Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24380 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24380 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28815/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 11602/2016 depositata il 20/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi illustrati con successiva memoria, avverso la sentenza della CTR Campania n. 11602/31/2016 che, in controversia su impugnazione di avviso di rettifica e liquidazione per imposta di registro in relazione alla rideterminazione del valore venale di due unità immobiliari site nel comune di Casamiccola Terme, ha accolto l’appello proposto dell’ufficio, confermando l’avviso impugnato.
La CTR, con tale pronunzia, ha riformato la decisione di primo grado, sul presupposto che l’amministrazione finanziaria aveva proceduto alla corretta valutazione dei cespiti in forza di una stima tecnica basata una compiuta analisi di mercato.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le società ricorrenti deducono, ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 342 c.p.c. per avere i giudici di appello omesso di valutare la fondatezza del secondo motivo del ricorso in primo grado in forza del quale era stata eccepita la violazione del divieto di rettifica del valore dichiarato ai sensi dell’art. 52 d.P.R. 131/1986.
Con il secondo motivo lamentano, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’ art. 13 d.lgs. 347/1990 nonché degli artt. 51 e 52 d.P.R. 131/1986 non avendo i giudici di appello considerato che non era possibile procedere alla rettifica in quanto il valore dichiarato, pari ad euro 1.100.000,00, era notevolmente superiore rispetto a quello risultante dall’applicazione dei coefficienti previsti dal menzionato art. 52 d.P.R. 131/1986.
Con il terzo motivo lamentano, ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 342 c.p.c. per avere i giudici di appello omesso di motivare in ordine alla specifica eccezione per cui l’atto era da ritenere illegittimo in quanto basato
solamente sui valori OMI, valutata anche la tardiva produzione della relativa tecnica estimativa.
Con il quarto motivo deducono, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’ art. 13 d.lgs. 347/1990, degli artt. 51 e 52 d.P.R. 131/1986 nonché dell’art. 24 legge 88/2009 non avendo i giudici di appello rilevato la illegittimità dell’atto impositivo basato esclusivamente sui valori OMI.
Con il quinto motivo lamentano, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione degli artt. 51 e 52 d.P.R. 131/1986, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2697, 2727 e 2729 cc. nonché ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione degli artt. 112 c.p.c. e 342 c.p.c. e dell’art. 36 n. 4 e 1 comma 2 d.lgs. 546/1992 nonché 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost.
Deducono che i giudici di appello, adottando una motivazione meramente apparente, non avevano considerato che l’ufficio non aveva adempiuto agli oneri probatori sullo stesso gravante e che la perizia di stima allegata era priva di ogni valore probatorio anche perché basata sulla valorizzazione dei parametri OMI.
Va, in primo luogo, rilevata la tardività del controricorso dell’Ufficio, essendo stato notificato a mezzo PEC in data 31/1/2018, a fronte della notifica del ricorso per cassazione in data 29/11/2017, e, quindi, oltre il termine perentorio (di 40 giorni ) fissato dall’art. 370, primo comma, c.p.c.
Ciò premesso osserva questo Collegio che il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
I primi due motivi- da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi- sono da ritenere infondati.
8.1. Occorre richiamare l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata
l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010).
8.2. La questione posta con il primo motivo dell’odierno ricorso (ribadita, poi, sotto il profilo della violazione di legge, con il secondo motivo di ricorso) va, quindi, esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nei motivi non esaminati dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinché il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno delle indicazioni necessarie a pena di nullità.
Nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi sulla base delle considerazioni che seguono.
8.2. Invero la preclusione alla rettifica è contenuta in disposizioni (commi 4 e 5 dell’articolo 52 DPR 131/86) espressamente dichiarate inapplicabili dal comma 5-bis dell’art 52, introdotto nel 2006, relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall’ articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, (cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze), sicché dopo questa data la preclusione opera solo in presenza del criterio ‘prezzo -valore’ per i soli immobili abitativi ex art.1 co 497 I. 266/05, a valere dal 2006 (vedi Cass. 5716/2022).
Orbene nella fattispecie in esame non sussisteva, chiaramente, il divieto di rettifica invocato in quanto l’oggetto della compravendita sono due immobili categoria D 7 mentre, come detto, il criterio previsto dalla normativa relativa alla c.d. valutazione automatica che assume la base imponibile di un’alienazione fra privati pari a un valore determinato in base alla rendita catastale rivalutata a prescindere dal corrispettivo indicato nell’atto e senza possibilità in rettifica da parte dell’ufficio, si riferisce esclusivamente alle cessioni aventi oggetto immobili ad uso abitativo e loro pertinenze che risultano censiti in catasto in quanto tali e, pertanto, appartenenti alle sole categorie A e B.
Il terzo, il quarto ed il quinto motivo -che vanno esaminati congiuntamente in quanto fra loro in vario modo connessi -sono privi di fondamento alcuno.
9.1. Occorre premettere che per le Sezioni unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 , che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 ; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 ). Successivamente Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 (che cita, in motivazione, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione».
9.2. Nella specie risulta, quindi, che la Commissione Tributaria Regionale ha dato conto delle fonti fondamentali del proprio convincimento e degli elementi fattuali tali da indurre a confermare la valutazione dei beni.
Ma la valutazione delle prove raccolte, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione e giudice di appello non era, poi, onerato a motivare il discostamento del proprio convincimento dalle conclusioni della perizia stragiudiziale di parte (vedi Cass., Sez. 5^, 25 dicembre 2018, n. 33503; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16579; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2021, n. 17396).
Risulta, quindi, evidente che sotto il profilo della nullità della sentenza per assenza sostanziale di motivazione e per violazione del principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato -le società ricorrenti mirino, in realtà, a sollecitare in questa sede una diversa valutazione del quadro probatorio ed estimativo, il che è certamente precluso nel giudizio di legittimità.
9.3. Va, pure, osservato che in tema di imposta di registro, l’avviso di rettifica del valore degli immobili è completo (e quindi legittimo), ai sensi degli artt. 51 e 52 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel
momento in cui contiene l’indicazione degli atti specifici utilizzati e gli estremi della registrazione, per consentire al contribuente che ne ha interesse di richiedere tali atti e di contestarli nel merito nella maniera più opportuna e producente. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12741 del 05/06/2014, Rv. 631096 – 01).
Nel caso in esame, secondo quanto chiarito dai giudici di merito, la stima non si fonda (esclusivamente) sui valori OMI ma su una perizia di stima basata su ‘ una analitica indagine mercato nella quale sono stati elencati una serie immobili simili con indicazioni relative ai valori fornendo una stima che appare il risultato di un completo ed analitico esame dei valori espressi dal mercato immobiliare nella zona, in rapporto con alle caratteristiche intrinseche bene ed al contesto in cui esso è inserito. L’allegazione e la relazione estimativa risulta in definitiva esaustiva e idonea a superare i rilievi parte appellata relativi a seri errori di calcolo della consistenza effettiva degli immobili oggetto di compravendita pur evidenziati nella comparsa di c ostituzione’.
9.4. Occorre ribadire che, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi dell’art. 52, comma 2-bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, del dovere di allegazione delle informazioni previste ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento (vedi tra le altre Cass. n. 22148/2017 nonché Cass. n. 11615/2020). La questione relativa all’esistenza della motivazione dell’atto impositivo, quale “requisito formale di validità” dell’avviso di accertamento (art. 7, l. n. 212 del 2000), va, difatti, nettamente distinta da quella attinente, invece,
alla indicazione ed alla effettiva sussistenza di elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria (tra varie, Cass. n. 4639/20), che rimane disciplinata dalle regole processuali proprie della istruzione probatoria, le quali trovano applicazione nello svolgimento dell’eventuale giudizio introdotto dal contribuente per ottenerne l’annullamento. E anche in base al testo novellato dell’art. 7 l. 212/00 occorre pur sempre distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova (Cass. n. 8016/24; da ultimo, in termini, Cass. n. 21241/24).
Va, poi, ricordato che in tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai requisiti di validità – che, in generale, possono riferirsi anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in grado di conoscere è compito del giudice tributario e non è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso. (Cass. n. 9582/2013).
9.6. Ed errori di diritto nelle specie non appaiono configurabili posto che le società contribuenti hanno insistono su di un dato (il merto riferimento della stima ai dati OMI) smentito dall’accertamento della CTR e, sotto altro profilo, contestano la correttezza dei parametri utilizzati (quali, ad esempio, il riferimento a valori propri di altri comuni dell’isola di Ischia), introducendo, quindi, una tipica censura di merito, lamentando, ancora, la ‘tardiva’ produzione da parte dell’ Ufficio di una perizia erronea quale base di stima, dopo avere, del tutto contraddittoriamente, parlato di una ‘relazione estimativa allegata all’avviso di rettifica e liquidazione inficiata da numerosi errori quali analiticamente esposti nella relazione tecnica asseverata di parte, depositata in atti (v. ricorso pag. 6), con ciò dimostrando
univocamente le società contribuenti di essere pienamente a conoscenza della perizia estimativa dell’Ufficio.
9.8. Parte ricorrente, in modo del tutto generico ed eccentrico, lamenta, anche la violazione dell’art. 2697 c.c. senza osservare le condizioni poste da questa Corte per la prospettazione della censura. Occorre infatti ribadire -come già a suo tempo evidenziato da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, il cui principio di diritto è costantemente ribadito (ex multis, Cass. n. 26769 del 2018) -che in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.
9.9. Nella specie la sentenza impugnata ha affermato che l’atto risultava adeguatamente motivato ed ha ritenuto di confermare, ritenendolo congruo, il criterio di valutazione adottato dall’Ufficio mentre la valutazione dei profili dedotti dai ricorrenti investe il merito della controversia e, pertanto, non può essere oggetto del vaglio della Corte cui spetta solo una funzione di controllo circa la legittimità dell’operato del giudice risultando nella specie l’iter logico valutativo logico e adeguatamente motivato.
10. Stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
10.1. Nessuna statuizione va emessa in relazione alle spese giudiziali stante la tardiva costituzione dell’Ufficio.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012 dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione