Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33790 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Regime di trasformazione sotto controllo doganale- (TSCD)
Regime di traffico di perfezionamento attivo (TPA)-
Revisione
dell’accertamento doganale- presupposti- Autorizzazione al regime di TPA con effetto retroattivo- condizioni
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33790 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 8301 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale conferita su supporto analogico allegata al ricorso, dal Prof. Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia di secondo grado dell’Umbria, n. 2 96/01/2022, depositata in data 4 ottobre 2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udita per la società ricorrente l’Avv.to NOME COGNOME e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE introduceva dalla Turchia in Italia in regime di trasformazione sotto controllo doganale (TSCD) in forza dell’art. 136 del Reg. CE 2913/1992 (CDC) (essendo titolare della relativa autorizzazione dal 16.12.2014) materie prime (nocciole grezze sgusciate) accompagnate dai certificati di origine preferenziale EUR1, emessi nell’ambito dell’Accordo doganale tra EU e Turchia (in vigore dal 1/01/1996), beneficiando di un dazio pari a zero.
2.Con l’entrata in vigore del Codice doganale dell’Unione, il regime di trasformazione sotto controllo doganale (TSCD) veniva inglobato nel regime di traffico di perfezionamento attivo (TPA).
Nel 2017, la RAGIONE_SOCIALE decideva di non procedere con il regime di traffico perfezionamento attivo (TPA) ritenendolo non sostenibile economicamente ma di eseguire direttamente l’importazione definitiva delle nocciole crude con applicazione alle operazioni doganali (29) del dazio del 3%.
4.Con il Regolamento di esecuzione n. 604/2018, il legislatore unionale modificava il Regolamento di esecuzione n. 2447/2015 introducendo l’art. 69bis
che, con efficacia retroattiva dal 1° maggio 2016, reiterava l’agevolazione prevista originariamente dall’art. 136 del CDC, consentendo di fruire dei certificati preferenziali esteri per l’abbattimento totale del dazio per le merci in regime di traffico di perfezionamento attivo (TPA).
5.Con istanza del 21.04.2020 la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rimborso dei dazi pagati in relazione alle n. 29 operazioni doganali di importazione definitiva di nocciole sgusciate crude di origine turca, previa revisione/rettifica delle relative dichiarazioni e, in subordine, il rilascio di un’autorizzaz ione al TPA a posteriore , valida per il periodo dell’emissione delle bollette doganali di importazione definitiva, ovvero, comunque, il rimborso dei dazi pagati per motivi di equità ai sensi degli artt. 116 e 120 CDU.
6.L’Ufficio delle dogane di Perugia opponeva un diniego che veniva impugnato dalla società dinanzi alla Commissione provinciale di Perugia la quale, con sentenza n. 172/01/2021, lo rigettava.
Avverso la sentenza di primo grado, RAGIONE_SOCIALE proponeva appello dinanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria che, con sentenza n. 296/01/2022, depositata in data 4 ottobre 2022, lo rigettava.
In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello – nel confermare la legittimità del provvedimento di diniego – ha osservato che:1) quanto all’assunta violazione dell’art. 48 del C .D.U. ( revisione dell’accertamento doganale ) l’incompletezza o l’inesattezza relativa agli elementi presi a base dell’accertamento -che legittimavano la revisione dell’accertamento su richiesta dell’interessato (o iniziativa d’Ufficio) entro il termine di tre anni dalla data in cui l’accertamento era divenuto definitivo – dovevano attenere ad errori o omissioni (materiali o di interpretazione del diritto applicabile) involontari d i quest’ultimo e non già essere conseguenza di una scelta contrattuale da questi effettuata in un momento successivo alla presentazione della merce in dogana; nella specie, non erano ravvisabili errori involontari commessi dalla società in sede di accertamento della dichiarazione tali da legittimare le variazioni delle relative
dichiarazioni doganali (DAU) con riguardo al regime prescelto, avendo la RAGIONE_SOCIALE, a seguito della mancata riproposizione dell’art. 136 del C.D.C. nel nuovo Codice doganale, scelto liberamente di non continuare ad utilizzare il regime di TPA ma, per motivi di celerità e di convenienza economica, di importare definitivamente le nocciole grezze con applicazione sulle operazione del dazio del 3%; 2) quanto all’assunta violazione dell’art. 211 del C .D.U. (attivazione del regime di traffico di perfezionamento attivo in via retroattiva)- premesso che l’efficacia retroattiva dell’autorizzazione poteva decorrere in casi eccezionali a partire da un anno prima della data di accettazione della domanda mentre, normalmente, non poteva essere anteriore alla data di accettazione della domanda (art. 172 del Reg. UE 2446/2015) – non era dato riportare le n. 29 operazioni effettuate nel 2017 nel regime di trasferimento attivo (TPA) neanche mediante un’autorizzazione retroattiva al TPA atteso che, essendo stata l’istanza di revisione presentata dalla società il 21.4.2020, pur ritenendo la eccezionalità del caso, la retroattività sarebbe decorsa dal 21.4.2019; 3) quanto all’assunta violazione degli artt. 116 e 120 del CDU non si ravvisavano i presupposti per procedere ad un rimborso per ‘motivi di equità’ atteso che la società contribuente soltanto con istanza del 21.4.2020 ( e non all’atto della introduzione dell’art. 69bis nel C.D.U. con ripristino retroattiv o dal 1° maggio 2016 dell’agevolazione prevista dall’art. 136 del CDC) aveva chiesto la modifica del regime dichiarato importazione definitiva (IMA) in TPA, avendo adottato autonomamente nel 2017, giustificandolo in applicazione del principio di economicità dell’azione imprenditoriale, il regime dell’importazione definitiva senza, dunque, che ricorresse una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori del settore i quali, diversamente, avevano continuato, sempre per loro autonoma scelta, ad importare la merce in regime di trasferimento attivo ( TPA).
Avverso la suddetta sentenza, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
10 .Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 48 CDU e, comunque, della regolazione doganale generale (Dlgs. n. 374/90), dell’art. 85 CDU e dell’art. 69 bis del Reg. (UE) n. 2015/2447 per avere il giudice di appello disatteso il motivo di appello concernente la violazione degli artt. 48 cit. e 11 del d.lgs. n. 374/94 ritenendo che la revisione a posteriori delle dichiarazioni doganali fosse consentita -su iniziativa di parte o dell’Ufficio esclusivamente nel caso di errori o omissioni (materiali o di interpretazione del diritto) involontari e non come conseguenza di una scelta contrattuale – quale era stata quella della società contribuente nel 2017 di eseguire liberamente l’importazione definitiva (IMA) di nocciole crude pagando il dazio del 3% per poi procedere alla loro lavorazione -sebbene in base alla normativa doganale (‘ le autorità doganali possono verificare l’esattezza o la completezza delle informazioni fornite in una dichiarazione in dogana ..’) fosse consentito, nei limiti del termine di prescrizione, di intervenire con riferimento ad ogni campo del DAU ( bolla doganale), compresa la possibilità di effettuare un cambio di regime da importazione definitiva a perfezionamento attivo, essendo stat o, peraltro, il regime dell’importazione definitiva l’unico attivabile razionalmente all’epoca, non essendo giustificabile, sia normativamente che economicamente, l’attivazione di un regime diverso (TPA) per corrispondere un dazio identico, tanto più che la modifica del regime era stata indotta da una modifica normativa (Reg. CE esecuzione n. 604 del 2018) successiva al compimento delle dichiarazioni doganali del 2017.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2.Preliminarmente, il quadro normativo applicabile e la sua interpretazione sono ricostruiti come segue.
1.3. L’art. 136 del Reg. CEE n. 2913/92 (CDC) disponeva che: « Se nel momento in cui sono state vincolate al regime di trasformazione sotto controllo doganale le merci d’importazione soddisfacevano alle condizioni stabilite per fruire di un trattamento tariffario preferenziale e lo stesso trattamento si applica a prodotti identici ai prodotti trasformati immessi in libera pratica, i dazi all’importazione
cui sono soggetti i prodotti trasformati sono calcolati in base all’aliquota di dazio applicabile nel quadro di detto trattamento tariffario ».
Pertanto, in base alle disposizioni recate dall’art. 136 CDC, se all’atto del vincolo al regime della trasformazione sotto controllo doganale, le merci d’importazione soddisfacevano le condizioni per poter beneficiare di un trattamento tariffario preferenziale e lo stesso trattamento si applicava a prodotti identici a quelli trasformati ed immessi in libera pratica, all’atto dell’importazione del prodotto trasformato i dazi all’importazione cui sono soggetti i prodotti trasformati erano calcolati in base al l’aliquota di dazio prevista dal trattamento preferenziale. Nel caso, ad esempio, di vincolo al regime della trasformazione sotto controllo doganale di nocciole grezze (sgusciate) provenienti dalla Turchia e scortate dal certificato ATR, all’atto dell’impo rtazione (definitiva) dei prodotti trasformati (nocciole tostate) l’aliquota daziaria ad essi applicabile era pari a zero. Il dazio pari a zero era conseguenza dell’effetto congiunto dell’Accordo Bilaterale tra Italia e Turchia (c.d. di ‘origine preferenziale’) sulle nocciole e dell’art. 136 cit. che prevedeva un effetto di c.d. trascinamento per cui al prodotto lavorato e importato veniva applicato il dazio relativo al prodotto grezzo che nel caso delle nocciole grezze era, per l’accordo suddetto, pari a z ero.
1.4.Con l’entrata in vigore in data 1° maggio 2016 del Codice Doganale dell’Unione, il regime di trasformazione sotto controllo doganale (TSCD) veniva assorbito nel regime di perfezionamento attivo (TPA).
In particolare, in applicazione dell’art. 254 e dell’allegato 90, Reg. (UE) n.2446/2015 del 28 luglio 2015 (RD), dopo il 1° maggio 2016, le operazioni effettuate nell’ambito di autorizzazioni alla trasformazione sotto controllo doganale, in essere alla medesima data, dovevano essere gestite come operazi oni di perfezionamento attivo, appurando il regime con l’importazione definitiva dei prodotti compensatori (cfr., par. F 7.2, circ. n.8/D del 2016).
1.5.Il Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2018/604 della Commissione del 18 aprile 2018 ha modificato il Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2015/2447,
ripristina di fatto l’esenzione daziaria (per c.d. scivolamento dell’origine) di cui all’articolo 136 del CDC, confermando che con l’inglobamento del regime della TSCD in quello del TPA dal 1° maggio 2016, con l’entrata in vigore del nuovo CDU, l’origine preferenziale cui avevano diritto le merci all’atto del vincolo al regime del TPA, doveva riconoscersi anche ai prodotti compensatori ottenuti dalla lavorazione.
In particolare, il 4° ‘considerando’ al Regolamento che afferma la necessità di stabilire ‘norme volte ad agevolare lo stabilimento nell’Unione dell’origine preferenziale dei prodotti ottenuti dalla trasformazione delle merci aventi carattere originario preferenziale. Poiché tali norme mirano a evitare agli operatori economici interessati le conseguenze avverse e non intenzionali della fusione nel Codice del regime di Trasformazione sotto controllo doganale con il regime del Perfezionamento Attivo, esse dovrebbero applicarsi retroattivamente alla data di applicazione del codice’ .
L’articolo 1, punto 3, del Regolamento al punto 3, ha modificato il Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2015/2447 inserendovi l’art. 69 bis , rubricato ‘ Origine preferenziale dei prodotti ottenuti dalla trasformazione delle merci aventi carattere originario preferenziale ‘, che prevede che «1. Se merci di provenienza diversa dall’Unione, aventi carattere originario preferenziale nell’ambito di un regime preferenziale fra l’Unione e paesi terzi, sono vincolate al regime di perfezionamento attivo, i prodotti trasformati da esse ottenuti sono, al momento dell’immissione in libera pratica, ritenuti avere lo stesso carattere originario preferenziale di dette merci » (ripristinando, di fatto, l’esenzione tariffaria di cui all’abrogato art. 136 del CDC). L’art. 4 del Regolamento riconosce la retroattività al 1° maggio 2016 del detto trattamento preferenziale.
1.6.Nella fattispecie in esame, in punto di fatto – essendo stato il regime TSCD inglobato in quello del TPA a decorrere dal 1° maggio 2016 e non essendo stata riprodotta nel CDU la disposizione di cui all’art. 136 CDC – Nestlè Italiana s.p.a. sceglieva nel 2017 di importare definitivamente le nocciole crude pagando un dazio pari al 3% invece che proseguire con il TPA, importando il prodotto in sospensione di imposta e versando il dazio sul prodotto finito (nocciole tostate)
dell’11%, riducibile al 3% ex art. 86, comma 3, CDU. A seguito della modifica del Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2015/2447 in forza del Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2018/604 con ripristino di fatto in via retroattiva dell’esenzione daziaria di cui all’articolo 136 del CDC in favore di coloro che avevano optato per il regime del TPA sui prodotti ottenuti dalla trasformazione delle merci aventi carattere originario preferenziale, la società in data 21.4.2020 chiedeva la revisione/rettifica delle (29) dichiarazioni doganali del 2017, con conseguente riconoscimento del diritto al rimborso del dazio (al 3%) versato (e, in subordine, la concessione ex novo dell’autorizzazione retroattiva al regime del TPA nonché il rimborso dei dazi per motivi di equità). L’Ufficio delle Dogane emetteva provvedimento di diniego la cui legittimità è stata ritenuta dalla CTP di Perugia con pronuncia confermata dalla CGT di secondo grado in sede di appello.
1.7.Posto quanto sopra, l’art. 78, Reg. (CEE) n. 2913/1992, stabiliva che «l’autorità doganale, dopo aver concesso lo svincolo delle merci, può procedere alla revisione della dichiarazione, d’ufficio o su richiesta del dichiarante» e, a tal fine, «accertare l’esattezza delle indicazioni figuranti nella dichiarazione e controllare i documenti ed i dati commerciali relativi alle operazioni d’importazione o di esportazione nonché alle successive operazioni commerciali concernenti le merci stesse» (secondo paragrafo), prevedendo che «Quando dalla revisione della dichiarazione o dai controlli a posteriori risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state applicate in base ad elementi inesatti o incompleti, l’autorità doganale, nel rispetto delle norme in vigore e tenendo conto dei nuovi elementi di cui essa dispone, adotta i provvedimenti necessari per regolarizzare la situazione» (terzo paragrafo).
1.8.Il nuovo Codice doganale (Reg UE n. 952/2013) ha riprodotto, senza modificarne la sostanza, il contenuto del previgente art. 78 CDC – con applicazione dal 1° maggio 2016- negli artt. 48 (controllo a posteriori ) e 173 (modifica a posteriori della dichiarazione in dogana ad istanza di parte).
1.9.In termini generali va ricordato che i l codice doganale dell’Unione è fondato su un sistema dichiarativo (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2011, DP grup, C-138/10, EU:C:2011:587, punti 33 e 34) al fine di limitare, per quanto possibile, le formalità e i controlli doganali e di prevenire, nel contempo, le frodi e le irregolarità che possono recare pregiudizio al bilancio dell’Unione. È in ragione dell’importanza che rivestono tali dichiarazioni preliminari per il buon funzionamento dell’Unione doganale che il codice doganale dell’Unio ne, al suo articolo 15, impone ai dichiaranti di fornire informazioni accurate e complete (sentenza della Corte di giustizia del 9 luglio 2020, «RAGIONE_SOCIALE» AD, causa C-391/19, punto 22).
1.10.Al riguardo, l’art. 15 (fornitura di informazioni alle autorità doganali), par. 2, del Reg. CE n. 952/2013 (CDU) così recita: «La presentazione di una dichiarazione in dogana, di una dichiarazione per la custodia temporanea, di una dichiarazione sommaria di entrata, di una dichiarazione sommaria di uscita, di una dichiarazione di riesportazione o di una notifica di riesportazione di una persona alle autorità doganali o di una domanda per ottenere un’autorizzazione o qualsiasi altra decisione impegna la persona interessata per quanto riguarda:
l’accuratezza e completezza delle informazioni riportate nella dichiarazione, notifica o domanda;
l’autenticità, l’accuratezza e la validità dei documenti a sostegno della dichiarazione, notifica o domanda; e
se del caso, l’osservanza di tutti gli obblighi relativi al vincolo delle merci in questione al regime doganale interessato o allo svolgimento delle operazioni autorizzate.
Il primo comma si applica anche alla fornitura di qualsiasi informazione richiesta dalle autorità doganali o a esse comunicata, in qualsiasi altra forma.
1.11.L ‘art. 48 (Controllo a posteriori ) del Reg. CE n. 952/2013 (CDU) prevede che: « Ai fini dei controlli doganali, le autorità doganali possono verificare l’esattezza e la completezza delle informazioni fornite in una dichiarazione in dogana, in una dichiarazione per la custodia temporanea, in una dichiarazione sommaria di
entrata, in una dichiarazione sommaria di uscita, in una dichiarazione di riesportazione o in una notifica di riesportazione, nonché l’esistenza, l’autenticità, l’accuratezza e la validità di qualsiasi documento di accompagnamento e può esaminare la contabilità del dichiarante e altre scritture riguardanti le operazioni relative alle merci in questione o le precedenti e successive operazioni commerciali relative alle stesse merci dopo averle svincolate ».
1.12. L’art. 173 (Modifica della dichiarazione in dogana) del CDU recita: «1 . Su sua richiesta, il dichiarante è autorizzato a modificare una o più indicazioni della dichiarazione in dogana dopo l’accettazione di quest’ultima da parte delle autorità doganali. La modifica non può far diventare oggetto della dichiarazione in dogana merci diverse da quelle che ne costituivano l’oggetto iniziale . 2. Tuttavia siffatte rettifiche non possono più essere autorizzate se la richiesta è
fatta dopo che le autorità doganali:
hanno informato il dichiarante che intendono procedere alla visita delle merci;
hanno stabilito che le indicazioni della dichiarazione in dogana sono inesatte;
hanno svincolato le merci.
Su richiesta del dichiarante, entro tre anni dalla data di accettazione della dichiarazione in dogana, la modifica della stessa può essere autorizzata dopo lo svincolo delle merci per consentire al dichiarante di adempiere ai suoi obblighi riguardanti il vincolo delle merci al regime doganale in questione ».
1.13.In coerenza con il quadro normativo eurounitario, l’art. 11, quinto comma, d.lgs. n. 374 del 1990, dispone che «Quando dalla revisione, eseguita sia d’ufficio che su istanza di parte, emergono inesattezze, omissioni o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, l’ufficio procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato, notificando apposito avviso» (Cass., Sez. 5, Ordin. n. 22661 del 2019).
1.14.La revisione dell’accertamento può concludersi con esito positivo per il contribuente anche qualora emerga che le disposizioni che disciplinano il regime doganale sono state applicate sulla base di elementi inesatti o incompleti (cfr. Corte Giust. 14 gennaio 2010, Terex; Corte Giust., 20 ottobre 2005, Over/and Footwear).
1.15.Con riguardo al previgente art. 78 del regolamento n. 2913/92, la Corte di giustizia ha precisato che i termini « elementi inesatti o incompleti » devono essere interpretati nel senso che comprendono allo stesso tempo errori od omissioni materiali ed errori di interpretazione del diritto applicabile (sentenza 20 ottobre 2005, causa C-468/03, RAGIONE_SOCIALE, Racc. pag. I-8937, punto 63; sentenza 14 gennaio 2010, cause C-430/08 e C 431/08, punto 56, in tema di regime di perfezionamento attivo). La Corte di Giustizia ha, altresì, precisato che ‘ qualora risulti che i dazi all’importazione non erano dovuti per legge al momento del loro pagamento, la misura necessaria a regolarizzare la situazione può consistere solo nello sgravio di tali dazi ‘ (v., in tal senso, sentenza RAGIONE_SOCIALE , cit., punto 53; sentenza 14 gennaio 2010, cause C-430/08 e C 431/08, punto 63). La revisione dell’accertamento definitivo, richiesta dall’importatore o disposta d’ufficio, non può che essere effettuata solo, ed esclusivamente, sulla scorta degli elementi posti a fondamento dell’accertamento iniziale, ma può prendere in considerazione anche elementi successivi (così, Cass. 27 marzo 2013, n. 7716); ciò in quanto l’incompletezza o l’inesattezza dell’esame degli elementi posti a base della dichiarazione di importazione deve attenere ad « errori od omissioni materiali », ovvero ad « errori di interpretazione del diritto applicabile », con riferimento ad errori involontari dell’interessato, siano essi di fatto o di diritto, commessi in sede di accertamento della dichiarazione e non può essere, invece, conseguenza di una scelta contrattuale da questi liberamente effettuata in un momento successivo alla presentazione della merce in dogana (Cass. sez. 5, n. 33461 del 2023). Questa Corte ha, altresì, precisato che al procedimento di revisione occorre far ricorso nell’ipotesi in cui la nuova liquidazione dei diritti di dogana sia stata determinata da una differente qualificazione delle merci importate in relazione alla loro
intrinseca natura e non anche nei casi in cui – impregiudicata l’identificazione soggettiva ed oggettiva degli elementi fiscalmente rilevanti -la nuova liquidazione origini da una diversa classificazione tariffaria o da una errata individuazione del regime daziario applicabile (Cass. sez. 5 n. 3918 del 2008).
1.16. Quanto ai presupposti della revisione dell’accertamento doganale, con riferimento al previgente art. 78 CDC, la Corte di giustizia ha anche evidenziato nella sentenza del 16 luglio 2020, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE , C-496/19 che « la logica specifica dell’articolo 78 di tale codice, che consiste nel far coincidere la procedura doganale con la situazione reale , correggendo gli errori o le omissioni materiali nonché gli errori di interpretazione del diritto applicabile » (punto 21) e che « l’autorità doganale non può -senza violare lo scopo dell’articolo 78 del codice doganale -respingere una domanda di revisione per il solo motivo che l’importatore non avrebbe contestato un control lo preventivo » (punto 26) cioè avrebbe accettato a suo tempo l’esito di una verifica fisica della merce. In altra pronuncia (sentenza del 16 luglio 2020, RAGIONE_SOCIALE, causa C-97/19) la Corte ha constatato che «nessuna disposizione di tale codice vieta che elementi della dichiarazione in dogana, come le informazioni riguardanti la persona del dichiarante, in particolare l’esistenza di un rapporto di rappresentanza indiretta, possano essere modificati sul fondamento dell’ articolo 78, paragrafo 3, di detto codice » (punto 37) e che, pertanto «l’articolo 78 del codice doganale può trovare applicazione in una situazione in cui il mandatario è in grado, anche dopo lo svincolo delle merci, di presentare la procura con la quale gli era stata data istruzione di presentare la dichiarazione in dogana» (punto 43).
1.17.Alla luce di quanto sopra, risultano ben delineati dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimità i presupposti della revisione dell’accertamento doganale attivabile (d’ufficio o su iniziativa di parte) nei casi di incompletezza e inesattezza delle informazioni fornite nella dichiarazione (in dogana, per la custodia temporanea, sommaria di entrata, sommaria di uscita, di riesportazione etc.), ma non già utilizzabile per la modifica della tipologia di regime doganale
di una dichiarazione (come, nella specie, da importazione definitiva a perfezionamento attivo).
1.18. Peraltro, il nuovo Codice doganale prevede uno specifico strumento per modificare il regime doganale di una dichiarazione che è costituito, entro limiti temporali ristretti, dalla procedura di invalidamento della dichiarazione in dogana di cui all’art. 174 secondo cui: « Su richiesta del dichiarante, le autorità doganali invalidano una dichiarazione in dogana già accettata quando:
sono certe che le merci saranno vincolate immediatamente a un altro regime doganale; o
sono certe che, in seguito a circostanze particolari, non è più giustificato il vincolo delle merci al regime doganale per il quale sono state dichiarate.
Tuttavia, se le autorità doganali hanno informato il dichiarante che intendono procedere alla visita delle merci, la richiesta di invalidare la dichiarazione in dogana può essere accolta solo dopo tale visita.
Salvo che sia altrimenti disposto, una volta concesso lo svincolo delle merci, la dichiarazione in dogana non può più essere invalidata ».
1.19.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello si è attenuto ai suddetti principi nel rigettare la censura di violazione dell’art. 48 cit. atteso che nelle (29) operazioni doganali effettuate dalla Nestlè Italiana s.p.a. ‘ non erano ravvisabili errori involontari, siano essi di fatto o di diritto, o omissioni materiali ‘ , commesse in sede di accertamento della dichiarazione tali da legittimare le variazioni delle relative dichiarazioni doganali (DAU) con particolare riferimento al regime prescelto (da importazione definitiva a traffico perfezionamento attivo). In particolare – ha precisato la CGT di secondo grado -in seguito alla mancata riproduzione dell’art. 136 del CDC (che consentiva di abbattere il dazio relativo alla merce trasformata grazie ai certificati di origine preferenziale), RAGIONE_SOCIALE decideva di non continuare ad utilizzare il regime del traffico di perfezionamento attivo ( la cui adozione comportava, alla fine, il pagamento del dazio del 3%) per motivi di celerità e di convenienza economica e ‘ sceglieva
liberamente il regime doganale dell’importazione definitiva (IMA) ‘ con applicazione sulle operazioni del dazio del 3%.
2. Con il secondo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione delle norme del Reg. UE n. 952/2013 in materia di regimi doganali speciali, con particolare riferimento all’art. 211 del predetto Rego lamento e all’art. 172 del Reg. UE 2446/2015 (RD) per avere la CGT di secondo grado rigettato la censura di violazione dell’art. 211 cit. ritenendo inidoneo il rilascio ex novo dell’autorizzazione di Perfezionamento attivo con effetto retroattivo a riportare le n. 29 operazioni doganali effettuate nel 2017 nel regime di TPA attesa l’efficacia retroattiva dell’autorizzazione , ex art. 172, par. 2 del R.D., al più (in casi eccezionali come nella specie) da un anno prima della data di accettazione della domanda (del 21.4.2020); ciò sebbene l’art. 172 del R.D. non dovesse intendersi come norma ostativa all’applicazione dell’art. 211 cit. non essendo la retroattività dell’autorizzazione al regime di TPA limitata a decorrere (eccezionalmente) da un anno precedente la data di presentazione di un’istanza ma idonea a coprire anche operazioni- come nella specierisalenti oltre un anno dalla data dell’istanza (viene richiamata la sentenza della Corte di giustizia del 21 ottobre 2021, causa C-825/19 secondo cui l’art. 294, par. 2, del Reg. n. 2454/93 doveva essere interpretato nel senso che il rilascio da parte delle autorità doganali di una nuova autorizzazione con effetto retroattivo per operazioni e merci dello stesso tipo di quelle che erano state oggetto dell’autorizzazione iniziale , non era ancorato al termine dell’istanza, potendo la nuova autorizzazione avere effetto retroattivo a decorrere dalla data di scadenza dell’autorizzazione iniziale ); 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la CGT di secondo grado, con una motivazione omessa e/o apparente, affermato apoditticamente l’inapplicabilità alla fattispecie della procedura di rilascio ex novo di un’autorizzazione di Perfezionamento attivo con effetto retroattivo ex art. 211 cit. potendo decorrere l’efficacia dell’autorizzazione (eccezionalmente) da un anno prima dell’accettazione della domanda.
2.1. Il motivo- che consta di due sub censure- è complessivamente infondato.
2.2.In primo luogo, quanto alla denuncia di omessa e/o apparente motivazione, va premesso che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758, Sez. 5, Ord. n. 6044 del 2024). Nella specie, il giudice di appello, evidenziando chiaramente il percorso argomentativo sotteso alla decisione, ha ritenuto, ai sensi degli artt. 211, par. 2, del CDU e 172, par.2, del Reg. UE 2446/2015 (RD), che la concessione ex novo di un’autorizzazione al trasferimento attivo TPA non avrebbe garantito il collocamento della contribuente, per le n. 29 operazioni doganali effettuate nel 2017, nella stessa posizione degli altri operatori ex regime TSCD che avevano poi adottato il regime di trasferimento attivo (TPA) atteso che l’efficacia retroattiva d i tale autorizzazione poteva al più, in casi eccezionali- come reputato quello nella fattispecieai sensi dell’art. 172, par. 2, cit., decorrere da un anno prima della data di accettazione della domanda, per cui ‘ considerata l’istanza presentata dalla società il 21.4.2020 la retroattività decorreva dal 21.4.2019 ‘. Trattasi dunque di motivazione tale da attingere alla soglia del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
2.3. Quanto all’assunta violazione degli artt. 211 CDU e 172 del Reg. UE n. 2446/2015 , va premesso che l’art. 211, par. 2, prevede che: «2. Le autorità doganali concedono un’autorizzazione con effetto retroattivo quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
esistenza di un’esigenza economica certa;
non vi é stato alcun tentativo di frode relativamente alla domanda;
il richiedente ha dimostrato sulla base dei conti o delle scritture che:
tutti i requisiti del regime sono soddisfatti;
ii) se del caso, le merci possono essere individuate per il periodo considerato;
iii) tali conti o scritture consentono il controllo del regime;
possono essere espletate tutte le formalità necessarie a regolarizzare la situazione delle merci, compresa, se del caso, l’invalidamento delle dichiarazioni in dogana interessate;
nessuna autorizzazione con effetto retroattivo è stata concessa al richiedente entro tre anni dalla data di accettazione della domanda;
non è richiesto un esame delle condizioni economiche tranne quando una domanda riguarda il rinnovo di un’autorizzazione per operazioni e merci della stessa natura;
la domanda non riguarda la gestione delle strutture di deposito per il deposito doganale di merci;
quando una domanda riguarda il rinnovo di un’autorizzazione per operazioni e merci della stessa natura, la domanda è presentata entro tre anni dalla scadenza dell’autorizzazione originale.
Le autorità doganali possono concedere un’autorizzazione con effetto retroattivo anche quando le merci vincolate a un regime doganale non sono più disponibili nel momento in cui la domanda per tale autorizzazione è stata accettata».
L’art. 172 del Reg. UE 2446/2015 (RD) dispone che: « 1. Se le autorità doganali concedono un’autorizzazione ad efficacia retroattiva in conformità all’articolo 211, paragrafo 2, del codice, l’efficacia dell’autorizzazione non può essere anteriore alla data di accettazione della domanda . 2. In casi eccezionali le autorità doganali possono consentire che l’efficacia dell’autorizzazione di cui al paragrafo 1 decorra da un anno o, nel caso di merci che rientrano nell’allegato 71-02, da tre mesi prima della data di accettazione della domanda ».
2.4.La Corte di giustizia, nella sentenza del 9 luglio 2020, « RAGIONE_SOCIALE, causa C-391/19, ha dichiarato che « l’art icolo 172, paragrafo 2, del regolamento delegato (UE) 2015/2446 della Commissione, del 28 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio in
relazione alle modalità che specificano alcune disposizioni del codice doganale dell’Unione, deve essere interpretato nel senso che non possono essere qualificati come «casi eccezionali» ai sensi di tale disposizione, ai fini della concessione, ai sensi de ll’articolo 254 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce un codice doganale dell’Unione, di un’autorizzazione ad efficacia retroattiva , come previsto da quest’ultima disposizione, elementi quali la cessazione anticipata della validità di una decisione relativa a un’informazione tariffaria vincolante a seguito di una modifica della nomenclatura combinata, la mancata reazione delle autorità doganali a fronte di importazioni recanti un codice errato o il fatto che la merce sia stata utilizzata per una finalità esentata dal dazio antidumping ». Nella detta pronuncia, la Corte ha precisato che « Ai sensi dell’articolo 172 del regolamento delegato 2015 /2446, una volta concessa, l’autorizzazione stessa assume efficacia non prima della data di accettazione della domanda. Solo a titolo derogatorio, in presenza di «casi eccezionali», il paragrafo 2 di tale artic olo prevede che un’autorizzazione possa avere effetto anteriormente alla data di accettazione della domanda» (punto 23).
2.5.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello, in ossequio al suddetto quadro normativo, ha correttamente rigettato la censura di assunta violazione degli artt. 211, par. 2, cit. e 172 del Reg. UE 2446/2015 (RD) atteso che potendo l ‘efficacia retroattiva d ella autorizzazione, ex art. 211, par. 2, al regime speciale (nella specie, del TPA) decorrere al più, ai sensi del par. 2 dell’art. 172 cit. – in presenza di un caso eccezionale, qual era quello reputato tale della sopravvenuta modifica normativa di cui al Reg. CE n. 604/2018 – da un anno prima della data della domanda, e considerato che, nella specie, ‘ l’istanza era stata presentata dalla società in data 21.4.2020 ‘ ‘ la retroattività decorreva dal 21.4.2019 ‘ , non era dato attraverso tale richiesta autorizzazione ricollocare la contribuente, con riguardo alle (29) operazioni doganali effettuate nel 2017, nella stessa
posizione degli altri operatori ex regime TSCD che avevano poi adottato il regime di TPA.
