Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33082 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ASD – art. 38 c.c. – responsabilità solidale del legale rappresentante e del rappresentante di fatto -presupposti disponibilità – sufficienza – esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29419/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME e COGNOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata alla comparsa depositata il 25.8.2024, dall’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dei precedenti difensori, Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrenti –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, n. 297/03/2018, depositata in data 9 marzo 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME NOME COGNOME e l’associazione RAGIONE_SOCIALE impugnavano innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE , con il quale l’Agenzia delle Entrate acclarava la decadenza , per l’anno 200 9, dall’agevolazione di cui alla legge 398/1991, in materia di IVA, per aver superato, nel periodo precedente, la soglia di Euro 250.000,00.
L’avviso era stato notificato al COGNOME quale legale rappresentante dell’associazione, ed al COGNOME, quale legale rappresentante di fatto della stessa, in quanto firmatario della dichiarazione dei redditi per il detto anno, sulla base dell’art. 38 c.c. e della responsabilità solidale ivi prevista.
La CTP rigettava i ricorsi ritenendo, per quanto qui ancora rilevi, il COGNOME ed il Rattà solidalmente responsabili con l’associazione.
L’associazione, il COGNOME ed il COGNOME proponevano gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Calabria, che accoglieva le doglianze dei rappresentanti legali annullando l’avviso di accertamento con riferimento alle loro posizioni. Il giudice di appello riteneva che al fine di fondare la responsabilità solidale ex art. 38 cod. civ. non fosse sufficiente la mera titolarità della carica sociale rivestita dal soggetto, occorrendo di contro accertare il concreto svolgimento di atti concreti di gestione e di definizione di rapporti tributari. Concludeva, quindi, nel senso che ‘le condotte individuate nell’avviso di accertamento vengono addossate agli odierni appellanti nelle loro qualità di legali rappresentanti dell’associazione sportiva, destinataria dell’accertamento e non viene indicata nessuna specifica e concreta attività svolta’ dagli appellanti (pag. 5 della sentenza).
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione l ‘Agenzia delle Entrate , affidandosi a tre motivi. I contribuenti hanno resistito con controricors o; l’associazione è rimasta intimata .
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 28 novembre ottobre 2024.
In data 25/08/2024 si costituiva per i controricorrenti l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dei precedenti difensori, insistendo nelle conclusioni rassegnate nel controricorso.
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione l’Agenzia delle Entrate deduce l ‘ «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360, 1^ co. n. 5 c.p.c.». Con riferimento alla posizione del COGNOME, l’Ufficio afferma che questi aveva agito in nome e per conto dell’associazione avendo firmato la dichiarazione dei redditi dell’anno 2009; detta circostanza , ‘esattamente colta dalla CTP’, non è stata invece considerata dal giudice del gravame.
Il motivo è inammissibile.
1.1. Invero, si è al di fuori del paradigma applicativo della norma indicata nella rubrica del motivo.
L’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2012 (d.l. 83/2012) ed applicabile ratione temporis , prevede, per quanto qui rilevi, che le sentenze emesse in grado di appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
…5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti .
Nonostante la ratio della riforma fosse chiara, ovvero, da un lato, evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, dall’altro, limitare il sindacato sul fatto in Cassazione, la formulazione della norma, molto criticata in dottrina, ha generato numerose
questioni interpretative e questa Corte è stata chiamata a delimitare l’ambito di applicazione del motivo de quo .
In termini generali, si è affermato che è denunciabile, ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 7/4/2014 n. 8053, Cass. Sez. U. 21/12/2022 n. 37406, Cass. n. 12111/2019).
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso , che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo ; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 2474/2017).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. n. 9637/2017).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile
in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. n. 9637/2021), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. n. 10525/2022).
Pacifica, poi, l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fatto decisivo ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
1.2. Orbene, nella specie, la circostanza di fatto asseritamente omessa non è affatto decisiva, nel senso che avrebbe, ove considerata, portato ad una decisione diversa; secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38, comma secondo, cod. civ. per colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta è collegata all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi (ricollegandosi ad una concreta ingerenza dell’attività dell’ente), ma l’esecuzione di adempimenti fiscali (quali la predisposizione, l’invio o la sottoscrizione della dichiarazione dei redditi) non è di per sé sufficiente per configurare a carico del soggetto agente una sua responsabilità, soprattutto quando, come nella specie, il contribuente non rivestiva alcuna qualifica nell’organigramma dell’associazione (v. Cass. 13/12/2022, n. 36470, che ha escluso la responsabilità solidale del vicepresidente di un’associazione, il quale aveva inviato la prima dichiarazione dei redditi dell’ente).
