Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25470 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Iva 2006
Operazioni
soggettivamente
inesistenti nel settore del commercio all’ingrosso di metalli ferrosi e non ferrosi- regime del reverse charge
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25470 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 23897 del ruolo generale dell’anno 20 15, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo difensore in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE, n. 745/66/2015, depositata in data 3 marzo 2015.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 137/12/2012 della Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dal contribuente, titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio – previo p.v.c. della G.d.F.- Tenenza di Manerbio, su segnalazione del RAGIONE_SOCIALE Polizia tributaria di RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di indagini penali nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE per il reato di emissione di fatture false a fronte di operazioni inesistenti -aveva contestato, per l’anno 2006, l’indebita deduzione di costi ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e detrazione di Iva in relazione ad otto fatture per l’importo di euro 136.729,60 emesse da RAGIONE_SOCIALE, operante come c.d. RAGIONE_SOCIALE, afferenti ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti nel settore del commercio all’ingrosso di metalli ferrosi e non ferrosi in regime di reverse charge .
2.Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 19, 21 e 74 del d.P.R. n. 633/72, della Direttiva comunitaria in materia di Iva e del disposto degli artt. 10 e 23 Cost. per avere ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 21, comma 7, del
d.P.R. n. 633/72 – con effetti riverberati anche sul contribuente destinatario della asserita falsa fatturazione – in ipotesi in cui trovava applicazione il regime dell’inversione contabile e, in particolare, la procedura di annotazione era stata dallo stesso correttamente eseguita, sebbene nel regime di reverse charge , strutturato al fine di evitare le frodi in materia Iva, non avvenisse alcun pagamento di Iva tra venditore e acquirente, pur potendo quest’ultimo, per effetto del rispetto della procedura della doppia imposizione, detrarre l’ammontare dell’imposta da lui integrata, in modo da non dovere alcun importo all’Ammin istrazione. Al riguardo, ad avviso del ricorrente, la CTR, nel negare il diritto alla detrazione Iva, pur avendo il contribuente correttamente registrato le fatture in ossequio alla disciplina del reverse charge , avrebbe violato le disposizioni nazionali e comunitarie in tema di neutralità dell’Iva, essendone conseguito un ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione la quale non aveva subito alcun danno.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c. (in relazione all’assunta violazione degli artt. 1,19,21 e 74 del d.P.R. n. 633/72, della Direttiva comunitaria in materia di Iva e del disposto degli artt. 10 e 23 Cost.) avere la CTR, con una motivazione apparente, affermato l’ applicabilità, anche in ipotesi di operazioni soggette alla disciplina dell’inversione contabile, del l’art. 21, comma 7 del d.P.R. n. 633/72, senza indicare le ragioni sottese a tale statuizione, una volta accertata la corretta e puntuale applicazione della disciplina del reverse charge da parte del contribuente.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 74 del d.P.R. n. 633/72, 115 e 116 c.p.c. e del disposto di cui agli artt.2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la CTR confermato la legittimità della ripresa ai fini Iva, aderendo alla tesi dell’Ufficio circa la indetraibilità dell’imposta in relazione alle fatture soggettivamente fittizie emesse dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (amministrata di fatto dal sig. NOME NOME COGNOME), in regime di reverse charge , non avendo il contribuente assolto
all’onere della prova a contrario circa la sua buona fede e la estraneità alla contestata condotta fraudolenta; con ciò, ad avviso del ricorrente, il giudice di appello avrebbe applicato erroneamente i criteri di formazione della prova presuntiva, atteso che la regolare registrazione RAGIONE_SOCIALE fatture in regime di inversione contabile- riscontrata dalla stessa Amministrazione in sede di verificaera idonea di per sé ad escludere l’esistenza di un debito tributario ai fini Iva nonché a dimostrare la buona fede del contribuente- cessionario.
Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c. (in relazione all’assunta violazione degli artt. 74 del d.P.R. n. 633/72, 115 e 116 c.p.c. e del disposto di cui agli artt.2697, 2727 e 2729 c.c.) per avere la CTR, con una motivazione apparente, ritenuto non provata dal contribuente, attraverso l’esibizione dei mezzi di pagamento, la sua buona fede e, dunque, la mancata compartecipazione al presunto schema fraudolento posto in essere dalla cedente, anche nell’ipotesi in cui vi fosse stata – come nella specie- la corretta registrazione RAGIONE_SOCIALE fatture di acquisto in regime di reverse charge .
5.I motivi secondo e quarto -da trattare, in via logicamente prioritaria, congiuntamente per connessione denunciando entrambi il vizio di motivazione apparente – sono infondati.
5.1.Premesso che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758, Sez. 5, Ordinanza n. 6044 del 2024), nella sentenza impugnata, la CTR confermando la decisione di primo grado che, nell’accogliere parzialmente il ricorso, aveva riconosciuto la detraibilità dei costi ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, negando la detraibilità dell’Iva -ha osservato che: 1) in base alle risultanze del
p.v.c. della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, amministrata di fatto dal sig. NOME COGNOME, aveva emesso nei confronti del contribuente, titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE in capo al quale, per effetto dell’inversione contabile, si riverberavano gli effetti del l’art. 21, comma 7, del d.P.R. n. 633/72 – otto fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, rientranti nel regime di reverse charge , di cessione di rottami ferrosi, acquistati ‘in nero’ da diversi fornitori, procacciatori dello stesso COGNOME, che risultava essere il soggetto di riferimento degli autotrasportatori impartendo loro direttive per la movimentazione dei carichi di rottame accompagnata dalla compilazione di DDT strumentali alla falsa fatturazione, con redazione di documentazione bancaria a copertura RAGIONE_SOCIALE transazioni e ‘ ritorno RAGIONE_SOCIALE somme movimentate nella disponibilità di COGNOME NOME per la ripartizione e la restituzione’ ; 2) la natura di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE era risultata oltre che dai suddetti rilievi dall’assenza di una struttura, di responsabili operativi, di mezzi di trasporto, di utenze di energia elettrica ed idrica nella sede aziendale indicata; 3) anche le intercettazioni telefoniche, debitamente autorizzate, erano state utilizzate a sup porto dell’avviso, quali validi indizi probanti e fondamento di presunzioni gravi, precise e concordanti dell’indebita detrazione di fatture; 4) a fronte della contestata conoscibilità – in base agli emersi elementi indiziari- da parte del contribuente della fittizietà soggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE, lo stesso non aveva assolto all’onere di provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate limitandosi alla produzione di documentazione formale (mezzi di pagamento) e, dunque, non aveva dimostrato la propria buona fede, ossia di avere agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto in rapporto alla sua attività. Risulta evidente che la CTR abbia ritenuto l’IVA non detraibile, atteso che – ancorché risultasse la corretta registrazione nelle scritture contabili RAGIONE_SOCIALE fatture in regime di reverse charge – mancava la corrispondenza dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata. La decisione impugnata assolve, quindi, in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la
violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, idonea a evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
6.I motivi primo e terzo – da esaminare congiuntamente per la connessione che li avvince sotto il profilo della critica rivolta alle erronee valutazioni operate dal giudice d’appello sulla identificazione dei presupposti di indetraibilità dell’Iva nelle ipotesi di accertamento di operazioni soggettivamente inesistenti allorquando venga correttamente rispettato il regime applicabile di inversione contabile- sono, in parte, inammissibili, in parte, infondati.
6.1.Deve premettersi che il caso di specie ha riguardo alla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti nell’ambito di una frode carosello attuata nel commercio di materiale ferroso, nella quale -secondo la prospettazione dell’Amministrazione finanziaria- si riteneva coinvolto l’odierno ricorrente, per aver acquistato in regime di inversione contabile rottami ferrosi da RAGIONE_SOCIALE, ritenuta società RAGIONE_SOCIALE.
6.2.Quanto alla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno in una frode carosello, questa Corte ha affermato che in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a tale tipo di operazioni, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza nel destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta , della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, sul contribuente, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, grava la prova contraria di avere adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la
mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi» (Cass., 20 aprile 2018, n. 9851; 30 ottobre 2018, n. 27566; 20 luglio 2020, n. 15369). Peraltro, con riguardo al regime del reverse charge o inversione contabile, si è affermato che, in applicazione dei principi di diritto enunciati dalla Corte di giustizia della UE, il diritto di detrazione dell ‘ imposta relativa ad un ‘ operazione di cessione di beni non può essere riconosciuto al cessionario che, sulla fattura emessa per tale operazione in applicazione del suddetto regime, abbia indicato un fornitore fittizio allorquando, alternativamente, il medesimo cessionario: a) abbia egli stesso commesso un’evasione dell’IVA ovvero sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto di detrazione s’iscriveva in una simile evasione; b) sia semplicemente consapevole della indicazione in fattura di un fornitore fittizio e non abbia fornito la prova che il vero fornitore sia un soggetto passivo IVA. È stato nello specifico chiarito che « 2.8. una recente ordinanza di questa stessa sezione (Cass. n. 1703 del 20/01/2022) rimettendo alle Sezioni Unite la questione volta a verificare l’applicabilità della normativa sanzionatoria sopravvenuta introdotta dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, che ha novellato l’art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 – ha fatto il punto sulla detraibilítà dell’IVA in caso di operazioni soggettivamente inesistenti in regime d’inversione contabile ( reverse charge ), intervenendo proprio in tema di disciplina nazionale per il commercio dei rottami ferrosi, qui in rilievo; 2.8.1. come si legge nell’ordinanza menzionata, nel caso di reverse charge, la fattura è emessa dal cedente senza addebito d’imposta, con l’osservanza RAGIONE_SOCIALE disposizioni stabilite dagli artt. 21 ss. del d.P.R. n. 633 del 1972 e con l’indicazione, prevista dall’art. 74, ottavo comma, del medesimo decreto, che si tratta di operazione con IVA non addebitata in via di rivalsa; 2.8.2. la fattura è quindi integrata, con la specificazione dell’aliquota e dell’imposta, dal cessionario, soggetto passivo dell’imposta, che la registra nel proprio registro RAGIONE_SOCIALE vendite, in tal modo assolvendo l’obbligo di pagamento del tributo, successivamente detratto con la parallela annotazione nel registro degli acquisti ; 2.9. la Corte di giustizia (CGUE 11 novembre 2021, in causa C-281/20, Ferimet SL), che si è di recente occupata per la prima volta della disciplina del reverse
charge in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, ha stabilito che la direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28/11/2006 (direttiva IVA), letta in combinazione con il principio di neutralità fiscale, dev’essere interpretata nel senso che a un soggetto passivo va negato l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di beni che gli sono stati ceduti, qualora tale soggetto passivo abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura che egli stesso ha emesso per tale operazione nell’ambito dell’applicazione del regime dell’inversione contabile, se, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto e degli elementi forniti da tale soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva la qualità di soggetto passivo o se è sufficientemente dimostrato che tale soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in una simile evasione ; 2.9.1. è stato, altresì, evidenziato che, sebbene non sia in contrasto con il diritto della UE esigere che un operatore agisca in buona fede, non è necessario dimostrarne la malafede per negargli il diritto di detrazione (CGUE in causa 281/20, cit., punto 58; conf., CGUE 14 aprile 2021, in causa C108/20, Finanzamt RAGIONE_SOCIALE, punti 30 e 31), 2.9.2. anzi, il fatto che il soggetto passivo che ha emesso la fattura vi abbia consapevolmente menzionato un fornitore fittizio «è un elemento rilevante tale da indicare che il soggetto passivo in questione era cosciente di partecipare a una cessione di beni che si iscriveva in un’evasione dell’IVA» (CGUE in causa C-281/20, cit., punto 53); 2.9.3. del resto, sul piano generale, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA va negato se mancano i dati necessari per verificare che il fornitore del soggetto che lo invoca abbia la qualità di soggetto passivo (CGUE 9 dicembre 2021, in causa C-154/20, RAGIONE_SOCIALE, punto 41); 2.9.4. in piena coerenza con quanto affermato dalla Corte di giustizia, l’orientamento consolidato della RAGIONE_SOCIALE.C. è nel senso che l’IVA non è detraibile, ancorché risulti l’apparente osservanza dei requisiti formali, ove manchi la corrispondenza dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata; e ciò anche nel caso di applicazione del regime dell’inversione contabile (Cass. n. 16679 del
09/08/2016; Cass. n. 2862 del 31/01/2019; Cass. n. 3599 del 13/02/2020; Cass. n. 14853 del 13/07/2020; Cass. n. 16367 del 30/07/2020; Cass. n. 21677 del 08/10/2020; Cass. n. 9394 del 09/04/2021); 2.10. tale assenza di coincidenza tra requisiti formali (regolarità della fattura, nella quale il cedente è apparentemente un soggetto passivo IVA) e requisiti sostanziali (mancata corrispondenza tra l’effettivo fornitore, che potrebbe non essere un soggetto passivo IVA, e il cedente indicato in fattura) si verifica in maniera evidente nel caso in esame, in cui, come emerge dalla sentenza impugnata, la contribuente ha emesso auto fatture ai fini della detrazione dell’IVA, indicando consapevolmente nelle stesse un soggetto passivo del quale ben conosceva la fittizietà, in ragione dei molteplici elementi indiziari sopra riferiti al § 2.3, e senza che vi siano elementi per individuare il vero fornitore ed affermare che lo stesso sia un soggetto IVA; 2.10.1. in un’ipotesi siffatta, pertanto, non rileva tanto la (più generale) conoscenza della frode IVA ovvero la partecipazione o conoscenza di tale disegno criminoso da parte di RAGIONE_SOCIALE, essendo, invece, rilevante la conoscenza, da parte della società contribuente, della inesistenza del soggetto passivo (fornitore) indicato in fattura e la mancanza di elementi idonei ad individuare l’effettivo fornitore quale soggetto passivo IVA» (Cass., n. 4250/2022 cit.; v. anche Sez. 5, Ordinanza n. 27920 del 2022).
6.3.Ciò chiarito, con riguardo alle modalità di utilizzo e valorizzazione RAGIONE_SOCIALE prove indiziarie, di cui il ricorso denuncia sostanzialmente un malgoverno, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 cod. civ. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluto al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, nel violare i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (Cass., 26 gennaio 2007, n. 1715; 5 maggio 2017, n. 10973; 15 novembre 2021, n. 34248; cfr. anche, 13 ottobre 2005, n.
19984). Peraltro, ai fini dell’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva, che, anche sola, è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti accertati dalla amministrazione (Cass., 8 aprile 2009, n. 8484; 15 gennaio 2014, n. 656; 26 settembre 2018, n. 23153; 28 aprile 2021, n. 11162), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova. La giurisprudenza di legittimità ha peraltro tracciato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento ( ex multis , cfr. Cass., 16 maggio 2017, n. 12002; 12 aprile 2018, n. 9059; 25 ottobre 2019, n. 27410). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
6.4. Ebbene, posto quanto sopra, occorre verificare se, soprattutto alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia UE, che da ultimo ha ricostruito i presupposti della indetraibilità dell’Iva in operazioni soggettivamente inesistenti quando afferenti ad operazioni compiute in regime di inversione contabile, la sentenza ora al vaglio del collegio sì sia discostata dai principi enunciati.
Nella specie, la CTR, nel fare buon governo dei principi di diritto sopra enunciati, ha ritenuto l’applicabilità dell’art. 21, comma 7, del d.P.R. n. 633/72 – con effetti riverberati , per effetto dell’inversione contabile, anche sul destinatario della falsa fatturazione e l’indetraibilità dell’Iva da parte di COGNOME NOME, titolare della ditta individuale, in quanto -facendo corretta applicazione dei criteri di
formazione della prova presuntiva e con un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità -il contribuente – benché formalmente rispettoso della disciplina del reverse charge – aveva registrato, ai fini della detrazione Iva, fatture di acquisto recanti l’indicazione di un fornitore (RAGIONE_SOCIALE) del quale avrebbe dovuto conoscere la fittizietà in ragione dei molteplici dagli elementi indiziari, stimati gravi, precisi e concordanti, emersi in sede di p.v.c. (fatturazione di merce acquistata ‘ in nero ‘ da diversi fornitori, procacciatori dello stesso COGNOME, amministratore di fatto della società fittiziamente cedente RAGIONE_SOCIALE; gestione da parte del COGNOME RAGIONE_SOCIALE consegne RAGIONE_SOCIALE merci fatturate, accompagnate da falsa documentazione e dalla compilazione di DDT strumentali; redazione di documentazione bancaria a copertura RAGIONE_SOCIALE transazioni con conseguente ‘ ritorno RAGIONE_SOCIALE somme movimentate nella disponibilità di COGNOME NOME per la ripa rtizione e la restituzione’ ; natura di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE risultata anche dall’assenza di struttura, di responsabili operativi, di mezzi di trasporto, di utenze di energia elettrica ed idrica nella sede aziendale indicata; intercettazioni telefoniche, debitamente autorizzate). Peraltro, a fronte della emersa conoscibilità da parte del contribuente – usando la diligenza qualificata richiesta per la sua attività – del carattere fittizio del fornitore indicato nelle fatture, lo stesso risultava – sempre in base ad un accertamento di merito insindacabile in questa sede – non avere dimostrato, con la sola esibizione di mezzi di pagamento, la effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate e, dunque, la sua buona fede; pertanto, il giudice di appello, ha correttamente ritenuto l’IVA non detraibile, atteso che – ancorché risultasse la corretta registrazione nelle scritture contabili RAGIONE_SOCIALE fatture in regime di reverse charge (v. anche avviso di accertamento riprodotto in ricorso pag. 2 e segg.)mancava la corrispondenza dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata.
7.In conclusione, il ricorso va rigettato.
8.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2024