Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15869 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15869 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29991/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che le rappresenta e difende.
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege le rappresenta e difende.
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2158/2021, depositata il 23/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
Con sentenza n. 2158/2021, depositata il 23/4/2021, la Commissione tributaria regionale del Lazio, pronunciando sull’appello di NOME COGNOME ed NOME COGNOME avverso la decisione di prime cure che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalle contribuenti, ha riformato detta pronuncia, rilevando l’ammissibilità del ricorso di prime cure ma ha respinto nel merito la spiegata impugnazione dell’avviso di accertamento catastale di rettifica della categoria e della classe, nonché della conseguente rendita, dell’unità immobiliare sita in Roma, INDIRIZZO, piano terzo, interno 5, con compensazione della spese processuali.
Il giudice di appello, anzitutto, ha rilevato l’adeguatezza della motivazione dell’avviso impugnato, in quanto recante «i dati oggettivi della classe trattandosi di elementi conosciuti e facilmente conoscibili per il contribuente considerata la natura partecipata del procedimento e dell’atto (…)» e, nel merito, che l’Ufficio ha adeguatamente dato conto RAGIONE_SOCIALE ragioni del diverso classamento dell’immobile, da «sempre classificato in A1 classe 4 ad eccezione del periodo riferito alla VARIAZIONE NEL CLASSAMENTO del 06/08/2015 (…) in cui diventa categoria A2 classe 3.»
Quanto a tale variazione del classamento – prosegue la sentenza – l’Ufficio ha anche dimostrato che si è trattato di un errore al quale ha posto rimedio in forza dei poteri di cui al d. m. n. 37 del 1997, che disciplina le ipotesi di annullamento d’ufficio o di rinuncia all’imposizione in caso di auto-accertamento, senza necessità di istanza di parte.
Le contribuenti ricorrono, con tre motivi, per la cassazione della sentenza; l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., le ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR statuito in ordine alla circostanza, ricavabile dai documenti e dalle memorie illustrative di parte, che analoghi avvisi di accertamento, emessi tutti come ‘RETTIFICA CLASSAMENTO IN AUTOTUTELA DM 37/97’, per altre unità immobiliari del fabbricato di INDIRIZZO in Roma, sono stati annullati con sentenze di Commissione tributaria di primo e di secondo grado passate in giudicato. Deducono, inoltre, che trattandosi di appartamenti del medesimo fabbricato per i quali si è consolidato il classamento in categoria A/2 classe 3, l’avviso di accertamento impugnato deve essere analogamente annullato.
Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 7, l. n. 212 del 2000 e degli artt. 23, 54 e 57, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 3, l. n. 241 del 1990, assumendo che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame, l’atto impugnato non esponeva una compiuta motivazione della rettifica catastale, peraltro, non integrabile ex post , atteso che la variazione di classamento da loro proposta (categoria A/2 classe 3, rendita € 2.524,18) ed accettata dall’Ufficio con protocollo NUMERO_DOCUMENTO del 6/8/2015, veniva rivista in senso deteriore , comportando l’attribuzione della categoria A/1 classe 4, rendita e 5.004,47, senza l’indicazione di ragioni concernenti l’aggiornamento del catasto o di immobili similari comparabili all’unità oggetto di rettifica.
Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2 quater, d.l. n. 546 del 1994, conv. con modific. con l. 656 del 1994, nonché del d.m. n. 37 del 1997, in quanto l’Ufficio non ha provveduto all’annullamento in autotutela di alcun atto (illegittimo) ma, con l’avviso di accertamento catastale impugnato, ha
autoritativamente rettificato, nell’esercizio dei propri poteri, categoria, classe e rendita dell’unità immobiliare, per cui avrebbe dovuto assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione di cui all’art. 7 della l. n. 212 del 2000, evitando di incidere negativamente nella sfera dei contribuenti (artt. 23 e 53 Cost.).
I motivi di ricorso sono infondati per le ragioni di seguito esposte.
Nella fattispecie per cui è causa, la sentenza della Corte di merito ha respinto l’impugnazione dell’avviso di accertamento catastale che ha riportato l’immobile sito in Roma, INDIRIZZO, interno 5, alla originaria categoria e classe di accatastamento.
Le ricorrenti sostengono che erroneamente la decisione ha omesso di esaminare l’eccezione di ‘preclusione’ sollevata in forza di giudicato (di segno favorevole) formatosi in altre controversie, riguardanti parti processuali e porzioni immobiliari (del medesimo fabbricato) diverse, attesa la comunanza di questioni di fatto e di diritto.
Si deve, tuttavia, rilevare l’assoluta l’inconferenza del riferimento, nel primo motivo di ricorso, ai principi di cui all’articolo 324 cod. proc. civ., sul giudicato formale, ed all’articolo 2909 cod. civ., sul giudicato sostanziale, che fa stato soltanto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, qualora vi sia identità tra le parti della causa giudicanda (oltre che del rapporto giuridico) e di quella di cui sia stato eccepito il giudicato.
E’ appena il caso di ricordare (Cass. n. 33436/2018) che l’effetto estensivo/espansivo del giudicato favorevole intervenuto inter alios , stante la natura costitutiva RAGIONE_SOCIALE decisioni rese al termine del processo tributario in quanto volto all’annullamento di atti autoritativi, può semmai essere invocato, a certe condizioni, dal condebitore in solido, ma si tratta di fattispecie del tutto estranea alla vicenda per cui è causa.
L’atto di attribuzione del classamento catastale ha natura di atto di natura dichiarativa, contente una valutazione tecnica, vincolata dalla minuziosa disciplina catastale, che comporta un apprezzamento del valore dell’immobile alla luce della situazione esistente alla data della presentazione della domanda di accatastamento o di successiva variazione, per assicurare un adeguamento
dinamico alla realtà effettiva; il classamento, dunque, può sempre essere oggetto di revisione.
Ed infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Cass. n. 19379/2018; nn. 2995 e 3001 del 2015; n. 6411/2014; n. 13535/2014; v. anche Cass. n. 17627/2021), al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta con la procedura Docfa, quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera.
Inoltre, come è stato più volte evidenziato, il termine di dodici mesi dalla presentazione della Docfa, fissato dall’art. 1 del d. m. 19 aprile 1994 n. 701, per la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’Amministrazione finanziaria (eventualmente modificativa della rendita proposta dal contribuente), non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria, costituendo una modalità di esercizio dei poteri per la formazione e l’aggiornamento del catasto (Cass. n. 6218/2020; n. 34246/2019; nn. 2995, 3355 e 3358 e 5051 del 2015; nn. 6411 e 13535 del 2014; n. 5843/2011; nn. 19379 e 19380 del 2008; n. 16824/2006). Per un verso, dunque, poiché la rendita catastale ha efficacia illimitata nel tempo, altrettanto illimitata deve essere la facoltà del contribuente di presentare istanze di variazione, di rettifica, di correzione, altrimenti la non emendabilità di dichiarazioni inesatte finirebbe per cristallizzare nel tempo una imposizione falsata nei suoi presupposti, in contrasto con il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.).
Per altro verso, l’Amministrazione finanziaria, senza conseguenze sulla caducazione dei suoi poteri accertativi, può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente anche oltre il termine annuale di cui sopra.
In fatto, le ricorrenti COGNOME e COGNOME, nel corso del 2011 presentavano la dichiarazione DOCFA (per ‘diversa distribuzione spazi interni’) proponendo il classamento dell’immobile in categoria A/1 classe 4 mentre, id data 6/8/ 2015, l’Ufficio attribuiva al bene la cat. A/2 classe 3, classamento, in data 21/3/2016, rettificato in A/1 classe 4, corrispondente a quello originario.
Ciò detto, l’avviso di accertamento impugnato non può essere considerato come un intervento officioso del tutto avulso dalla storia catastale dell’immobile de quo (originariamente accatastato in categoria A/1 classe 4).
Esso si inserisce, in sequenza logica oltre che temporale, nella operazione di variazione di classamento catastale (del 6/8/2015 n. prot. n. NUMERO_DOCUMENTO) avviata dalle ricorrenti, «validata dallo stesso Ufficio», che ha portato all’attribuzione della «categoria A/2 classe 3, vani 8,5, rendita catastale € 2.524,18.»
La decisione del giudice di merito si inserisce nel solco della giurisprudenza della Corte (Cass. n. 12160/2005) secondo cui si è «in presenza di ius poenitendi da parte dell’ufficio competente» quando, «nel corso dell’unico subprocedimento di attribuzione della rendita», l’Ufficio interviene per correggere un errore di quella proposta, atteso che la rendita catastale deve essere effettivamente corrispondente alle caratteristiche del bene censito.
Secondo le ricorrenti, invece, l’Ufficio non avrebbe potuto, con l’impugnato avviso di accertamento (n. NUMERO_DOCUMENTO), variare il classamento «in senso deteriore per i contribuenti», avendo riportato l’unità immobiliare alla categoria A/1 classe 4, rendita e 5.004,47 e, comunque, avrebbe dovuto «specificare» le ragioni di tale variazione (doglianza oggetto del secondo motivo d’impugnazione) non essendo sufficiente, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice tributario di appello, la mera indicazione dei dati oggettivi e della calasse attribuita all’immobile.
Ritiene il Collegio priva di fondatezza la tesi per cui sarebbe precluso all’Amministrazione finanziaria l’esercizio dei poteri di rettifica della rendita proposta dalle contribuenti per il solo fatto che il classamento e la rendita proposti siano stati più favorevolmente modificati in sede di «validazione», ovvero nell’ambito della procedura informatizzata, poiché l’annotazione contenuta nell’avviso «RETTIFICA CLASSAMENTO IN AUTOTUTELA DM 37/97» sta proprio a significare che i dati forniti con l’ultima variazione proposta dagli interessati, di cui è fatta espressa menzione nell’atto, dovevano intendersi non corretti e, quindi, non più destinanti ad integrare la rendita catastale definitiva.
Ciò, in conseguenza e per effetto della riedizione dei poteri dell’Ufficio che sovraintende il Catasto, atteso che come il termine di un anno assegnato di cui all’art. 1, d. m. n. 701 del 199 per la determinazione della rendita definitiva non ha natura perentoria, sicché il suo superamento non determina decadenza, così la «validazione» non attribuisce irretrattabilità ad una rendita pur sempre proposta dagli interessati e che, come prospettato dall’RAGIONE_SOCIALE, è risultata affetta da errore (classamento rivelatosi errato).
La tutela della posizione facente capo alle ricorrenti, in quanto titolari di un diritto reale sull’immobile, anche in relazione all’invocato principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.), non appare affatto incisa dalla sopra operata ricostruzione della fattispecie oggetto di causa, mentre non ricorre, per le ragioni già dette, la diversa ipotesi della rendita catastale stabilità in via definitiva dal giudice tributario che, com’è noto, costituisce l’unica rendita valida ed efficace ai fini della determinazione della base imponibile dei tributi (Cass. n. 18637/2022). Gli interessati, infatti, nelle ipotesi come quella oggetto d’esame ben possono esplicare le proprie difese, impugnando, ai sensi dell’art. 19, lett. f, d.lgs. n. 546 del 1992, l’avviso di accertamento, in quanto atto che equivale a diniego dell’istanza di variazione catastale, dimostrando – profilo che attinente al merito catastale – l’incongruità del classamento (precedentemente in categoria A/1 classe 4) e, viceversa, la congruità della variazione catastale proposta (nella specie, categoria A/2 classe 3), avuto riguardo, ad esempio, alle mutate caratteristiche dell’immobile o della zona di ubicazione e, dunque, allo scopo di conformare lo stato catastale, allo stato di fatto attuale, secondo le regole dell’estimo che disciplinano la materia catastale.
Ed è nell’ambito di tale valutazione giudiziale che assurge a rilievo parametrico il classamento degli immobili similari, anche se nella specie va esclusa la opponibilità di un giudicato catastale riferibile agli stessi soggetti interessati.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti in solido al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 4.500,00 per compensi, oltre rimborso spese prenotate a debito.
Si dà atto ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte