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Revisione accertamento doganale: quando è esclusa?

Una società alimentare ha richiesto la revisione dell’accertamento doganale per modificare il regime di importazione scelto per convenienza economica, a seguito di una modifica normativa retroattiva che rendeva più vantaggioso un altro regime. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la revisione è consentita solo per correggere errori involontari e non per annullare scelte imprenditoriali deliberate, anche se divenute meno convenienti. La Corte ha inoltre negato il rimborso per motivi di equità, non ravvisando una situazione eccezionale.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Revisione Accertamento Doganale: Scelta Economica vs Errore Involontario

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per le imprese che operano con l’estero: i limiti e le condizioni per la revisione dell’accertamento doganale. Il caso esaminato chiarisce la netta distinzione tra la correzione di un errore involontario e il tentativo di modificare una scelta imprenditoriale strategica a seguito di un mutamento del quadro normativo. La decisione sottolinea come una scelta consapevole, dettata da convenienza economica, non possa essere successivamente ritrattata attraverso gli strumenti di revisione, anche se un intervento legislativo retroattivo la rende meno vantaggiosa.

I Fatti: L’Importazione Definitiva e il Cambio Normativo

Una società del settore alimentare importava materie prime dalla Turchia beneficiando di un regime doganale speciale (trasformazione sotto controllo doganale – TSCD) che permetteva l’azzeramento dei dazi. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice Doganale dell’Unione, tale regime è stato assorbito in quello del Traffico di Perfezionamento Attivo (TPA). Tuttavia, una disposizione normativa favorevole non è stata inizialmente riproposta.

Di fronte a questa incertezza e per motivi di celerità e convenienza economica, nel 2017 la società ha deciso di abbandonare il regime speciale e di procedere con l’importazione definitiva delle materie prime, pagando un dazio del 3%. In questo modo, evitava le complessità contabili e le garanzie richieste dal regime TPA.

Successivamente, un Regolamento UE del 2018 ha reintrodotto, con efficacia retroattiva al 2016, la norma che avrebbe garantito l’esenzione daziaria anche a chi operava in regime TPA. A quel punto, la società ha chiesto all’Autorità doganale il rimborso dei dazi versati nel 2017, avanzando tre richieste: la revisione delle dichiarazioni doganali, il rilascio di un’autorizzazione retroattiva al TPA e, in subordine, il rimborso per motivi di equità.

La Decisione e i Limiti della Revisione dell’Accertamento Doganale

La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha respinto tutte le richieste della società. Il punto centrale della motivazione riguarda la natura della revisione dell’accertamento doganale ai sensi dell’art. 48 del Codice Doganale dell’Unione.

I giudici hanno chiarito che questo strumento è finalizzato a correggere “errori od omissioni materiali” o “errori di interpretazione del diritto applicabile” che siano involontari. Non può, invece, essere utilizzato per modificare una scelta contrattuale o strategica liberamente effettuata dall’operatore economico. Nel caso di specie, la società aveva scientemente e deliberatamente scelto il regime dell’importazione definitiva perché, in quel momento, lo riteneva economicamente più vantaggioso. Non si è trattato di un errore, ma di una precisa scelta imprenditoriale. Il fatto che un successivo intervento normativo abbia reso quella scelta meno conveniente non trasforma una decisione strategica in un errore sanabile.

L’Autorizzazione Retroattiva e i Motivi di Equità

La Corte ha rigettato anche le altre due istanze. Per quanto riguarda l’autorizzazione retroattiva al regime TPA, la normativa (art. 172 del Reg. UE 2446/2015) pone limiti temporali stringenti. Anche in casi eccezionali, la retroattività non può estendersi oltre un anno dalla data di presentazione della domanda. Poiché la richiesta è stata presentata nel 2020, non poteva in alcun modo coprire le operazioni doganali effettuate nel 2017.

Infine, è stato escluso il rimborso per motivi di equità. Secondo l’art. 120 del CDU, tale rimborso è concesso solo in “situazioni eccezionali” in cui l’operatore si trovi, senza sua colpa, in una posizione deteriore rispetto ad altri operatori del settore. La Corte ha stabilito che la situazione della società non era eccezionale, ma era la diretta conseguenza di una sua autonoma scelta. Altri operatori che avevano deciso di continuare a utilizzare il regime TPA si trovavano in una posizione diversa non per un caso fortuito, ma perché avevano compiuto una scelta imprenditoriale differente. La disparità di trattamento era quindi giustificata dalla diversità dei comportamenti adottati.

Le Motivazioni

La sentenza ribadisce il principio fondamentale del sistema doganale: la natura dichiarativa. L’operatore economico è responsabile della correttezza e della completezza delle informazioni fornite nella dichiarazione doganale. Consentire una modifica basata su un “ripensamento” dovuto a eventi successivi minerebbe la certezza del diritto e la stabilità delle operazioni commerciali. La revisione dell’accertamento doganale è un presidio a tutela dell’operatore contro gli errori involontari, non uno strumento per rimediare alle conseguenze di decisioni strategiche che si rivelano, a posteriori, non ottimali. La scelta, ponderata sulla base dei costi e dei benefici al momento dell’operazione, rimane vincolante per l’impresa.

Le Conclusioni

Questa pronuncia offre un importante monito per tutte le imprese: le scelte in materia doganale devono essere attentamente ponderate, poiché una volta effettuate sono difficilmente reversibili. La possibilità di revisione è circoscritta alla correzione di veri e propri errori e non può essere invocata per rimediare a scelte di convenienza che, per via di mutamenti normativi o di mercato, perdono la loro attrattiva. La distinzione tra errore involontario e scelta strategica è un pilastro del diritto doganale che garantisce equità e certezza a tutto il sistema.

È possibile richiedere la revisione di una dichiarazione doganale per modificare il regime prescelto se una nuova legge lo rende più conveniente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la revisione è ammessa solo per correggere errori o omissioni involontari, non per modificare una scelta strategica e consapevole fatta dall’operatore, anche se le circostanze (come un cambio normativo) la rendono retrospettivamente meno vantaggiosa.

L’autorizzazione a un regime doganale speciale, come il TPA, può avere un effetto retroattivo illimitato?
No. L’efficacia retroattiva di un’autorizzazione è soggetta a limiti temporali precisi. Di norma, non può essere anteriore alla data della domanda e, solo in casi eccezionali, può risalire al massimo a un anno prima di tale data. Non può quindi coprire operazioni effettuate anni prima della richiesta.

Quando si può ottenere un rimborso dei dazi per “motivi di equità”?
Il rimborso per equità è possibile solo in “situazioni eccezionali” in cui l’operatore si trova in una condizione diversa rispetto agli altri che svolgono la stessa attività, senza che vi sia stata frode o negligenza manifesta. Una situazione derivante da una libera scelta imprenditoriale, diversa da quella di altri operatori, non costituisce una situazione eccezionale che giustifichi il rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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