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Retribuzione convenzionale: quando è tassabile?

Un manager che lavorava all’estero ha ricevuto un’indennità denominata ‘elemento da assorbire’. L’Agenzia delle Entrate la considerava reddito tassabile, mentre il contribuente sosteneva fosse un’indennità non imponibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini del calcolo della retribuzione convenzionale, è essenziale distinguere tra compenso per la prestazione lavorativa e indennità per i disagi. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione della natura effettiva dell’emolumento.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione Lavoratori all’Estero: la Cassazione fa chiarezza sulla Retribuzione Convenzionale

La tassazione dei redditi per i lavoratori italiani all’estero rappresenta un tema complesso, al centro del quale si pone il concetto di retribuzione convenzionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene per delineare i confini tra ciò che costituisce reddito imponibile e ciò che invece va considerato come un’indennità non tassabile, fornendo criteri essenziali per distinguere le due categorie. La pronuncia analizza il caso di un dirigente che percepiva un ‘elemento da assorbire’ e chiarisce l’onere della prova in capo alle parti.

I fatti del caso: un’indennità per il lavoro all’estero

Un contribuente, dirigente di un’azienda e fiscalmente residente in Italia, ha prestato la sua attività lavorativa all’estero per diversi anni (dal 2008 al 2011). Oltre alla normale retribuzione, percepiva una somma definita ‘elemento da assorbire’, erogata in via forfettaria. L’Agenzia delle Entrate riteneva che tale somma dovesse essere inclusa nella base imponibile per il calcolo dell’IRPEF. Al contrario, il lavoratore sosteneva che si trattasse di un’indennità volta a compensare il disagio morale, ambientale e familiare derivante dal trasferimento, e che quindi non dovesse essere soggetta a tassazione secondo il regime della retribuzione convenzionale previsto dall’art. 51, comma 8 bis, del T.U.I.R.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Amministrazione finanziaria, qualificando l’emolumento come retributivo. Il contribuente ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

Le questioni giuridiche e il ricorso in Cassazione

Il ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. Nullità processuale: La C.T.R. aveva negato la richiesta di discussione orale da remoto, motivando la decisione con ragioni organizzative e tecnologiche, considerate dal ricorrente pretestuose e lesive del diritto di difesa.
2. Vizio di motivazione: Le sentenze impugnate avrebbero confuso la natura reddituale della somma con la sua natura retributiva, senza analizzare a fondo se essa dovesse rientrare o meno nella nozione di ‘retribuzione nazionale corrispondente’.
3. Violazione di legge: Errata applicazione dell’art. 51, comma 8 bis del T.U.I.R., che introduce un regime fiscale agevolato per i lavoratori all’estero. Secondo il ricorrente, tale regime esclude dalla tassazione le componenti non legate da un nesso sinallagmatico con la prestazione lavorativa, come l’indennità percepita.

La distinzione tra retribuzione e indennità secondo la Corte

La Corte di Cassazione, dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso cumulativo e il primo motivo relativo alla mancata udienza orale (ritenendo legittima la scelta del giudice in periodo emergenziale), ha accolto il secondo e il terzo motivo, cassando le sentenze impugnate. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione della retribuzione convenzionale.

La Corte ha stabilito che il giudice di merito deve effettuare una valutazione concreta e non meramente formale per qualificare un emolumento. È necessario esaminare le pattuizioni tra le parti e la funzione effettiva della somma erogata. La distinzione fondamentale è la seguente:
Natura retributiva: L’emolumento ha natura retributiva se è collegato sinallagmaticamente alla prestazione lavorativa, costituendone un corrispettivo.
Natura indennitaria: L’emolumento ha natura indennitaria se è erogato esclusivamente per compensare la maggiore gravosità e il sacrificio personale (familiare, relazionale) derivante dallo svolgimento del lavoro fuori dai confini nazionali. Queste somme, definite ‘indennità estero’, non rientrano nel calcolo della base imponibile.

le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto che la C.T.R. non abbia svolto adeguatamente questa valutazione. I giudici di secondo grado hanno ignorato le prove prodotte dal contribuente, come la corrispondenza con il datore di lavoro e i prospetti INPS che mostravano il mancato assoggettamento dell’indennità agli oneri contributivi. La C.T.R. ha erroneamente affermato una netta separazione tra profili previdenziali e fiscali, senza considerare che le normative europee in materia di sicurezza sociale rinviano alla legislazione degli Stati membri per la qualificazione dei redditi.

Inoltre, la Corte ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova: spetta al lavoratore dimostrare la natura indennitaria delle somme quando chiede un rimborso, mentre spetta all’amministrazione fiscale provarne la natura retributiva quando effettua un accertamento per il recupero di imposte non versate. Nel caso di specie, la C.T.R. ha dato per scontata la natura retributiva dell’ ‘elemento da assorbire’ in modo assertivo, commettendo un errore di diritto.

le conclusioni

La Cassazione ha annullato le sentenze e ha rinviato la causa alla Commissione di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso applicando il principio secondo cui la natura di un emolumento deve essere accertata in concreto, valutando se esso remuneri la prestazione o compensi il disagio. Questa pronuncia ribadisce l’importanza di un’analisi sostanziale e non formale per la corretta applicazione del regime della retribuzione convenzionale, tutelando la ratio agevolativa della norma e garantendo che solo i redditi effettivamente legati alla prestazione lavorativa siano inclusi nella base imponibile.

Quando un’indennità per lavoro all’estero è tassabile in Italia?
Un’indennità è tassabile se ha natura retributiva, cioè se costituisce un corrispettivo direttamente collegato alla prestazione lavorativa. Non è invece tassabile se ha natura indennitaria, ovvero se è erogata esclusivamente per compensare la maggiore gravosità e il sacrificio personale (familiare, ambientale) derivante dal lavoro all’estero.

È possibile impugnare più sentenze con un unico ricorso in materia tributaria?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è ammissibile un ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, anche se relative ad annualità diverse, quando tutte le cause dipendono dalla soluzione di un’identica questione di diritto comune a tutte.

Un giudice può negare la discussione orale in udienza richiesta da una parte?
Sì, secondo la Corte, in base alla normativa emergenziale per il Covid-19, un giudice poteva legittimamente disporre la trattazione scritta del procedimento, anche a fronte di una richiesta di discussione orale o da remoto, qualora carenze organizzative dell’ufficio giudiziario impedissero il collegamento. La trattazione scritta è considerata equivalente e idonea a garantire il diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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