Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3732 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3732 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1891/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALEintimati- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE n. 740/24/2015 depositata il 14/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ( hinc: CTR), con la sentenza n. 740/24/2015 depositata in data 14/07/2015, ha
accolto, limitatamente alle imposte dirette e all’IRAP, l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro le sentenze n. 200/2013, 201/2013 e 199/2013, con le quali la Commissione Tributaria Provinciale di Torino aveva accolto i ricorsi dei contribuenti, annullando gli avvisi di accertamento impugnati. Questi ultimi, in particolare, erano stati emessi in esito al processo verbale di contestazione della Guardia di Finanza -Nucleo di Polizia Tributaria di Torino che aveva rilevato l’uso, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalle ditte RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, COGNOME di COGNOME Luigi ed RAGIONE_SOCIALE
1.2. In particolare, l’Agenzia delle Entrate, in data 09/11/2010, aveva notificato alla RAGIONE_SOCIALE gli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2005 , 2006 e 2008 e, in pari data, alla RAGIONE_SOCIALE (società consolidante la RAGIONE_SOCIALE nel periodo d’imposta 2008) l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008. Venivano quindi eseguite le riprese di Euro 1.175.319 per IRES, Euro 157.277 per IRAP ed E uro 794.095 per IVA, per l’anno 2005; Euro 46.103 per IRES, Euro 1.907 per IRAP ed Euro 8.973,00 per IVA in relazione all’anno 2006; Euro 25.574 a titolo di IVA in relazione all’anno 2006, per il quale veniva altresì accertato un maggior reddito ai fini IRAP di Euro 127.869,22 con la conseguente rettifica del valore di produzione, da meno Euro 313.427 a meno Euro 185.558.
Concentrando l’esame della sentenza impugnata alle parti attinte dai motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate, occorre richiamare, in particolare, quanto statuito dal giudice di secondo grado in relazione al terzo motivo d’appello proposto dall’amministrazione finanziaria e, in particolare, al capo 2.3. della sentenza impugnata. In tale capo la CTR ha evidenziato che la
sentenza del giudice di prime cure doveva essere confermata, seppure con una diversa motivazione. Ad avviso della CTR le operazioni in esame rientravano , ai fini dell’IVA , nel regime di inversione contabile disciplinato dall’art. 74 d.P.R. n. 633 del 1972. L a contestazione dell’Agenzia delle Entrate posta a fondamento della pretesa impositiva, faceva leva sul l’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972, per concludere che, se i beni e i servizi acquistati non sono mai esistiti o l’operazione è da ricondurre ad altri so ggetti, la detrazione ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972 non poteva essere riconosciuta, in quanto fondata su un dato fittizio. In base al principio della rivalsa la detrazione è, infatti, possibile solamente se l’emittente della fattura sia debitore del tributo. In altre parole, in caso di operazioni inesistenti non si c oncretizza l’ordinario presupposto impositivo, né è possibile alcun pagamento a titolo di rivalsa, né vi è il diritto alla detrazione ex art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972, mancando i l presupposto, cioè l’acquisto di beni o servizi. Secondo la CTR, tuttavia, tale censura non coglie nel segno, dal momento che equipara le cessioni soggette all’ordinario regime tributario con quelle soggette allo speciale regime derogatorio costituito dal l’inversione contabile. Tale equiparazione non è condivisibile, dal momento che il reverse charge -in quanto previsto dalla normativa unionale -è obbligatorio: le operazioni effettuate dal fornitore sono geneticamente senza IVA, proprio perché dovuta dal cliente stesso, con il meccanismo dell’inversione contabile. Richiama quindi la giurisprudenza europea (CGUE, 13/12/1989, Genius, C-342/87; CGUE 19/09/200, RAGIONE_SOCIALE e Strobel, C-454/98). Di conseguenza, non essendo dovuta al fornitore l’imposta non c’è alcuna possibilità per il cessionario di detrarre il tributo assolto a monte. Non può, quindi, essere contestato al fornitore di aver d etratto un’imposta mai versata al fornitore.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
Le parti intimate non si sono costituite.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione degli artt. 19, 21, commi 2 e 7, 23 e 25 d.P.R. 26/10/1972, n. 633, nonché dell’art. 74, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La ricorrente -con riferimento al terzo motivo d’appello, esaminato nel capo 2.3. della sentenza impugnata – ha rilevato di aver denunciato, nel proprio atto d’appello, la violazione dell’art. 21, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972, considerato che, se i beni e i servizi acquistati non sono mai esistiti o l’operazione è da ricondurre ad altri soggetti, la detrazion e, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972, si fonda su un dato fittizio e non può esser riconosciuta. Nel caso di specie, la CTR -pur avendo richiamato a ll’art. 21, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972, precisato che la detrazione dell’imposta assolta a monte ex art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972 è possibile solo se l’emittente delle fatture è debitore del tributo e ha acquistato i beni o servizi nell’esercizio dell’impresa e ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse impiegato l’ordinaria diligenza dell’imprenditore medio nell’operazione di acquisto dei beni ferrosi – ha, tuttavia, ritenuto infondato il recupero da parte dell’amministrazione fina nziaria, evidenziando che l’atto impositivo « equipara le cessioni soggette all’ordinario regime tributario con quelle soggette allo speciale regime derogatorio (quale è appunto quello del reverse charge) e quindi che la indetraibilità dell’imposta sussista sia nel caso in cui l’imposta sia addebitata che in quello in cui non lo sia (per effetto dell’inversione contabile).»
1.2. La ricorrente, rilevato che la norma che autorizza lo speciale regime del cd. reverse charge è l’art. 74, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972 (di cui ha richiamato il contenuto), ha evidenziato che l’operatività di tale disposizione e il regime di inversione contabile è condizionato al possesso da parte del cessionario di una legittima fattura di cessione della merce acquistata, tale da provare con certezza l’esatta individuazione del materiale compravenduto (nella specie cascami e avanzi di metalli ferrosi) ai sensi dell’art. 21, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, l’esatta natura, qualità e quantità del materiale scambiato (art. 21, comma 2, lett. b), d.P.R. n. 633 del 1972), il preciso riferimento temporale in cui viene effettuata l’operazione (art. 21, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972). Soddisfatte tali condizioni il cessionario detiene un valido titolo per registrare la fattura di cessione nella contabilità relativa all’anno solare in cui ha effettuato l’operazione (art. d.P.R. n. 633 del 1972) e registrare la fattura di cessione nell’ap posito registro.
1.3. L’art. 74 d.P.R. n. 633 del 1972, nell’autorizzare il regime speciale di inversione contabile, richiede necessariamente l’esatta osservanza di quanto previsto nell’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972. La conseguenza è che la fattura soggettivamente inesistente, proprio perché mendace, non costituisce un titolo idoneo in relazione alle condizioni richieste negli artt. 21, comma 2, 23 e 25 d.P.R. n. 633 del 1972. La ricorrente ha, quindi, richiamato la giurisprudenza di questa Corte in materia di distinzione tra violazioni formali e violazioni meramente formali (Cass., 15/07/2015, n. 14767) e ha, poi, evidenziato come la stessa CTR avesse riconosciuto che la società contribuente fosse perfettamente consapevole delle falsità delle fatture di acquisto del materiale ferroso e, ciò nonostante, avesse registrato queste ultime, arrecando pregiudizio alle azioni di controllo. Tale fatto non può essere neutrale ai fini dell’applicazione
dell’art. 74 d.P.R. n. 633 del 1972 e dello speciale regime di inversione contabile rispetto a quello ordinario.
1.4. Anche la giurisprudenza unionale richiamata dalla CTR (sentenze 13/12/1989, Genius, C-342/87 e 19/09/200, RAGIONE_SOCIALE e Strobel, C454/98) afferma che, nell’ambito del regime di autoliquidazione, il principio di neutralità esige che la detrazione sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali siano stati omessi, salvo che si tratti di violazioni che impediscano di accertare il rispetto dei requisiti sostanziali. Nel caso in esame l’amministrazione fi nanziaria non disponeva, tuttavia, di informazioni che provassero l’esistenza dei requisiti sostanziali, dal momento che la fattura verificata in sede di controllo è risultata mendace non solo in relazione al soggetto cedente, ma anche in relazione alla quantità del materiale ceduto, circostanza che implica una violazione di carattere sostanziale.
1.5. Il motivo è fondato.
L’art. 74, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972 disciplina un regime speciale di inversione contabile relativo alla cessione di rottami, cascami e materiali ferrosi, prevedendo che « al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito dell’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti e con l’indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoli 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all’articolo 25. »
La sentenza impugnata -dando rilievo alle peculiarità di funzionamento del regime di inversione contabile -ha dato una lettura contrastante con il tenore letterale dell’art. 74, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972, che contiene un esplicito riferimento all’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972, con la conseguente necessità di verificare la presenza dei requisiti previsti nell’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972.
1.6. Non solo tale verifica risulta pretermessa da parte del giudice di seconde cure, ma occorre dare continuità ai precedenti di questa Corte (Cass., 31/01/2019, n. 2862 e Cass., 09/08/2016, n. 16679) che si sono occupati di fattispecie analoghe a quella che viene in rilievo nel presente giudizio. Secondo questa Corte (Cass., n. 2862 del 2019) nell’ipotesi disciplinata nell’art. 74, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972 la fattura è emessa dal cedente senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seg. d.P.R. n. 633 del 1972 e con l’indicazione di cui all’ottavo comma dell’art. 74 che si tratta di operazione con Iva non addebitata in via di rivalsa. La fattura è quindi integrata dal cessionario, che diviene soggetto passivo d’imposta, con l’indicazione dell’aliquota e della imposta stessa, per essere, poi, registrata nel registro delle vendite dal cessionario stesso, che in tal modo assolve l’obbligo di pagamento del tributo, detratto con la parallela annotazione nel registro degli acquisti. Inoltre, trattandosi di operazione imponibile il cedente conserva il diritto all’ordinaria detrazione dell’imposta relativa agli acquisti inerenti. Il punto centrale non è quindi tanto l’attuazione del regime di inversione contabile, quanto il carattere soggettivamente inesistente dell’operazione.
Come rilevato da questa Corte (Cass., n. 16679 del 2016): « nel caso di operazioni inesistenti in regime d’inversione contabile, il cessionario è l’effettivo soggetto d’imposta e l’IVA integrata a debito
sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta, in base al principio comunitario di cui all’art. 28-octies, anche quando si tratta di forniture inesistenti o diverse da quelle indicate in fattura. Ciò incide – per il combinato disposto degli artt. 21 co.7, art. 19 co.1 e 26 co.3 cit. – sul destinatario della fattura medesima che non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta mancando il suo presupposto, ovverosia la corrispondenza anche soggettiva dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata».
Di conseguenza: « il corrispondente tributo viene, in realtà, ad essere considerato “fuori conto”, e la relativa obbligazione, conseguentemente, “isolata” da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione (tra Iva “a valle” ed Iva “a monte”) che presiede alla detrazione d’imposta di cui all’art. 19 d.P.R. cit., neppure potendosi avvalere della procedura di rettifica ex art. 26 d.P.R. medesimo (v. Cass. n. 12995 del 09/06/2014; Cass. n. 6229 del 13/03/2013) » (Cass., n. 2862 del 2019).
Più recentemente, Cass. n. 23262 del 28/08/2024 (Rv. 671951 – 01) ha affermato che «In materia di operazioni inesistenti, l’assolvimento dell’IVA con il meccanismo del reverse charge dal cessionario, senza essere stata riportata dal cedente nel suo ammontare numerico in fattura, come derivante dal calcolo aritmetico operato con l’applicazione dell’aliquota alla base imponibile, comporta l’applicazione del c.d. principio di “cartolarità” di cui all’art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la semplice indicazione in fattura della debenza dell’IVA e della sua liquidazione – indicazione operata necessariamente dal cedente che emette il documento contabile, ai fini della rivalsa così come della detrazione, secondo la procedura del reverse charge che tocca al cessionario applicare nelle proprie scritture contabili – è elemento idoneo a
rendere il cedente/prestatore debitore del tributo e parimenti a mantenere la indetraibilità dell’iva così assolta per il cessionario/committente, che ha liquidato e detratto il tributo applicando il reverse charge».
La sentenza impugnata non è conforme ai principi della giurisprudenza della Corte, con la conseguenza che il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto.
Con il secondo motivo è stato denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
2.1. La ricorrente ha richiamato, anche in relazione a tale motivo, il capo 2.3. della sentenza impugnata, dove è stato rigettato il terzo motivo d’appello. Precisa che, nel caso di specie, la CTR si basa su ragioni diverse da quelle enunciate dal giudice di prime cure, con la conseguente ammissibi lità del motivo di ricorso fondato sull’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
2.2. L’Agenzia delle Entrate richiama quanto riportato a pag. 32 -33 dell’atto di appello, per poi evidenziare che la CTR, al fine di negare la legittimità del recupero dell’Agenzia, avrebbe dovuto verificare l’intervenuta prova della sussistenza dei presup posti per la detrazione e, in particolare, accertare la soggettiva inesistenza della fattura, ai sensi degli artt. 2697 c.c. e art. 74 d.P.R. n. 633 del 1972, i reali documenti e/o elementi di prova atti a dimostrare le condizioni di operatività del regime del cd. reverse charge .
2.4. Il motivo di ricorso è da considerare assorbito, in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo.
3.1. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte che, in
diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbito il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 17/01/2025.