Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21323 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21323 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6196/2016 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio, quali obbligati in solido, e in qualità di legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME E COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dal l’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 4411/2015, depositata il 12 ottobre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso notificato il 17 ottobre 2012, i ricorrenti impugnavano, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle entrate Direzione provinciale di Bergamo n. T9F02B201779 per l’anno 2007 e n. T9F0B201783 per l’anno 2008 , con cui era stata accertata una maggiore imposta IVA da versare per errata applicazione della normativa sull’inversione contabile ex art. 17, comma 6, d.P.R. 633/1972.
Si costituiva l’ Agenzia delle entrate chiedendo il rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 123 del 7 giugno 2013, la Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso e annullava le sole sanzioni.
-I contribuenti , e l’Ufficio in via incidentale, ricorrevano alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che, con sentenza n. 4411/2015, depositata il 12 ottobre 2015 , respingeva l’appello principale e accoglieva l’appello incidentale dell’Ufficio .
-I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’ Agenzia delle entrate si è limitata a depositare memoria al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Va in ordine logico esaminato preliminarmente il sesto motivo, col quale si invoca la violazione e/o falsa applicazione di legge, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. con riferimento all’art. 12 , comma 7, l. n. 212/2000 sul mancato contraddittorio. Nel provvedimento di diniego notificato al contribuente, in risposta all’accertamento con adesione presentato da quest’ultimo in data 14 agosto 2010, si argomenta, l’Agenzia ha ritenuto di dover trattare l’atto deflattivo in via di autotutela, in palese violazione dell’art. 12 , comma 7, l. 212/2000, che impone, a pena di nullità dell’avviso di accertamento, all ‘Amministrazione l’adeguata valutazione delle deduzioni difensive del contribuente; al contrario, nel provvedimento richiamato, l’Ag enzia non considera neppure le motivazioni a difesa del contribuente, dichiarando espressamente di non tenerle nemmeno in considerazione, di non considerare l’istanza quale accertamento con adesione ma, indipendentemente dal nomen iuris , quale atto di autotutela, negando di fatto il diritto al contraddittorio; tale rigido comportamento dell’Agenzia delle entrate sarebbe in contrasto con lo spirito di collaborazione tra ‘Contribuente e Fisco’ voluto con l’approvazione della legge sullo statuto del contribue nte e successivamente con la creazione dei vari istituti deflattivi del contenzioso tributario, come l’accertamento con adesione, la conciliazione, il reclamo e la mediazione. La mancata ottemperanza da parte dell’Agenzia delle Entrate di dette norme non può che essere sanzionata con l’annullamento dell’avviso di accertamento.
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla
diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente (Cass. n. 24793/2020).
Ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati” l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass. n. 13851/2025; Cass. n. 20436/2021).
Nel caso di specie, per un verso neanche si deduce che ricorrono i presupposti di applicazione dell’art. 12, comma 7, l. 212/00 (ossia accessi, ispezioni o verifiche nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali) e per l’altro nel motivo difetta ogni deduzione ai profili indicati da questa Corte per il vaglio della censura.
Inoltre, quanto al profilo concernente l’accertamento per adesione, va ribadito che si tratta di istituto che persegue intenti totalmente diversi, essenzialmente collegati ad esigenze di natura deflattiva del contenzioso, per di più correlate ad istanze che muovono o dal contribuente – art. 6 del d.lgs. n.218/97 – o dalla stessa Amministrazione – art. 4 del d.lgs. n. 218/97. Ciò che rende incompatibile detto istituto con le finalità perseguite dal riconoscimento del diritto al contraddittorio endoprocedimentale nel modo che esso è stato fin qui declinato dal diritto vivente (Cass. n. 23729/22, sub § 3.2; Cass. n. 37225/22).
2 -Proseguendo nell’ordine logico delle questioni, va esaminato il secondo motivo, col quale si deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in merito alla corretta applicazione dell’inversione contabile di cui all’art. 17 , comma 5, d.P.R. 633/72. Al riguardo, si evidenzia che l ‘art. 17 , comma 6, d.P.R. 633/72, nelle sue numerose modifiche, non fa alcun cenno all’impiego di materiali da consumo come limite all’applicazione dell’inversione contabile, ma individua tale limite nel negozio giuridico che le imprese mettono in atto col loro comportamento, e pi ù precisamente tra ‘fornitura’ e ‘prestazione di se r vizi’. Osservando più attentamente, l’Agenzia avrebbe riscontrato che l’attività svolta dell’impresa è quella di artigiano installatore di impianti idraulici (e non rivenditore di detti materiali), il cui codice di attività (45.33.0) è inserito nella lettera F (Costruzioni) della tabella ATECOFIN 2004; pertanto, rientrante tra quelle soggette all’applicazione dell’inversione contabile prevista dall’art. 17 , comma 6, d.P.R. 633/72. Inoltre, la risoluzione 154 del 5 luglio 2007 individua i lavori di installazione e manutenzione idraulici e sanitari eseguiti in regime di sub-appalto, tra le prestazioni di servizi rientranti nel regime di ‘reverse charge’, così come confermato dalla risoluzione 172 del 13.7.2007. Si evidenzia, inoltre, che il numero elevato di voci indicato nelle fatture, consiste nel fatto che, essendo materiale da consumo, lo stesso è costituito per la maggior parte da pezzi di piccole dimensioni o di valore esiguo necessari per l’esecuzione a regola d’arte delle prestazioni. Con la risoluzione 220/E del 10 Agosto 2007 l’Agenzia entrate ha precisato che se il ‘programma negoziale’ ha come scopo principale quello di giungere ad un risultato ‘diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale
impiegato. Risulta pertanto decisivo stabilire l’oggetto del contratto che, nel caso di specie, è quello di affidare alla società la realizzazione di un’opera complessa consistente nell’installazione di impianto idraulicosanitario diretta a realizzare un risultato ‘diverso e nuovo’ e resa sulla base di un contratto di sub -appalto. Da una attenta lettura delle fatture prese in esame dall’Agenzia delle entrate si evince che trattasi esclusivamente di beni di consumo, come tubi, raccordi, valvole, rubinetti, cassette a incasso, collettori per caloriferi, vaso/bidet, miscelatori, placche ecc., beni che per la loro natura accessoria, non potrebbero mai essere forniti dai contribuenti a committenti imprese edili, senza la relativa prestazione di manodopera; sarebbe, pertanto, evidente che per la realizzazione dell’impianto idraulico -sanita rio, obbligazione di ‘fare’, i contribuenti abbiano indispensabilmente raggiunto un risultato ‘diverso e nuovo’ rispetto al materiale impiegato, pertanto, come individuato dalla risoluzione 220/E citata, rientrante nell’applicazione dell’art. 17, comma 6, d.P.R. n. 633/72.
2.1. -Il motivo è fondato.
In tema di IVA, il meccanismo del cd. “reverse charge” interno, previsto, tra l’altro, dall’art. 17, comma 6, d.P.R. n. 633 del 1972 per le prestazioni di servizi del settore edilizio, è volto a contrastare le possibili frodi dovute al mancato versamento dell’imposta da parte delle imprese edili, dopo che queste ne abbiano addebitato l’importo ai committenti; pertanto, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti l’esistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per l’assolvimento dell’IVA mediante il regime dell’inversione contabile, spetta al contribuente fornire elementi idonei a dimostrarne la sussistenza e la natura delle operazioni, in conformità al principio di vicinanza della prova (Cass. n. 14999/2020).
Per codice ATECO si intende una combinazione alfanumerica (adottata dall’Istituto Nazionale di Statistica italiano , ISTAT, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, con le Camere di Commercio e con gli altri enti che gestiscono le fonti amministrative sulle imprese) che individua un’attività economica (AtEco , attività economiche) al fine di dare loro una classificazione univoca, valida non solo ai fini statistici ma anche a quelli fini fiscali. Tale classificazione costituisce la versione nazionale della classificazione definita in ambito europeo e approvata con Regolamento (CE) n. 29/2002 della Commissione, del 19 dicembre 2001, che modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee.
La tabella ATECO viene utilizzata per desumere il codice di attività economica da indicare in atti e dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate e in ogni altro adempimento, ove richiesto.
Nel caso di specie, la tabella dei codici di classificazione delle attività economiche, denominata ATECOFIN 2004 è stata approvata con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 dicembre 2003 (approvazione della classificazione delle attività economiche da utilizzare in tutti gli adempimenti posti in essere con l’Agenzia delle entrate, G.U. Serie Generale n. 301 del 30 dicembre 2003). Essa sostituisce la tabella dei codici delle attività economiche, approvata con decreto del 9 dicembre 1991 e modificata con decreto del 12 dicembre 1992, in vigore fino al 31 dicembre 2003.
L’ installazione di impianti idraulico-sanitari corrisponde al codice 45.33.0, sezione F Costruzioni, della tabella di classificazione delle attività economiche ‘ATECOFIN 2004′ . Nel suo ambito, come da tabella esplicativa, rientrano l’ installazione, in edifici o in altre opere di costruzione, di: impianti idraulico-sanitari, raccordi per il gas,
impianti e condotti di riscaldamento, ventilazione, refrigerazione o condizionamento dell’aria, collettori di energia solare non elettrici, sistemi di spegnimento antincendio (sprinkler). Si tratta di attività nel cui ambito può essere ricondotta quella svolta dal contribuente e il codice indicato rientra nello spettro applicativo del reverse charge , di cui all’art. 17, comma 6, d.P.R. n. 633 del 1972 (v., peraltro, Cass. n. 22109/21 e Cass. n. 22320/21, secondo cui in relazione alle prestazioni dipendenti da appalti e subappalti il codice di attività non è decisivo ai fini dell’applicazione del reverse charge , rilevando l’ attività effettivamente svolta che, se è riconducibile nella sostanza ad un codice ATECO, rende comunque applicabile il regime dell’inversione contabile).
Ad ogni modo, alla luce della documentazione prodotta, il rilievo delle fatture dovrà essere riesaminato in sede di merito.
-L’accoglimento del secondo motivo determina assorbimento dei restanti (con il primo motivo di ricorso si deduce l’inosservanza del principio della parità delle parti: violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c., mancata applicazione del comma 2 dell’art. 7 del d.lgs. 546/1992 . Con il terzo motivo di ricorso si prospetta l’errato addebito dell’imposta IVA: violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento al disposto di cui al R.M. 56/E/2009. Con il quarto motivo si invoca lo ius superveniens in tema di sanzioni e si denuncia la violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento al d.lgs. 472/1997 e d.lgs. 158/2015. Con il quinto motivo si invoca l’inapplicabilità delle sanzioni in tema di mancato ‘danno all’Erario’ con violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento allo Statuto del contribuente).
-In conclusione, il ricorso va accolto in relazione al secondo motivo, rigettato il sesto, assorbiti i restanti, con rinvio, anche per
la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il sesto, assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione