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Retribuzione amministratori: la Cassazione decide

La Cassazione ha respinto il ricorso di una società contro un avviso di accertamento. Confermato il principio per cui la retribuzione amministratori, per essere deducibile, deve essere deliberata dall’assemblea dei soci. I costi per contratti di consulenza fittizi, che mascherano tale retribuzione, sono indeducibili, così come l’IVA su prestazioni derivanti da interposizione illecita di manodopera.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Retribuzione amministratori: quando i costi sono indeducibili?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato temi cruciali per la vita delle società, ribadendo principi fondamentali in materia di deducibilità dei costi e detraibilità dell’IVA. Al centro della controversia vi erano la retribuzione amministratori, mascherata da contratti di consulenza, e i costi derivanti da un’illecita somministrazione di manodopera. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti su come le formalità legali incidano direttamente sulla fiscalità aziendale.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata ha impugnato un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di alcuni costi e la detrazione dell’IVA per gli anni dal 2013 al 2018. Le contestazioni si basavano su tre rilievi principali:

1. Costi per facchinaggio: Deduzione di costi e detrazione IVA per prestazioni fornite da cooperative, ritenute dall’Agenzia un’illecita somministrazione di manodopera.
2. Costi per consulenze: Deduzione di costi per prestazioni di consulenza fornite dagli stessi amministratori della società, considerate una forma mascherata di retribuzione non deliberata dall’assemblea dei soci.
3. Costi minori: Deduzione di piccoli importi e rimborsi non documentati o non inerenti all’attività d’impresa.

La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la decisione di primo grado, respingendo gli appelli sia della società che dell’Agenzia. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la validità dell’avviso di accertamento e chiarendo punti di diritto fondamentali.

Interposizione di Manodopera e Indetraibilità IVA

La Corte ha confermato che i contratti di appalto con le cooperative mascheravano in realtà una somministrazione irregolare di manodopera. Gli elementi probatori, come il fatto che i lavoratori prendessero direttive direttamente dalla committente e che il compenso fosse parametrato sulle ore lavorate e non sul servizio reso, hanno supportato la riqualificazione del rapporto.

Di conseguenza, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la fatturazione di prestazioni rese nell’ambito di un contratto nullo per illiceità non legittima la detrazione dell’IVA. La Corte ha chiarito che, sebbene la giurisprudenza europea ammetta la detrazione in caso di nullità civilistica, questa è esclusa quando l’operazione è fittizia o trae origine da un’evasione o un abuso di diritto, come nel caso di illecita interposizione di manodopera che genera un vantaggio illecito e falsa la concorrenza.

La questione cruciale della retribuzione amministratori

Il punto più significativo della pronuncia riguarda i costi per le consulenze degli amministratori. L’Agenzia delle Entrate li aveva contestati ritenendo che i contratti di consulenza fossero simulati e mirassero unicamente a erogare compensi agli amministratori eludendo la necessaria delibera assembleare.

La Cassazione ha affermato un principio di diritto di estrema importanza: la disciplina sulla retribuzione amministratori, contenuta negli articoli 2389 e 2364 del codice civile, ha natura di norma imperativa. Tali norme sono poste a tutela non solo dei soci, ma anche dell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica. Esse prevedono che il compenso degli amministratori debba essere stabilito nello statuto o deliberato dall’assemblea dei soci.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha stabilito che queste norme imperative non possono essere derogate attraverso il ricorso a contratti di consulenza onerosi stipulati tra la società e i suoi stessi amministratori. Tali accordi, se volti a remunerare l’attività di gestione tipica dell’amministratore, sono nulli per violazione di norma imperativa ai sensi dell’art. 1418 c.c.

L’onere della prova sulla natura simulata di tali contratti non è il punto focale. Piuttosto, ciò che conta è il rispetto della procedura legale. Per essere deducibile, il compenso deve essere quantificato nello statuto o in un’esplicita delibera assembleare. Una delibera implicita, come quella di approvazione del bilancio che contiene la posta di costo, non è sufficiente, a meno che l’assemblea, in composizione totalitaria, non abbia specificamente discusso e approvato la proposta.

La funzione economico-sociale di questi contratti di consulenza è stata quindi giudicata come un tentativo di aggirare le norme imperative sul compenso degli amministratori. Di conseguenza, i costi relativi sono stati considerati indeducibili.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza della Corte di Cassazione rafforza due principi fondamentali della fiscalità d’impresa. Primo, i costi derivanti da contratti illeciti, come la somministrazione abusiva di manodopera, non consentono la detrazione dell’IVA, in quanto minano il principio di neutralità dell’imposta e creano distorsioni della concorrenza. Secondo, la retribuzione amministratori è un costo deducibile solo se rispetta le formalità previste dal codice civile, ovvero una delibera esplicita dell’assemblea o una previsione statutaria. Qualsiasi tentativo di aggirare questa regola attraverso strumenti contrattuali alternativi, come consulenze fittizie, rende il costo indeducibile ai fini delle imposte dirette.

Un’azienda può dedurre i costi per contratti di consulenza stipulati con i propri amministratori?
No, se tali contratti mascherano la retribuzione per l’attività di gestione. La Corte di Cassazione ha stabilito che la retribuzione degli amministratori, per essere deducibile, deve essere formalmente deliberata dall’assemblea dei soci o prevista dallo statuto, in quanto la relativa disciplina ha natura di norma imperativa. Aggirare questa regola rende il costo indeducibile.

È possibile detrarre l’IVA relativa a costi sostenuti per un’illecita somministrazione di manodopera?
No. Secondo la sentenza, l’IVA su prestazioni derivanti da un’interposizione illecita di manodopera non è detraibile. Questo perché l’operazione trae origine da un abuso di diritto volto a conseguire un vantaggio fiscale illecito, falsando la concorrenza e violando il principio di neutralità dell’imposta.

Cosa rende valida la delibera sulla retribuzione degli amministratori ai fini della deducibilità fiscale?
La delibera deve essere esplicita e provenire dall’assemblea dei soci. La semplice approvazione del bilancio in cui è iscritta la voce di costo non è considerata sufficiente, a meno che l’assemblea, in composizione totalitaria e specificamente convocata anche per questo, non abbia discusso e approvato la proposta di compenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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