Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22003 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22003 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16494/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) in RomaINDIRIZZO, che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Calabria n. 3543/7/20 depositata il 16.12.2020;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 17 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Emerge dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte (ricorsi, controricorsi) che, a seguito di attività ispettiva svolta dalla Guardia di Finanza, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificò a NOME COGNOME un avviso accertamento (relativo all’anno di imposta 2007). Con tale atto venne contestata per l’anno 2007 l’omesso versamento dell’IVA su cessioni di beni ai clienti.
2.Avverso tale atto NOME COGNOME propose ricorso invocando l’applicazione del reverse charge avendo operato la cessione di oro in regime di esonero IVA ex art. 10 del d.p.r. n. 633 del 1972.
Il giudice di prime cure accolse il ricorso ritenendo che si trattasse di cessione di rottami aurei e non monili anche in considerazione del fatto che erano stati ceduti in blocco allo stesso soggetto abilitato al commercio all’ingrosso.
La decisione venne appellata ed il giudice di seconde cure respinse l’appello evidenziando come l’unico soggetto cessionario RAGIONE_SOCIALE fatture svolgesse attività di fonderia, in assenza di uno specifico codice ATECO, e che, pertanto, questa doveva considerarsi simile al commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi.
3.Avverso tale decisione ricorre l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo. Resiste con controricorso NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo ed unico motivo del ricorso, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c.
Secondo il ricorrente il giudice di seconde cure avrebbe mal applicato l’art. 17 innanzi citato.
2.Si evidenzia al riguardo come al fine di una corretta applicazione della norma nonché al fine di evitare evasioni o elusioni di imposta, è necessario che la cessione di materiale aurifero usato e non destinato al commercio avvenga esclusivamente a fini industriali e di successiva trasformazione, escludendo la sua immissione sul mercato. Tali caratteristiche, che devono risultare da elementi certi ed univoci, non sarebbero presenti nella specie atteso che NOME COGNOME svolge l’attività di commercializzazione di beni usati, ancorché mista all’attività di lavorazione e trasformazione, così escludendosi che i beni d’oro usati possano essere ritenuti per vocazione sempre destinati ad un processo di trasformazione industriale con conseguente ritenuta inapplicabilità del regime di reverse charge .
Il ricorrente evidenzia, dopo aver quindi richiamato i principi posti a fondamento dell’art.17, come non sia ‘emersa alcuna prova concreta circa le caratteristiche soggettive del cessionario non essendo corretto quanto afferma la CTR per cui l’attività svolta dal cessionario risulta provata in atti in quanto l’unico soggetto cessionario RAGIONE_SOCIALE fatture risulta svolgere l’attività di fonderia adoperando, in assenza di uno specifico codice ATECO, con quello più similare di commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi’.
3.Il ricorso è fondato.
Il giudice di merito ha ritenuto non sussistere i presupposti per l’applicazione del regime agevolato senza tuttavia accertarne la relativa sussistenza sia con riguardo all’oggetto lavorato che con riguardo all’attività svolta dal terzo.
Al riguardo giova osservare quanto segue.
L’art. 17, quinto comma, d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis, dispone «in deroga al primo comma, per
le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’articolo 10, numero 11), nonché per le cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d’imposta, con l’osservanza RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti e con l’indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoli 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all’articolo 25». L’art. 1, legge 17 gennaio 2000, n. 7, nel testo ratione temporis vigente, prevede «1. Ai fini della presente legge con il termine “oro” si intende: a) l’oro da investimento, intendendo per tale l’oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato dell’oro, ma comunque superiore ad 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi, rappresentato o meno da titoli; le monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine, normalmente vendute a un prezzo che non supera dell’80 per cento il valore sul mercato libero dell’oro in esse contenuto, incluse nell’elenco predisposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Comunità europee ed annualmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale RAGIONE_SOCIALE Comunità europee, serie C, nonché le monete aventi le medesime caratteristiche, anche se non ricomprese nel suddetto elenco; con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabilite le modalità di trasmissione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Comunità europee RAGIONE_SOCIALE informazioni in merito alle monete
negoziate nello Stato italiano che soddisfano i suddetti criteri; b) il materiale d’oro diverso da quello di cui alla lettera a), ad uso prevalentemente industriale, sia in forma di semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, sia in qualunque altra forma e purezza». Tali disposizioni legislative interne sono conformi e attuano le correlative previsioni del diritto dell’UE ed in particolare dell’art. 198, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE, secondo cui «Quando una cessione di materiale d’oro o di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi o una cessione di oro da investimento (…) è effettuata da un soggetto passivo (…), gli Stati membri possono designare l’acquirente come debitore dell’imposta»; e dell’art. 199, paragrafo 1, secondo cui «Gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni: (…) d) cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili, di materiali di scarto parzialmente lavorati, di avanzi e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell’allegato VI;…», il quale ultimo individua le «Cessioni di rottami ferrosi e non ferrosi, avanzi e materiali di recupero, comprese le cessioni di semiprodotti ottenuti dalla trasformazione, dalla lavorazione o dalla fusione di metalli ferrosi non ferrosi e di loro leghe». Come chiarito anche dalla Corte di giustizia, l’art. 198, paragrafo 2, della Direttiva Iva, nel consentire agli Stati di prevedere, nelle situazioni cui si riferisce, un meccanismo di inversione contabile in base al quale il debitore Iva è il soggetto passivo destinatario dell’operazione assoggettata a detta imposta, introduce un’eccezione al principio espresso dall’art. 193, secondo cui l’Iva è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni e una prestazione di servizi imponibile, sicché esso va interpretato in
senso stretto, senza tuttavia essere privato di effetto (in tal senso Corte Giust., sentenze 13/6/2013, in causa C-125/12, RAGIONE_SOCIALE, punti 23 e 31, 26/4/2017, in causa C-564/15, Farkas; Cass., 15/07/2020, n. 14999).
Tenendo conto del complesso RAGIONE_SOCIALE norme citate, questa Corte ha avuto modo di affermare che, ai fini dell’applicazione del regime d’inversione contabile, la questione fondamentale non sta tanto nel fatto che il bene ceduto sia un prodotto semilavorato, quanto piuttosto che si tratti di un prodotto d’oro ed il suo “tenore”, con la conseguenza che «è il livello di purezza dell’oro contenuto nel bene ad essere decisivo per determinare se una cessione d materiale d’oro o di prodotti semilavorati, come sopra intesi, rientri o no nell’ambito di applicazione dell’art. 198, paragrafo 2, della direttiva IVA», come affermato dalla Corte giust. in causa C-550/14, cit., punto 42, citata nella pronuncia, e che ai fini dell’applicazione dell’art. 17, quinto comma, d.P.R. n. 633 del 1972, è necessario e sufficiente «che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo e che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma medesima» (vedi Cass., Sez. 5, 6/4/2022, n. 11109). Ai fini del reverse charge, non rileva, dunque, che l’attività di trasformazione del materiale d’oro o del semilavorato sia eseguita direttamente dal cessionario dell’operazione, costituendo requisiti fondamentali per la sua applicazione sia la purezza del prodotto d’oro – quale condizione prioritaria emergente, con tutta evidenza, dalla nozione di “materiale d’oro” e di “prodotto semilavorato”, la quale si presta di per sé soltanto ad escludere dal proprio ambito i prodotti finiti e i prodotti che non siano mai stati oggetto di lavorazione o di trasformazione -, sia la non immediata destinazione al consumo del bene ceduto, in quanto deputato ad essere trasformato in un altro oggetto e a conoscere un nuovo ciclo economico (vedi Cass., Sez. 5, 6/4/2022, n.
11109), a differenza di quanto previsto per il diverso regime del margine ex art. 311 della Direttiva Iva, riferito, viceversa, a prodotti di occasione e, dunque, a beni suscettibili di reimpiego (Cass., Sez. 5, 06/05/2021, n. 11927).
Nella specie non emerge che il giudice di merito abbia verificato la sussistenza degli indicati presupposti necessari per la applicazione del reverse charge, essendosi limitato a circoscrivere la questione sottoposta al suo vaglio evidenziando come l’unico soggetto cessionario RAGIONE_SOCIALE fatture svolgesse attività di fonderia, in assenza di un specifico codice ATECO, pertanto l’attività era da considerarsi simile al commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi. Ne consegue l’accoglimento del ricorso, con rinvio della causa alla CGT2 della Calabria, in diversa composizione, la quale liquiderà altresì le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, che regolerà altresì le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma il 17 maggio 2024