Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1238 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21876/2016 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (ZZTFDN65D26B990H)
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 950/14/16 depositata il 22/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 950/14/16 del 22/02/2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) accoglieva l’appello
proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 228/01/14 della Commissione tributaria provinciale di Rieti (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, avverso un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2008.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento concerneva la mancata applicazione dell’aliquota IVA ordinaria sulla cessione di oggetti d’oro usati.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE evidenziando che: a) la CTP aveva erroneamente parificato la cessione di oggetti d’oro usati alla cessione di rottami in oro, così ritenendo applicabile la disciplina cd. del reverse charge ; b) tuttavia, perché poteva essere applicata la disciplina dell’art. 17, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 occorreva che «il cessionario un’azienda che esclusivamente l’attività di lavorazione di metalli preziosi, ovvero un’azienda di fabbricazione che attività di fusione del metallo prezioso al fine di immettere sul mercato nuovi oggetti d’oro con il proprio marchio di identificazione»; c) nel caso di specie, «le società cessionarie non esclusivamente l’attività di lavorazione industriale di metalli ferrosi né titolari di marchi propri nel periodo d’interesse»; d) inoltre, la contribuente aveva acquistato unicamente oggetti di oro usati e non anche rottami, «con conseguente impossibilità che nel periodo interessato ne avesse effettuato cessione».
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
AE si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale ai sensi dell’art. 370 primo comma, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 17, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente deciso la controversia sulla base di una risoluzione di AE e non sulla base della norma di diritto da applicare.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all’applicabilità del regime del reverse charge .
I motivi, che possono essere unitariamente considerati per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili.
2.1. È noto che ai sensi dell’art. 17, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, nella versione applicabile ratione temporis , «(…) per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’articolo 10, numero 11), nonché per le cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato».
2.2. Orbene, secondo l’orientamento di questa Corte, « il regime dell’inversione contabile previsto dall’art. 17, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, pone in capo al cessionario, anziché al cedente, l’obbligo di assolvere l’imposta, trova fondamento, secondo la disciplina unionale cui quella interna è conformata, nell’esigenza di prevenire il rischio di frodi fiscali, che è tanto maggiore quanto più elevato è il tenore dell’oro che forma oggetto della fornitura; pertanto, ai fini dell’applicabilità del predetto regime, in luogo di quello diverso del margine concernente il
commercio degli oggetti di occasione, è sufficiente che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo, che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma » (Cass. n. 11927 del 06/05/2021; conf. Cass. n. 11106 del 06/04/2022).
2.2.1. In buona sostanza, come chiarisce la motivazione di Cass. n. 11927 del 2021, cit., ciò che rileva ai fini dell’applicazione del regime del reverse charge è che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo e che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma; in caso contrario, si applica il diverso regime del margine.
2.3. Ciò posto, il primo motivo è inammissibile in quanto la ricorrente si limita a dolersi della violazione dell’art. 17, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, ma -indipendentemente dall’adesione o meno ad una risoluzione di AE non chiarisce in cosa consisterebbe detta violazione.
2.4. In ogni caso, il motivo è anche infondato, perché la CTR ha accertato che la ricorrente non ha provato che l’oro (indipendentemente dal fatto che si tratti di rottami o gioielli usati) sia stato ceduto a soggetti che hanno provveduto alla sua trasformazione.
2.5. Quanto al secondo motivo, lo stesso è inammissibile perché denuncia un vizio di motivazione insufficiente non più censurabile ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018)
In conclusione, il ricorso va rigettato.
3.1. Nulla per le spese non avendo AE svolto attività difensiva.
3.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto –
ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/10/2024.