Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31725 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31725 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7064/2023 proposto da:
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, nato a Genova il 31 dicembre 1975 e residente in Bogotà -Colombia (EE), INDIRIZZO, difeso e rappresentato dall’ Avv. NOME COGNOME Foro di Genova (C.F.: CODICE_FISCALE; PEC: EMAIL; fax: 010/29.11.79.12) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), in Roma alla INDIRIZZO (PEC: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO),
Silenzio-rigetto istanza riclassamento immobile – Requisiti di signorilità
in forza di procura speciale allegata al controricorso;
– controricorrente –
-avverso la sentenza 779/02/2022 emessa dalla CTR Liguria il 29/09/2022 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
NOME NOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova il silenziorigetto oppostogli dall’Agenzia delle Entrate Genova avverso l’istanza formulata ai sensi del dPR n. 917/1986 con la quale aveva invocato <<… la nuova determinazione di classam ento e rendita catastale in categoria A/2 di classe 2°, superficie mq. 99, consistenza 3,5 vani dell'immobile sito in Genova, INDIRIZZO int. 3 (piano primo)', in quanto privo dei requisiti di signorilità.
Con sentenza n. 117/2020, la CTP rigettava il ricorso, affermando che, per poter procedere a revisione del classamento delle unità immobiliari, è necessario che vi sia una variazione della situazione di fatto segnalata con la procedura DOCFA o che vi sia una richiesta espressa di revisione da parte del Comune a seguito di intervenute variazioni edilizie sugli immobili e che, in assenza di modifiche dello stato dell'immobile, per poter ottenere una revisione del classamento il ricorrente avrebbe dovuto far ricorso al disposto di cui all'art. 38 TUIR.
Sull'impugnazione del contribuente, la CTR della Liguria accoglieva il gravame, affermando che non vi era ragione alcuna per supporre che la regolazione normativa di una specifica fattispecie (la sintomatica differenza tra reddito effettivo e rendita ca tastale di cui all'art. 38 TUIR) dovesse indurre per conseguenza la non percorribilità della medesima via della verifica a diverse ipotesi quali quella qui in considerazione, che i valori OMI avevano evidenziato 'il calo' del mercato immobiliare dal 2012, anno d'acquisto del bene immobile da parte del Cairo, rispetto al 2019, che l'effettiva estensione superficiaria dell'immobile risultava pari a 81, e non ai 99 mq indicati dall'Ufficio, essendo quindi inferiore ai 160 mq minimi stabiliti dalla norma per po ter assegnare la categoria A1, che l'alloggio di
cui si trattava non era inserito in una zona di assoluto pregio né possedeva un'ottima esposizione o un ricco grado di finitura ed i vani di abitazione presentavano altezze esigue con due locali igienici di dimensioni ridotte e completamente ciechi, e che i giudici di primo grado avevano fondato la propria decisione sul valore dell'immobile riferito ad un atto di mutuo non prodotto.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate sulla base di un unico motivo. NOME NOME ha resistito con controricorso.
Con proposta di definizione agevolata il consigliere delegato riteneva inammissibile il ricorso. Avverso tale proposta ha formulato opposizione l'Agenzia delle Entrate.
Considerato che
Con l'unico motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 38 T.U.I.R., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, in base all'art. 38 dPR n. 917/1986, la richiesta di revisione di classamento non poteva essere accolta in assenza di un presupposto essenziale, ossia in difetto della prova, concreta ed attuale, di una diminuzione di redditività.
1.1. L'opposizione è infondata.
Il Collegio ritiene che, con l'unico motivo , l'Agenzia non abbia attinto la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata.
Invero, l 'unica censura sollevata dalla ricorrente (secondo cui, alla luce dell'art. 38 dPR n. 131/1986 – a mente del quale <> – , la richiesta di revisione di classamento in esame non può essere accolta in assenza di un presupposto
essenziale, ossia in difetto della prova, concreta ed attuale, di una diminuzione di redditività) appunto non si correla alla ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale si sostanzia nel ritenere che, sulla scia della sentenza della Corte di Cassazione n. 2995/2015, <>.
In definitiva, la CTR non ha ritenuto applicabile, alla fattispecie in esame, l’art. 38 citato (peraltro dettato in tema di imposte sul reddito delle persone fisiche, avuto riguardo al reddito fondiario delle unità immobiliari non locate) e, per l’effetto, ha escluso che avesse rilevanza, ai fini del decidere (inquadramento nella cat. A/2, anziché A/1), la prova della differenza tra reddito effettivo e rendita catastale, valorizzando, di contro, i valori OMI (che evidenziavano ‘il calo’ del mercato immobili are dal 2012, anno d’acquisto del bene immobile da parte del Cairo, rispetto al 2019), l’effettiva estensione superficiaria dell’immobile (pari a 81 mq, anzichè ai 99 mq indicati dall’Ufficio), inferiore ai 160 mq minimi stabiliti dalla norma per poter assegnare la categoria A/1, il non inserimento in una zona di assoluto pregio, la mancanza di un’ottima esposizione o di un ricco grado di finitura e la presenza di vani di abitazione con altezze esigue, con due locali igienici di dimensioni ridotte e completamente ciechi.
In tema di classamento d’immobili, il contribuente può domandare, in ogni momento, all’Amministrazione la correzione dei dati dichiarati e la rettifica della rendita proposta quando la situazione di fatto o di diritto denunciata non corrisponde al vero, trattandosi di un procedimento di accertamento, e può ricorrere, in caso di diniego, avendo diritto ad una definizione mirata e specifica della sua proprietà senza necessità di prospettare un interesse generale, al giudice tributario, che procederà alla valutazione dell’immobile, tenendo conto delle sue mutate condizioni ed eventualmente disapplicando i criteri elaborati dall’Amministrazione (Cass., Sez. 6 – 5, Sentenza n. 2995
del 13/02/2015; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Sentenza n. 3001 del 13/02/2015). Del resto, avuto riguardo all’unica prova che l’Ufficio avrebbe fornito, la CTR ha chiaramente affermato che i giudici di primo grado avrebbero fondato la propria decisione sul valore dell’immobile riferito ad un atto di mutuo non prodotto.
In conclusione, esclusa la variazione reddituale al ribasso ex art. 38 Tu imposte redditi, era comunque aperta la strada per la rideterminazione al ribasso per altra via, come ritenuto dalla CTR con valutazione insindacabile.
1.2. Vanno nella presente sede aggiunte le seguenti considerazioni.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 15 luglio 2008, n. 19379; Cass., Sez. 5″, 11 aprile 2011, n. 8165; Cass., Sez. 6^-5, 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., Sez. 6^-5, 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, nn. 2995 e 3001; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2021, n. 17627), al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta con la procedura DOCFA, quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera. Al riguardo è stato, infatti, evidenziato che il termine di dodici mesi dalla presentazione della DOCFA, fissato dall’art. 1 del D.M. 19 aprile 1994 n. 701, per la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’amministrazione finanziaria (eventualmente modificativa della rendita proposta dal contribuente), non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria, costituendo una modalità di esercizio dei poteri per la formazione e l’aggiornamento del catasto (Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2006, n. 16824; Cass. Sez. 5^, 15 luglio 2008, nn. 19379 e 19380; Cass., Sez. 5″, 11 marzo 2011, n. 5843; Cass., Sez. 6^-5, 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., Sez. 6^-5, 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 2995; Cass., Sez. 6^-5, 19 febbraio 2015, nn. 3355 e 3358; Cass., Sez. 5^, 13 marzo 2015, n. 5051). Se, dunque, l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, deve concludersi che, quando la situazione di fatto e di
diritto ab origine denunziata non sia veritiera, il contribuente mantiene il diritto di modificare la rendita proposta all’amministrazione finanziaria.
Nel vigente sistema tributario la rendita catastale, del resto, non ha mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale, ma solo una efficacia riflessa, ai fini delle imposte sul reddito complessivo, ai fini delle imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari. La rendita catastale non forma oggetto di una dichiarazione annuale del contribuente e non esaurisce la propria efficacia con riguardo ad una singola annualità d’imposta, avendo – al contrario -efficacia pluriennale escludente in radice qualsiasi ipotesi di definitività o irrevocabilità. Avendo la rendita catastale efficacia illimitata nel tempo, altrettanto illimitata deve essere la facoltà del contribuente di presentare istanze di variazione, di rettifica, di correzione. Pertanto, come l’amministrazione finanziaria, senza conseguenze di caducazione dei suoi poteri accertativi, può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, non vi è ragione per cui quest’ultimo – avvedutosi dell’errore dichiarativo – non possa correggere i propri errori od omissioni ripristinando l’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile. La non emendabilità di dichiarazioni ab origine inesatte, del resto, finirebbe per cristallizzare nel tempo una imposizione falsata nei suoi presupposti, in contrasto con il principio della capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost. (Cass., Sez. 6 – 5, Sentenza n. 3001 del 13/02/2015).
È, infatti, principio generale che le dichiarazioni del contribuente che risultino affette da errore di fatto o di diritto sono sempre emendabili e ritrattabili, quando possa derivarne l’assoggettamento e ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Come la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, costituendo essa solo un momento dell’ iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, lo stesso principio va – a maggior ragione – applicato alla
dichiarazione di classificazione catastale, che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo “cooperativo” per la classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte che – per valere come base per il calcolo dell’imposta – debbono essere idonee a rappresentare l’indice di capacità contributiva del cittadino. Tanto in sintonia con l’art. 10 della legge 7 luglio 2000 n. 212 (c.d. “Statuto del contribuente”), secondo cui «i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e buona fede», essendo – appunto – conforme a buona fede non percepire somme non dovute, ancorché versate per errore dall’obbligato su dichiarazione da lui stesso effettuata.
Del resto, in tema di estimo catastale, in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, la qualificazione di un’abitazione come “signorile”, “civile” o “popolare” corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal d.m. 2 agosto 1969, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la qualificazione in termini “di lusso”, ai sensi del citato d.m., risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23235 del 31/10/2014; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2250 del 02/02/2021).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di inammissibilità la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta stessa, deve applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal citato art. 380-bis c.p.c. La novità normativa introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 149/2022 contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna ad una somma equitativamente determinata a
favore della controparte (art. 96, terzo comma, c.p.c.). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale.
Sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma, la parte ricorrente va condannata al pagamento della somma equivalente alle spese liquidate in favore del controricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.. Sussistono poi i presupposti perl’applicazione dell’art. 96 co. 4^ cpc.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, dPR 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 – Ordinanza nr. 1778 del 29/01/2016).
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 3.500,00 (valore della controversia: indeterminato), oltre ad euro 200,00 per esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge;
condanna la ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento in favore di Cairo Edoardo dell’ulteriore somma di euro 3.500,00, nonché al versamento a favore di Cassa Ammende, ex art. 96 co. 4^ cit., dell’ulteriore importo di euro 1000,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 3.12.2024.