha respinto l’originario ricorso della contribuente. Quest’ultima ha proposto ora ricorso per revocazione dell’ordinanza in parola, articolandolo su due distinti profili. L’Agenzia si è costituita con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto, la contribuente contesta un errore di percezione evincibile dall’omissione, da parte della Corte di Cassazione, del ‘ fatto che nella vicenda vi è il mancato avveramento della condizione prevista direttamente ex lege (art. 61 commi 1 2e 3 D.Lgs. 42/04) e dalle clausole contrattuali (art. 2 e 3 della compravendita del 5.07.2006), evento storico che avrebbe determinato l’efficacia traslativa effettiva -dell’atto notarile del 5.07.06’.
In secondo luogo, la contribuente deduce un profilo revocatorio ‘ correlato al fatto che la sentenza della Corte di Cassazione muove dalla considerazione che il pagamento del prezzo nella precedente
compravendita del 2006, quale adempimento, sarebbe stato rimesso alla parte stessa, evidenziato come elemento rilevante, quando -invece -è emerso che in occasione della compravendita del 2006 … nessun prezzo era mai stato pagato, non giungendosi infatti al mancato perfezionamento della compravendita, per mancato avveramento della condizione ‘, non connotandosi il versamento del prezzo come una ‘ mera scelta della venditrice e a questa rimessa’ , ma quale evenienza ‘ subordinata ad un evento che non si è mai dimostrato nel corso del giudizio essersi verificato, ma che -anzi -è stato documentalmente comprovato non sia mai accaduto ‘.
Il ricorso per revocazione è inammissibile in relazione ad ambedue gli aspetti che lo articolano.
Nell’ordinanza contestata in ricorso è dato leggere che:
‘ Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa – Parte I – allegata al DPR 131/1986 per aver la CTR ritenuto spettante l’agevolazione nonostante la stessa non possedesse i requisiti previsti per beneficiare delle agevolazioni prima casa; – Il motivo non è inammissibile/improcedibile per difetto di autosufficienza come argomentato in controricorso e memoria, dovendo essere disattesa l’eccezione preliminare avanzata ex art.366 cod. proc. civ., in quanto sono stati riprodotti in ricorso i necessari elementi in fatto e riferimenti documentali. Infatti, è pacifico e presupposto stesso della controversia il fatto che, in relazione alla compravendita del 3.5.2012, la contribuente abbia goduto dell’agevolazione prima casa, a fronte di un accertamento in fatto chiaro contenuto nella sentenza impugnata secondo cui «al momento dell’acquisto del 2012, quello in considerazione, NOME era sì proprietaria di altra abitazione, ma non si trattava di acquisto che avesse dato luogo ad imposta con l’agevolazione prima casa». Ciò detto, l’Agenzia non si
limita a dedurre che al momento della compravendita del 2012 con dichiarazione ai fini della fruizione dell’IVA agevolata, la contribuente «risultava proprietaria di altro immobile acquistato in precedenza con le agevolazioni prima casa (…) registrato in data 21.7.2006 (…)», ma anche produce in allegato il contratto in questione, stipulato il 5.7.2006, riportando in motivo per riassunto la circostanza della dichiarazione ai fini dell’agevolazione, peraltro non messa in dubbio nemmeno dalla sentenza della CTR; – Tanto premesso, il motivo è fondato. La Corte rammenta che: «A norma della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 131, che ha introdotto la nota 2 bis all’art. 1 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, applicabile nella specie (secondo i dati fattuali indicati in sentenza gli atti sono stati registrati nel dicembre 2000 e nell’ottobre 2001), il beneficio è riconosciuto, fra le altre, all’espressa condizione “che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non esser titolare neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo, ovvero di cui alla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 1” e successive proroghe.» (Cass Sez. 5, Sentenza n. 14402 del 07/06/2013); – Infatti, la Nota II bis dell’art. 1, Prima parte, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, nel testo vigente ratione temporis, recita: «Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso (..) devono ricorrere le seguenti condizioni: a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza (..) La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto; b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare
esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufruito, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare; c) che nell’atto dí acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cuí al presente articolo (…)»; – Pare dunque non dubitabile il fatto che, ai sensi della summenzionata lett. c), «l’acquirente dell’immobile agevolato non potrà invero fruire nuovamente del beneficio in discussione per altro immobile», come di recente ribadito da questa Corte (Cass., sez. 5, n. 14510/16; conforme, Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 14740 del 13/06/2017), dovendo aversi riguardo all’esistenza della dichiarazione nella precedente compravendita, avente data certa in quanto registrata, non potendo, come ha fatto la CTR, subordinarsi l’applicazione della pertinente previsione di legge ad un fatto, il pagamento del prezzo della precedente compravendita (2006), rimesso alla parte stessa che ha dichiarato in tale atto di fruire del beneficio, e che ha compiuto tale dichiarazione anche nella successiva compravendita (2012); – In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata dev’essere cassata e la Corte ritiene che la causa possa essere decisa nel merito, ex art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., con rigetto dell’originario ricorso introduttivo avanzato dalla contribuente’.
Con ogni evidenza la Corte di Cassazione ha ritenuto acclarato il fatto che l’acquirente dell’immobile avesse fruito del beneficio cd. ‘prima casa’, facendone dichiarazione in una compravendita del 2006, che rimetteva ad essa il pagamento del prezzo; la circostanza del godimento dell’agevolazione in relazione a tale compravendita assurgeva ad elemento ostativo per la reiterazione del beneficio in altra compravendita del 2012.
La contribuente nell’insistere sulla valorizzazione del fatto del mancato avveramento di una condizione cui sarebbe stata subordinata la compravendita del 5 luglio 2006 e del mancato pagamento come profilo disancorato da una mera scelta dell’acquirente, mostra di aspirare ad un nuovo esame di questioni giuridiche già affrontate dal giudice di legittimità.
In buona sostanza, sotto l’apparente imputazione alla Corte di un errore percettivo, si ascrive ad essa un errore di valutazione, ossia di giudizio.
Non si adduce, in altri termini, un errore su un fatto non controverso sul quale l’ordinanza ha statuito, la cui verità sia incontrovertibilmente esclusa, né un errore su un fatto supposto come inesistente, ma la cui verità sia stata positivamente accertata. Piuttosto, si contesta l’errato apprezzamento di un dato contrattuale, la sua esatta qualificazione, nonché l’interpretazione giuridica delle sue clausole e la somma degli effetti suscettibili di derivare dal negozio.
In tal senso, il compendio censorio urta frontalmente con il principio ancor di recente affermato dalla Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale ‘ In tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato
inammissibile il motivo di ricorso con il quale il ricorrente, lungi dall’evidenziare un errore di fatto percettivo, ha lamentato un omesso esame dei motivi articolati nel ricorso introduttivo, così sollecitando un rinnovato giudizio sui disattesi motivi del ricorso per cassazione) ‘ (Cass., Sez. Un., n. 20013 del 2024).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la regolazione delle spese, secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19/11/2024.