Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9380 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9380 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16634 -2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore
-intimata –
avverso la sentenza n. 2351/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE dell’EMILIAROMAGNA, depositata il 28/11/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/3/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME ed NOME COGNOME propongono ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale dell’EmiliaRomagna aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 956/2015 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Modena, in rigetto dei ricorsi, riuniti, proposti dai contribuenti avverso avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato la rendita catastale, proposta con denuncia DOCFA, relativa a unità immobiliari dei medesimi, ricavate dalla suddivisione e ristrutturazione di un unico immobile, sito nel Comune di Vignola.
Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 3 l. 241/1990, art. 7 l. 212/2000, art. 1 d.m. n. 701/1994 e art. 38 del d.p.r. 1142/1949 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento fosse adeguatamente motivato sebbene dallo stesso non fosse dato evincere se l’Ufficio si fosse attenuto o meno agli «elementi di fatto offerti dalla parte ( id est , le caratteristiche interne delle abitazioni, il pregio degli infissi e degli ornamenti, l’esistenza di un giardino piuttosto che di un parco a servizio degli immobili e quant’altro)».
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Va premesso che la rendita catastale di un fabbricato è determinata, oltre che dalla zona censuaria, dai seguenti elementi: consistenza, classe e categoria catastale.
1.4. In particolare, la categoria individua, nell’ambito di ogni zona censuaria, gli immobili con la stessa destinazione d’uso; la classe individua un diverso livello di capacità di reddito nell’ambito di una categoria e rappresenta il grado di pregio e di qualità dell’immobile in base ad indici fattuali quali il livello delle finiture, i servizi in dotazione, la dimensione e la posizione dei vani; la consistenza individua la grandezza dell’unità immobiliare, espressa in «vani» per le abitazioni e gli uffici (gruppo A), in «metri cubi» per gli uffici pubblici e alloggi collettivi (gruppo B), in «metri quadri» per i negozi e box (gruppo C).
1.5. In particolare, come riportato nella sentenza impugnata, i contribuenti hanno denunciato l’illegittimità della categoria catastale A/8, oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio rispetto a quella (A/7) proposta con procedura DOCFA, e se hanno lamentato «l’errore di fatto in cui …(era)… incorso il giudice di primo grado ritenendo l’area cortiliva di pertinenza pari a mq. 2000 mentre in effetti …(era)… di mq. 1762, che il numero dei bagni del sub 6 sia 3 anziché 2 …», hanno altresì ammesso «che tali errori erano già contenuti nel DOCFA e ripresi nell’accertamento senza correggerli com’era dovere dell’Ufficio».
1.6. La Commissione tributaria regionale ha quindi respinto l’appello anche sulla scorta delle seguenti affermazioni: «… l’avviso di classamento con cui viene attribuita la rendita catastale ad un immobile è sufficientemente motivato con il richiamo alla richiesta DOCFA presentata dal contribuente e non è necessaria una dettagliata descrizione dell’immobile e dei criteri di valutazione poiché l’immobile è ampiamente conoscibile (e nel caso di specie conosciuto) attraverso la procedura DOCFA, che si basa su principi di ampia collaborazione fra le parti. Nel caso in esame la rettifica scaturisce appunto da una richiesta di modifica della classificazione catastale proposta dal contribuente con procedura DOCFA per cui l’atto di classamento è correttamente motivato … Le caratteristiche dell’immobile di cui si discute per consistenza, dotazioni e parco sono quindi corrispondenti alla nozione giuridica di “villa”, come indicato dall’Ufficio in sede di classamento. Infatti la zona in cui è ubicato l’immobile è la stessa in cui insisteva la precedente costruzione la cui
classificazione in “villa” non era contestata per cui sussistono certamente gli elementi territoriali (zona di pregio, rapporto con il territorio, vie di accesso) e le dotazioni di pregio delle nuove unità immobiliari sono pacifiche (non contestate dal ricorrente)».
1.7. La valutazione della Commissione regionale ha dato dunque seguito all’applicazione del principio di diritto affermato dalla più recente e consolidata giurisprudenza di questa Corte, il cui nucleo concettuale va individuato nel rilievo secondo cui, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni (cfr. Cass. n. 3104 del 2021, 31809 del 2018, 12777 del 2018, 12497 del 2016).
1.8. Laddove, dunque, l’Ufficio accerti una differente categoria catastale sulla base di una diversa valutazione giuridico/economica dei medesimi elementi di fatto dichiarati dal contribuente con DOCFA, e nel caso, come quello in esame, in cui l’Agenzia non contesti gli elementi dichiarati nella procedura Docfa ma, sulla base di quegli stessi elementi, accerti che l’unità immobiliare vada inserita in una diversa categoria (categoria A/8 -villa -e A/7 -villino -), l’obbligo di motivazione è soddisfatto con la semplice indicazione della nuova categoria attribuita, in quanto sugli elementi di fatto oggetto della denuncia di variazione non c’è contestazione.
1.9. Nella concretezza del caso emerge, infatti, che la rettifica -comportante il passaggio dalla proposta categoria A/7 all’originaria categoria A/8 -muoveva proprio dalla valorizzazione, da parte dell’ufficio, di circostanze fattuali desumibili dalla stessa procedura Docfa e come tali non necessitanti, proprio sulla base del su riportato indirizzo interpretativo, di una motivazione più diffusa ed approfondita.
1.10. Occorre al riguardo tenere distinto il profilo della «motivazione» dell’avviso di accertamento (mirato a rendere immediatamente
comprensibili al contribuente gli elementi costitutivi della pretesa, al fine di valutarne e modularne l’impugnativa sulla base di motivi di opposizione per loro natura insuscettibili di essere aggiunti o modificati in corso di causa) da quello della «prova» della classificazione stabilita dall’Ufficio, e i profili di affermata illegittimità della rettifica catastale non potevano che concernere il merito della vicenda, così da attingere, eventualmente, alla «prova» dei presupposti della diversa classificazione, non anche al diverso e preliminare aspetto della «motivazione» degli avvisi.
2.1. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 3 della l. 241/1990, 7 della l. 212/2000, 1 d.m. 701/1994, 38 del d.p.r. 1142/1949 e 1, comma 335, della l. 311 del 30.12.2004, per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto la validità dell’atto impugnato sebbene emesso oltre quattro anni dopo la presentazione della DOCFA.
2.2. Il motivo va disatteso.
2.3. I ricorrenti si dolgono sostanzialmente del fatto che il giudice del merito abbia omesso di valutare che l’Amministrazione era decaduta dal potere di modificare la rendita proposta dalla società contribuente nelle forme della procedura DOCFA, per il fatto del decorso di un termine maggiore dell’anno previsto nel menzionato D.M. n. 701 del 1994.
2.4. Occorre sul punto richiamare i principi di diritto già affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di catasto dei fabbricati, la procedura di cui al d.m. n. 701 del 1994, che consente al titolare di diritti reali sui beni immobili di proporne la rendita, ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto e il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. n. 1142 del 1949, la funzione di «rendita proposta», fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla quantificazione della rendita definitiva, sicché il termine massimo di dodici mesi dalla presentazione della dichiarazione, assegnato all’ufficio per la «determinazione della rendita catastale definitiva», ha natura meramente ordinatoria, non essendone il carattere perentorio espressamente previsto dalla norma regolamentare né potendo ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con cui è assolutamente
incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento delle rendite catastali, cosicché il verificarsi delle scadenze non comporta la decadenza per l’amministrazione dal potere di rettifica (cfr. Cass. n. 4752 del 2021, 6411 del 2014).
2.5. La natura perentoria del termine, infatti, oltre a non essere attribuita dalla norma regolamentare, neppure può ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con la quale è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento delle rendite catastali.
2.6. Pertanto, ove l’amministrazione non provveda a definire la rendita del bene oggetto di classamento, saranno le dichiarazioni presentate dai contribuenti ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 56, a valere come «rendita proposta» fino a che l’Ufficio non provvederà alla determinazione della rendita definitiva.
In conclusione, il ricorso va integralmente respinto.
Nulla sulle spese stante la mancata costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità