Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24679 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24679 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME CECILIA
Data pubblicazione: 13/09/2024
Oggetto: Cartella di pagamento – Società – Violazioni amministrative – Responsabilità solidale del legale rappresentante – Mancata impugnazione di atti prodromici – Conseguenze.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13866/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e dife sa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO, è domiciliata ex lege.
-ricorrente –
contro
NOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della C.T.R. Bari, n. 3271/2016, depositata il 21.12.2016 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11.7 .2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio, in accoglimento del primo motivo di ricorso, della sentenza impugnata.
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Bari, la RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato l’avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2006, emesso e notificato sia nei suoi confronti, sia nei confronti del suo amministratore NOME COGNOME.
In primo grado, tale impugnazione era stata dichiarata inammissibile, con pronuncia confermata in appello e divenuta definitiva.
A seguito della definitività di tale decisione, l’Ufficio impositore aveva emesso la conseguente cartella di pagamento che, impugnata dal solo NOME COGNOME dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari, era stata annullata, poiché il predetto contribuente era stato ritenuto estraneo al debito di imposta, gravante esclusivamente sulla società.
Proposto gravame dall’RAGIONE_SOCIALE, t ale decisione era stata confermata dalla RAGIONE_SOCIALE, poiché il NOME non era stato parte del giudizio promosso dalla società avverso l’avviso di accertamento e le violazioni non erano state a lui personalmente contestate ed ascritte quale autore materiale, non potendone più rispondere quale semplice obbligato in solido, a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche intervenute con l’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’ RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi. Il contribuente resisteva, depositando controricorso. Replicava l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE con ulteriore memoria. Rimaneva intimata l’RAGIONE_SOCIALE
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, depositava requisitoria scritta, con cui chiedeva l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’ RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003 e 2, comma 1, e 11, del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., avendo errato la Ctr nel ritenere il NOME estraneo al debito di imposta, poiché l’atto impositivo era stato emesso e notificato anche nei suoi confronti, quale autore della violazione, ai sensi dell’art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992. Aveva, altresì, errato la Ctr a richiamare l’art. 7 cit. che era, invece, inconferente, trovando applicazione l’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997, in base al quale l’autore RAGIONE_SOCIALE violazioni risponde in solido con la società limitatamente agli importi richiesti a titolo di sanzione, disposizione che non era stata abrogata con l’introduzione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003.
Va, innanzitutto, evidenziato che, contrariamente a quanto eccepito nel controricorso, il primo motivo di doglianza è ammissibile, indicando specificamente le parti della sentenza impugnata che intende contestare.
Il motivo è, altresì, fondato, sotto il profilo, evidenziato dal PG, della mancata impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto.
Com’è noto, in materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997,
secondo cui la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione.
In deroga a tale principio, nonché in deroga all’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997 che prevede la responsabilità solidale RAGIONE_SOCIALE società nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione, l ‘ art. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003, conv. dalla l. n. 326 del 2003, ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative tributarie.
Tuttavia, l’ applicazione della norma eccezionale introdotta dal citato art. 7 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell ‘ interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l ‘ autore materiale della violazione, ma sia posta, in via esclusiva, a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore. Per contro, qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l ‘ ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell ‘ art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (in tal senso, Cass. n. 25757/2020, Rv. 659649-01).
Occorre allora considerare che, contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, l’avviso di accertamento , presupposto alla cartella di pagamento impugnata nella presente sede, era stato emesso e notificato non solo nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE, ma anche nei confronti del suo amministratore, NOME COGNOME, quale autore materiale RAGIONE_SOCIALE violazioni. Ciò emerge dal ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, nel quale, in applicazione del principio di autosufficienza, è stato riportato il co ntenuto dell’avviso di accertamento in questione e dell’atto di appello. In particolare, in detto avviso veniva evidenziato che, dai controlli eseguiti, era emerso che, nell’anno 2006, erano stati portati in deduzione costi non deducibili, era stata omessa la fatturazione di ricavi e non erano state assoggettate ad imposizione Iva RAGIONE_SOCIALE operazioni. Il responsabile materiale di tali violazioni era stato individuato nella persona di NOME COGNOME COGNOME, poiché aveva provveduto ad ideare e realizzare gli illeciti fiscali in questione, agendo dietro lo schermo protettivo della società e mirando unicamente a conseguire il proprio interesse, consistente nel maggior possibile vantaggio personale e patrimoniale. Per tale motivo, l’Ufficio , ritenendo che egli fosse tenuto ad adempiere al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e della sanzione tributaria irrogata per l’anno 2006, in solido con la società da lui amministrata e partecipata , aveva emesso l’avviso di accertamento anche nei suoi confronti.
Di conseguenza, il NOME, avendo ricevuto la notificazione dell’avviso di accertamento emesso anche nei suoi confronti, avrebbe dovuto sollevare tutte le contestazioni relative alla eventuale estraneità della pretesa, con l’impugnazione di tale avviso , i cui vizi non possono essere fatti valere successivamente, attraverso l’opposizione al la cartella.
Ed infatti, l’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 , dopo aver elencato gli atti autonomamente impugnabili dal contribuente, stabilisce al terzo comma che ciascuno di essi può essere impugnato solo per vizi propri, ovvero, in caso di mancata notificazione, può essere impugnato unitamente al successivo atto regolarmente notificato.
Da ciò consegue che, ove l’atto autonomamente impugnabile sia stato regolarmente notificato e non sia stato opposto nei termini di
legge, è inammissibile la denunzia dei vizi ad esso relativi con l’impugnazione dell’atto successivamente notificato. Del resto, una volta decorsi i termini per l’impugnazione, si cristallizza quan to indicato nell’atto non impugnato, che sia stato regolarmente notificato.
Nel caso in esame, la mancata impugnazione da parte del NOME dell’avviso di accertamento ha determinato la definitività della pretesa nei suoi confronti. Ha errato, pertanto, la Ctr ad esaminare l’eccezione del contribuente in ordine alla sua estraneità al debito di imposta, non potendo egli far più valere, con l’impugnazione della successiva cartella di pagamento , vizi propri dell’atto presupposto.
Parimenti non è corretta la decisione della RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui afferma che, a decorrere dal 2 ottobre 2002, il legale rappresentante non potrebbe più essere chiamato a rispondere in solido con la società, a seguito dell’introduzione, ad opera dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, del principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative tributarie.
Nel caso in esame, infatti, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, tale eccezionale disposizione non trova applicazione, poiché la contestazione mossa dall’Ufficio al NOME consiste nell’ aver operato nel proprio esclusivo interesse, quale autore materiale RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie, avvalendosi RAGIONE_SOCIALE schermo societario.
Il riferimento all’art. 7 cit. è, pertanto, inconferente e non ha rilievo ai fini dell’esclusione della responsabilità solidale del legale rappresentante.
Con il secondo motivo di doglianza, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. , in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., con riferimento alla apodittica affermazione secondo cui l’ Ufficio non avrebbe fornito alcuna prova circa la riconducibilità RAGIONE_SOCIALE contestate violazioni al NOME, senza
tener conto RAGIONE_SOCIALE specifiche ragioni illustrate nell’atto di appello e riportate nel ricorso.
Anche tale motivo è fondato.
8. Giova ricordare che l a violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. si realizza sia quando la motivazione manchi del tutto, come atto scritto da un punto di vista esclusivamente formale, sia quando essa formalmente esiste ma per le sue intrinseche contraddittorietà non consente di individuare il percorso logico giuridico che ha condotto il giudice a quella determinata decisione.
In queste ipotesi, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., che a sua volta determina la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.. Al di fuori di queste ipotesi, il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un ‘fatto storico’, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia ‘decisivo’ ai fini di una diversa soluzione della controversia, ciò a seguito della riforma dell’art. 360, primo comma, n. 5, c .p.c. (cfr. Cass., Sez. Un, 28 ottobre 2022, n. 32000). A tal riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che è oggi denunciabile in sede di legittimità solo l ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. 27 dicembre 2023, n. 35947; Cass. 11 ottobre 2023, n. 28390; Cass. 18 settembre 2023, n. 26704; Cass. 13 gennaio 2023, n. 956 del 2023; Cass.17 novembre 2022, n. 33961). Questa anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione o di sua contraddittorietà (cfr. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; nello stesso senso anche le più recenti e già menzionate Cass. nn. 28930 del 2023 e 33961 del 2022).
Con tali locuzioni ci si riferisce, quindi, ad ogni caso in cui la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far emergere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Orbene, nella sentenza impugnata si afferma: ‘nessun elemento positivamente acquisito in atti induca a ritenere che, nel caso in esame, il rapporto fiscale con il relativo debito, in via di fatto, non facesse capo alla società accertata, ma fosse ‘proprio’ del COGNOME, quale esclusivo beneficiario RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate’.
Una siffatta motivazione non consente di individuare l’ iter argomentativo seguito dai giudici di merito, poiché, oltre a risultare apodittica e poco comprensibile, non tiene conto della ricostruzione della vicenda, riportata negli atti trascritti, per stralcio, dalla ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, e RAGIONE_SOCIALE contestazioni mosse al legale rappresentante, già richiamate nell’esame del primo motivo di doglianza.
Per tale ragione, essa si colloca al di sotto del livello del minimo costituzionale, richiesto dalla giurisprudenza sopra richiamata (cfr., da ultimo, Cass. 16 maggio 2024, n. 13621; Cass. 11 aprile 2024, n. 9807; Cass. 7 marzo 2024, n. 6127).
10 . Con il terzo motivo di doglianza, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., avendo la Ctr omesso di pronunciare su uno specifico motivo di appello e, in particolare, sul rilievo che il contribuente intimato non aveva proposto ricorso
avverso l’avviso di accertamento, eccependo in quella sede la sua estraneità.
Tale motivo è parimenti fondato.
Ed invero, nonostante le contestazioni dell’RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE non si pronuncia specificamente sul problema della mancata impugnazione, da parte del NOME, dell’avviso di accertamento presupposto, impugnato solo dalla società, limitandosi a sostenere che il predetto era ancora legittimato a far valere vizi propri dell’avviso di accertamento, non avendo assunto personalmente la qualità di parte nel giudizio di impugnazione proposto dalla sola società.
Come si è già osservato, nella vicenda in esame, il NOME è stato ritenuto «autore» degli illeciti commessi dalla società, di cui era stato amministratore e socio al 95% e, con riferimento a tale aspetto, è stato emesso e notificato l’avviso di accertamento nei suoi confronti. Trattandosi di atto autonomamente impugnabile e non essendo stata dedotta la sua mancata notificazione, il contribuente destinatario era onerato a proporre opposizione nei termini di legge per far valere vizi propri RAGIONE_SOCIALE stesso, non potendo essere questi dedotti con l’impugnazione dell’atto successivamente notificato. Su tale punto, tuttavia, la sentenza impugnata nulla osserva di specifico.
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, quindi, va integralmente accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo per l’ulteriore esame dell’appello proposto dall ‘ RAGIONE_SOCIALE e per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte , in accoglimento del ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per
l’ ulteriore esame dell’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE e per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite anche del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione