Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14538 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14538 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
Ires -Irap -Iva -Avviso di accertamento -Rettifica del conto ricavi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18465/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona dei curatori pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente –
nonché
sul ricorso iscritto al n. 18734/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ,
-ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTARE DI RAGIONE_SOCIALE in persona dei curatori pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. prof. NOME COGNOME
-controricorrente –
Entrambi avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. PUGLIA, n. 2880/2019 depositata in data 4 novembre 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME Procuratore Generale, NOME COGNOME con riferimento al solo ricorso 18465 del lette le conclusioni scritte rassegnate dal sostituto 2022, il quale ne ha chiesto il rigetto;
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate, il 5 novembre e il 27 dicembre 2013, notificava alla RAGIONE_SOCIALE, esercente lavori di meccanica generale (poi dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Lecce n. 30 del 2 luglio 2018) tre avvisi di accertamento con i quali, per gli anni di imposta 2008, 2010 e 2011, accertava maggiori ricavi ai fini Ires, Irap e Iva.
1.1. Q uanto all’anno 2008 , l’Ufficio accertava l’indebita deduzione di costi per euro 1.447.605,00. L’imponibile veniva determinato sottraendo alla somma di euro 3.07.605,00 -pari ai costi supplementari per materie prime che aveva dovuto sopportare e per i quali la contribuente aveva chiesto la copertura alla cliente RAGIONE_SOCIALE -la somma d i euro 1.600.000,00 da quest’ul tima riconosciuta con transazione del 4 dicembre 2009.
1.2. Per il 2010 venivano ripresi a tassazione ammortamenti per euro 58.677,00 riferiti a spese sostenute per l’ampliamento della rete commerciale e previsti in caso di raggiungimento di incrementi di fatturato -obiettivo che l’Ufficio riteneva non realizzato -ritenuti non inerenti. Inoltre, venivano recuperati a tassazione ricavi non dichiarati per euro 600.000,00 ed oggetto di rettifica in diminuzione del conto ricavi relativo alla cliente RAGIONE_SOCIALE
1.3. Per il 2011 l’Ufficio recuperava a tassazione altra tranche di ammortamenti non deducibili per euro 58.677,00; recuperava, inoltre, ricavi non contabilizzati per euro 1.809.556,00 pari ai maggiori corrispettivi richiesti alla RAGIONE_SOCIALE s.p.a. per le materie prime, da quest’ultima accordati in virtù di accordi del 22 e 27 dicembre 2010, e recuperati, in base alle pattuizioni prese, mediante maggiorazione dei listini di vendita del 2011.
Avverso i tre avvisi di accertamento la società proponeva distinti ricorsi dinanzi alla CTP di Lecce la quale, con separate sentenze (nn. 2190, 2191 e 2192 del 2015) li accoglieva.
Contro tali sentenze l’Ufficio proponeva separati appelli. La CTR con la sentenza in epigrafe, previa riunione, rigettava i gravami relativi agli avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2008 e 2011; invece, accoglieva parzialmente il gravame relativo al 2010, ritenendo legittimo il recupero a tassazione dell’importo di euro 600.000,00 .
Avverso tale sentenza entrambe le parti propongono ricorsi per cassazione in via principale, iscritti a ruolo separatamente, e si difendono a mezzo controricorso.
La società contribuente ha depositato memoria nel solo primo giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve disporsi, ex art. 335 cod. proc. civ., la riunione del giudizio n. 18734 del 2020 al giudizio n. 18465 del 2020
in quanto relativi a ricorsi proposti nei confronti della medesima sentenza. Pertanto, l ‘Agenzia delle entrate, in ragione della notifica successiva del suo ricorso, va qualificata come ricorrente in via incidentale.
La società contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR -nella parte in cui ha accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio con riferimento all’anno di imposta 2010 ed al recupero a tassazione, a titolo di maggiori ricavi, di un maggior imponibile per euro 600.000,00 -ed articola quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ ., la violazione dell’art. 2423 -bis cod. civ., degli artt. 85, 88, 109 e 163 t.u.i.r. e degli artt. 5 e 14, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Assume, in primo luogo, che la sentenza impugnata, nel ritenere legittimo il recupero a tassazione dell’importo di euro 600.00,00 , ha finito con il tassare ricavi solo apparenti. Osserva che la CTR ha ravvisato nello storno della somma dal conto ricavi una «ipotesi evasiva» senza alcuna considerazione delle caratteristiche dell’operazione realizzata. In secondo luogo , evidenzia che l’operazione trovava giustificazione in ragione della sua sostanza economica, prevalente rispetto alla forma, secondo quanto previsto dall’art. 2423 -bis cod. civ. In terzo luogo, assume che il conto ricavi della cliente RAGIONE_SOCIALE doveva essere rettificato, stornando la somma di euro 600.00.00 erroneamente recuperata a tassazione, in quanto l’importo era stato già correttamente contabilizzato e tassato nel 2009, anno di competenza, quando si era realizzato l’accordo transattivo ; che, pertanto, l’i scrizione in bilancio non poteva essere condizionata dal fatto che parte del corrispettivo era stato pagato nel 2010 in quanto l’art. 2423 -bis cod. civ. impone di tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, ovvero il 2009, ann o in cui si erano
realizzati i requisiti di certezza e determinabilità della componente del reddito ex art. 109 t.u.i.r. Infine, evidenzia che, ammesso che vi fosse stato errore nell’individuazione dell’esercizio di competenza , non vi era comunque materia imponibile in quanto la tassazione nel 2010 comportava la duplicazione della imposizione già eseguita nel 2009.
2.2 Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, con riferimento alla ripresa a tassazione ai fini Ires e Irap.
Censura la sentenza impugnata per avere la CTR omesso di esaminare i seguenti fatti: 1) che l’importo di euro 600.000,00 r ipreso a tassazione era ricompreso nelle rilevazioni che nel corso del 2010 avevano movimentato in avere il conto ricavi; 2) che il medesimo importo era già stato contabilizzato come provento straordinario nell’anno 2009, e come tale aveva concorso alla determinazione del reddito di impresa e del valore della produzione di tale periodo di imposta.
2.3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente, con riferimento alla conferma della pretesa impositiva e sanzionatoria ai fini Iva, in violazione dell’art. 36, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132, secondo comma, n. 4 , cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver confermato, sempre con riferimento all’importo di euro 600.000, 00, anche la ripresa dell’Iva. Osserva che la rettifica del conto ricavi era operazione contabile del tutto irrilevante ai fini dell’Iva .
2.4. Con il quarto motivo, proposto in via subordinata rispetto al terzo, denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento alla ripresa a tassazione ai fini Iva.
Censura la sentenza per aver omesso di esaminare la circostanza che l’importo in contestazione, essendo stato formalmente corrisposto come quota parte dei corrispettivi delle cessioni effettuate nel 2010, era ricompreso negli imponibili delle operazioni di cessione realizzate in tale annualità, tutte regolarmente fatturate, registrate ed assoggettate a tassazione ai fini Iva.
L ‘Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR -nella parte in cui ha rigettato il proprio appello, integralmente per gli anni di imposta 2008 e 2011, e parzialmente per l’anno di imposta 2010 -e formula tre motivi.
3.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 109 t.u.i.r. , dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 112 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per avere la CTR erroneamente negato, per il 2008, il recupero a tassazione degli asseriti costi per euro 1.447.605,00 e per avere affermato che gli stessi erano stati effettivamente sostenuti. Osserva che la parte era interamente gravata dell’onere di provare i costi producendo le fatture, mentre aveva prodotto solo un elenco delle stesse; che la CTR ha reso motivazione inesistente, laddove ha affermato che alcuna fattura d’acquisto era stata contestata, atteso che alcuna fattura era stata mai prodotta. Aggiunge che sull’assenza di prova per mancata esibizione delle fatture la CTR aveva omesso di pronunciarsi, così come non si era pronunciata sulla censura con la quale si era evidenziato che non era stato provato in ragione di quale variazione del prezzo di acquisto si fosse giunti al valore di costi extra di euro 3.047.05,25.
3.2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’ulteriore violazione dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui, per gli anni 2010 e 2011, ha escluso la legittimità del recupero a tassazione degli ammortamenti per spese volte all’aumento del fatturato, assumendo che detta condizione si era verificata, e così rendendo motivazione apparente. Osserva, in particolare, che la CTR ha fatto riferimento genericamente ad un aumento di fatturato in tutti gli ambiti di attività, mentre i fornitori del servizio avevano assunto l’impegno di raggiungere precisi incrementi per nuovi clienti; che, inoltre, la sentenza accenna ad una derogabilità della condizione contrattuale circa l’ammontare dell’incremento assicurato, mai invocata dalla parte .
3.3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia, d ell’art. 21 d.P.R . 26 ottobre 1973, n. 633, nonché degli artt. 2697 e 2709 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato il recupero a tassazione dell’imponibile di euro 1.809.556,00 di cui al 2011, ritenendo la voce correttamente contabilizzata. Osserva che detto importo, relativo agli extra-costi sopportati nel 2010, per accordo con la RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto essere recuperato tramite una maggiorazione dei listini del 2011; che, tuttavia, le relative fatture non consentivano di rilevare con quale di esse fosse stato recuperato detto surplus , sicché il medesimo era stato legittimamente considerato come ricavo non fatturato. Evidenzia, pertanto, che il rilievo non atteneva alla contabilizzazione, bensì alla fatturazione e che la CTR non aveva considerato la specifica censura mossa, così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia. Aggiunge che, in ogni caso, la CTR aveva annullato la ripresa sebbene mancasse la prova che la società, nella determinazione dei ricavi dell’anno 2011 , ne avesse tenuto conto.
I motivi del ricorso della società contribuente vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e sono infondati.
4.1. L’Ufficio come riportato nel processo verbale di constatazione (p.v.c.), riprodotto, in parte qua, nel ricorso -recuperava a tassazione, ai fini Ires, Irap e Iva, ricavi per euro 600.000,00 per i quali la società aveva rettificato in diminuzione il conto ricavi relativo al cliente RAGIONE_SOCIALE
Secondo la società la rettifica doveva contestualizzarsi in ragione di un accordo transattivo intercorso con la cliente in data 4 dicembre 2009. Sosteneva, in proposito, che in sede transattiva la cliente aveva riconosciuto, con riferimento ai prodotti venduti nel 2009, un ulteriore importo di euro 1.600.000,00, oltre Iva, per far fronte ai maggiori costi che essa deducente aveva dovuto sopportare, stante l’aumento dei prezzi dei materiali necessari per produrre quanto alla stessa venduto (componenti destinati al settore delle macchine). L’importo riconosciuto era stato, pertanto, imputato a «recupero extra-costi materiali 2008». Per accordo tra le parti, tuttavia, mentre euro 1.000.000,00 oltre Iva, erano stati corrisposti una tantum nel 2009, la somma residua di euro 600.000,00 era stata corrisposta maggiorando, nel 2010, i prezzi di listino. La contribuente sosteneva, pertanto, che per dare riscontro contabile a tale accordo, nel 2009 aveva contabilizzato l’intera somma di euro 1.600.000,00 come sopravvenienza attiva che aveva concorso alla formazione del reddito, sebbene euro 600.000,00 non fossero stati né pagati né fatturati; che, di conseguenza, alla data del 28 dicembre 2010, poiché detta somma risultava contabilizzata e tassata nel 2009, aveva provveduto allo storno della stessa dal conto ricavi per evitare che scontasse una seconda volta la tassazione di Ires e Irap.
A fronte di tale ricostruzione, l’Ufficio evidenziava, nel citato p.v.c., che dalle fatture di vendita del 2010 non poteva evincersi in alcun modo come e quando l’ulteriore importo di euro 600.000,00 fosse stato recuperato, se non presuntivamente per volumi di vendita effettuati.
4.2. La CTR, esaminando la questione posta dalle parti, rilevava che l’ipotesi evasiva denunciata dall’Ufficio era fondata in quanto il conto ricavi era stato stornato, nonostante, secondo la tecnica contabile, il conto clienti avrebbe dovuto essere movimentato al momento della fatturazione; che, così facendo, si era determinato una riduzione anomala dei ricavi che la contribuente non aveva giustificato; che le evidenze contabili smentivano l’assunto secondo il quale si era trattato di una mera operazione contabile; che non vi era alcuna documentazione utile o significativa -quali mastrini di contabilità, bilancio, scritture sul libro giornale o fatture riepilogative -idonea a giustificare l’operazione contabile irregolare; che , pertanto, la medesima restava tale a fronte di generiche e fumose spiegazioni prive di riscontri.
4.3. Così ricostruita la questione controversa, il primo motivo è inammissibile. La censura, infatti, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata; il terzo motivo, invece, è infondato risultando chiaramente esposte le ragioni per cui la CTR ha ritenuto legittimo l’intero recupero .
4.3.1. Deve evidenziarsi sul punto che l’Ufficio, con l’appello, aveva contestato che dalle fatture di vendita del 2010 non si evinceva come e quando detto importo fosse stato recuperato, stante la sua mancata evidenziazione.
4.3.2. La CTR ha rilevato che la contribuente aveva rettificato il conto ricavi dell’anno 2010, stornando l’importo di euro 600.000,00, pacificamente corrisposto dalla RAGIONE_SOCIALE nell’anno di competenza, e così sottraendolo alla tassazione ai fini Ires, Irap e Iva e realizzando l’ipotesi evasiva descritta dall’Ufficio. Ha aggiunto che la ricostruzione contabile proposta non aveva trovato alcun riscontro nei documenti.
In particolare, la CTR ha ritenuto legittima la tassazione dell’importo nel 2010, anche ai fini dell’Iva, rilevando che non trovava
giustificazione contabile la rettifica del conto ricavi che aveva portato a sottrarre a tassazione, ai fini Ires, Irap e Iva, l’importo di euro 600.000,00; inoltre ha fatto corretta applicazione del principio di competenza, essendo pacifico che si trattava di somme fatturate e corrisp oste in quell’anno e non avendo trovato riscontro la diversa ricostruzione prospettata dalla contribuente. Ha rilevato, infatti, che le risultanze contabili contrastavano con la ricostruzione proposta; che la consulenza contabile era lacunosa e non apportava documentazione utile a corroborare l’operazione contabile irregolare.
4.3.3. La sentenza, pertanto, ha risolto la questione controversa in punto di fatto.
La ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/2019, n. 640; Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 04/04/2013, n. 8315).
4.3.4. La CTR ha anche esplicitato la ratio decidendi della propria decisione illustrando le ragioni per le quali non vi era riscontro all’operazione contabile con la quale la contribuente aveva giustificato lo storno di ricavi per euro 600.000,00.
Va rammentato, infatti, che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
4.4. Il secondo ed il quarto motivo, che censurano l’ omesso esame di fatti decisivi, sono infondati.
4.4.1. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che il novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori non integra, invece, di per sé, vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma; Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 18/04/2018, n. 9558; Cass., Sez. U., 31/12/ 2018, n. 33679).
Quanto alla prima circostanza, comune ad entrambi i motivi -ovvero che l’importo di euro 600.0 00,00 era compreso nei corrispettivi delle cessioni effettuate nel 2010 ed era stato oggetto delle movimentazioni del conto ricavi -la CTR , lungi dall’ometterne l’esame, ha fondato la propria decisione proprio sul fatto che il medesimo era stato stornato senza che vi fosse prova delle ragioni offerte; ugualmente dicasi per la seconda circostanza di cui al secondo motivo
-ovvero che il medesimo importo era già stato contabilizzato come provento straordinario nell’anno 2009, e come tale aveva concorso alla determinazione dell’imponibile di tale periodo di imposta -atteso che la CTR ha comunque e scluso che vi fosse prova dell’ intera operazione contabile come ricostruita dalla contribuente.
4.5. Va, infine, rammentato che ove i componenti abbiano già concorso alla formazione del reddito di un altro esercizio, ciò non impedisce la loro considerazione nel periodo d’imposta in cui si radica la competenza secondo le regole dettate dall’articolo 109 t.u.i.r.; tanto, infatti, non comporta una doppia imposizione, trattandosi di evento che scaturisce direttamente dalla legge e tenuto conto che essa, in base ai principi generali, è evitabile dal contribuente mediante l’esercizio, con richiesta di rimborso e conseguente impugnazione del silenzio rifiuto su di essa eventualmente formatosi (Cass. 03/10/2018, n. 24006).
I motivi di ricorso dell’Agenzia delle entrate sono infondati.
5.1. In primo luogo, va escluso il vizio di omessa pronuncia denunciato sia nel primo che nel terzo motivo.
5.1.1. Per giurisprudenza costante non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto.» (Cass. 04/06/2019, n. 1525).
5.1.2. La CTR si è espressamente pronunciata su entrambe le riprese con riferimento alle quali l’Ufficio aveva impugnato la sentenza di primo grado, concludendo per l’illegittim ità del recupero; resta, pertanto, irrilevante, ai fini dell’ error in procedendo denunciato, che non abbia dato puntuale risposta alle singole argomentazioni spese
dall’Ufficio e, in particolare, al fatto che non erano state esibite le fatture ma solo un elenco delle medesime e che la contestazione mossa atteneva ad un vizio della fatturazione e non della contabilizzazione.
5.2. Pure infondate sono le censure di omessa motivazione mosse con il primo e con il secondo motivo.
5.2.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053).
5.2.2. La CTR, con riferimento ai costi portati in deduzione nell’anno 2008, ha chiaramente affermato che vi era prova che i medesimi erano stati effettivamente sostenuti; che, infatti, l’accordo intervenuto con la cliente era chiaro nel lasciare parte dei costi a carico della contribuente; che quest’ultima aveva tenuto una contabilità regolare, a fronte della quale non era stata contesta alcuna fattura di acquisto.
Con riferimento ai costi portati, pro quota , in deduzione negli anni 2010 e 2011 -e contestati dall’Ufficio in quanto non in linea con gli accordi commerciali che ne costituivano il titolo -la CTR ha osservato che si trattava di costi per consulenze subordinati al conseguimento di un aumento del fatturato che vi era effettivamente stato e che la condizione, si era realizzata. Ha aggiunto che i primi giudici avevano recepito i dati esposti dal perito aziendale che attestavano un aumento
del fatturato, a partire dall’anno 2009 e negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 che aveva riguardato sia i clienti storici che nuovi clienti.
5.2.3. La CTR, pertanto, con riferimento alle riprese oggetto dei due motivi in esame, ha sinteticamente illustrato le ragioni per le quali riteneva che i costi fossero stati legittimamente portati in deduzione.
Non appare dirimente l’argomento mosso dall’Ufficio, a sostegno dell’inesistenza della motivazione, ovvero che alcuna fattura era stata mai esibita e che, pertanto, alcuna fattura avrebbe mai potuto essere contestata. Lo stesso Ufficio, infatti, riferisce che la contribuente aveva prodotto l’elenco delle fatture che corroboravano i costi e, comunque, la CTR ha reso una valutazione complessiva dell’ac cordo intercorso tra la contribuente e la cliente che poneva a carico di quest’ultima solo parte degli extra-costi sopportati dalla prima.
5.3. Per il resto, le censure mosse con i primi due motivi attingono, in realtà, la valutazione delle prove fatta dal giudice di secondo grado.
È consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica e adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi
essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
5.4. Il terzo motivo, nella parte in cui lamenta violazione di legge, è anch’esso infondato .
5.4.1. La CTR, con riferimento ai ricavi recuperati a tassazione nell’anno 2011 -pari anche in questo caso, come per il 2010, al maggior compenso riconosciuto dalla cliente RAGIONE_SOCIALE in ragione di accordi di analogo tenore a quelli del 2009, stipulati nel 2010 e volti a compensare l’aumento dei prezzi delle materie prime -ha rilevato che, questa volta, la contabilizzazione dei medesimi era stata corretta (diversamente da quanto accaduto per il compenso d euro 600.000,00 di cui agli analoghi accordi del 2009); ha rilevato, infatti, che detti ricavi erano stati correttamente portati a tassazione nell’anno 2010 movimentando il conto delle fatture da emettere.
A fronte del motivo di appello dell’Ufficio il quale aveva manifestato dubbi sulla corretta fatturazione della somma -ha fatto riferimento alla perizia contabile allegata.
6.2. Il motivo di impugnazione solo formalmente è articolato come error in procedendo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. o come violazione di legge, mentre, in realtà, tende ad una rivalutazione dei fatti, già congruamente compiuta dal giudice d’appello, non consentita in questa sede.
6.4. Quanto alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. la stessa è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 29/05/2018, n. 13395).
6.4. Ugualmente, l’U fficio ripropone, paventando violazione dell’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1973, l’inammissibile richiesta di riesame delle prove già valutate dalla CTR.
In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale della contribuente, sia il ricorso, riqualificato come incidentale, dell’Ufficio.
Le spese di lite restano compensate in ragione della reciproca soccombenza.
Poiché l’Agenzia delle entrate è parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica alla stessa l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della sola contribuente, ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.