Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18418 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18418 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
Oggetto: reverse charge -sanzioni ex art.6 comma 9 bis.1, del d.lgs. n. 471 del 1997
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29189/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (Pec: EMAIL), con domicilio eletto in INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n.1508/24/2020 depositata il 14 febbraio 2020, e non notificata. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Udito per l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO.
Udito per NOME COGNOME l’AVV_NOTAIO
NOME COGNOME. NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, nel senso del l’accoglimento del ricorso.
Fatti di causa
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, veniva rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n. 5269/11/18 la quale aveva parzialmente accolto il ricorso introduttivo proposto da COGNOME NOME, titolare della ditta edile RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale veniva richiesto il pagamento per l’anno di imposta 2013 maggiore IVA per euro 102.453 oltre ad una sanzione pecuniaria di euro 115.259.
L’Amministrazione finanziaria riconduceva il rapporto economico tra la ditta del contribuente e la società RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito di contratti di global service, all’appalto di servizi e non di lavori e, per l’effetto , contestava al contribuente il ricorso al regime IVA del reverse charge in assenza dei presupposti richiesti dall’art. 17, comma 6, lett.
a), del d.P.R. n. 633 del 1972, concludendo che le operazioni di cui alle fatture contestate erano soggette al regime ordinario dell’IVA.
Con riferimento alle sanzioni irrogate, veniva contestata la infedele fatturazione IVA ai sensi dell’art. 6, commi 1,4 e 5, del d.lgs. n. 471 del 1997 e l ‘ infedele dichiarazione di cui all’art. 5, comma 4, del citato decreto e veniva inizialmente liquidata, in applicazione del cumulo giuridico, sanzioni amministrative pari ad euro 115.259. In un secondo momento, su richiesta del contribuente, l’RAGIONE_SOCIALE rideterminava le sanzioni in applicazione RAGIONE_SOCIALE più favorevoli formulazioni dell’art. 5, comma 4, e dell’art. 6, comma 9-bis.1, del d.lgs. n. 471 del 1997, introdotte dal d.lgs. n. 158 del 2015. Venivano così riliquidate nel 90% della maggiore imposta dovuta in luogo della previgente misura del 100%. Inoltre, la sanzione per l’indebita applicazione del regime dell’inversione contabile, precedentemente fissata nel 100% dell’imposta non versata, veniva ridotta alla misura fissa prevista dalla novella, applicata nel massimo edittale di euro 10.000,00.
Il giudice di prime cure accoglieva parzialmente il ricorso, facendo cadere la ripresa IVA sul presupposto che fosse incontestato il pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE dell’IVA sulle operazioni contestate, e rideterminando la sanzione nella misura minima di euro 250,00, ex art. 6, comma 9-bis.2, d.lgs. n. 471 del 1997 introdotte dal d.lgs. n. 158 del 2015. La decisione veniva confermata dal giudice d’appello.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’RAGIONE_SOCIALE per due motivi, che illustra con memoria, cui resiste il contribuente con controricorso.
Ragioni della decisione
Preliminarmente va dato atto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza in violazione dell’art. 366 cod. proc. civ. sollevata dal contribuente. L’ eccezione non
può essere accolta in quanto il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE riporta con adeguata precisione il fatto, le questioni giuridiche controverse, gli snodi processuali in primo e secondo grado, incluse le prospettazioni difensive del contribuente.
Sempre in via preliminare il controricorrente eccepisce l’i nammissibilità del ricorso di controparte per asserito contrasto con il giudicato esterno formatosi in relazione alle annualità 2011 e 2012, definite con sentenze della CTR della Campania n. 10696/15/2017 e n. 618/13/2019, passate in giudicato ex art. 2909 cod. civ. per decorso dei termini di impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. civ..
L’eccezione non è fondata, vertendosi in materia di IVA con diversità di operazioni per diversi periodi di imposta, ai fini del regime del reverse charge , che richiedono un accertamento caso per caso.
Con il primo motivo di ricorso, in rapporto all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., viene dedotta la violazione degli artt. 17, commi quinto e sesto, lett. a) del d.P.R. 633/1972, 2697 cod. civ. e 6, comma 9 bis.2 del d.lgs. 471/97 per aver errato il giudice a ritenere non dovuta l’IVA in relazione alle prestazioni effettuate dal ricorrente in regime di subappalto con la RAGIONE_SOCIALE, nonostante la ritenuta non corretta applicazione del regime del reverse charge .
Il primo motivo non è inammissibile come eccepito in controricorso, perché è incentrato su di un vizio motivazionale emergente dalla sentenza impugnata, prodotta agli atti in copia autentica, ed è fondato.
9.1. Il mancato pagamento dell’IVA da parte della cessionaria RAGIONE_SOCIALE è stato contestato dall’RAGIONE_SOCIALE sia primo che in secondo grado e non è un fatto dimostrato. Di ciò vi è contezza nell ‘ultima pagina della sentenza impugnata che afferma: «il PVC della Guardia di Finanza nei confronti dell’appellato contribuente nulla dice sulla effettività della applicazione del reverse charge da parte di RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2013». Non solo, poco dopo in sentenza il giudice afferma anche che l’assolvimento dell’ IVA «sulle cessioni di
beni e/o prestazioni di servizi poste in essere dalla ricorrente», già «ritenuta non contestata dalla CTP», è in realtà «sostanzialmente incerta», seppure poi concluda nel senso di non poter porre l’ onere della prova a riguardo a carico della contribuente.
9.2. Al contrario, la giurisprudenza della Corte in tema di IVA (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 14999 del 15/07/2020) afferma che il meccanismo del cd. reverse charge interno, previsto, tra l’altro, dall’art. 17, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 per le prestazioni di servizi del settore edilizio, è volto a contrastare le possibili frodi dovute al mancato versamento dell’imposta da parte RAGIONE_SOCIALE imprese edili, dopo che queste ne abbiano addebitato l’importo ai committenti. Pertanto, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti l’esistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per l’assolvimento dell’IVA mediante il regime dell’inversione contabile, spetta al contribuente fornire elementi idonei a dimostrarne la sussistenza e la natura RAGIONE_SOCIALE operazioni, in conformità al principio di vicinanza della prova.
Tale giurisprudenza è condivisibile, in quanto il meccanismo del reverse charge è un particolare metodo di applicazione dell’IVA che deroga al principio di carattere generale, secondo cui debitore d’imposta è il soggetto il quale, nell’esercizio di impresa, effettua operazioni rilevanti nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
L’inversione contabile prevede che, per alcune operazioni, debitore d’imposta sia il soggetto passivo nei confronti del quale tali operazioni vengono effettuate. Questi, ricevuta la fattura senza addebito dell’imposta, provvede ad integrare il documento ricevuto con l’aliquota di riferimento per il tipo di operazione fatturata e, allo stesso tempo, alla duplice annotazione nel registro acquisti (fatture di acquisto) e nel registro vendite (fatture emesse).
L’art. 17, sesto comma, d.P.R. n.633 del 1972, contempla, tra le diverse operazioni soggette all’inversione contabile, alla lett. a), le «prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel
settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti RAGIONE_SOCIALE imprese che svolgono l’attivit à di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore». La fattispecie, ricorda la sentenza della Corte da ultimo citata, rientra nell’ambito del cd. reverse charge ‘ interno ‘ , ossia dell’inversione contabile prevista in relazione ad alcune tipologie di operazioni interne, ed è ispirata alla ratio di contrastare le frodi all’IVA che possono verificarsi nel settore dell’edilizia mediante il mancato versamento dell’imposta da parte RAGIONE_SOCIALE imprese edili, dopo che le stesse ne abbiano addebitato l’importo ai committenti.
In proposito, si ritiene che qualora, come nel caso in esame, l’Amministrazione finanziaria contesti la riconducibilit à dell’operazione ad una RAGIONE_SOCIALE fattispecie per le quali è previsto l’assolvimento dell’imposta mediante il regime dell’inversione contabile e, dunque, l’omesso versamento, spetti alla contribuente offrire elementi idonei a dimostrare la correttezza del suo operato e, per l’esattezza, l’esistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per l’assolvimento dell’IVA mediante tale regime.
9.3. A tale conclusione, difforme da quanto affermato dal giudice d’appello nella sentenza qui impugnata, si perviene in ragione sia del carattere derogatorio del regime del reverse charge interno rispetto a quello ordinario, come chiaramente desumibile dalla formulazione testuale dell’art. 17, d.P.R. n. 633 del 1972, sia dell’esigenza di interpretare la disciplina in funzione della richiamata ratio che le è sottesa, sia, infine, del principio di vicinanza della prova, avuto riguardo alla materiale disponibilit à per l’impresa contribuente di elementi idonei a dimostrare la natura RAGIONE_SOCIALE operazioni in esame.
10. Ciò chiarito quanto al tributo, il Collegio rammenta anche la giurisprudenza della Corte in tema di sanzioni per le violazioni degli obblighi relativi all’IVA.
10.1. In tema di sanzioni per le violazioni degli obblighi relativi all’IVA, questa Corte ha condivisibilmente chiarito (cfr. Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 1690 del 20/01/2022) che le fattispecie contemplate nei commi 9-bis, 9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3 dell’art. 6 del d.lgs. n. 471 del 1997, rispondendo a criteri di progressività, in relazione all’effettivo pregiudizio subito dall’erario e alla pericolosità della condotta per l’esercizio di un’efficace azione di controllo, disciplinano, in primo luogo, al comma 9-bis, l’inosservanza degli adempimenti dell’inversione contabile (o reverse charge ) da parte del cessionario o committente che agisca nell’esercizio di imprese, arti o professioni. La suddetta previsione distingue, a sua volta, al primo periodo sanzioni in misura fissa, riguardanti i casi di irregolare adempimento RAGIONE_SOCIALE operazioni di reverse charge ; al secondo periodo, sanzioni in misura proporzionale, per l’omessa annotazione nei registri contabili ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi; al terzo periodo, sanzioni, anch’esse proporzionali, derivanti dall’indebita detrazione e dichiarazione infedele, per i casi in cui l’IVA non risulti detraibile, scaturenti dall’applicazione dell’art. 5, comma 4, e del comma 6, con riferimento all’imposta che non poteva detrarsi dal cessionario o committente, sanzioni tutte da applicarsi anche in caso di omessa autofatturazione e omessa regolarizzazione della fattura ricevuta dal cedente.
In secondo luogo, i commi 9-bis.1 e 9-bis.2, regolano le due speculari ipotesi di “concorde errore”, dovuto alla difficoltà di qualificare l’operazione ai fini della corretta scelta del regime applicabile, quali, rispettivamente, il caso in cui l’IVA sia assolta dal cedente, benché l’operazione fosse sottoposta al regime del reverse charge e, viceversa, il caso in cui l’IVA sia assolta dal cessionario mediante inversione contabile, sebbene l’operazione fosse sottoposta al regime ordinario, entrambi casi in cui l’acquirente/committente, godendo del diritto di detrazione, è sanzionato in misura fissa.
In terzo luogo, il comma 9-bis.3, disciplina l’esclusione della sanzionabilità in caso di applicazione dell’inversione contabile a operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, per la mancanza, in sé, di danno per l’erario, disponendo l’espunzione sia del debito computato nella liquidazione dell’imposta, sia della corrispondente detrazione, laddove l’insidiosità insita nelle operazioni inesistenti comporta una sanzione irrogata nella misura compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di euro 1000,00.
10.2. Il comma 9-bis.2 cit., per essere applicato, presuppone dunque che l’IVA sia assolta dal cessionario -e, al contrario, il giudice ha accertato che per il periodo di imposta 2013 non è stata data la prova che il cessionario ha versato l’imposta. Sussiste pertanto anche con riferimento alle sanzioni una contraddizione nella motivazione della CTR, che d ev’ essere rimeditata dal giudice del rinvio.
11. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, con il quale viene proposta una censura per motivazione apparente, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame in relazione ai profili evidenziati, e provveda sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per i suddetti profili e per provvedere sulle spese di lite.
Così deciso in Roma in data 13 marzo 2024