Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1776 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1776 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
Oggetto:
Dazi – Spedizioniere
doganale – Rappresentante
indiretto – responsabilità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12978/2022 R.G. proposto da
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura speciale in calce al controricorso (PEC: EMAIL; EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 882/01/2021, depositata il 17.11.2021.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 25.09.2024;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale, riportandosi alle sue conclusioni scritte, ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Sentiti, per la ricorrente Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME e per la controricorrente l’avv ocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTP di La Spezia rigettava con distinte decisioni i ricorsi proposti dalla RAGIONE_SOCIALE avverso distinti avvisi di rettifica dell’accertamento, emessi dall’Ufficio doganale di La Spezia per il recupero di dazi antidumping relativi alle importazioni dalla Cina di alcuni prodotti in ghisa, a seguito della revoca dell’agevolazione concessa dalla Commissione Europea per la non applicabilità di detti dazi.
La CTR della Liguria, con distinte sentenze, accoglieva gli appelli proposti dalla CAD Sernav;
Proposto ricorso per cassazione dall’ADM, questa Corte, con sentenze nn. 30768, 30769, 30770, 30771 e 30772 del 26.11.2019, lo accoglieva e cassava con rinvio le sentenze impugnate.
A seguito delle istanze di riassunzione, proposte dalla CAD Sernav, la CTR della Liguria, previa riunione, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava gli appelli proposti dall’ADM , annullando gli atti impugnati e osservando, per quello che qui interessa, che:
poiché la Corte di Cassazione si era già pronunciata in via definitiva sulla eliminazione ex tunc del dazio antidumping, occorreva esaminare solo le questioni rimaste assorbite, riguardanti la responsabilità della società RAGIONE_SOCIALE;
nel caso di rappresentanza indiretta, lo spedizioniere, in quanto dichiarante, è responsabile in solido con l’importatore dell’obbligazione doganale;
la società RAGIONE_SOCIALE che aveva utilizzato la rappresentanza indiretta, in quanto a ciò obbligata dai regolamenti all’epoca vigenti,
‘ avrebbe forse pre ferito utilizzare l’altra forma di rappresentanza e nessuna prova contraria può essere fornita ‘ ;
-nella specie, lo spedizioniere, che aveva presentato la dichiarazione in base alle disposizioni normative allora vigenti, non risultava coinvolto in pratiche scorrette, sicchè, a prescindere dalla tipologia di rappresentanza adottata, non poteva ritenersi responsabile in solido con l’importatore, avendo agito correttamente e non potendosi addebitare allo stesso la violazione dell’accordo che aveva portato alla revoca de ll’agevolazione dai dazi antidumping;
nelle procedure semplificate di domiciliazione la società RAGIONE_SOCIALE non deve necessariamente operare in rappresentanza indiretta, ma può scegliere di operare anche come rappresentante diretto;
anche nel caso di rappresentanza indiretta lo spedizioniere non è responsabile se dimostra di avere agito con diligenza, come previsto dall’art. 1176, comma 2, cod. civ., atteso che la sua responsabilità deriva dalla violazione di tale obbligo e non si configura come responsabilità oggettiva.
Contro la suddetta decisione l ‘ADM proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memoria.
La CAD COGNOME resisteva con controricorso, illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente ADM deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2700, 2727 e 2729 cod. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che la reale volontà della CAD Sernav fosse quella di dichiarare la merce in rappresentanza diretta, avvalendosi tuttavia della procedura domiciliata ai sensi dell’art. 76 CDC, sulla base di una presunzione (sfornita di elementi probatori ed espressa in termini dubitati dallo stesso collegio), in contrasto con quanto era stato indicato nella casella 14 delle bollette doganali (che
facevano fede della provenienza della dichiarazione dalla CAD Sernav), nella quale si leggeva ‘ 14. Dichiarante / Rappresentante CRAGIONE_SOCIALE ‘, laddove il numero 3 rappresentava il codice per la scelta della rappresentanza indiretta, ribaltando implicitamente l’onere probatorio sull’ADM.
Con il secondo motivo deducono, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1434 e 1435 cod. civ., per avere la CTR errato nel sostenere che la società CAD non poteva utilizzare una ‘tipologia’ diversa dalla rappresentanza indiretta, ipotizzando la sussistenza di un vizio del consenso (violenza) nella dichiarazione effettuata dalla società di spedizioni in dogana, posto che la ricorrente avrebbe potuto operare quale rappresentante diretto, se in possesso di mandato ad agire in rappresentanza diretta, utilizzando la procedura di sdoganamento ordinaria, senza fruire della propria autorizzazione alla domiciliazione, oppure avrebbe potuto utilizzare la procedura domiciliata preventivamente richiesta dall’importatore ; precisa che nella specie la società non aveva prodotto alcuna procura e non aveva indicato nella dichiarazione il codice 2, relativo alla rappresentanza diretta.
Con il terzo motivo, deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 201 e 5 del CDC , nonché dell’art. 199 del DAC , per non avere la CTR considerato che le dichiarazioni doganali erano state presentate dal CAD quale rappresentante indiretto, che non era stata prodotta in giudizio alcuna procura per agire in rappresentanza diretta, che non vi era alcuna prova documentale che il CAD non volesse presentare la dichiarazione in rappresentanza indiretta e che vi fosse stata obbligata.
Con il quarto motivo, lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 201, comma 3, e 202 del CDC, per avere la CTR errato nel ritenere
che il rappresentante indiretto in dogana risponda dei maggiori diritti accertati solo laddove sia consapevole dell’erroneità dei dati inseriti nella dichiarazione doganale e il suo comportamento sia connotato da colpa , senza considerare che il rappresentante indiretto è l’obbligato principale e l’importatore è coobbligato in solido, non è sufficiente dimostrare la buona fede, ma è necessario provare la sussistenza anche degli altri requisiti previsti dall’art. 220 del CDC ; precisa che la consapevolezza del l’erroneità dei dati indicati nella dichiarazione rileva solo in relazione alla figura del rappresentante diretto.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione di giudicato esterno, sollevata dalla controricorrente, in relazione alle sentenze emesse da questa Corte di Cassazione n. 417 e 418 del 14 gennaio 2020, intervenute tra le stesse parti e con riferimento ad analoghe questioni.
5.1 A prescindere da ogni altra considerazione in relazione alla tempestività della sua proposizione, l ‘eccezione è in ogni caso infondata.
5.2 Secondo un indirizzo costante di questa Corte, il giudicato si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, anche ove ne sia solo il necessario presupposto logico (Cass. 16 maggio 2002, n. 7140); tale orientamento giurisprudenziale richiede che entrambe la cause, tra le stesse parti, abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico ed una di esse sia stata definita con sentenza passata in giudicato : in tal caso, infatti, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, preclude l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il
“petitum” del primo (Cass. 16 maggio 2006 n. 1365; Cass. n. 11215 del 2020).
5.3 Con riferimento al caso di specie, occorre evidenziare che gli atti impugnati riguardano operazioni doganali diverse rispetto a quelle in relazione alle quali le società ricorrenti deducono la sussistenza del giudicato esterno, sicchè risulta diverso il « petitum » degli avvisi di accertamento oggetto di impugnazione nelle rispettive cause.
5.4 Si tratta di circostanza ex se sufficiente ad escludere che le richiamate pronunce possano comunque spiegare rilevanza nel presente giudizio, atteso che i fatti generatori di ciascuna obbligazione doganale risultano obiettivamente differenti, sia in relazione alle circostanze di tempo e di luogo delle operazioni doganali, sia in relazione alle reali specifiche caratteristiche della merce importata non essendo consentito verificare se i prodotti oggetto della presente causa siano o meno identici a quelli oggetto delle decisioni passate in giudicato (cfr. Cass. n. 2250 del 2014).
5.5 L’applicabilità della regola del giudicato di diritto interno in materia di dazi doganali, infatti, può riguardare una singola importazione o, comunque, quel (ristretto) numero di importazioni prese in considerazione dal singolo avviso di rettifica, non essendo la regola conseguente a quel giudicato suscettibile di estensione ad un numero indefinito di casi similari (Cass. n. 33095 del 16.12.2019).
5.6 Nella specie, pertanto, difetta l’identità del titolo o del rapporto dal quale derivano le pretese fatte valere nelle diverse cause, attesa la oggettiva autonomia dei rapporti giuridici tributari, tra le stesse parti, che hanno costituito, rispettivamente, oggetto dei giudizi nel quale si sarebbe formato il giudicato (esterno) ed oggetto della presente controversia.
5.7 Con riferimento alla vicenda in esame, poi, non è nemmeno configurabile la questione dell’applicabilità dell’istituto del giudicato
esterno con riferimento alle situazioni giuridiche di durata, in relazione alle quali il giudicato non trova ostacolo nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta in presenza di elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta assumono carattere tendenzialmente permanente. Non va dimenticato, infatti, che, nella materia doganale, questa Corte ha affermato che « In tema di sanzioni doganali è inapplicabile il regime della continuazione di cui all’art. 12, comma 5, d.lgs. n. 472 del 1997, che postula che le violazioni siano state “commesse in periodi d’imposta diversi”, nozione questa estranea alla materia doganale, senza che ad essa possa ritenersi equivalente il compimento delle singole operazioni d’importazione o esportazione » (Cass. 21.09. 2020, n. 19633), sicchè non può ritenersi che la « diversità di periodo d’imposta » sia equivalente al compimento di singole operazioni doganali.
5.8 In ultimo, è utile precisare che il giudicato non può riguardare comunque l’attività interpretativa delle norme di diritto, in quanto « l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta dal Giudice, consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da altro Giudice, dovendosi richiamare a tale proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dall’efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 cod. civ. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello stare decisis (cioè, del precedente giurisprudenziale vincolante) che non trova riconoscimento nell’attuale ordinamento processuale (cfr. Cass, 15 luglio 2016, n. 14509, Cass., 21 ottobre 2013, n. 23723) », con la conseguenza che « l’interpretazione ed individuazione della norma giuridica posta a fondamento della pronuncia -salvo che su tale pronuncia si sia formato il giudicato interno -non limitano il Giudice dell’impugnazion e nel potere di individuare ed interpretare la norma applicabile al caso concreto e non
sono, quindi, suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (cfr. Cass. 20 ottobre 2010, n. 216561, Cass. 23 dicembre 2003, n. 19679) » (cfr. Cass., 5 marzo 2024, n. 5822, in motivazione).
Ciò premesso, i primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione, sono inammissibili per carenza di interesse, essendo pacifico che il CAD aveva effettuato le operazioni doganali in qualità di rappresentante indiretto.
6.1 Sebbene la procedura semplificata, disciplinata dall’art. 76, par. 1, lett. c), del CDC, prevedesse all’epoca come obbligatoria la rappresentanza indiretta dello spedizioniere e, quindi, la sua responsabilità solidale con l’importatore, dalla sentenza impu gnata risulta che il CAD aveva scelto liberamente tale procedura, pur potendo optare per la procedura ordinaria che prevedeva la possibilità della rappresentanza diretta.
6.2 Avendo il CAD utilizzato un modello semplificato e più rapido per espletare le formalità connesse alla presentazione della dichiarazione doganale, ne ha, dunque, volontariamente accettato tutte le conseguenze, ivi compresa la rappresentanza indiretta.
Il quarto motivo è fondato.
7.1 Sul punto occorre rilevare che, ai sensi degli artt. 5, § 2, CDC (applicabile ratione temporis ) e 40, comma 1, TULD, la dichiarazione doganale può essere fatta personalmente dall’importatore ovvero a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto; nel caso di rappresentanza diretta, il rappresentante agisce a nome e per conto di terzi, mentre quella indiretta si ha quando il rappresentante agisce a nome proprio, ma per conto di terzi ed implica l’iscrizione in un apposito albo professionale istituito con la l. n. 1612 del 1960, nel rispetto della
disciplina prevista dalla legge medesima e dalla successiva l. n. 213 del 2000.
7.2 Dal combinato disposto degli artt. 201, § 3, e 4, punto 18, CDC si evince, poi, che l’obbligazione doganale sorge in capo a chi fa la dichiarazione a nome proprio ovvero alla persona in nome della quale la dichiarazione è fatta, sicchè, in caso di rappresentanza diretta, la responsabilità grava, in via di principio, sul solo importatore, mentre in caso di rappresentanza indiretta è specificamente prevista la responsabilità sia dello spedizioniere che dell’importatore (Cass. n. 9773 del 23/04/2010; Cass. n. 7720 del 27/03/2013; Cass. n. 9270 del 17/04/2013).
7.3 Nella specie, come si è detto, è pacifico che il CAD era rappresentante indiretto dell’importatore, sicché risponde in solido con quest’ultimo dell’obbligazione doganale per il semplice fatto di avere presentato la dichiarazione (Cass. n. 5560 del 26/02/2019), che lo impegnava con riferimento all’esattezza delle indicazioni ivi contenute, all’autenticità dei documenti presentati e all’osservanza di tutti gli obblighi che scaturiscono dal vincolo delle merci importate (cfr. art. 199 del regolamento (CEE) n. 2454 del 1993).
7.4 La responsabilità dello spedizioniere è legata, quindi, al suo ruolo di dichiarante in dogana, ovvero di autore della dichiarazione doganale a norma dell’art. 201, par. 3, CDC, gravando sul rappresentante indiretto l’obbligo di vigilare -con la diligenza qualificata da ragguagliare, ex art. 1176, comma 2, cod. civ., alla natura dell’attività esercitata – sull’esattezza delle informazioni fornite dall’esportatore allo Stato di esportazione, al fine di evitare abusi, posto che l’Unione Europea non è tenuta a subire le conseguenze di comportamenti scorretti dei fornitori dei suoi cittadini, rientranti nel rischio dell’attività commerciale, e contro i quali gli operatori economici
ben possono premunirsi nell’ambito dei loro rapporti negoziali ( ex multis , Cass. 8 febbraio 2019, n. 3739).
7.5 A tale obbligo di vigilanza corrisponde l’onere del rappresentante indiretto di provare la ricorrenza delle condizioni idonee a soddisfare i richiesti parametri di diligenza (Cass. 11 novembre 2020, n. 25347); di conseguenza, quella posta a carico del rappresentante indiretto, non integra una forma di responsabilità oggettiva, in quanto, al fine di escludere la propria responsabilità, lo spedizioniere potrà pur sempre provare di avere agito nell’osservanza dei p ropri doveri, fra cui quello di verificare l’esattezza delle informazioni ricevute, con la diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, cod. civ., e dimostrare la propria buona fede secondo le condizioni previste dall’art. 220, par. 2, lett. b, CDC.
7.6 La CTR non si è attenuta ai suindicati principi, perché ha escluso la responsabilità daziaria dello spedizioniere, senza verificare, in concreto, se sussistevano i presupposti per escluderla, accertando circostanze irrilevanti (‘Nei casi alla ns attenzione non è stato apportato alcunchè che possa coinvolgere il Cad in pratiche scorrette, avendo lo stesso presentato documentazione in base alle allora vigenti disposizioni e non sicuramente dichiarato cose non conformi alla realtà ‘) e limitandosi ad afferm are genericamente che il CAD ‘ha agito in base a criteri professionali in aderenza alla normativa del tempo. Quanto presentato in Dogana era sicuramente corretto e non è stato oggetto di alcuna contestazione, non potendosi addebitare al Cad la violazione dell’accordo che ha portato al la caducazione dell’agevolazione concessa ‘.
7.7 Il predetto ragionamento non offre alcuna copertura ermeneutica alla questione della rideterminazione e contestazione dei maggiori dazi nei confronti del rappresentante indiretto, ai fini del riconoscimento dell’esimente, perché sviluppato su argomentazioni del
tutto irrilevanti , sicchè, correttamente, l’Amministrazione finanziaria ha censurato la sentenza impugnata, laddove, con riguardo ai maggiori dazi, il giudice regionale ha accolto le difese del CAD sulla base di regole ermeneutiche errate.
In conclusione, va accolto il quarto motivo di ricorso e dichiarati inammissibili i restanti motivi; la sentenza va, pertanto, cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, che dovrà procedere ad un nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2024