Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16379 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12022-2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
Oggetto: revocazione di revocazione
avverso l ‘ordinanza di questa Corte di cassazione n. 35430/2023, depositata in data 19/12/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11 aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, destinataria di una cartella di pagamento emessa ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, a seguito di controllo formale della dichiarazione Mod. 770 relativa all’anno d’imposta 2007, la impugnò dinanzi alla CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Milano che con sentenza n. 191/09/2013 rigettò il ricorso. La società contribuente propose appello dinanzi alla CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Lombardia che con sentenza 1453/12/2014, depositata in data 20/03/2014, dichiarò inammissibile l’appello ai sensi degli artt. 53 e 20 del d.lgs. n. 546 del 1992, per mancata indicazione dell’ente appellato e per non essere stato spedito in plico raccomandato senza busta.
Avverso la sentenza d’appello la società contribuente propose ricorso per cassazione che venne rigettato con ordinanza di questa Corte n. 11275 del 7 aprile 2022 che, esaminando preliminarmente il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla questione della mancata indicazione nell’atto di appello dell’ente evocato in giudizio, in violazione degli artt. 53 e 20 del d.lgs. n. 546 del 1992, lo rigettò ritenendolo inammissibile ed infondato con conseguente inammissibilità del primo motivo di ricorso, incentrato sulla questione delle modalità di spedizione dell’atto (a mezzo posta in busta chiusa anziché in plico raccomandato senza busta).
La società contribuente impugnò per revocazione detta ordinanza sostenendo che i giudici di legittimità avevano commesso errore di fatto per avere ignorato che, «nel corso del precedente
giudizio davanti a questa Corte, con memoria ex art. 380 bis c.p.c. del 13.01.2022, aveva eccepito la prescrizione nel frattempo intervenuta del credito erariale dal momento che, negli oltre dieci anni decorsi dal 15.07.2011, data nella quale aveva dichiarato di essere pronta a regolarizzare la propria posizione debitoria, l’Ufficio comp etente non aveva assunto alcuna iniziativa tendente ad introitare quanto dovuto dalla società né aveva fatto ricorso ad atti interruttivi della prescrizione che nel frattempo andava maturando a causa della sua inattività, lasciando che intervenisse l’estinzione del credito erariale» .
Con ordinanza n. 35430/2023 questa Corte dichiarò inammissibile il ricorso per revocazione sul rilievo che «la questione proposta non concerne la percezione di un fatto bensì valutazioni relative all’istituto giuridico della prescrizione che coinvolgono anche aspetti processuali (si noti che l’eccezione è stata sollevata soltanto in memoria che ha solo la funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente – cioè in maniera completa, compiuta e definitiva – enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, Cass. n. 8949 del 2023), eccezione che, oltretutto, appare nel merito del tutto destituita di fondamento atteso che, in forza del combinato disposto degli artt. 2945, comma 2, e 2943, comma 1, c.c., al compimento di atti tipici e specificamente enumerati, quali l’atto introduttivo di un giudizio, sia esso di cognizione, esecuzione o conservativo, si produce un effetto sia interruttivo che sospensivo della prescrizione che opera anche nell’ambito dei rap porti tributari (Cass. n. 8004 del 2019; Cass. n. 20466 del 2019)».
Avverso tale pronuncia la società contribuente ha proposto altro ricorso per revocazione, cui ha replicato l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Con decreto del 19/07/2024 è stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, ex art. 380 bis c.p.c., in
considerazione della rilevata inammissibilità del ricorso. Con atto depositato in data 03/09/2024 la società ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso e, quindi, ai sensi degli artt. 380 bis e 380 bis.1 c.p.c. è stata disposta la trattazione della causa per l’odierna camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso per revocazione dell’ordinanza pronunciata da questa Corte in sede di giudizio di revocazione precedentemente proposto dalla società ricorrente, quest’ultima deduce :
che il rigetto del precedente ricorso per revocazione era stato motivato da questa Corte per «l’avvenuto compimento di atti tipici del processo tributario interruttivi della prescrizione»;
che tale «precisazione» era, però, «inconferente del momento che la vicenda che ne occupa di certo non appartiene alla giurisdizione delle Corti di Giustizia Tributaria, in questo caso impropriamente chiamata ad occuparsi non di tributi bensì dell’omesso introito da parte dell’Erario, che tuttora permane, di una somma definitivamente decisa fin dal 15-05-2011».
1.1. Ha, quindi, chiesto a questa Corte di « revocare a’sensi del combinato disposto degli artt. 391 bis e 385, 4 l’ordinanza n. 35430/2023 emessa il 19.12.2023 non notificata e per effetto decidere sulla questione riguardante l’intervenuta prescrizione del credito erariale sollevata con memoria del 13-01-2022 con ogni conseguente provvedimento, salvo ritenere pregiudiziale una decisione sulla non competenza di questa Suprema Corte con riferimento alla materia oggetto del processo e per l’effetto dichiarare estinto il presente giudizio».
Il ricorso è manifestamente inammissibile condividendosi le argomentazioni poste a base della proposta di definizione anticipata del ricorso, formulata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che ha ritenuto
inammissibile il ricorso «in quanto -in disparte l’omessa indicazione dell’errore percettivo e l’omessa indicazione della decisività dello stesso, nonché in disparte la genericità delle censure proposte dal ricorrente (come indicato dal controricorrente) -oggetto del presente giudizio è una ordinanza di questa Corte n. 35430/2023, la quale si è già pronunciata sull’originario giudizio di revocazione avverso la ordinanza di questa Corte n. 11275/2022, proposto dal medesimo ricorrente; invero il ricorrente propone una inammissibile ‘revocazione della revocazione’, non prevista dall’ordinamento».
2.1. Invero, una prima ragione di inammissibilità del ricorso va individuata nel difetto di specificità che lo connota, mancando in esso l’indicazione dei fatti su cui sarebbe caduto l’errore di percezione del giudice che aveva deciso la precedente revocazione, la loro immediata evidenza e la rilevanza.
2.2. La ricorrente nella parte motiva del ricorso sostiene che la statuizione resa da questa Corte in sede di (prima) revocazione, sull’avvenuto compimento di atti tipici del processo tributario interruttivi della prescrizione, fosse « inconferente » in quanto « la vicenda che ne occupa di certo non appartiene alla giurisdizione delle Corti di Giustizia Tributaria, in questo caso impropriamente chiamata ad occuparsi non di tributi bensì dell’omesso introito da parte dell’Erario, che tuttora permane, di una somma definitivamente decisa fin dal 15-5-2011 ».
2.3. In buona sostanza, la ricorrente sostiene il difetto di giurisdizione del giudice tributario ma, a prescindere dal rilievo, invero del tutto marginale, che neppure individua il giudice avente giurisdizione (al riguardo precisandosi che, in ogni caso, avendo l’originaria controversia ad oggetto una cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo per IVA, la giurisdizione appartiene indubitabilmente al giudice tributario), la questione dedotta non costituisce errore di
fatto (cfr. Cass., Sez. U, n. 20013 del 19/07/2024, Rv. 671759 – 01), né può essere sollevata in seno ad un ricorso per revocazione.
2.4. A quanto detto aggiungasi che la revocazione di una pronuncia che abbia pronunciato su precedente ricorso per revocazione è inammissibile ostandovi il disposto di cui all’art. 403 cod. proc. civ. che stabilisce, al primo comma, che «Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione» e, al secondo comma, che «Contro di essa sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione».
2.5. Nel caso di specie, ad essere impugnata è proprio la pronuncia (ordinanza n. 35430/2023) che ha direttamente deciso sulla revocazione proposta avverso la pronuncia di questa Corte (ordinanza n. 11275/2022), che aveva deciso il ricorso ordinario per cassazione promosso avverso la sentenza d’appello, non soggetta ad alcun mezzo di impugnazione, il che rende applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 403, primo comma, cod. proc. civ. (arg. da Cass. n. 3739/2025, in motivazione).
2.6. Secondo Cass. n. 21019 del 18/10/2016 (Rv. 641662 – 01), «Le sentenze e le ordinanze ex art. 380 bis c.p.c., emesse dalla Corte di cassazione nel giudizio di revocazione, non sono suscettibili di una nuova impugnazione per revocazione, essendo esauriti i mezzi di impugnazione ordinari, né contro le stesse può proporsi il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., esperibile solo avverso un provvedimento di merito avente carattere decisorio e non altrimenti impugnabile; peraltro, il principio di effettività del giudizio di Cassazione, derivante dall’art,. 111, comma 7, Cost., implica che tale rimedio non è utilizzabile quando il controllo di legittimità sull’oggetto del giudizio sia stato già svolto dalla Suprema Corte, dovendo prevalere, in tal caso, l’esigenza di assicurare che il processo giunga a
conclusione in tempi ragionevoli, ex art. 111, comma 2, Cost.».
2.7. Peraltro, con riferimento al caso di specie non è superfluo il richiamo al principio in base al quale il giudicato (nella specie formatosi sulla revocazione) copre il dedotto e il deducibile, ovvero sia gli errori dedotti nel ricorso per revocazione che quelli in esso comunque deducibili ma mai dedotti.
In estrema sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile in conformità alla proposta di definizione anticipata formulata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura liquidata in dispositivo. La società ricorrente va, altresì, condannata, ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., richiamati dall’art. 380 bis cod. proc. civ., al pagamento delle ulteriori somme pure liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito e alla somma di euro 3.000,00 a titolo di responsabilità aggravata; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 11 aprile 2025