Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15776 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15776 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16082/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), e perciò domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dal suddetto avvocato
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALEa SICILIA-PALERMO n. 2000/2023 depositata il 28/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe emerge quanto segue:
La controversia in esame ha ad oggetto l’impugnazione da parte del sig. COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE‘avviso di accertamento n: NUMERO_DOCUMENTO con cui l’RAGIONE_SOCIALE ha ripreso a tassazione ritenendo indetraibile ai sensi degli artt. 2 comma 3 lettera b) e 19, comma 2 del D.P.R. 633/72, l’IVA esposta, per un importo complessivo pari ad € 14.083,00, in talune fatture emesse dal Sig. COGNOME NOME per la cessione di beni strumentali e merci nei confronti del Sig. COGNOME NOME, e relativa all’azienda già presa in affitto da parte di costui e successivamente retrocessa per effetto di apposita risoluzione contrattuale.
Con siffatto avviso di accertamento l’Ufficio ritiene che la cessione separata con fatturazione soggetta ad IVA di singoli beni aziendali sia in realtà qualificabile come cessione di azienda in virtù RAGIONE_SOCIALEa loro funzione unitaria strettamente servente rispetto all’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa ciò potendo dedursi dall’identità e dalla continuità RAGIONE_SOCIALE‘attività esercitata da cedente e cessionario -nello specifico commercio al dettaglio di mobili per la casa – nella medesima sede aziendale.
Pertanto, l’RAGIONE_SOCIALE ha emesso l’avviso impugnato mediante il quale riqualificava il predetto atto di
‘cessione di beni’ in atto di ‘cessione di azienda’ e procedeva al recupero RAGIONE_SOCIALE‘IVA addebitata sulla cessione dei beni strumentali e merci, secondo quanto normato dall’art. 19, comma 2 del D.P.R. 633/73.
La CTP di Ragusa, adita impugnatoriamente dal contribuente, con sentenza n. 295/04/2020 depositata il 18 giugno 2020, respingeva il ricorso di parte ritenendolo infondato con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio.
Proponeva appello il contribuente, accolto dalla CTR RAGIONE_SOCIALEa Sicilia, con la sentenza in epigrafe, sulla base RAGIONE_SOCIALEa seguente motivazione:
La fattispecie in contestazione riguarda la restituzione RAGIONE_SOCIALE‘azienda al proprietario a seguito di cessazione del contratto di affitto di azienda, che costituisce un ‘unicum’, e poi la vendita di rimanenze che non rientravano nel contratto originario di affitto, queste di proprietà RAGIONE_SOCIALE‘affittuario, che rappresentano una cessione di beni.
I giudici di prime cure, seguendo un errato ‘iter’ logico proposto dall’RAGIONE_SOCIALE ritengono che il signor COGNOME NOME nel restituire l’azienda al padre signor COGNOME NOME e cedere le rimanenze abbia ceduto un’azienda. Ciò non è vero! Il signor COGNOME NOME non poteva cedere un’azienda non sua. L’azienda non è ceduta ma restituita in forza RAGIONE_SOCIALEa cessazione del contratto di affitto d’azienda.
Con un accordo transattivo veniva risolto il contratto di affitto di ramo d’azienda di proprietà del ricorrente, stipulato in data 20 marzo 1998 in favore di NOME; con la risoluzione del contratto di affitto il sig. NOME, affittuario, ha cessato poi la propria attività.
L’accordo transattivo definiva i rapporti tra proprietario e affittuario, precisando che all’atto RAGIONE_SOCIALEa restituzione RAGIONE_SOCIALE‘azienda (di proprietà RAGIONE_SOCIALE‘appellante e concessa in
affitto), l’affittuario ha ceduto merce in magazzino, non facente parte RAGIONE_SOCIALE‘originario contratto di affitto (le rimanenze non venivano proprio contemplate), così come una parte di attrezzatura acquistata dall’affittuario e di proprietà di quest’ultimo.
L’RAGIONE_SOCIALE riteneva, nei fatti, che la vendita di rimanenze di magazzino, di cui alle fatture indicate nell’avviso di accertamento rappresentasse una cessione di azienda.
Ma per esservi cessione di azienda il signor NOME NOME doveva essere proprietario RAGIONE_SOCIALE‘azienda e non semplice affittuario. La retrocessione RAGIONE_SOCIALE‘azienda non può considerarsi una cessione.
L’RAGIONE_SOCIALE continua sempre a parlare di presunzione di cessione di azienda perché:
vi è identità di attività esercitata;
-entrambi i soggetti hanno dichiarato di svolgere l’attività nel medesimo luogo il signor COGNOME NOME fino al 1/3/2012 e il signor COGNOME NOME da detta data;
non appena effettuata la cessione il sig. COGNOME NOME cessa la propria attività.
Quanto sopra dimostra che l’RAGIONE_SOCIALE non conosce il concetto di contratto di affitto di azienda .
Peraltro, il recupero IVA è contrario alle indicazioni di giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia CE, causa C497/01 del 2003) che ha precisato che la norma che prevede l’esclusione RAGIONE_SOCIALE cessioni di azienda da IVA è finalizzata ad evitare per il cessionario un aggravio finanziario per ‘un onere fiscale smisurato, che sarebbe, in ogni caso, recuperato ulteriormente mediante detrazione RAGIONE_SOCIALE‘IVA versata a monte” .
Propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo; resiste con controricorso il contribuente, insistito con memoria del 26 marzo 2024, depositata telematicamente il giorno successivo.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 19 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, comma 3 lett. b) del DPR 633/1972, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc’.
‘L’indennizzo sui maggiori beni aziendali corrisposto al cessato affittuario è un elemento tipico RAGIONE_SOCIALE‘affitto di azienda sicché tali beni non possono essere autonomamente fatturati come avvenuto nel caso di specie ma anche il loro indennizzo gode RAGIONE_SOCIALE‘esenzione di cui all’articolo 19 del dpr 633 del 1972, quindi non si applica l’IVA e la stessa non può essere detratta dal titolare RAGIONE_SOCIALE‘azienda come invece è avvenuto’. ‘Quindi, se il complesso dei beni organizzato è in grado di produrre potenzialmente beni o servizi è corretto etichettare il trasferimento come trasferimento d’azienda; se il complesso dei beni trasferiti non è in grado di produrre beni o servizi ci si trova in presenza di un trasferimento di singoli beni. Nel caso per cui è vertenza con la risoluzione del contratto di locazione di ramo di azienda avvenuta in data 14/02/2012 e la vendita dei beni in magazzino e dei beni strumentali (perché la cessione da parte del figlio NOME al padre NOME non ha avuto ad oggetto solo beni merci ma anche beni strumentali – vedasi le fatture 10 e 12 del 29/02/2012, allegate in uno all’avviso di accertamento) si origina il trasferimento di un complesso di beni che potenzialmente consentono di svolgere un’attività autonoma di impresa, indipendentemente dal fatto che la stessa si svolga nello stesso immobile di proprietà RAGIONE_SOCIALE‘originario esercente l’attività’. ‘Appare indubbio che l’affittuario nel corso del periodo durante il quale ha avuto in locazione il ramo d’azienda di cui si controverte, abbia dovuto attivarsi per costruire negli anni un complesso di beni
strumentali, fosse solo per adeguarsi alle nuove tecnologie informatiche, che ha generato un ramo aziendale diverso da quello ricevuto e di fatto più ampio. Basta solo considerare che il sig. COGNOME NOME ha dovuto incrementare la dotazione dei pochi beni strumentali locati dal padre, mediante ‘acquisto di stampanti, monitor, scanner server, PC (cfr. ft.10) e ancora carrelli per il carico e lo scarico di merci (nr. 20 per un valore unitario di 400,00 euro) e di altra strumentazione indispensabile per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa, successivamente venduta al padre al momento RAGIONE_SOCIALEa cessazione RAGIONE_SOCIALEa propria attività; al contempo è di tutta evidenza come di tale complesso di beni organizzati si sia avvalso il padre nella continuazione RAGIONE_SOCIALEa propria attività di impresa. Orbene, ferma restando la risoluzione del contratto di affitto del ramo aziendale, con la quale il padre è nuovamente entrato in possesso RAGIONE_SOCIALE‘intero complesso aziendale, non vi è dubbio che la cessione dei beni anzidetti possa essere ascritta a cessione di ramo d’azienda, ossia di quella parte acquisita dal figlio in pendenza del contratto di affitto. In altri termini, l’RAGIONE_SOCIALE non ha riqualificato l’affitto del ramo d’azienda, ma ha presunto sulla base di presunzioni qualificate (la cessione di rimanenze e di beni strumentali appare da sola sintomatica) che a fronte RAGIONE_SOCIALEa risoluzione del contratto di locazione, vi sta stata la cessione di quei beni acquisiti dal locatario, che nel complesso considerati costituiscono un ramo aziendale distinto da quello oggetto di locazione’.
Il motivo è fondato, sebbene sulla base di presupposti argomentativi diversi da quelli in esso rappresentati.
Nella giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. ad es. Sez. 5, n. 3415 del 12/02/2020, Rv. 657380 -01) ricorre il principio secondo cui, in tema di IVA, le rimanenze di magazzino costituiscono -salvo diversa volontà negoziale RAGIONE_SOCIALE parti ed ove non considerate isolatamente rispetto alla loro destinazione
funzionale -beni a servizio RAGIONE_SOCIALE‘impresa, come tali appartenenti a tutti gli effetti al compendio aziendale, sicché, in caso di affitto RAGIONE_SOCIALE‘azienda, esse permangono in capo al concedente, che cede all’affittuario soltanto il diritto personale di utilizzo del bene produttivo (azienda), dovendo, quindi, escludersi la ravvisabilità di un autonomo atto di cessione RAGIONE_SOCIALE rimanenze assoggettabile ad IVA .
In particolare, in un caso, sovrapponibile a quello oggetto di giudizio, di risoluzione di un contratto di affitto di azienda, Sez. 5, n. 14864 del 30/01/2020, in motivazione, condivisibilmente osserva:
Ed invero, il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 2561 c.c., in tema di usufrutto RAGIONE_SOCIALE‘azienda, applicabile nelle analoghe fattispecie di locazione, prevede che “l’usufruttuario RAGIONE_SOCIALE‘azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza RAGIONE_SOCIALE‘organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione RAGIONE_SOCIALE‘azienda, si applica l’art. 1015. La differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine RAGIONE_SOCIALE‘usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine RAGIONE_SOCIALE‘usufrutto”. Orbene, appare evidente come l’obbligo di regolare la differenza di consistenza RAGIONE_SOCIALE rimanenze sia funzionale a garantire (anche in forza RAGIONE_SOCIALEa collocazione di tal obbligo in chiusura RAGIONE_SOCIALEa disposizione civilistica) la “normalità” RAGIONE_SOCIALEa dotazione RAGIONE_SOCIALE scorte, in modo che una volta ripresa la “sua” azienda, il proprietario possa immediatamente tornare a esercitare l’attività d’impresa o altrettanto immediatamente locarla ad altri, o quant’altro, senza interruzioni RAGIONE_SOCIALE‘attività stessa che potrebbero comprometterne l’avviamento e la stessa operatività.
Secondo la nozione civilistica RAGIONE_SOCIALE‘istituto, costituisce azienda “l’organizzazione dei beni finalizzata all’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘impresa”, intesa come opera unificatrice RAGIONE_SOCIALE‘imprenditore diretta alla realizzazione di un rapporto di complementarietà strumentale tra beni destinati alla produzione (art. 2555 c.c.). Pertanto viene a configurarsi una cessione di azienda tutte le volte in cui la relativa convenzione negoziale abbia avuto ad oggetto il trasferimento di beni organizzati in un contesto produttivo (anche solo potenziale) dall’imprenditore per l’attività d’impresa, senza che risulti di ostacolo alla configurabilità RAGIONE_SOCIALEa cessione ne’ la eventuale mancanza attuale del cosiddetto “avviamento”, né la destinazione dei beni aziendali ad altro settore produttivo da parte dall’acquirente, purché la nuova produzione si realizzi, pur sempre, attraverso tale complesso di beni già organizzati dal precedente imprenditore . L’ “organizzazione dei beni aziendali” è dunque il risultato che consegue all’esercizio RAGIONE_SOCIALEa autonomia privata del soggetto che imprime il nesso di strumentalità ai singoli beni destinandoli all’esercizio RAGIONE_SOCIALEa impresa, con la conseguenza che anche le giacenze o scorte di magazzino costituiscono -salvo diversa volontà negoziale RAGIONE_SOCIALE parti contraenti ed ove non considerate isolatamente rispetto alla loro destinazione funzionale -“beni a servizio RAGIONE_SOCIALEa impresa” e dunque, a tutti gli effetti, beni appartenenti al complesso aziendale .
La separazione RAGIONE_SOCIALEa “situazione statica di appartenenza” dei beni costituti in azienda dalla “situazione dinamica RAGIONE_SOCIALEa gestione” di impresa consente al proprietario, che imprenditore cessa di essere, di mantenere od accrescere il valore patrimoniale RAGIONE_SOCIALEa azienda sottraendosi ai rischi ed alle responsabilità che ricadono
sull’imprenditore, che risulta essere unicamente il locatario RAGIONE_SOCIALE‘azienda .
, pertanto, al contrario di quanto sostenuto dai giudici territoriali, non individua -salva diversa pattuizione tra le parti, che qui non è in atti -una autonoma fattispecie negoziale (avente ad oggetto la cessione dei beni/giacenze di magazzino) distinta dal contratto avente ad oggetto la concessione in godimento RAGIONE_SOCIALEa azienda, ma è volta a regolare, in considerazione del carattere “circolante” di tali beni, soltanto uno degli aspetti RAGIONE_SOCIALEa medesima obbligazione restitutoria gravante sul concessionario (per l’affittuario cfr. art. 1590 c.c.) derivante dal contratto di affitto di azienda. I beni organizzati in funzione RAGIONE_SOCIALE‘esercizio RAGIONE_SOCIALEa impresa, ivi incluse le rimanenze, considerati unitariamente come complesso aziendale non sono, infatti, mai stati trasferiti in proprietà all’affittuario, ma permangono in capo al locatore che concede all’affittuario soltanto il diritto personale di sfruttamento del bene produttivo (azienda) in conformità alla destinazione economico -funzionale impressa a detti beni dal concedente, essendo tenuto l’affittuario al termine di efficacia contrattuale a restituire l’azienda al proprietario. Tale obbligo, attesa la diversa natura o funzione dei beni del complesso aziendale, non può che essere adempiuto in modo differente, a seconda che tali beni siano destinati a durare nel tempo (inconsumabili) o siano destinati ad essere impiegati nel ciclo produttivo o commerciale RAGIONE_SOCIALEa azienda (consumabili): appare dunque logico, in quest’ultimo caso, che l’obbligazione di restituzione RAGIONE_SOCIALE‘azienda gravante sull’affittuario venga assolta in forma generica mediante corresponsione del “tantundem”, diversamente rendendosi impossibile la gestione RAGIONE_SOCIALE‘impresa da parte del locatario RAGIONE_SOCIALE‘azienda .
Pertanto, alla tregua RAGIONE_SOCIALEa pronuncia in disamina, poiché non può configurarsi un’autonoma cessione di rimanenze al momento RAGIONE_SOCIALEa costituzione RAGIONE_SOCIALE‘usufrutto o RAGIONE_SOCIALE‘affitto d’azienda, non può egualmente ed inversamente neppure configurarsi un’autonoma retrocessione di esse al momento RAGIONE_SOCIALEa restituzione RAGIONE_SOCIALE‘azienda, a prescindere, peraltro, come detta pronuncia non manca di precisare, da specifica redazione di inventario.
Quanto precede consente di raggiungere una prima (provvisoria) conclusione:
in caso di restituzione (retrocessione, secondo il linguaggio RAGIONE_SOCIALEa prassi commerciale) RAGIONE_SOCIALE‘azienda dall’usufruttuario (art. 2561 cod. civ.) o dall’affittuario (art. 2562 cod. civ.) al proprietario, le rimanenze non sono assoggettate ad IVA, ancorché non inventariate, non potendo ‘a monte’, acquisire una propria oggettività, suscettibile di autonoma considerazione contrattuale, rispetto all’usufrutto o all’affitto RAGIONE_SOCIALE‘intero complesso aziendale, che naturalmente le ricomprende.
Fermo ciò, mette conto di rilevare che nella specie, ancorché la CTR opini soltanto di rimanenze, per concorde allegazione di entrambe le parti, rispettivamente nel ricorso e nel controricorso, viene in linea di conto anche la restituzione di ‘poche attrezzature diverse rispetto a quelle descritte nel contratto di affitto’ (p. 7 controric.), costituenti incrementi dei beni strumentali derivanti da ‘acquisto di stampanti, monitor, scanner, server, PC e ancora carrelli per il carico e lo scarico di merci (nr. 20 per un valore unitario di 400,00 euro) e di altra strumentazione indispensabile per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa’ (p. 9 ric.).
Ritiene il Collegio che il superiore insegnamento, riguardante le rimanenze, si applichi ‘a fortiori’ anche in riferimento ai miglioramenti ed agli incrementi di beni strumentali, nei limiti strettamente necessari all’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività d’impresa mediante
l’uso RAGIONE_SOCIALE‘azienda. Un tanto, costituente una conclusione ulteriore rispetto a quella dianzi attinta, deriva nondimeno medesimamente dall’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2561 cod. civ., il quale, giusta il secondo comma, comporta per l’usufruttuario o l’affittuario di ‘conservare l’efficienza RAGIONE_SOCIALE‘organizzazione e degli impianti’, oltreché, come già visto, ‘le normali dotazioni di scorte’; inoltre, come per le ‘scorte’, anche per i ‘beni strumentali’, giusta il quarto comma, le eventuali partite creditorie o debitorie sono ‘regolat in danaro, sulla base dei valori correnti al termine RAGIONE_SOCIALE‘usufrutto’: la qual cosa conferma -anche alla luce RAGIONE_SOCIALE‘accomunamento nella categoria RAGIONE_SOCIALE ‘differenze tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine RAGIONE_SOCIALE‘usufrutto’, di cui all”incipit’ del quarto comma -una considerazione unitaria dei beni aziendali, strumentali e non, ‘uti universum’ e non ‘uti singuli’.
In definitiva, deve enunciarsi il seguente (compiuto) principio di diritto:
In caso di restituzione (retrocessione) RAGIONE_SOCIALE‘azienda dall’usufruttuario (art. 2561 cod. civ.) o dall’affittuario (art. 2562 cod. civ.) al proprietario, le rimanenze ed i miglioramenti ed incrementi dei beni strumentali non sono assoggettati ad IVA, ancorché non inventariati, non potendo già ‘a monte’ acquisire una propria autonoma oggettività contrattuale rispetto all’usufrutto o all’affitto RAGIONE_SOCIALE‘intero complesso aziendale, che di per sé, alla luce RAGIONE_SOCIALE‘art. 2555 cod. civ., li ricomprende.
La CTR ha fatto evidente malgoverno dei superiori principi, avventurandosi in eccentriche considerazioni circa l’impossibilità, per l’usufruttuario o affittuario, in quanto non proprietario, di ‘cedere un’azienda non sua’, onde trarne la fuorviante considerazione di una non trasferibilità come azienda dei beni separatamente fatturati e gravati di IVA, ma in tal guisa
pretermettendo la consistenza unitaria RAGIONE_SOCIALE‘unica azienda oggetto del contratto, quale entità composita che ingloba ed assorbe i singoli beni, sia nel momento RAGIONE_SOCIALEa concessione in godimento che in quello RAGIONE_SOCIALEa restituzione.
Conclusivamente, valga per completezza aggiungere che quanto innanzi non entra in (teorico) conflitto con la proposta di definizione del ricorso di cui alla causa n. 23115 del 2023, prodotta il 21 marzo 2024 e richiamata nella memoria del contribuente.
Diverso è, infatti, l’oggetto di tale causa, atteso che, come da proposta, l’RAGIONE_SOCIALE si doleva RAGIONE_SOCIALEa ‘ violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 19 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 co. 3 lett. b) DPR 633/1972 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 10 e 15 del DPR 131/86’ per avere il giudice di merito ‘erroneamente escluso la ravvisabilità di un trasferimento aziendale quale effetto giuridico di un accordo transattivo di risoluzione di pregresso affitto d’azienda tra le parti, specialmente se connotato dal trasferimento, in una con la retrocessione, di beni e merci diversi ed ulteriori da quelli dedotti in affitto e di per sé asseritamente idonei ad integrare i requisiti ex art. 2555 cod. civ.’.
Di conseguenza, nella causa per cui è intervenuta proposta, si discuteva RAGIONE_SOCIALE‘effetto traslativo o meno di un accordo transattivo di risoluzione RAGIONE_SOCIALE‘affitto d’azienda ai fini RAGIONE_SOCIALE‘individuazione del regime di tassazione di detto accordo, onde stabilirsi, cioè, se esso fosse da assoggettare ad IVA o ad imposta di registro.
Proprio in ragione di ciò, il giudice di merito, in tale causa, aveva affermato -incensurabilmente, secondo la proposta -che ‘gli effetti RAGIONE_SOCIALE‘accordo transattivo oggetto di imposizione non sono traslativi bensì rientrano nel paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1372 c.c. che regola lo scioglimento del contratto per mutuo consenso”; detto giudice, peraltro, aveva anche aggiunto -in perfetta consonanza (ed è questo l’elemento degno di rilievo) con le prospettazioni innanzi sostenute -che “pertanto COGNOME AVV_NOTAIO aveva la titolarità RAGIONE_SOCIALE‘azienda che non era stata mai ceduta a COGNOME NOME
ma temporaneamente data in gestione e, a seguito RAGIONE_SOCIALE‘accordo RAGIONE_SOCIALE parti, è rientrata nella disponibilità del proprietario”. Osserva poi la proposta che ‘questo convincimento non risulta scalfito dalla doglianza su riportata, risultando anzi che la specifica normativa di cui si lamenta la violazione e falsa applicazione è invece stata -su quel presupposto interpretativo di sussunzione -correttamente applicata dal giudice regionale’.
In definitiva, la sentenza impugnata va cassata.
Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Suprema Corte è abilitata a decidere la causa nel merito, rigettando il ricorso introduttivo del giudizio.
Ne consegue che le spese di lite riguardo ai gradi di merito vanno compensate.
Diversamente quelle del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, dovendo essere liquidate, secondo tariffa, come da dispositivo.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio.
Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di merito.
Condanna COGNOME a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese le presente giudizio, liquidate in euro 3.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso a Roma, lì 12 aprile 2024.