Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3225 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3225 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
IRAP IRPEF ACCERTAMENTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13218/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv ocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania- sez. distaccata di Salerno – n. 10574/9/16, depositata il 24 novembre 2016; udita la relazione svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella pubblica udienza del 17 gennaio 2025; sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME titolare dell’omonima impresa edile individuale, impugnò vittoriosamente innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Avellino l’avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione un maggior reddito, ai fini Irap e Irpef per l’anno 2012, a seguito del rilievo di indebita deduzione di costi afferenti a operazioni inesistenti.
La pretesa erariale traeva origine, per quanto in questa sede ancora di interesse, dal rilievo del l’avvenuta emissione di fatture con il meccanismo del cd. reverse charge in difetto dei presupposti di cui all’art. 17, sesto comma , del d.P.R. n. 633/1972, avuto riguardo, in particolare, alla genericità delle prestazioni indicate nei documenti contabili.
Il successivo appello, proposto dall’Agenzia delle Entrate, venne respinto con la sentenza di cui in epigrafe.
I giudici regionali ritennero infondati i rilievi mossi dall’Ufficio all’applicazione del meccanismo del reverse charge , poiché le fatture in contestazione recavano un riferimento a ‘lavori eseguiti nei cantieri di Bologna, operazione non soggetta ad Iva ai sensi del comma 6, art. 17 D.P.R. 633/72’ .
Ciò consentiva di ricondurre le prestazioni a un rapporto di subappalto nell’ambito di attività edilizia, chiaramente soggetto all’applicazione della disciplina del reverse charge ; e del resto, nel corso delle verifiche di polizia tributaria prodromiche all’emissione dell’atto impositivo, non erano state formulate contestazioni inerenti all’asserita genericità delle prestazioni indicate in fattura.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’intimato non ha svolto difese in questa sede.
Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 17 e dell’art. 21 del D.P.R . 633/72 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. » , l’Amministrazione censura la pronunzia impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le fatture oggetto di rilievo consentissero l’applicazione del meccanismo del reverse charge .
La ricorrente, dopo aver premesso che tale meccanismo costituisce una deroga al principio generale secondo cui il versamento dell’Iva è posto a carico del soggetto passivo d’imposta, e non è dunque passibile di applicazione analogica, osserva che l’art. 1, comma 44, della l. n. 296/2006 lo ha esteso alle prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili.
Ciò posto, e richiamata la necessità che queste ultime prestazioni risultino in modo preciso e puntuale dalle fatture, evidenzia la genericità delle annotazioni riscontrate nel caso di
specie; critica, pertanto, la valutazione di adeguatezza operata dai giudici d’appello , in presenza di documenti inidonei a consentire l’individuazione delle caratteristiche delle prestazioni.
Il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma primo, num. 5), cod. proc. civ., ha ad oggetto la sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito valore al fatto che la Guardia di Finanza, in sede di verifica, non aveva rilevato alcun ché in punto all’asserita genericità delle fatture; l’Amministrazione osserva, in proposito, che nel p.v.c. dal quale trae origine l’atto impositivo era indicata come «preferibile» la «specificazione da parte dell’impresa fornitrice della sussistenza di en trambe le condizioni» per l’applicazione del meccanismo, ovvero la natura della prestazione (rientrante nel settore edilizio) e la prevalenza della manodopera.
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare tale annotazione, dalla quale invece emergeva con chiarezza una contestazione di genericità delle fatture.
Il primo motivo è fondato, restando in tale statuizione assorbito lo scrutinio del secondo.
3.1. Per orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 18208/2021; Cass. n. 29290/2018; Cass. n. 21980/2015; Cass. n. 21446/2014), riferito tanto agli accertamenti in materia di Iva quanto a quelli in materia di imposte dirette, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell ‘ impresa solo se è redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall’art. 21 del d .P.R. n. 633/1972 ed è idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate.
In particolare, la seconda delle decisioni richiamate ha osservato che, ai fini della detrazione Iva, le fatture per prestazioni di servizi -fra le quali rientrano pacificamente le obbligazioni dedotte in un rapporto di subappalto, rilevante nel caso di specie -devono contenere «l’indicazione dell’entità e della natura degli stessi, nonché la specificazione della data nella quale sono stati effettuati o ultimati, come previsto dall’art. 226, punti 6 e 7, della direttiva 2006/112/CE».
È inoltre noto, sempre in quanto ripetutamente affermato dalla stessa giurisprudenza, che spetta al contribuente, il quale invochi il proprio diritto a dedurre costi o detrarre l’Iva, la prova dell ‘ inerenza del bene o del servizio acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o del servizio all ‘ esercizio dell ‘ attività medesima (Cass. n. 2224/2021; Cass. n. 32280/2018; Cass. n. 14858/2018; Cass. n. 13300/2017).
3.2. Con particolare riferimento all’Iva, la Corte di giustizia (cfr. sent. 15 settembre 2016, causa C-516/14, RAGIONE_SOCIALE c. RAGIONE_SOCIALE Aduaneira), seguita dalla giurisprudenza interna (v. ad es. Cass. 29290/2018), nell’ esaminare le condizioni formali di esercizio del diritto di detrazione dell’imposta, ha considerato che la normativa unionale prescrive come obbligatoria l’ indicazione dell ‘ entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, punto 6 della direttiva n. 2006/112, di contenuto analogo all’omologa norma della sesta direttiva), nonché (punto 7) la specificazione della data in cui la prestazione di servizi è effettuata o ultimata; ciò al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’ imposta dovuta e, di conseguenza, la sussistenza del diritto alla detrazione.
Pertanto, il contribuente che chiede la detrazione dell ‘ Iva ha l’ onere di dimostrare che sono state soddisfatte le relative condizioni e, di conseguenza, anche di fornire elementi integrativi rispetto alle fatture che l ‘Ufficio ritenga necessari ai fini della valutazione della richiesta.
Infine, le condizioni così descritte per l’operatività dei meccanismi di detrazione valgono, naturalmente, anche nel caso in cui il contribuente assuma che le prestazioni siano assoggettate al reverse charge ; a tale proposito, questa Corte ha del resto costantemente affermato che l’applicazione di tale meccanismo esige che il contribuente documenti in modo adeguato la prestazione mediante la fattura (onde consentire la verifica della connessione funzionale tra il costo sostenuto e la specifica attività svolta ) e dimostri l’inerenza della prestazione (così, fra le numerose altre, Cass. n. 18730/2024).
3.3. A tali principii non si è attenuta la sentenza impugnata che, nel valutare l’idoneità delle fatture oggetto di verifica a supportare il meccanismo contabile invocato dal contribuente, si è limitata alla disamina di dati che non consentivano di individuare l ‘ entità e la natura dei lavori, né la data in cui gli stessi erano stati effettuati o ultimati; e ciò quantunque, lo si ribadisce, le prestazioni afferissero a un rapporto di subappalto, caratterizzato dall’emissione di fatture per prestazione di ser vizi.
Detta sentenza va pertanto cassata con rinvio al giudice a quo , il quale provvederà al riesame della vicenda alla luce del seguente principio di diritto: «Ai fini della detrazione dell’Iva , ovvero dell’applicazione del meccanismo del cd. reverse charge , le fatture per prestazioni di servizi, tra le quali rientrano le prestazioni dedotte in un contratto di subappalto, devono contenere
l’indicazione dell’entità e della natura degli stessi, nonché la specificazione della data nella quale sono stati effettuati o ultimati; pertanto, il contribuente che chiede la detrazione dell’Iva ha l’ onere di dimostrare che sono state soddisfatte le relative condizioni e l’inerenza della prestazioni alla propria attività d’impresa, ed ove l’Amministrazione ritenga necessari ulteriori elementi ai fini della valutazione della richiesta, di fornire anche tali elementi».
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il restante, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania- sez. distaccata di Salerno, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.