2.6.Né tantomeno è conferente la pronuncia richiamata dalla contribuente in ricorso della Corte di Giustizia del 21 ottobre 2021, COGNOME Wild-RAGIONE_SOCIALE, causa C-825/19 (che ha dichiarato che ‘ L’articolo 294, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 1602/2000 della Commissione, del 24 luglio 2000, deve essere interpretato nel senso che il rilascio, da parte delle autorità doganali, di una nuova autorizzazione con effetto retroattivo per operazioni e merci dello stesso tipo di quelle che sono state oggetto dell’autorizzazione iniziale non è soggetto alle condizioni di cui al paragrafo 3 di tale articolo ‘ e, dunque, ai termini di decorrenza dell’efficacia retroattiva ) trattandosi di un caso diverso di richiesta di nuova autorizzazione con effetto retroattivo a decorrere dalla data di scadenza dell’autorizzazione iniziale sempre nell’ambito del regime dichiarato originariamente (immissione in libera pratica con destinazione particolare) per operazioni e merci dello stesso tipo di quelle inizialmente autorizzate. Diversamente, nell’ipotesi oggetto della presente controversia, Nestlè RAGIONE_SOCIALE s.p.a. ha fatto richiesta in data 21.4.2020 di autorizzazione ex novo retroattiva del regime speciale del T.P.A. (con abbattimento totale del dazio sui prodotti finiti, nocciole tostate, in seguito all’introduzione dell’art. 69bis nel Reg. CE n. 604 del 2018) con riferimento ad operazioni doganali effettuate nel 2017 di importazione definitiva di nocciole grezze (con pagamento del dazio al 3%, non essendo stato riproposto l’art. 136 del CDC nel nuovo Codice).
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 120 del CDU per avere la CGT di secondo grado escluso che, nel caso di specie, ricorressero i presupposti per il rimborso dei dazi per motivi di equità non ravvisando la situazione di
eccezionalità rispetto agli altri operatori richiesta dall’art. 120 CDU, essendo stato il regime di importazione definitiva autonomamente adottato dalla Nestlè Italiana s.p.a. e giustificato dal principio di economicità dell’azione imprenditoriale; ciò sebbene la contribuente avesse optato nel 2017 per l’ importazione definitiva delle nocciole crude essendo l’ unico regime all’epoca effettivamente razionale (con pagamento di un dazio del 3% in luogo d ell’attivazione del TPA autorizzato per pagare sul prodotto ottenuto dalla trasformazione il medesimo dazio ex art. 86 CDU, evitando due operazioni di regime sospensivo, una contabilità dedicata, garanzie di copertura, costi di gestione etc.) e la reintroduzione con il Reg. n. 604/2018 della possibilità di beneficiare (con effetto retroattivo) dell’origine preferenziale (estesa dalla materia prima al prodotto finito) soltanto a favore di coloro che avevano optato per il TPA comportasse un’evidente disparità di chance rispetto alla società che si era vista negare il beneficio, pur avendo importato materia prima al pari dei suoi competitors (con la sola differenza di regime: libera pratica anziché perfezionamento attivo) e sottoposto la stessa a lavorazione interna ( avvenuta sulla merce svincolata anziché sulla merce in sospensione di imposta) con conseguente sussistenza di una situazione di eccezionalità -rispetto agli altri operatori esercenti la medesima attività – che giustificava il rimborso dei dazi versati per motivi di equità (essendo, peraltro, irrilevante che la società avesse svolto alcune operazioni in regime di TPA e altre di importazione definitiva). In sostanza l’eccezionalità della situazione risiedeva nel fatto pacifico che identici diritti al rimborso di dazi erano stati riconosciuti soltanto nel caso di operazioni svolte in TPA e non anche nelle ipotesi di semplice importazione definitiva come per la società contribuente, pur avendo quest’ultima tenuto un comportamento logico ed economicamente giustificato.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2. Ai sensi dell’art. 116 del CDU : « Fatte salve le condizioni stabilite nella presente sezione, si procede al rimborso o allo sgravio degli importi del dazio all’importazione o all’esportazione per uno dei seguenti motivi:… d) equità ».
3.3. L’art. 120 del CDU recita: «1.In casi diversi da quelli di cui all’ articolo 116 , paragrafo 1, secondo comma, e diversi da quelli di cui agli articoli 117 , 118 e 119 , si procede, per motivi di equità, al rimborso o allo sgravio dell’importo di un dazio all’importazione o all’esportazione quando un’obbligazione doganale sorge in circostanze particolari che non implicano frode o manifesta negligenza da parte del debitore. 2. Si considera che sussistano le circostanze particolari di cui al paragrafo 1 qualora risulti chiaramente dalle circostanze del caso che il debitore si trova in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori che esercitano la stessa attività e che, in assenza di dette circostanze, egli non avrebbe subito il pregiudizio dalla riscossione dell’importo del dazio all’importazione o all’esportazione. ».
3.4.In tema di rimborso o sgravio per motivi di equità, con riguardo al previgente art. 239 del CDC, la Corte di giustizia ha affermato che «esso costituisce una clausola generale di equità che implica lo sgravio dai dazi all’importazione purché siano soddisfatte due condizioni, ossia l’esistenza di una situazione particolare e la mancanza di negligenza manifesta e di frode da parte del debitore» (sentenza del 25 luglio 2018, Commissione/Combaro, C-574/17 P, EU:C:2018:598, punto 45, sentenza del 29 luglio 2019, RAGIONE_SOCIALE, causa C-589/17, punto 37). Questi principi sono stati recepiti nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’art. 239 del Reg. CEE n. 2913 del 1992, con cui è possibile formulare una domanda di sgravio, costituisce una clausola generale di equità, applicabile in costanza di situazioni particolari ed in assenza di simulazioni e di negligenza manifesta da parte dell’interessato (Cass., 3 agosto 2023, n. 23661; Cass., 8 febbraio 2019, n. 3739; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2703 del 2024).
3.5. L’art. 239 del Codice doganale dispone , pertanto, lo sgravio dei dazi doganali al verificarsi di due condizioni: l’esistenza di una ‘situazione particolare’ e l’assenza di negligenza manifesta e inganno da parte del debitore.
3.6. Con riguardo all’interpretazione della condizione secondo cui l’operatore economico interessato deve trovarsi in una ‘situazione particolare’, secondo una
giurisprudenza consolidata, tale ‘situazione particolare’ presuppone che il debitore si trovi in una situazione eccezionale rispetto ad altri operatori che svolgono la stessa attività (sentenza della CGUE 17 febbraio 2011, Bolton Alimentari, C-494/09, punto 60). Spetta in ultima analisi al giudice del rinvio, che è l’unico competente a valutare i fatti del caso in esame, stabilire se l’impresa interessata si trovi in una tale ‘situazione particolare’.
3.7.Sempre con riferimento al previgente art. 239 cit. secondo la giurisprudenza comunitaria si è affermato che « é legittimo che le autorità nazionali consentano deliberatamente di commettere infrazioni o irregolarità per meglio smantellare una rete, identificare i frodatori e ottenere o corroborare i mezzi di prova. Tuttavia, il fatto di accollare al debitore l’obbli gazione doganale derivante da tali scelte connesse al perseguimento delle infrazioni sarebbe tale da confliggere con la finalità della clausol a di equità sottesa all’art. 905 del regolamento d’applicazione, ponendo il debitore in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori che svolgono la stessa attività. Pertanto , la circostanza che il debitore non sia stato avvertito, ai fini di un’indagine condotta dalle autorità doganali o di polizia, dello svolgimento di questa integra, in assenza di qualunque simulazione o negligenza imputabile al debitore stesso, gli estremi di una situazione particolare » (sentenze De COGNOME, cit., punto 53, e RAGIONE_SOCIALE, cit., punto 64; sentenza del Tribunale 14 dicembre 2004, causa T-332/02, Nordspedizionieri di NOME COGNOME e a./Commissione, Racc. pag. II4405, punto 51; sentenza del Tribunale del 27 settembre 2005, , T-26/03 ).
3.8.La Corte di Giustizia nella sentenza del 3 febbraio 2021, COGNOME RAGIONE_SOCIALE , C-92/20 – investita della domanda di pronuncia pregiudiziale, se un operatore economico che, dopo aver importato prodotti da un Paese terzo nel territorio doganale dell’Unione e ottenuto retroattivamente l’autorizzazione a trasformare tali prodotti in regime di perfezionamento attivo, avesse diritto a richiedere il rimborso di dazi doganali successivamente imposti dall’Autorità doganale dello Stato membro interessato -ha dichiarato che « l’articolo 239, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre
1992, che istituisce un codice doganale comunitario, deve essere interpretato nel senso, da un lato, che un operatore economico può chiedere il rimborso dei dazi doganali da esso versati solo se si trova in una situazione particolare e non vi è negligenza o manovra manifesta da parte sua e, dall’altro, che il fatto che le merci in questione siano state riesportate verso un paese terzo senza entrare nel circuito economico dell’Unione europea non è sufficiente a dimostrare che tale operatore economico si trovasse in una siffatta situazione particolare. La stessa conclusione vale quando il comportamento che ha dato luogo all’imposizione dei dazi doganali in questione è stato causato da un errore nelle informazioni contenute nel sistema informatico di detto operatore economico, poiché tale errore avrebbe potuto essere evitato se lo stesso operatore economico avesse tenuto conto delle condizioni contenute nell’autorizzazione concessagli ».
3.9. L’art. 120 CDU nel riprendere sostanzialmente il contenuto del previgente art. 239 CDC e traducendo normativamente l’interpretazione della giurisprudenza unionale del concetto di ‘situazione particolare’ – ha specificato al par. 2 che circostanze particolari sussistono « qualora risulti chiaramente dalle circostanze del caso che il debitore si trova in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori che esercitano la stessa attività e che, in assenza di dette circostanze, egli non avrebbe subito il pregiudizio dalla riscossione dell’importo del dazio all’importazione o all’esportazione. » ‘.
3.10.Orbene, nella sentenza impugnata, il giudice di appello ha correttamente escluso la sussistenza, con riguardo alla società, di una ‘ situazione eccezionale ‘ rispetto agli altri operatori atteso che -a fronte della mancata reintroduzione dell’art. 136 del CDC nel nuovo Codice doganale – il regime di importazione definitiva dichiarato nel 2017 per le 29 operazioni doganali ‘ era stato autonomamente adottato e giustificato dal principio dell’economicità dell’azione imprenditoriale …cosi sintetizzato: non potendo più ottenere l’esenzione daziaria ma l’applicazione del dazio del 3% si evitavano due operazioni doganali, la tenuta di una contabilità dedicata e la prestazione della
garanzia di copertura ‘ mentre gli altri operatori del settore ‘ diversamente dal regime di importazione definitiva adottato dalla Nestlé Italiana s.p.a, avevano continuato ad importare la merce in regime di trasferimento attivo (TPA) sempre per loro autonoma scelta ‘. Pertanto, trattandosi di diversi comportamenti riconducibili ad autonome scelte rispettivamente della contribuente e degli altri operatori nel settore in analoghe condizioni (ovvero di introduzione in Italia delle nocciole grezze in regime di TSCD) avuto riguardo alla eliminazione dell’art. 136 C .D.C. in forza dell’assorbimento di tale disposizione nel nuovo Codice doganale, non era dato ravvisare alcuna eccezionalità della situazione della Nestlè s.p.a. rispetto ad essi alla data della importazione definitiva operata dalla società nel 2017, essendo la modifica del Reg. 2447/2015 intervenuta successivamente in forza del Reg. CE n. 604 del 2018 – con sostanziale reintroduzione del regime agevolativo ex art. 136 CDC e limitazione del beneficio, con effetto retroattivo dal 1° maggio 2016, esclusivamente in favore di coloro che avessero optato per continuare con il regime del TPA.
4.In conclusione, il ricorso va rigettato.
5.Le spese seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 7.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2024