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Responsabilità solidale rappresentante: quando si applica?

La Corte di Cassazione chiarisce i presupposti della responsabilità solidale del rappresentante di un’associazione sportiva per debiti fiscali. L’ordinanza distingue nettamente la posizione del rappresentante legale, per cui si presume un ruolo gestorio, da quella del rappresentante di fatto, per cui l’Agenzia delle Entrate deve provare l’effettiva ingerenza nella gestione. La sola firma sulla dichiarazione dei redditi non è sufficiente a dimostrare tale ingerenza. La Corte ha cassato la sentenza di secondo grado per motivazione apparente, non avendo distinto le due figure.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità solidale rappresentante: la Cassazione traccia i confini per le associazioni

La questione della responsabilità solidale del rappresentante di un’associazione non riconosciuta per i debiti fiscali dell’ente è un tema cruciale e spesso dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui diversi presupposti di responsabilità che si applicano al rappresentante legale e al rappresentante di fatto, sottolineando come la sola titolarità di una carica o il compimento di un singolo atto fiscale non siano sempre sufficienti a fondare un obbligo di pagamento personale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una associazione sportiva dilettantistica (ASD) riceveva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per aver superato la soglia di ricavi prevista da un regime fiscale agevolato. L’avviso veniva notificato non solo all’associazione, ma anche al suo legale rappresentante e a un altro soggetto, ritenuto rappresentante di fatto in quanto firmatario della dichiarazione dei redditi per l’anno in questione. L’amministrazione finanziaria invocava l’art. 38 del codice civile, che prevede una responsabilità personale e solidale di coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione.

Il Giudizio di Appello

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva confermato la responsabilità di entrambi i soggetti. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, ribaltava la decisione, annullando l’avviso di accertamento nei confronti delle persone fisiche. Secondo i giudici d’appello, per fondare la responsabilità solidale del rappresentante, non è sufficiente la mera titolarità della carica sociale o il compimento di un singolo atto, come la firma della dichiarazione. Sarebbe invece necessario dimostrare lo svolgimento di concreti atti di gestione che abbiano generato il debito, prova che l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito.

La Sentenza della Cassazione e la responsabilità solidale del rappresentante

L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, e la Suprema Corte ha fornito chiarimenti fondamentali, distinguendo nettamente le posizioni dei due rappresentanti.

La Posizione del Rappresentante di Fatto

Per quanto riguarda il rappresentante di fatto (colui che aveva firmato la dichiarazione), la Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia. I giudici hanno confermato che la sola esecuzione di un adempimento fiscale, come la sottoscrizione della dichiarazione dei redditi, non è di per sé sufficiente a dimostrare un’ingerenza nell’attività negoziale e gestionale dell’ente. Per affermare la sua responsabilità, è necessario provare che egli abbia concretamente agito in nome e per conto dell’associazione, creando rapporti obbligatori con terzi. In assenza di tale prova, la sua responsabilità personale viene esclusa.

La Posizione del Rappresentante Legale e la Presunzione di Gestione

La vera svolta della sentenza riguarda la figura del rappresentante legale. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia su questo punto, cassando la sentenza d’appello per “motivazione apparente”. I giudici di secondo grado, infatti, avevano erroneamente accomunato le due posizioni senza operare le dovute distinzioni.

La Cassazione ha richiamato un suo recente orientamento (sent. n. 11869/2024) secondo cui, per i debiti d’imposta, il soggetto che riveste formalmente il ruolo di legale rappresentante si presume abbia anche un ruolo di gestore dell’ente. Questa presunzione fa scattare la sua responsabilità solidale rappresentante per i debiti tributari sorti durante il suo mandato. Di conseguenza, l’onere della prova si inverte: non è più l’Agenzia a dover dimostrare l’attività di gestione, ma è il legale rappresentante a dover provare, eventualmente, di non aver avuto alcun ruolo gestorio effettivo.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla differente natura dei debiti. Per i debiti che nascono da contratti (base negoziale), la responsabilità ex art. 38 c.c. è legata all’esigenza di tutelare i terzi che hanno negoziato con chi ha speso il nome dell’associazione. In questo caso, è logico che risponda solo chi ha effettivamente agito.

Per i debiti tributari, che sorgono ex lege (per legge), la logica è diversa. La responsabilità del legale rappresentante è collegata alla sua posizione di garanzia nei confronti dell’Erario. Il ruolo formale che ricopre implica un dovere di corretta gestione fiscale. Pertanto, la Corte stabilisce una presunzione relativa di gestione, che fa scattare la sua responsabilità solidale per le obbligazioni tributarie. La Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel non considerare questa distinzione e nell’applicare a entrambi i soggetti lo stesso metro di giudizio, rendendo la sua motivazione insufficiente e apparente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche:
1. Rappresentante di Fatto: La sua responsabilità per debiti fiscali non è automatica e richiede una prova rigorosa da parte dell’amministrazione finanziaria del suo concreto coinvolgimento nella gestione dell’ente.
2. Rappresentante Legale: La sua carica formale comporta una presunzione di responsabilità per i debiti d’imposta. Per sottrarsi a tale responsabilità, dovrà fornire la prova di non aver svolto alcuna attività gestoria.

In conclusione, chi accetta la carica di legale rappresentante di un’associazione non riconosciuta deve essere consapevole dei rischi connessi, specialmente sul piano fiscale, poiché la legge presume un suo diretto coinvolgimento nella gestione, con conseguente responsabilità solidale rappresentante per le obbligazioni verso l’Erario.

Chi risponde dei debiti fiscali di un’associazione non riconosciuta?
Rispondono in solido con l’associazione coloro che hanno agito in suo nome e per suo conto. La Corte di Cassazione chiarisce che per il legale rappresentante formale si presume un ruolo gestorio e quindi una responsabilità, mentre per il rappresentante di fatto tale ruolo deve essere provato concretamente dall’amministrazione finanziaria.

La sola firma della dichiarazione dei redditi rende automaticamente responsabili?
No. Secondo la sentenza, per un soggetto che non ha cariche formali (rappresentante di fatto), la sola sottoscrizione della dichiarazione dei redditi non è un atto sufficiente a configurare la sua responsabilità solidale. È necessario dimostrare un’attività gestoria concreta e continuativa.

C’è differenza tra la responsabilità del rappresentante legale e quella del rappresentante di fatto per i debiti fiscali?
Sì, la differenza è sostanziale. Per il legale rappresentante vige una presunzione di gestione, quindi la sua responsabilità è presunta, salvo che egli stesso non provi il contrario. Per il rappresentante di fatto, invece, l’onere della prova è a carico dell’Agenzia delle Entrate, che deve dimostrare il suo effettivo coinvolgimento nella gestione dell’ente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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