Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33250 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33250 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1055/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ‘ex lege’ n Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del PIEMONTE-TORINO n. 988/2022 depositata il 31/10/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Si evince dalla sentenza in epigrafe che RAGIONE_SOCIALE impugnava avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino l’atto di intimazione n. NUMERO_CARTA relativo a due cartelle di pagamento del 2017 e del 2018, aventi, rispettivamente, n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA protestando il suo difetto di responsabilità a seguito di cessione di azienda da RAGIONE_SOCIALE in merito ai crediti portati dalle predette cartelle intestate alla cedente.
L’Agenzia delle entrate Riscossione si costituiva nel giudizio di primo grado.
Con sentenza n. 945/4/2021 pronunciata il 11/10/2021 e depositata il 08/11/2021, la CTP rigettava il ricorso e condannava la contribuente al pagamento delle spese processuali.
Proponeva appello Agenzia delle entrate Riscossione, rigettato dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Dagli atti processuali emerge che RAGIONE_SOCIALE in data 20/09/2016 a mezzo scrittura privata autenticata acquistava dalla RAGIONE_SOCIALE il ramo d’azienda sito in Torino INDIRIZZO svolgente l’attività di vendita al minuto delle merci, comprese nel settore merceologico non alimentare, per il corrispettivo di €. 132.000,00, di cui € 130.091,72 pagati a mezzo di pagamento delle cartelle di RAGIONE_SOCIALE rispettivamente n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA, alla cedente contestate nel 2016 e 2015.
La pretesa tributaria per cui si controverte attiene al documento n. NUMERO_CARTA con cui l’Agenzia delle Entrate -Riscossione di
Torino richiedeva alla Società cessionaria RAGIONE_SOCIALE, il pagamento ai sensi dell’art. 14 commi 1 e 2 D. Lgs 472/87, del debito erariale maturato dalla cedente RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione C.F. NUMERO_DOCUMENTO, portato dalle cartelle esattoriali n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA, rispettivamente notificate nelle date del 24/01/2018 e del 09/02/2018 dell’importo di € 22.640,14 e di € 120.636,38 per un totale di € 143.276,52.
Secondo l’assunto dell’appellante, la RAGIONE_SOCIALE ha già soddisfatto la pretesa (e la ‘ratio’) ex art. 14 commi 1 e 2 D.Lgs. 472/87 dell’A.E. a mezzo del pagamento delle suddette cartelle; ulteriore censura dell’appellante concerne la violazione del limite quantitativo, pari al valore del ramo d’azienda trasferito, in quanto la pretesa di € 143.276,53 eccede il valore del ramo d’azienda acquisito, dovendosi intendere per ‘valore’ in assenza di accertamento -quello dichiarato dalle parti nell’atto di cessione, pari a € 132.000,00.
Osserva il Collegio che la coobbligazione discende dall’atto di cessione d’azienda del 28/09/2016 e dal disposto di cui all’art. 14 D.Lgs. n. 472 del 1997 che prevede: .
Si deve ritenere che la condotta dell’appellante sia conforme alla ‘ratio’ della citata disposizione e non sia lesiva dell’interesse pubblico sotteso considerando che:
le parti cedente e cessionaria pattuivano e indicavano in € 132.000,00 il valore del ramo di azienda; tale valore non è stato contestato dall’Agenzia delle Entrate; RAGIONE_SOCIALE in osservanza della richiamata disciplina normativa, ha soddisfatto i debiti della cedente verso l’erario in misura pari al valore dell’azienda a mezzo del pagamento delle suddette cartelle n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA
La previsione dell’art. 14, commi da 1 a 5, del D.Lgs. 472/1997 è volta ad evitare che tramite la cessione di azienda possa verificarsi la dispersione del relativo valore e il conseguente omesso incasso del tributo erariale in misura pari al valore dell’azienda; il valore del ramo d’azienda ceduto è stato indicato in €. 132.000,00 e non è stato contestato; la cessionaria RAGIONE_SOCIALE risulta aver corrisposto detto valore all’Erario saldando le cartelle n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA contestate alla cedente nel 2016 e 2015.
Le indicate circostanze inducono a concludere che l’acquisto del ramo d’azienda da parte di RAGIONE_SOCIALE è avvenuto in osservanza del disposto ex art. 14, commi da 1 a 5, del D.Lgs. 472/1997.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate -Riscossione, a ministero dell’Avvocatura Generale dello Stato, con due motivi. Resiste la contribuente con controricorso, ulteriormente insistito con memoria in data 23 settembre 2024.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14, comma 1, d.lgs. 472/1997 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado falsamente applicato tale norma alla fattispecie’ .
1.1. La sentenza impugnata è erronea in quanto:
in data 28.09.2016, la società RAGIONE_SOCIALE, a mezzo di scrittura privata autenticata, ha acquistato, con effetti e decorrenza dal 1.10.2016, dalla società RAGIONE_SOCIALE, il ramo d’azienda sito in Torino, INDIRIZZO svolgente l’attività di vendita al minuto di merci;
2) è in tal sede che le parti hanno pattuito il prezzo della cessione in euro 593,28, ‘determinato valorizzando tutte le attività e l’avviamento e sottraendo tutte le passività, indicate al punto 4 …, ammontanti a complessivi euro 131.406,72’ (cfr. punto 7 dell’atto di cessione);
il valore fiscale della cessione è stato quantificato in euro 132.000,00, valore al quale le parti sono addivenute sommando (come si legge alle pagg. 3 e 4 dell’atto di cessione sotto riportate):
-euro 130.091,72 (pari all’accollo delle cartelle esattoriali nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA;
-euro 1.315,00 (a titolo di accollo del ‘TFR e competenze differite’);
euro 593,28 (corrispettivo nominale della cessione );
l’impegno della cessionaria RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle cartelle esattoriali nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA della cedente RAGIONE_SOCIALE va qualificato alla stregua di un vero e proprio accollo al pagamento di debiti altrui quando ancora non era insorta la responsabilità solidale ex art. 14 d.lgs. 472/1997, configurabile, invero, solo successivamente alla data della cessione.
Del tutto legittima risulta, quindi, alla luce della responsabilità solidale di cui al menzionato art. 14 d.lgs. 472/1997, la notifica, da parte di ADER, dell’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA (oggetto di causa) alla società cessionaria RAGIONE_SOCIALE
Secondo motivo: ‘Omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. per non avere la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado considerato che l’accollo volontario della cessionaria al pagamento di cartelle della cedente risultava anteriore all’insorgere (successivo, quale effetto della cessione medesima) della responsabilità del cessionario ex art. 14 d.lgs. 472/1997’.
2.1. ‘La sentenza impugnata è viziata per avere omesso di considerare un fatto decisivo ai fini del decidere: l’accollo volontario della cessionaria RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle cartelle esattoriali nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA della cedente risulta anteriore all’insorgere (successivo, quale effetto della cessione medesima) della responsabilità del cessionario ex art. 14 d.lgs. 472/1997′.
Il primo motivo -che si sottrae ai rilievi di inammissibilità di cui al controricorso perché non è affatto volto a sollecitare una rivalutazione di merito, individuando con precisione la censura sotto il corrispondente paradigma della violazione di legge, a supporto della quale, doverosamente, a fini di autosufficienza, riproduce le pertinenti clausole del contratto di cessione -è fondato, con assorbimento del secondo.
3.1. È la stessa CGT II ad esordire in motivazione -alla stregua di un accertamento in fatto non minimamente avversato dalla contribuente in controricorso -che ‘dagli atti processuali emerge che RAGIONE_SOCIALE in data 20/09/2016 a mezzo scrittura privata autenticata acquistava dalla RAGIONE_SOCIALE il ramo d’azienda per il corrispettivo di €. 132.000,00, di cui € 130.091,72 pagati a mezzo di pagamento delle cartelle di RAGIONE_SOCIALE rispettivamente n. NUMERO_CARTA e n.
NUMERO_CARTA alla cedente contestate nel 2016 e 2015′, significando in tal guisa che il pagamento delle cartelle di cui si tratta costituisce parte del corrispettivo.
Tale accertamento, effettivamente, trova corrispondenza nel contratto di cessione (fotoriprodotto in ricorso, come dicevasi, a fini di autosufficienza), alla luce del quale il pagamento, da parte della contribuente, delle cartelle nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA rappresenta una componente del corrispettivo della cessione: componente espressamente valorizzata ai fini della determinazione del prezzo nominale corrisposto, proprio in considerazione di ciò esiguo (euro 593,28).
In particolare:
-ai sensi dell’art. 4 del contratto (p. 3 ric.), le due cartelle sono espressamente dichiarate dalla cedente quali debiti rateali esistenti, con riferimento ai quali è convenuto che ‘tutte le rate saranno pagate dall’acquirente in nome e per conto del cedente. I suddetti debiti vengono ceduti unitamente al ramo d’azienda nella loro attuale e dichiarata consistenza . La parte acquirente si obbliga ad estinguere i debiti ceduti, mediante la corresponsione degli importi indicati nelle sopraindicate cartelle esattoriali’;
-ai sensi dell’art. 7 del contratto (p. 10 ric.), ‘il prezzo della presente cessione viene pattuito e convenuto in euro 593,28 . Il suddetto corrispettivo è stato determinato valorizzando tutte le attività e l’avviamento e sottraendo tutte le passività, indicate al punto quattro del presente atto, ammontanti a complessivi euro 131,406,73 ‘.
