Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20201 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20201 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 22/07/2024
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21302/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (cf.: CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f.: CODICE_FISCALE), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (c.f.: CODICE_FISCALE), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia (p.e.c.: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 399/14/18, depositata il 25 gennaio 2018, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 29 maggio 2024, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 399/14/18, depositata il 25 gennaio 2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, ed ha così confermato il decisum di prime cure che -pronunciando su di un avviso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte di registro ed ipocatastali dovute dalla contribuente in relazione ad un atto di permuta che aveva formato oggetto di rettifica, quanto al valore della porzione di fabbricato p ermutata, nell’importo di € 915.240,00 (a fronte del valore dichiarato in € 380.000,00) aveva rideterminato il valore venale del bene in € 640.668,00, tenuto conto del contratto di locazione in corso di esecuzione;
1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:
la «efficacia sintomatica del dato OMI» non poteva ritenersi superata dalla prova offerta dal contribuente ovvero che non era stata offerta «una risposta adeguata e idonea a vincere la presunzione dei dati OMI»;
le contestazioni svolte dalla contribuente, quanto a collocazione del bene ed al suo stato di conservazione, non risultavano «suffragate da idonea documentazione» ed erano state considerate dall’amministrazione che aveva applicato «i coefficienti per la categoria catastale»;
per di più si trattava di «beni particolari, con destinazione futura di un profitto e come tali valutati a prescindere dallo stato di conservazione»;
-correttamente, pertanto, l’amministrazione aveva «preso in considerazione il fabbricato, escludendo la permuta»;
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi;
-l’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
1. -il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 111 Cost., agli artt. 1362 , 1552, 2700 e 2697 cod. civ., ed all’art. 112 cod. proc. civ., assumendo la ricorrente che illegittimamente il giudice del gravame aveva riqualificato l’atto tassato quale vendita piuttosto che permuta quando l’oggetto della contrattazione, consacrata dall’atto pubblico, si identificava nello scambio di un credito vantato verso terzi con la porzione immobiliare ripresa a tassazione;
1.2 -col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n n. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 111 Cost., all’art. 2697 cod. civ., al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 51 e 52, ed al provvedimento del direttore dell’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 27 luglio 2007, deducendo che il giudice del gravame aveva omesso di esaminare quanto dedotto, e documentato (con certificazione catastale), in punto di estensione superficiaria dell’unità immobiliare che, diversamente da quanto ritenuto dall’RAGIONE_SOCIALE, aveva superficie di mq. 145 (piuttosto che di mq. 232);
1.3 -il terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 111 Cost., all’art. 112 cod. proc. civ. , all’art. 2697 cod. civ., ed al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 43, 51 e 52, assumendo la ricorrente che:
la rettifica di valore, come dedotto con motivo di appello, risultava in contrasto con la base imponibile dell’imposta secondo il criterio del prezzo valore applicato ad unità immobiliare classata in categoria C/1;
il giudice del gravame non aveva tenuto conto dei dati probatori offerti al giudizio dalla prodotta consulenza di parte e aveva finito con l’invertire l’onere della prova nella fattispecie rilevante;
1.4 -il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., agli artt. 23, 111 Cost., gli artt. 1552 e 2697 cod. civ., al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20 e 21, deducendo la ricorrente che:
contraddittoriamente il giudice del gravame aveva attribuito ai valori OMI natura di prova per presunzione e, nello stesso contesto argomentativo, escluso che quegli stessi valori potessero «assurgere ad elementi di prova»;
aveva escluso ogni controprova di essa esponente quando erano state prodotte una consulenza di parte nonché una visura catastale;
ciò che, in effetti, rimaneva destituito di fondamento era costituito dal (non documentato) assunto dell’amministrazione sull’estensione (in mq. 232) della superficie dell’unità immobiliare (che, secondo la prodotta consulenza, assurgeva invece a mq. 206);
in definitiva, ammessa la proponibilità di prova contraria ai dati OMI, il giudice aveva finito col non esaminare (proprio) la prova contraria offerta da essa esponente;
1.5 -col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20, 21, 43, 51 e 52, all’art. 112 cod. proc. civ. ed all’art. 2697 cod. civ., tornando ad assumere che da alcuna RAGIONE_SOCIALE parti in causa era stata indubbiata la qualificazione dell’atto tassato quale permuta, così che la (peraltro immotivata ed apodittica) riqualificazione operata dal giudice del gravame doveva ritenersi illegittima e la tassazione dell’atto avrebbe
potuto considerare (al più) il maggior valore del credito ceduto in permuta;
-il primo ed il quinto motivo di ricorso -che vanno congiuntamente esaminati perché sottendono una comune quaestio iuris di fondo – sono destituiti di fondamento in quanto recano censura di una insussistente riqualificazione dell’atto sottoposto a tassazione;
2.1 -in disparte le improprietà lessicali della gravata pronuncia, va, difatti, considerato che il passaggio argomentativo ove si rileva che correttamente l’amministrazione aveva «preso in considerazione il fabbricato, escludendo la permuta» non costituisce ratio decidendi ; né a tanto poteva assurgere perché la regola di determinazione della base imponibile della permuta non precludeva la rettifica di valore del bene immobile permutato dietro accertamento del suo maggior valore in comune commercio;
-nemmeno il secondo ed il terzo motivo di ricorso -anch’essi da esaminare congiuntamente, e che pur prospettano profili di inammissibilità -possono trovare accoglimento;
3.1 – la censura di cui al secondo motivo, dietro il velo della denuncia di violazione di legge, si risolve, difatti, nella riproposizione di una mera quaestio facti , involgente l’estensione superficiaria dell’unità immobiliare permutata, che ha formato oggetto di valutazione, ed accertamento, nei gradi di merito;
e, come la Corte ha ripetutamente precisato, la stessa censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che l’omesso esame di elementi istruttori – e, a maggior ragione, di tesi
difensive o argomenti probatori – non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881);
3.2 – la violazione dell’art. 2697 cod. civ. può, poi, prospettarsi nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare, secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, non anche laddove, così come nella fattispecie, il giudice del merito abbia ritenuto di maggior concludenza, ed attendibilità, le prove da una parte offerte al giudizio, in svolgimento, dunque, di un accertamento probatorio (cfr., ex plurimis , Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione);
3.3 -va, inoltre, considerato che il criterio di tassazione del prezzo valore -così come la cd. valutazione automatica secondo rendita catastale – poteva trovare applicazione con riferimento ad unità immobiliari a destinazione abitativa, non anche al bene oggetto di permuta nella fattispecie (l. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 497; art. 52, comma 5bis TUR); e sempre che la relativa applicazione fosse stata richiesta dalla parte nell’atto sottoposto a registrazione;
-anche il quarto motivo è destituito di fondamento;
4.1 -va, innanzitutto, ribadito che le dedotte questioni di fatto hanno formato oggetto di esame da parte dei giudici di merito -esame che si prospetta come conforme in relazione ai limiti d’impugnazione della cd. doppia conforme (art. 348ter , u.c., cod. proc. civ.; Cass. Sez.
U., 7 aprile 2014, n. 8053) -e che, come si è già rilevato, l’accertamento in fatto (così) svolto viene censurato dietro (indistinta) riproposizione di tesi e argomenti probatori al giudizio (in tesi) offerti;
né, per le ragioni già in precedenza svolte, ad un siffatto accertamento può correlarsi la violazione dell’art. 2697 cod. civ.;
4.2 l’accertamento in questione, poi, non risulta nella fattispecie debitore della meccanica applicazione dei dati dell’RAGIONE_SOCIALE (cd. RAGIONE_SOCIALE) in quanto la rettifica di valore è stata sottoposta a specifica rideterminazione già nel primo grado di giudizio, e sulla base di un criterio estimativo che prescinde dalla valutazione di detti dati, così che non sussiste nemmeno la prospettata violazione di legge;
-le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità liquidate in € 4.300,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 maggio 2024.