Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27744 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2773/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE ECONOMIA FINANZE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA n. 1264/2015 depositata il 29/05/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: i) premetteva che la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE aveva registrato in contabilità operazioni oggettivamente inesistenti, al solo fine dell’illecito ottenimento di rimborsi IVA; ii) dava atto che la predetta società aveva presentato modello NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2007 in cui NOME COGNOME risultava avere percepito compensi per lavoro autonomo per l’importo di euro 15.000,00, con ritenute d’acconto operate nella misura del 30%, pari ad euro 4.500,00; iii) disponeva, nei confronti della sig.ra COGNOME il recupero a tassazione di tale ultimo importo, giustificato dalla circostanza che «le suddette ritenute d’acconto (€ 4.500,00) operate non sono state materialmente versate in quanto compensate dalla società anzidetta (…) con un credito IVA anno 2006 inesistente e il contribuente ha tuttavia indicato in dichiarazione compensi per € 15.000,00».
Il ricorso proposto dalla contribuente avverso il predetto atto impositivo veniva accolto, in ragione della mancata dimostrazione del coinvolgimento della signora COGNOME nella presunta frode fiscale posta in essere dalla società.
Proponeva appello l’Amministrazione: i) deducendo che gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, con cui si era contestata l’indebita detrazione Iva per gli anni dal 2004 al 2008, erano divenuti definitivi; ii) che da ciò conseguiva logicamente l’inesistenza dei crediti Iva che rendeva illegittime le compensazioni effettuate; iii) che contrariamente a quanto affermato dai giudici di prossimità, la contribuente non poteva «ritenersi estranea alle vicende de quibus , posto che le attività previste nel contratto, ovverosia rapporti con le istituzioni, risultavano non espletate, non avendo la società mai svolto attività istituzionale»; iii) faceva presente che, in ogni caso, al di là del coinvolgimento nella frode, in caso di mancato versamento della ritenuta d’acconto all’Erario da parte del sostituto d’imposta, il sostituito è sempre coinvolto in quanto soggetto
obbligato al pagamento del tributo, e che nella fattispecie l’inesistenza del credito Iva compensata aveva avuto come effetto l’omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute in questione.
L’appello dell’Amministrazione veniva accolto, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla CTR della Puglia, che contestualmente rigettava l’appello incidentale della contribuente, con cui si denunciavano vizi motivazionali dall’avviso di accertamento.
Ricorre la contribuente con due motivi e resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. Contraddittorietà Motivazione», da ritenersi proposto, nonostante un evidente refuso, in relazione all’art. 360, comma 3, c.p.c., la ricorrente deduce plurime censure, così ricostruibili: i) la CTR, nel ritenere non dimostrato l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa da parte della contribuente, avrebbe erroneamente valutato gli elementi probatori dalla stessa dedotti in atti; ii) a tale conclusione i giudici di appello sarebbero pervenuti pur in presenza di un giudicato favorevole alla contribuente, relativo al precedente anno di imposta 2006; iii) non vi sarebbero i presupposti, nel caso di specie, per affermare la solidarietà del soggetto sostituito; allega la contribuente che, ai sensi dell’art. 35 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, trattandosi di dichiarazione presentata dal sostituto d’imposta, la responsabilità solidale del sostituito trova applicazione soltanto dopo che vi sia stata l’iscrizione a ruolo del sostituto, e quindi esclusivamente in fase di riscossione dell’imposta, e che comunque essa deve essere esclusa in sede di accertamento.
Con il secondo strumento di impugnazione si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per
non avere la CTR esaminato la questione, dedotta con i motivi di appello, del mancato rispetto, da parte dell’Amministrazione, del principio costituzionale della capacità contributiva.
La prima censura formulata con il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La disamina operata dalla C.T.R. esclude la fondatezza della doglianza della contribuente, la quale, ancorché proposta in termini di violazione di legge, si risolve in un’inammissibile istanza di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e del convincimento del giudice, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. U., 25/10/2013, n. 24148).
La violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura unicamente nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, la sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere (Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9055), come invece sostanzialmente preteso dalla ricorrente.
3.1. La seconda censura, sempre veicolata con il primo strumento di impugnazione, è infondata.
Deve infatti escludersi che il giudicato intervenuto tra le stesse parti in relazione al medesimo tributo, e relativo ad un singolo periodo d’imposta, sia idoneo, ex se , a «fare stato», in via generalizzata, per ulteriori periodi, precedenti o successivi, potendo avere un tale effetto solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche, o ad altri eventuali elementi preliminari caratterizzati dalla durevolezza nel tempo. L’efficacia di giudicato su di un’annualità estende dunque i suoi effetti anche alle altre nel caso in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno
durata pluriennale e sono idonei a produrre effetti lungo un arco temporale che comprende più periodi d’imposta; tali fatti sono allora suscettibili di essere considerati, ai presenti fini, come un unico periodo d’imposta (Cass., 24 maggio 2022, n. 16684; Cass., 21 luglio 2023, n. 21965).
Così non è nel caso di specie, in quanto il giudicato attiene ad una prestazione di lavoro autonomo svolta in un differente anno di imposta, senza che siano ravvisabili i necessari elementi di continuità pluriennale con la prestazione dell’anno successivo, oggetto del presente giudizio.
3.2. La terza censura sollevata con il primo motivo di ricorso è fondata, nei termini che seguono.
L’art. 35 del d.PR. n. 602/1973, in tema di sostituto d’imposta, con riferimento alle imposte sui redditi prevede che «quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, soprattasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido».
Dal tenore letterale della disposizioni in oggetto si evince chiaramente che il sostituito d’imposta è obbligato in solido con il sostituto per il versamento dei tributi oggetto di accertamento, con la conseguenza che «il mancato adempimento dell’obbligazione posta a carico del sostituto di versamento della ritenuta, in uno con la mancata effettuazione della medesima, giustifica l’attribuzione al soggetto passivo d’imposta, ossia al sostituito, dell’obbligo solidale di provvedere al suo pagamento, con conseguente esposizione dello stesso al potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria e a tutti i conseguenti oneri» (Cass. 31 marzo 2021, n. 8903).
A tal proposito, è stato affermato che tale responsabilità non sussiste allorquando il sostituto d’imposta abbia operato le ritenute, senza versarle, mentre allorquando non siano effettuate le ritenute
(totalmente o parzialmente), ricorre tale responsabilità solidale, che è espressamente condizionata proprio alla circostanza della mancata effettuazione RAGIONE_SOCIALE ritenute (Cass., Sez. U., 12 aprile 2019, n. 10378).
3.3. Orbene, nel caso in esame l’effettuazione della ritenuta d’acconto non risulta contestata, ed anzi l’Amministrazione finanziaria, sin dall’avviso di accertamento, ha fondato la propria pretesa sulla circostanza che le ritenute d’acconto effettivamente operate non siano poi state utilmente versate dalla società sostituto d’imposta, perché compensate con crediti Iva inesistenti.
Ne deriva l’esclusione della responsabilità solidale del contribuente sostituito.
In conclusione, assorbito il secondo motivo, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18/09/2024.