Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7056 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7056 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2750 -20 16 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, pec EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6240/31/2015 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata il 22 giugno 2015;
Oggetto:
Tributi –
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/02/2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA per l’anno d’imposta 2007 emesso dall’ Amministrazione finanziaria nei confronti della cessata ditta RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di fabbricazione di porte e finestre e cancelli metallici, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. da cui emergeva che la contribuente non aveva esibito le fatture emesse in esenzione d’imposta, con il sistema del reverse charge , ai sensi degli artt. 10 e 15 del d.P.R. n. 633 del 1972, la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Campania accoglieva l’appello proposto dal l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che dal controllo RAGIONE_SOCIALE fatture, esibite dalla contribuente solo in sede di accertamento con adesione, era emerso che le stesse non potevano essere emesse in regime di reverse charge in quanto la ditta, che aveva il codice di attività di subappalto di completamento di lavori metallici in nuove costruzioni, aveva utilizzato ed installato beni di propria produzione.
Avverso tale statuizione la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui replica l ‘ intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione dell’ art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciare sull’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE per novità dei motivi con esso proposti.
Il motivo è inammissibile alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui «In tema di processo tributario, nel
ricorso per cassazione non è utilmente censurabile ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 4, e 112 c.p.c. la mancata pronuncia da parte del giudice sull’eccezione di inammissibilità di un motivo di appello, perché nuovo, in quanto trattasi di questione rilevabile “ex officio”, che sfugge pertanto alla preclusione di cui all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, la quale investe le sole eccezioni in senso stretto e non anche le eccezioni improprie o le mere difese» (Cass. n. 5204 del 2023). Peraltro, questa Corte ha anche affermato che «il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale», qual è quella dell’inammissibilità dell’appello per novità RAGIONE_SOCIALE censure con lo stesso proposte, «non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte» (Cass. n. 13649 del 2005; conf. Cass. n. 7406 del 2014).
3. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 6, lett. a), del d.P.R. n. 633 del 1972 per avere la CTR erroneamente ritenuto che « la produzione dei beni da parte della ricorrente e la installazione di essi determinasse la esclusione dal reverse charge, esclusione che invece è possibile solo in presenza di un contratto che ha ad oggetto la fornitura di beni con installazione e che invece è legittimo in presenza di un contratto di subappalto in cui la fornitura della materia è solo un mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro è lo scopo essenziale del negozio » (ricorso, pag. 10) e « Nei contratti di subappalto prodotti in giudizio non si discorre mai di fornitura con posa in opera, ma solo
dell’obbligazione di eseguire le lavorazioni in ferro , sul cantiere, con macchinari ed attrezzature sul cantiere, con obbligo di esecuzione a perfetta regola d’arte » (ricorso, pag. 11).
Il motivo è inammissibile in quanto le argomentazioni svolte ad illustrazione RAGIONE_SOCIALE stesso denotano come la ricorrente non deduce un’errata interpretazione ed applicazione della disposizione censurata, bensì una non corretta interpretazione da parte dei giudici di appello del contenuto dei contratti di subappalto prodotti in giudizio.
4.1. E, al riguardo, costituisce principio consolidato quello in base al quale, «posto che l’accertamento della volontà RAGIONE_SOCIALE parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata» (così, da ultimo, Cass. n. 9461 del 09/04/2021; si vedano altresì, ex multis, Cass. n. 873 del 16/01/2019; Cass. n. 16987 del 27/06/2018; Cass. n. 28319 del 28/11/2017; Cass. n. 27136 del 15/11/2017; Cass. n. 17168 del 09/10/2012).
4.2. Nella specie, ribadendo quanto affermato in analoga fattispecie da Cass. n. 29648 del 2018, il motivo di ricorso in esame non si appunta su alcuna specifica violazione RAGIONE_SOCIALE regole legali di interpretazione dei rapporti negoziali di cui è stata parte la
ricorrente, ma piuttosto propongono, in modo non consentito in questa sede di legittimità, di valutare diversamente il contenuto concreto dei detti negozi o RAGIONE_SOCIALE clausole rilevanti, peraltro neppure trascritte nel ricorso, in violazione del principio di specificità, non essendo all’uopo sufficiente l’allegazione al ricorso di quei contratti senza neppure la previa esatta localizzazione RAGIONE_SOCIALE clausole o RAGIONE_SOCIALE parti all’uopo rilevanti.
4.3. In relazione a tale profilo, deve ricordarsi che sul principio di autosufficienza del ricorso si sono recentemente espresse le Sezioni unite di questa Corte (Cass., Sez. U, n. 8950 del 2022) che ha fatto espresso richiamo ai principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, dalla cui motivazione (§ 110), come si è correttamente messo in luce in Cass. n. 26007 del 2022 (non massimata), «si trae conferma della necessità che la Corte di legittimità, leggendo il ricorso nella sua globalità, debba poter “comprendere l’oggetto della controversia, così come il contenuto RAGIONE_SOCIALE critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata”, senza, dunque, fare riferimento ad elementi esterni (quali gli allegati al ricorso). Il che, in ultima analisi, implica che modulando il principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366, comma 1, nn. 3 e 6, cod. proc. civ. (alla cui stregua il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto RAGIONE_SOCIALE censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa) in conformità alle indicazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo e, dunque, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, occorre pur sempre che all’interno del ricorso siano richiamati, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti ed i documenti sottesi alle censure svolte (Cass, Sez. 3, 14.3.2022, n. 81:17, Rv. 664252-01), non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione
(fondato sulla idoneità del contenuto RAGIONE_SOCIALE censure a consentire la decisione), il rinvio – in assenza di (trascrizione integrale o parziale ovvero, quantomeno, di tale) sintesi contenutistica – agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6769, Rv. 664103-01)».
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per avere la CTR reso una motivazione apparente là dove, nell’escludere l’applicabilità alle operazioni fatturate del regime del reverse charge , ha affermato che « Dal controllo è emerso che la ditta aveva utilizzato e installato beni di propria produzione e quindi non poteva applicare il regime del reverse charge », senza però spiegare da dove avesse tratto tale convincimento, in particolare sul tipo di controllo effettuato.
5.1. Il motivo è infondato in quanto la CTR, oltre all’affermazione sopra riportata, che richiama la verifica effettuata dell’Ufficio sulle fatture esibite dalla contribuente soltanto in sede di accertamento con adesione, aggiunge che « La stessa ditta aveva ammesso tanto », il che rendeva superfluo spiegare le modalità di quel ‘controllo’. Si legge, inoltre, nella sentenza impugnata che «In data 4.3.15 la ditta ricorrente depositava controdeduzioni con richiesta di riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni del 3% per errore formale, senza danno per l’erario. In conseguenza di tanto si evince che l ‘accertamento disposto era legittimo e motivato» (sentenza impugnata, pag. 2).
Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con specifico riferimento al contenuto dei contratti appalto e alle fatture, prodotti in giudizio.
6.1. Il motivo è manifestamente inammissibile. Anche a voler prescindere dal rilievo che dal tenore della sentenza impugnata deve desumersi che i giudici di appello abbiano preso in esame sia i contratti di subappalto sia le fatture traendone il convincimento, errato o meno che sia, che dagli stessi emergesse una situazione diversa da quella prospettata dalla ricorrente, ovvero che nel caso di specie alle operazioni commerciali verificate non poteva applicarsi il regime del revese charge , con conseguente infondatezza del motivo in esame, l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE stesso discende dal rilievo che non viene censurata la statuizione d’appello in cui si afferma che era la stessa ditta ad aver ammesso di aver utilizzato ed installato beni di propria produzione sicché non era applicabile il predetto regime. Peraltro, deve ricordarsi che «Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia RAGIONE_SOCIALE altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento, con la conseguenza che la denunzia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa» (Cass. n. 25756 del 2014; conf. Cass. n. 16812 del 2018). Orbene, nel caso di specie, anche a voler accedere alla tesi, che si è detto sopra essere infondata, del mancato esame da parte dei giudici di appello dei contratti di subappalto, i passi dei medesimi trascritti nel ricorso non portano univocamente ad una soluzione diversa da quella adottata nella sentenza impugnata.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 6, comma 9 bis, del d.lgs. n. 471 del 1997, 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000 e 2697 cod. civ. per avere la CTR rigettato la domanda di riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni nella misura del 3 per cento per non avere essa ricorrente provato l’inesistenza di un danno erariale, che l’amministrazione finanziaria non aveva contestato ed il cui onere, comunque, incombeva all’amministrazione finanziaria per il principio di vicinanza della prova.
7.1. Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.
7.2. Innanzitutto, perché «nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impugnato» (Cass. n. 16984 del 2023).
7.3. Inoltre, deve ricordarsi che, per un verso, «Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., se solleva la parte dall’onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude tuttavia che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento» (Cass. n. 16028 del 2023) e, per altro verso, che «Il principio di non contestazione opera in relazione a fatti che siano stati chiaramente esposti da una RAGIONE_SOCIALE parti presenti in giudizio e non siano stati contestati dalla controparte che ne abbia avuto l’opportunità: pertanto, la parte che lo deduca in sede di impugnazione è tenuta ad indicare specificamente in quale atto processuale il fatto sia stato esposto, al fine di consentire al giudice
di verificarne la chiarezza e se la controparte abbia avuto occasione di replicare» (Cass. n. 31619 del 2018). Adempimento cui nella specie la ricorrente non ha adempiuto.
7.4. Il motivo è, inoltre, inammissibile là dove sostiene che la prova dell’inesistenza del danno erariale avrebbe dovuto essere fornita dall’amministrazione finanziaria per il principio di vicinanza della prova, che è tesi che prospetta in un’inammissibile inversione dell’onere probatorio, essendo evidente che spettava alla ricorrente provare che l’IVA era stata comunque assolta, anche irregolarmente, avendone la stessa ampia possibilità.
In estrema sintesi il ricorso va rigettato e la ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 15 febbraio 2024