Con il secondo strumento di impugnazione l’Agenzia delle Entrate deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 c.c. in relazione all’art. 360, 1^ comma n. 3 c.p.c.». Sempre con riferimento alla posizione del COGNOME, l’Ufficio afferma che questi aveva agito in nome e per conto dell’associazione avendo firmato la dichiarazione dei redditi dell’anno 2009; detta circostanza di fatto è idonea a provare lo svolgimento di atti nell’interesse dell’associazione. Lo svolgimento di adempimenti fiscali c ostituisce, invero, elemento sintomatico del concreto svolgimento di atti nell’interesse dell’associazione.
Il motivo è infondato.
La decisione è, infatti, conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di responsabilità solidale con l’associazione – del soggetto che, privo di cariche formali all’interno dell’ente, abbia agito in nome e per conto dell’associazio ne, giurisprudenza richiamata in sede di esame del primo motivo.
Con il terzo strumento di impugnazione l’Agenzia deduce la «motivazione apparente e nullità della sentenza in violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 disp. Att. C.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.». Con riferim ento alla posizione del Rattà, la ricorrente afferma che la CTR non avrebbe indicato le ragioni atte a superare la decisione della CTP (che aveva ritenuto la spendita della ragione sociale dell’associazione una ‘circostanza evidente e desunta delle evidenz e documentali’). Riporta, quindi, un estratto delle controdeduzioni depositate in appello (precisamente parte della pag. 6 del detto atto), nelle quali avrebbe rappresentato ‘gli elementi di fatto’, ritenuti ‘insufficienti’ dalla CTR senza motivazione alcuna.
Il motivo è fondato.
3.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il
fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più var ie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053).
Con particolare riferimento alla tecnica motivazionale per relationem questa Corte ha ripetutamente affermato che detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814). Il giudice di appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti ( ex multis , Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla -in quanto meramente apparente -una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infonda tezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello ( ex multis , Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112).
3.2. Invero, nel caso di specie, la CTR, dopo aver riportato la giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità solidale di chi agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta (art. 38 cod. civ.), ha riformato la sentenza di prime cure in parte qua per la carenza di prova specifica sull’attività negoziale concretamente svolta sia dal Rattà sia dal Moraca.
In tal modo il giudice di appello ha reso una motivazione apparente sul nucleo centrale della fattispecie, ovvero la necessità dello svolgimento di concreta attività gestoria, da parte del legale rappresentante dell’ente, al fine di configurare una sua responsabilità nei confronti dell’Erario. Ha, in fatti, omesso qualsiasi
distinzione tra il COGNOME ed il COGNOME accomunandoli nella motivazione circa la carenza di loro responsabilità.
Ora, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, di contro, per il soggetto che rivesta, nel periodo in contestazione, il ruolo formale di legale rappresentante dell’associazione, deve presumersi il ruolo di gestore dell’ente e, per l’effetto, l a sua responsabilità per i debiti tributari: ‘nelle associazioni non riconosciute non rileva, per i debiti sorti su base negoziale, la posizione astrattamente rivestita dal soggetto nella compagine dell’ente, poiché la responsabilità personale e solidale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, ex art. 38 c.c., corrisponde all’esigenza di garantire i creditori in assenza di forma di pubblicità legale del patrimonio dell’ente; al contrario, per i debiti d’imposta, sorti ex lege, risponde solidalmente delle sanzioni e del tributo non corrisposto, nel solo periodo di relativa investitura, il soggetto che in forza del ruolo rivestito ha effettivamente gestito l’ente’ (Cass. 02/05/2024, n. 11869: in applicazione del principio, nella specie, la Corte ha confermato il rigetto del ricorso avverso un’intimazione di pagamento emessa, a seguito di un avviso di accertamento, nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica e del suo legale rappresentante, in quanto, nel periodo di riferimento, il ricorrente era il legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta, sicché, in assenza di una diversa indicazione, doveva presumersi in capo al medesimo il ruolo di gestore dell’ente rappresentato).
Il ricorso va, per l’effetto, accolto limitatamente al terzo motivo ed alla posizione del Rattà; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre