Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15739 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15739 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7684/2023 R.G., proposto DA
NOME NOME e NOME, rappresentati e difesi dall ‘ Avv. NOME COGNOME, con studio in Napoli, elettivamente domiciliati presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTI
CONTRO
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL );
CONTRORICORRENTE
IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI ACCERTAMENTO DICHIARAZIONE INTEGRATIVA RETTIFICA SUCCESSIVA AD AVVISO DI LIQUIDAZIONE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania il 3 ottobre 2022, n. 6419/16/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania il 3 ottobre 2022, n. 6419/16/2022, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione n. 2019/9990/297 notificato dall’Agenzia delle Entrate il 28 maggio 2019 per l ‘ imposta sulle successioni e per l’INVIM in dipendenza del la morte del padre NOME COGNOME deceduto il 15 gennaio 1987, nella misura complessiva di € 26.740,00, sulla base di dichiarazione di successione del 15 luglio 1987, n. 4331 -vol. 3032, e, in conseguenza della successiva scoperta di immobili appartenuti in vita al de cuius e non elencati nel relictum , di dichiarazione integrativa di successione del 15 marzo 2019, n. 297 -vol. 9990, deducendo di essersi avvalsi dell ‘ art. 34, comma 5, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, sulla base dei valori catastali aggiornati con i coefficienti vigenti nell’anno 2019, e di aver presentato il 16 luglio 2019 ulteriore dichiarazione ‘ correttiva/sostitutiva ‘ di quella del 19 marzo 2019, all’esito del diniego di autotutela (con nota trasmessa il 20 giugno 2019) su istanza del l’11 giugno 2019 , per la rettifica dei valori catastali dei predetti immobili in relazione ai coefficienti vigenti all’epoca di apertura della successione (cioè, al 15 gennaio 1987), ha rigettato (in dispositivo, ma accolto in motivazione) l’appello proposto dall ‘Agenzia delle Entrate nei
confronti di avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli il 30 dicembre 2020, n. 9968/17/2020, con compensazione delle spese giudiziali.
2. Il giudice di appello ha confermato (in dispositivo, ma riformato in motivazione) la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario dei contribuenti -con motivazione argomentata nel senso che: a) non erano sopravvenuti eventi idonei a mutare il valore degli immobili, né erano stati commessi errori di calcolo, essendo stata pretesa dai contribuenti l’applicazione di un diverso criterio di stima in luogo di quello impiegato nella dichiarazione integrativa; b) in base a ll’art. 20, co mma 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972 (secondo cui: « L’accertamento se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell’applicazione delle imposte di registro o di successione può essere notificato con un unico avviso »), il recupero d ell’INVIM era correttamente avvenut o con l’avviso di liquidazione per l’imposta sulle successioni , non occorrendo una prodromico avviso di accertamento; c) considerando che la dichiarazione di successione integrativa era stata presentata il 15 marzo 2019 e che l’avviso di liquidazione era stato notificato il 28 maggio 2019, il termine previsto per l’esercizio della potestà impositiva dall’art. 27, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (a tenore del quale: « La liquidazione deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa »), era stato pienamente rispettato da ll’amministrazione finanziaria.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Preliminarmente, i ricorrenti hanno eccepito -al di fuori dell’articolazione , della rubricazione e dell’illustrazione dei singoli motivi – « la nullità della sentenza n. 6419/2022 della Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Campania per l’evidente contrasto tra la motivazione ed il dispositivo, cui, a parere di questa difesa, potrebbe essere posto rimedio con la procedura prevista dagli artt. 287, 288 e 289 del codice di procedura civile per la correzione degli errori materiali ».
1.1 Tuttavia, l’eccezione è inammissibile.
1.2 In proposito, si rileva che gli errori materiali in cui sia incorso il giudice del merito, suscettibili di correzione con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., non possono essere dedotti come motivo di ricorso per cassazione, dando questo origine ad un giudizio diretto al solo controllo di legittimità delle decisioni impugnate (Cass., Sez. 3^, 20 febbraio 2006, n. 3656; Cass., Sez. 5^, 22 maggio 2006, n. 12004; Cass., Sez. 3^, 8 ottobre 2007, n. 21004; Cass., Sez. Un., 1 febbraio 2008, n. 2435; Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2009, n. 5243; Cass., Sez. 2^, 16 dicembre 2010, n. 25475; Cass., Sez. 6^-3, 30 dicembre 2011, nn. 30465, 30466 e 30467; Cass., Sez. 1^, 10 maggio 2013, n. 11234; Cass., Sez. 3^, 14 gennaio 2014, n. 528; Cass., Sez. 6^-2, 16 novembre 2015, n. 23420; Cass., Sez. 2^, 16 settembre 2016, n. 18242; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. 16174; Cass., Sez. 2^, 25 settembre 2018, n. 22710).
1.3 Ad ogni modo, in disparte la carente formulazione di un vero e proprio motivo in senso tecnico (al riguardo si rammenta che, in tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché
l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia – Cass., Sez. 3^, 19 agosto 2009, n. 18421; Cass., Sez. 3^, 27 novembre 2015, n. 24209; Cass., Sez. 6^-3, 16 novembre 2016, n. 23394; Cass., Sez. 3^, 16 ottobre 2017, n. 24281; Cass., Sez. 1^, 7 novembre 2018, n. 28421; Cass., Sez. 1^, 16 dicembre 2019, n. 33231; Cass., Sez. Lav., 18 agosto 2020, n. 17224; Cass., Sez. 6^-Lav., 3 dicembre 2021, n. 38252; Cass., Sez. Trib., 4 novembre 2022, n. 32509; Cass., Sez. Trib., 12 settembre 2023, n. 26357; Cass., Sez. 1^, 16 dicembre 2024, n. 32838; Cass., Sez. 1^, 20 febbraio 2025, n. 4529), si rammenta che, anche per il contenzioso tributario, soltanto il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, poiché non consente di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando, invece, la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ. (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass., Sez. 6^-5, 17 ottobre 2018, n. 26074; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2020, n. 614; Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2020, n. 28088; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11689; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28971; Cass., Sez. Trib., 24 ottobre 2022, n. 31301; Cass., Sez. 6^-Trib., 21 novembre 2022, n. 34141; Cass., Sez. 6^-Trib., 19 dicembre 2022, n. 37079; Cass., Sez. Trib., 5 aprile 2023, n. 9444; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337).
1.4 Per cui, in caso di nullità ( secondo l’ ipotesi paventata dai ricorrenti), la sentenza impugnata non potrebbe essere emendata attraverso la semplice procedura per la correzione di errore materiale (artt. 287 ss. cod. proc. civ.), per la quale, comunque, la competenza non spetterebbe al giudice di legittimità.
1.5 Laddove, invece, il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo e motivazione che non incida sull’idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione, non integra un vizio attinente al contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale emendabile con la procedura prevista dall’art. 287 cod. proc. civ. (applicabile anche nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie), e non denunciabile con l’impugnazione della sentenza (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 26 settembre 2017, n. 22433; Cass., Sez. 5^, 14 maggio 2019, n. 12846; Cass., Sez. Trib., 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. Trib., 5 arile 2024, n. 9179; Cass., Sez. Trib., 20 febbraio 2025, n. 4510).
Per cui, in linea generale, il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo previsto dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. è esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento mediante il semplice confronto della parte che ne è inficiata con le considerazioni contenute in motivazione, difetto causato da mera svista o disattenzione e, come tale, rilevabile ictu oculi (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 31 maggio 2011, n. 12035; Cass., Sez. 6^-2, 19 gennaio 2015, n. 730; Cass., Sez. 6^-3, 15 gennaio 2019, n. 668; Cass., Sez. Lav.,
11 agosto 2020, n. 16877; Cass., Sez. 6^-1, 3 febbraio 2022, n. 3442; Cass., Sez. Trib., 3 aprile 2024, n. 8755; Cass., Sez. 2^, 14 marzo 2025, n. 6889).
1.6 Alla luce di tali principi, si desume, quindi, che al procedimento di correzione è demandata la funzione di ripristinare la corrispondenza tra quanto il provvedimento ha inteso dichiarare e quanto ha formalmente dichiarato, in dipendenza proprio dell’errore o dell’omissione materiali, e non, quindi, di porre rimedio ad un vizio di formazione della volontà del giudice, funzione alla quale sono deputati i mezzi di impugnazione. L’errore correggibile, infatti, consiste in un mero errore di espressione di una volontà in sé non viziata e deve essere riconoscibile dalla lettura del solo documento concernente la decisione e recante l’errore stesso.
1.7 E tanto si è verificato nella fattispecie sub iudice , nella quale, sebbene la motivazione della sentenza impugnata evidenzi una lineare congruenza ed una puntuale coerenza tra le premesse e le conclusioni dell’ iter decisionale con riguardo all’intangibilità della dichiarazione integrativa di successione dopo la notifica dell’avviso di liquidazione (« La domanda è fondata e l’appello deve essere accolto. Ai sensi degli artt. 14 e 34, comma 5, del TUS, ai beni immobili rientranti nell’asse ereditario, possono essere attribuiti il valore catastale o il valore venale in comune commercio da parte degli eredi. Nel caso di specie gli eredi provvedevano alla valutazione degli immobili utilizzando come criterio quello del valore venale che ritenevano più congruo. Ai sen si degli artt. 27 e 28, l’Ufficio provvede a liquidare l’imposta sulla base della dichiarazione presentata dagli eredi stessi. Agli eredi è data la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa o sostitutiva qualora dovesse sopraggiungere un evento che determini un
mutamento del valore di detti immobili. Nel caso di specie non vi è stato alcun mutamento né errore materiale o di calcolo: soltanto a seguito della notifica dell’avviso di liquidazione gli eredi pretenderebbero, dopo aver indicato il valore venale e quand o l’imposta è già stata liquidata, l’applicazione dell’altro criterio basato sulle rendite catastali. Detta applicazione, tuttavia, è ormai preclusa in mancanza alcun errore materiale o di calcolo ») ed alla tempestiva liquidazione d’ufficio dell’INVIM in difetto di apposita dichiarazione da parte degli eredi (« Quanto alla richiesta dell’INVIM, in mancanza di apposita denuncia al riguardo, occorre rilevare che ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. n. 643/72, i cedenti, i donatori, gli eredi e tutte le altre persone obbligate a presentare gli atti o le denunce agli effetti delle imposte di registro o di successione, devono contestualmente produrre una dichiarazione su modello fornito gratuitamente dall’Amministrazione, contenente i seguenti elementi: a) il valore iniziale del bene, ai sensi del precedente art. 6; b) gli estremi di registrazione dell’atto o della denuncia di riferimento ai quali il valore iniziale venne determinato, ovvero gli estremi dell’accertamento effettuato per l’imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili; c) il valore finale dell’area e quello iniziale del fabbricato, qualora ricorra l’ipotesi di cui al sesto comma dell’art. 6. Gli appellati non provvedevano in tal senso, ragion per cui l’Ufficio richiedeva l’INVIM, corredata della relativa sanzione, per omessa presentazione della relativa dichiarazione. In base all’art. 20, co. 2, del D.P.R. n. 643/72: ‘L’accertamento se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell’applicazione delle imposte di registro o di successione può essere notificato con un unico avviso’. Pertanto la richiesta dell’INVIM era correttamente avvenuta
contestualmente alla notifica dell’avviso di liquidazione è valida e tempestiva. In base all’art. 27, co. 2, del D.Lgs. n. 346/90: ‘…La liquidazione deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione o della dichiarazione sostitutiva o i ntegrativa’ . Considerato che la dichiarazione di successione integrativa era stata presentata dagli eredi in data 15.03.2019 e l’avviso di liquidazione impugnato era stato notificato agli stessi in data 28.05.2019, il relativo termine è stato pienamente rispettato da parte dell’Ufficio impositore. Pertanto, essendo che la richiesta dell’INVIM era correttamente avvenuta contestualmente alla notifica dell’avviso di liquidazione, non si può ritenere l’avvenuta decadenza dell’Ufficio in riferimento all’INVIM »), giustificandosi, in base alle argomentazioni esposte, solamente l’accoglimento e non il rigetto dell’appello (« A fronte di tali argomentazioni, il Collegio conclude per l’acc oglimento dell’appello »), si registra una palese dissonanza nella formulazione letterale del dispositivo, che si è erroneamente espressa nel senso involuto del rigetto dell’appello ( « a) Rigetta l’appello; »).
Per cui, la statuizione di conferma della sentenza appellata, così come espressa in dispositivo, era, dunque, frutto palese ed univoco di errore materiale emendabile con la procedura di correzione ex artt. 287 e 288 cod. proc. civ., al di fuori della cognizione riservata al giudice di legittimità.
Ciò premesso, il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 34, comma 5, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato ritenuto dal giudice di appello che « il valore attribuito dai
ricorrenti ai cespiti immobiliari dichiarati con la dichiarazione di successione integrativa n. 297 volume 9990 presentata il 15.03.2019 » fosse il « valore venale » ex art. 14 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, « laddove, per ciascuno dei detti cespiti immobiliari il valore dichiarato, come rilevasi dal prospetto di pagina 8, è quello determinato in base alla rendita catastale di ciascuno di essi erroneamente aggiornata con i coefficienti in vigore nell’anno 2019 di presentazione della dichiarazione ».
Secondo l’assunto dei ricorrenti: « Ciò posto, non può, quindi, revocarsi in dubbio che i ricorrenti, con la dichiarazione di successione n. 297, volume 9990, presentata il 15.03.2019, intendevano avvalersi della disposizione di cui all’ art. 34, comma 5, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346; per cui, con la dichiarazione correttiva/sostitutiva, preceduta dall’istanza in autotutela dell’11.06.2019, presentata il successivo 16.07.2019, i valori degli immobili venivano rivisti e dichiarati in base alla rendita catastale ed ai coefficienti di aggiornamento in vigore nell’ anno 1987, sui quali, appunto, chiedevano liquidarsi l’imposta di specie. Il tutto come correttamente rilevato dal giudice di prima istanza ».
3.1 Il predetto motivo è infondato.
3.2 Secondo un orientamento consolidato di questa Corte, la dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell’art. 31 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 -la cui inosservanza può comportare solo l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e ss. -, purché prima della notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta (Cass., Sez. 5^, 20 giugno 2002, n. 8972; Cass., Sez. Un., 27 luglio 2004, n. 14088; Cass., Sez. 5^, 8 agosto 2005, n. 16725; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2006,
n. 11143; Cass., Sez. 5^, 17 maggio 2006, n. 11563; Cass., Sez. 5^, 16 marzo 2007, n. 6213; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2007, n. 9210; Cass., Sez. 5^, 26 ottobre 2007, n. 22523; Cass., Sez. 5^, 30 luglio 2008, n. 20686; Cass., Sez. 5^, 6 agosto 2008, nn. 21195, 21196, 21199 e 21220; Cass., Sez. 5^, 25 settembre 2009, n. 20629; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2011, n. 5580; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2014, n. 27491; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6131; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11526; Cass., Sez. 5^, 3 gennaio 2019, n. 60; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, n. 32631; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17747); ne deriva che, in tale arco temporale è, fra l’altro, consentito al contribuente correggere la dichiarazione stessa, per adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. ‘ automatica ‘ (art. 34, commi 5 e ss., del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), e l’amministrazione finanziaria deve tenere conto della modifica, apportata uniformandosi ai parametri legali, in quanto il dichiarante non può essere assoggettato ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico (in termini: Cass., Sez. Un., 27 luglio 2004, n. 14088; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11526; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, n. 32631; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17747).
Dunque, la dichiarazione è utilmente emendabile dal contribuente e vincola l’amministrazione finanziaria soltanto se intervenga prima dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta, in quanto solo in tal caso potrà sostenersi che l’amministrazione finanziaria deve rispettare le risultanze della rettifica, con salvezza dei suoi poteri in ordine ai valori emendati dal contribuente e con onere della prova a suo carico (Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11526).
Quest’ultimo principio non è stato ritenuto ostativo a che la rettifica possa dal contribuente essere dedotta anche successivamente all’atto impositivo, allorquando quest’ultimo sia impugnato in sede contenziosa, precisandosi che, in tema di imposta sulle successioni, gli errori commessi dal contribuente nella dichiarazione sono in ogni caso emendabili, sia in virtù del principio generale secondo cui la dichiarazione non ha valore confessorio e non è fonte dell’obbligazione tributaria, sia in virtù dei principi costituzionali di capacità contributiva e buona amministrazione, nonché di collaborazione e buona fede, che devono improntare i rapporti tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente. Alla correzione non osta né l’intervenuta scadenza del termine previsto dall’art. 31, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, per la presentazione della denunzia di successione, che non ha natura decadenziale, né l’art. 31, comma 3, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, che concerne le modifiche da apportare agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione, né l’eventuale notifica di un avviso di liquidazione, riflettendosi tale circostanza solo sul regime dell’onere della prova in giudizio quanto alla effettività degli elementi risultanti dalla correzion e. Su quest’ultimo aspetto, si è, quindi, precisato che l’eventuale pregressa notificazione di un avviso di accertamento o di liquidazione non è di per sé ostativa alla presentazione di dichiarazione di emenda, fermo restando che nel caso in cui quest’ultima intervenga appunto dopo la notificazione, è onere del contribuente di provare il fondamento della correzione proposta (Cass., Sez. 5^, 10 marzo 2006, n. 5361; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2007, nn. 20850 e 20852; Cass., Sez. 5^, 6 agosto 2008, nn. 21199 e 21200; Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2009, n. 4806; Cass., Sez.
5^, 23 marzo 2011, nn. 6609 e 6611; Cass., Sez. 5^, 13 giugno 2011, n. 12754; Cass., Sez. 6^-5, 13 dicembre 2012, n. 23000; Cass., Sez. 6^-5, 30 gennaio 2013, n. 2226; Cass., Sez. 5^, 8 marzo 2013, n. 5882; Cass., Sez. 5^, 10 maggio 2013, n. 11192; Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2015, n. 2229; Cass., Sez. 6^-5, 24 aprile 2015, n. 8419; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6131; Cass., Sez. 5, 13 aprile 2016, n. 7255; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2016, n. 27481; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, n. 32631).
Riepilogando, quindi, in tema di imposta sulle successioni, il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, contenuti nella dichiarazione, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione, di cui all’art. 31 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e s., e con effetti diversi, a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta, ovvero successivamente alla stessa: nel primo caso, infatti, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a proprio carico, mentre, nella seconda ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l’esercizio della facoltà di correzione, quest’ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta. Ne consegue che l’amministrazione finanziaria deve prendere in considerazione la rettifica della dichiarazione, ai fini della liquidazione della predetta imposta, anche quando quest’ultima sia già stata liquidata in base alla dichiarazione originaria, altrimenti spettando tale valutazione al giudice tributario.
3.3 Nella specie, però, la sentenza impugnata ha diversamente accertato che « gli eredi provvedevano alla valutazione degli immobili utilizzando come criterio quello del valore venale che ritenevano più congruo », per cui « soltanto a seguito della notifica dell’avviso di liquidazione gli eredi pretenderebbero, dopo aver indicato il valore venale e quando l’imposta è stata già liquidata, l’applicazione dell’altro criterio , basato sulle rendite catastali », desumendone che « (d)etta applicazione, tuttavia, è ormai preclusa in mancanza alcun errore materiale o di calcolo »
Tale accertamento -che diverge in toto da quello fatto dal giudice di prime cure, secondo il quale: « Agli atti risulta che, gli immobili oggetto della richiamata revisione della liquidazione sono dichiarati essere stati inseriti in catasto con attribuzione di rendita in data 21.12.1992. La qual cosa determina che non possa applicarsi, per l’errore commesso, la liquidazione della tassa di successione ai valori automatici dichiarati vigenti per il 2019 . (…) Alla luce di ciò il Collegio ritiene che , essendo nella fase di liquidazione dell’imposta, la dichiarazione integrativa di successione n. 297 vol. 9990 del 15.3.2019 possa essere riportata alla liquidazione sulla base dei prezzi valori automatici per tutti gli immobili inseribili nella valutazione ex art. 52 T.U. 131/76 (recte: 131/86 ) tenendo conto del loro ingresso nella successione degli eredi istanti e dei coefficienti di rivalutazione vigenti al momento del loro automatismo di determinazione del valore » – non è stato, però, censurato dai ricorrenti in relazione ad un eventuale travisamento del fatto percepito dal giudice di merito attraverso la valutazione della dichiarazione integrativa del 15 marzo 2019 ( sub specie dell’« omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti », ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.), in linea con l’esegesi delineatasi nella più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 3^, 21 dicembre 2022, n 37382; Cass., Sez. 1^, 6 aprile 2023, n. 9507; Cass., Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792; Cass., Sez. Cass., Sez. 1^, 3 gennaio 2025, n. 65).
Ne discende che il mezzo finisce col risolversi nella prospettazione di un’alterna tiva ricostruzione della vicenda fattuale, attraverso un nuovo apprezzamento del materiale probatorio nel suo insieme, che è preclusa al giudice di legittimità (Cass., Sez. 2^, 23 aprile 2024, n. 10927).
Ad ogni modo, neppure va sottaciuto che, in spregio al canone dell’autosufficienza, i contribuenti non hanno allegato né documentato, con riguardo agi immobili, l ‘eccedenza specifica dei valori autoliquidati nella dichiarazione integrativa rispetto ai valori riportati nella dichiarazione rettificativa, essendosi limitati a dedurre in modo vago e generico che: « Il giudice del riesame (…) omette di accertare se il valore degli immobili dichiarati con la dichiarazione integrativa n. 297 volume 9990 del 17.03.2019 è rispondente a quelli cosiddetti automatici, determinati, cioè, in base ai coefficienti di aggiornamento delle rendite catastali alla detta data del marzo 2019, o, invece, a quello ‘venale maggiormente congruo’ allegato da controparte ».
Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 20, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, in combinato disposto con l’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di appello di esaminare l ‘eccezione sollevata dai contribuenti nel ricorso introduttivo, accolta dal giudice di prima istanza e ribadita nelle controdeduzioni all’appello
dell’ amministrazione finanziaria, con riguardo all’imprescindibile notifica di un prodromico avviso di accertamento ai fini dell a liquidazione dell’ INVIM.
A loro dire: « L’impugnato avviso di liquidazione non è stato preceduto dalla notifica dell’avviso di accertamento ai fini INVIM, come prescritto dalla norma innanzi citata, per cui non è dato conoscere sulla base di quali valori, iniziale e finale, e neppure sulla base di quali criteri ed in base a quali aliquote, è stata liquidata l’imposta di cui viene richiesto il pagamento, in violazione, altresì, dell’ obbligo di motivazione ».
4.1 Il predetto motivo è infondato.
4.2 Secondo la motivazione della sentenza impugnata: « Quanto alla richiesta dell’INVIM, in mancanza di apposita denuncia al riguardo, occorre rilevare che ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. n. 643/72, i cedenti, i donatori, gli eredi e tutte le altre persone obbligate a presentare gli atti o le denunce agli effetti delle imposte di registro o di successione, devono contestualmente produrre una dichiarazione su modello fornito gratuitamente dall’Amministrazione, contenente i seguenti elementi: a) il valore iniziale del bene, ai sensi del precedente art. 6; b) gli estremi di registrazione dell’atto o della denuncia di riferimento ai quali il valore iniziale venne determinato, ovvero gli estremi dell’accertamento effettuato per l’imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili; c) il valore finale dell’area e quello iniziale del fabbricato, qualora ricorra l’ipotesi di cui al sesto comma dell’art. 6. Gli appellati non provvedevano in tal senso, ragion per cui l’Ufficio richiedeva l’INVIM, corredata dell a relativa sanzione, per omessa presentazione della relativa dichiarazione. In base all’art. 20, co. 2, del D.P.R. n. 643/72: ‘L’accertamento se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell’applicazione delle
imposte di registro o di successione può essere notificato con un unico avviso’. Pertanto la richiesta dell’INVIM era correttamente avvenuta contestualmente alla notifica dell’avviso di liquidazione è valida e tempestiva . In base all’art. 27, co. 2, del D.Lgs. n. 346/90: ‘…La liquidazione deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione o della dichiarazione sostitutiva o i ntegrativa’ . Considerato che la dichiarazione di successione integrativa era stata presentata dagli eredi in data 15.03.2019 e l’avviso di liquidazione impugnato era stato notificato agli stessi in data 28.05.2019, il relativo termine è stato pienamente rispettato da parte dell’Ufficio impositore. Pertanto, essendo che la richiesta dell’INVIM era correttamente avvenuta contestualmente alla notifica dell’avviso di liquidazione, non si può ritenere l’avvenuta decadenza dell’Ufficio in riferimento all’INVIM ».
4.3 Come è stato condivisibilmente osservato dalla controricorrente: « (…) l’operato dell’Ufficio è del tutto legittimo e corretto: come previsto dalla normativa (art. 20, comma 2, dello stesso D.P.R. sopra citato), ‘L’accertamento se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell’applicazione delle imposte di reg istro o di successione può essere notificato con un unico avviso’; di conseguenza nel provvedimento emesso dall’ufficio si provvedeva a liquidare l’imposta dovuta per la registrazione de lla dichiarazione di successione e quella dovuta ai fini INVIM con relativa sanzione (dovuta per la mancata produzione della dichiarazione autonoma, peraltro richiesta). Ed è l’ultimo com ma del già richiamato art. 20 che stabilisce che, nelle ipotesi di omessa presentazione delle dichiarazioni di cui all’art. 18, l’Ufficio può
procedere all’accertamento dell’incremento imponibile, entro il quinto anno solare successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, indicando nell’avviso il valore iniziale e il valore finale dell’immobile; ed ha liquidato tale particolare imposta sulla base dei criteri previsti dalla norma: il valore iniziale era stato fissato all’01/01/1963 (data di riferimento prevista dalla normativa), il valore finale era quello indicato dai dichiaranti nella dichiarazione integrativa, che doveva essere riferito alla data di apertura della successione (atteso che, infatti, tale valore i dichiaranti avevano indicato) ».
4.4 Dunque, l’amministrazione finanziaria ha fatto corretta applicazione dell’art. 20, comma 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, secondo cui: « L’accertamento se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell’applicazione delle imposte di registro o di successione può essere notificato con un unico avviso ». Per cui, posto che, secondo l’art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643: « All’accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta provvedono gli Uffici dell’amministrazione finanziaria dello Stato competenti alla registrazione dell’atto di trasferimento o della denuncia di successione », la concomitante emanazione dell’avviso di rettifica e liquidazione ai fini dell’imposta sulle successioni , ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, rendeva superflua la preliminare emanazione di un autonomo avviso di accertamento ai sensi dell’art. 20, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, e consentiva la contestuale liquidazione dell’INVIM pur in difetto della dichiarazione prevista dall’art. 18, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, con l ‘inibizione al decorso della decadenza prevista dall ‘a rt. 20, comma 4, del del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (il cui dies a
quo coincideva con la presentazione della dichiarazione integrativa di successione).
Apprezzandosi l ‘inf ondatezza dei motivi dedotti, alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, il ricorso deve essere respinto.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 2.400,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 13 maggio