Ne consegue che -come, ripetesi, correttamente rilevato in fatto dalla stessa CGT II -le passività imputabili alle due cartelle rientrano nella determinazione del corrispettivo, tanto da essere state bensì scomputate dal prezzo nominale (posto che ad esse avrebbe dovuto far fronte la contribuente), ma (ovviamente)
computate nel cd. corrispettivo fiscale (cfr. ancora l’art. 7: ‘Ai soli fini fiscali, il valore della presente cessione è di euro 132.000,00’).
Ciò significa che la contribuente ha pagato il corrispettivo della cessione anche mediante l’accollo del debito derivante dalla rateizzazione delle due cartelle ed in tal senso, per vero, si esprime la CGT II: ‘ per il corrispettivo di €. 132.000,00, di cui € 130.091,72 pagati a mezzo di pagamento delle cartelle di RAGIONE_SOCIALE
3.2 Ora, la circostanza che l’accollo del debito legittimamente possa costituire una modalità del pagamento del prezzo è pacifica in giurisprudenza, sol che si consideri, ad esempio, che, per tale motivo, ai fini dell’imposta di registro relativa a cessione d’azienda, ‘la base imponibile va determinata al lordo dei debiti del cedente che il cessionario si sia accollato quale modalità di pagamento del prezzo’ (Cass. n. 23873 del 2015).
3.3. A fronte di ciò, decentrata, oltreché contraddittoria, è la successiva (rispetto alle descritte premesse fattuali) affermazione della CGT II che – pur riconosciuto ‘ che la coobbligazione discende dall’atto di cessione d’azienda del 28/09/2016 e dal disposto di cui all’art. 14 D.Lgs. n. 472 del 1997’ reputa che la condotta della contribuente (in allora appellante) sia conforme alla ‘ratio’ della citata disposizione e non lesiva dell’interesse pubblico ad essa sotteso, ‘considerando che Grandi Giochi RAGIONE_SOCIALE, in osservanza della richiamata disciplina normativa, ha soddisfatto i debiti della cedente verso l’erario in misura pari al valore dell’azienda a mezzo del pagamento delle suddette cartelle n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA [‘recte’,
‘NUMERO_CARTA‘]’.
3.4. Premesso che è proprio siffatta affermazione a costituire oggetto dell’impugnazione svolta nel motivo che ne occupa (talché non condivisibile è l’assunto di cui al controricorso che vuole il punto non impugnato), la CGT II confonde il piano del pagamento
del corrispettivo, che involge unicamente le parti contrattuali, da quello della responsabilità solidale ex art. 14 D.Lgs. n. 472 del 1997, che attiene ad un rapporto ulteriore e diverso rispetto a quello contrattuale, per quanto pur sempre scaturente da esso, siccome corrente tra il cessionario e l’erario (per debiti del cedente in funzione della cessione).
In altri termini, siffatto rapporto ulteriore e diverso individua come soggetto passivo direttamente il cessionario per il fatto in sé della cessione alla stregua della declinazione di responsabilità di cui è onerato proprio dall’art. 14 cit.
Ed è in considerazione di ciò che questa S.C. -in un insegnamento pur citato ma non colto nelle sue effettive portata e consistenza dalla CGT II -ricollega (nelle cessioni in conformità a legge, ossia non frodatorie) la natura ‘solidale e sussidiaria’ della ‘responsabilità’ ‘del cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente alla’ diligenza del cessionario nell’assumere, prima della conclusione del negozio traslativo, informazioni sulla posizione debitoria del cedente, così assumendo il primo una responsabilità sussidiaria, con ‘beneficium excussionis’, limitata nel ‘quantum’ (entro il valore della cessione) e nell’oggetto (con riferimento alle imposte e sanzioni)’: il cessionario ha cioè l’onere di informarsi delle pendenze che riguardano quest’ultimo, proprio in relazione alle quali modulando il corrispettivo, senza dunque che suoi errori di valutazione possano ridondare in pregiudizio dell’erario, creditore ‘ex lege’ del medesimo per il sol fatto della cessione in costanza degli altri presupposti.
3.5. Ne consegue che è errato l’avere la CTR ritenuto che la contribuente avesse già ‘ soddisfatto i debiti della cedente verso l’erario a mezzo del pagamento delle suddette cartelle n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA: la contribuente, a mezzo del pagamento di tali cartelle, ha pagato una parte del corrispettivo
della cessione; invece, la pretesa rassegnata nell’intimazione di pagamento oggetto di giudizio, da un lato, riguarda altre cartelle e, dall’altro, trova titolo nella cessione, quale fonde della responsabilità solidale ‘ex lege’ della contribuente.
Conclusivamente, la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 9 ottobre 2024.