Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29815 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29815 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29514/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE (c.f. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio n. 4249/2022, depositata il 03/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la CTR del Lazio ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTP di Roma n. 3814/2020. RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato
una cartella di pagamento, con cui le era stato chiesto il pagamento della somma di euro 811.676,79 per omesso versamento di ritenute IRPEF e addizionali a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione mod. NUMERO_DOCUMENTO per il periodo d’imposta 2014. RAGIONE_SOCIALE era stata costituita il 2/7/2014 e aveva come socio unico RAGIONE_SOCIALE, posta in liquidazione il 16/5/2012 e dichiarata fallita dal Tribunale di Velletri il 7/10/2016. RAGIONE_SOCIALE aveva continuato a svolgere l’attività di corsi di formazione di RAGIONE_SOCIALE e, con decorrenza dal 22/9/2014, ne aveva assunto (tutto o quasi tutto) il personale. Aveva dedotto che per un errore nell’interpretazione RAGIONE_SOCIALE istruzioni del mod. NUMERO_DOCUMENTO il professionista di fiducia aveva inviato un unico NUMERO_DOCUMENTO a nome della società conferitaria RAGIONE_SOCIALE, anziché due modelli per le due società, ciascuno per il periodo di competenza (la società conferente non si era estinta), inserendo anche i dati del personale dipendente della società conferente, risultando così per errore gravata anche di un debito non proprio per omesso versamento di ritenute IRPEF.
1.1 Per il giudice di primo grado, a prescindere dal lamentato errore di compilazione della dichiarazione fiscale, a) RAGIONE_SOCIALE può essere considerata sostituto d’imposta solo a partire dal momento (22/9/2014) in cui aveva assunto i dipendenti della conferente; b) non è ipotizzabile un accollo del debito d’imposta per facta concludentia e, in ogni caso, la circostanza che il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE avesse dichiarato all’Amministrazione Finanziaria di voler onorare tutti i debiti fiscali della conferente non integra un accollo del debito ai sensi dell’art. 1273 c.c.; c) anche ritenendo sussistente un accollo del debito, l’Amministrazione Finanziaria può esercitare i propri poteri di accertamento ed esazione solo nei confronti di chi per legge deve soddisfare il debito fiscale in quanto l’art. 11, comma 1 , d.l. n. 151 del 1991 sulla notifica della cartella di pagamento per l’ipotesi in cui
più soggetti siano solidalmente tenuti al pagamento RAGIONE_SOCIALE tasse, RAGIONE_SOCIALE imposte indirette, dei tributi locali e RAGIONE_SOCIALE altre RAGIONE_SOCIALE iscritte nei ruoli si applica solo in ipotesi di solidarietà tributaria mentre l’accollante non diventa soggetto passivo del rapporto; d) non può farsi valere nei confronti di due soggetti una pretesa basata sul medesimo presupposto.
1.2 La CTR ha riconosciuto che il 17/6/2016 il soggetto che operava contemporaneamente come legale rappresentante della società conferitaria e liquidatore della società conferente avesse comunicato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che la nuova società si proponeva di pagare tutti i debiti fiscali della conferente, dato che le erano stati trasferiti il personale dipendente e i debiti privilegiati inerenti al personale. Ciò posto, il giudice di secondo grado ha ritenuto:
1.2.1 che la comunicazione del legale rappresentante consente di affermare che vi sia stato un vero e proprio accollo ai sensi dell’art. 1273 c.c., che si ha quando il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito di un altro. Del resto, l’assemblea ordinaria della conferente, prima della cessione, nel deliberare di costituire un ramo d’azienda, aveva stabilito di conferire alla nuova società anche i debiti previdenziali e ritenute di acconto della conferente;
1.2.2 che resta però fermo il principio secondo cui, anche in caso di accollo negoziale del debito d’imposta, è nulla la richiesta di pagamento notificata all’accollante perché l’art. 11, comma 1, d.l. n. 151 del 1991, trova applicazione solo in caso di solidarietà tributaria e non anche nel caso di volontaria assunzione del debito da parte dell’accollante. Anche la disciplina dell’accollo dell’art. 8, comma 2, stat. contr. non consente di ritenere l’accollante debitore nei confronti dell’amministrazione;
1.2.3 che non rileva l’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 sulla responsabilità solidale del cessionario con il cedente in caso di cessione di azienda in quanto ‘disciplina fattispecie completamente diversa dall’accollo volta, tra l’altro a evitare facile elusioni dei
debiti d’imposta accumulati dall’azienda ceduta’ e fermo restando in ogni caso il beneficio della previa escussione del cedente.
Contro la sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso insistendo anche per l’inammissibilità del ricorso ex artt. 360bis , comma 1, n. 1) e 366 c.p.c.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Le richieste preliminari della controricorrente di dichiarare il ricorso inammissibile ex artt. 360bis , comma 1, n. 1) e 366 c.p.c., non meritano accoglimento.
1.1 La controricorrente sostiene che la CTR ha deciso la questione di diritto relativa a ll’accollo negoziale del debito d’imposta in base a un orientamento giurisprudenziale consolidato. In tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti” (Cass, Sez. U., 7155/2017). L’eccezione d’inammissibilità va disattesa perché con il ricorso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE lamenta anche che si verta in tema di recupero a tassazione di ritenute IRPEF di lavoro dipendente non versate da parte di una società conferitaria di ramo d’azienda , obbligata solidalmente con la società conferente. Il giudice di merito avrebbe di conseguenza dovuto confrontarsi anche
con la giurisprudenza di legittimità sull’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997.
1.2 Parimenti infondata è la richiesta di dichiarare inammissibile il ricorso per difetto del requisito della autosufficienza. Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso (Cass., Sez. U., 8950/2022). Il ricorso dell’Ufficio non si limita a una riproduzione di atti causa e tanto meno richiede un riesame nel merito di valutazioni già ampiamente motivate ma consente di comprendere le censure rivolte alla sentenza sia rispetto al vizio di motivazione, negli stretti limiti in cui esso può ancora assumere rilevanza, sia rispetto alla mancata applicazione della disciplina sulla responsabilità solidale prevista dall’ art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997.
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c. per la sussistenza di una motivazione apparente. Deve ritenersi ‘pacifica’ la sussistenza di una ‘cessione con conferimento di ramo d’azienda’ , con conseguente applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997 . La CTR cade anche in contraddizione nel negare l’accollo , salvo poi affermare che si tratta di un accollo e non cessione di azienda.
Il motivo non è fondato.
3.1 Per le Sezioni Unite della Corte la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 legge n. 83 del 2012, conv. dalla legge n. 134 del 2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come
riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. È denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. L’ anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., nn. 8053/2014 e 8054/2014). Le Sezioni Unite hanno chiarito che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincime nto, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 16159/2018, p. 7.2., che menziona Cass., Sez. U., 22232/2016). 3.2 La motivazione non può definirsi contraddittoria con riferimento alla sussistenza di un accollo negoziale perché la CTR richiama la comunicazione 17/6/2016 del soggetto che ricopriva la duplice veste di legale rappresentante della società conferitaria e di liquidatore della società conferente per affermare che la comunicazione dimostra un accollo ai sensi dell’art. 1273 c.c. È proprio su questo punto che le motivazioni dei giudici di primo e di secondo grado divergono: la CTR non nega ma conferma che si discuta di accollo. 3.4 La motivazione della sentenza, pur estremamente concisa nella parte che interessa, non può nemmeno definirsi apparente perché il giudice -non rileva se in maniera condivisibile o no -prende
posizione sulla disciplina della cessione d’azienda prevista dall’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997, ritenendo che la stessa non sia applicabile in una fattispecie diversa, quale quella dell’accollo negoziale del debito d’imposta. Sottolinea, inoltre la necessità della preventiva escussione del cedente. La ratio decidendi, che ha comportato il rigetto dell’ impugnazione, risulta sufficientemente esposta.
4. Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 -bis d.p.r. n. 600 del 1973, 14 d.lgs. n. 472 del 1997 e 8 stat. contrib. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c . L’errore consiste nell’ aver ritenuto che la società conferitaria fosse tenuta al versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute da lavoro dipendente ed accessori solo a partire dal 22/9/2014 mentre era responsabile dei relativi pagamenti anche per il periodo precedente sia per la ‘vicenda negoziale intercorsa fra le due società’ che per il disposto dell’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997. Occorre considerare due presupposti pacifici: a) vi è stato un conferimento di ramo d’azienda; b) la cartella di pagamento trova giustificazione nella dichiarazione NUMERO_DOCUMENTO presentata dalla società. In presenza di operazioni straordinarie non comportanti l’estinzione dei soggetti preesistenti, gli obblighi dichiarativi fanno capo sia alla conferente (RAGIONE_SOCIALE) che alla conferitaria (RAGIONE_SOCIALE). La CTR ha anche trascurato colpevolmente l’espressa assunzione di responsabilità della conferitaria, che si era fatta carico dei versamenti non eseguiti della conferente.
5. La controricorrente ritiene ‘fantasiosa’ la ricostruzione secondo cui ‘una società, costituita successivamente al sorgere dell’obbligazione tributaria, doveva essere ritenuta responsabile, solidalmente, per ritenute che la stessa avrebbe dovuto operare in un’epoca in cui non solo non avrebbe potuto farlo, ma nella quale la r esponsabilità di sostituto d’imposta era in capo a un’altra società’. La nuova società non era stata posta nelle condizioni di conoscere, prima della notifica della cartella impugnata, né l’avviso di
accertamento né l’atto d’irrogazione sanzioni. L’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997, non applicabile al presunto accollo del debito d’imposta , prevede una limitazione di responsabilità (nei limiti del valore del ramo d’azienda ceduto) nell’ipotesi in cui vi sia cessione d’azienda (che dunque passa integralmente da un soggetto a un altro). Nel caso in esame le due società hanno continuato a operare, in modo distinto e autonomo, sino alla declaratoria di fallimento.
Il secondo motivo è fondato con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997 e pertanto nei limiti che seguono.
6.1 Il giudice di secondo grado e la controricorrente affermano che RAGIONE_SOCIALE è stata costituita mediante conferimento di un ramo d’azienda di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. La disciplina tributaria della cessione di azienda è applicabile anche in caso di cessione di ramo d’azienda e di conferimento di ramo d’azienda . L’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 dispone che il cessionario sia responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e RAGIONE_SOCIALE sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo, anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore. Dalla limitazione espressa della responsabilità al valore del ramo di azienda ceduto si evince, in maniera inequivoca, che la responsabilità del cessionario opera, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti indicati nella norma, anche nell’ipotesi di cessione di un ramo aziendale (Cass. 21161/2021 e Cass. 23380/2009). Dato che il conferimento di ramo d’azienda risale al 2014, occorre precisare che la disciplina dell’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997 comporta una responsabilità solidale del conferitario al pari del cessionario anche in caso di conferimento di azienda in società avvenuto prima dell’entrata in vigore dell’art. 16,
comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha esplicitato che le disposizioni dell’art. 14 si applicano, in quanto compatibili, a tutte le ipotesi di trasferimento di azienda, ivi compreso il conferimento, siccome avente effetti meramente ricognitivi, determinandosi con lo stesso un fenomeno traslativo soggetto alle disposizioni di cui artt. 2558 s. c.c. e non alla disciplina di cui all’art. 2498 c.c. (Cass. 1808/2025 e Cass. 28057/2019) giacché il conferimento d’azienda è una cessione di azienda sostenuta da causa societaria (Cass. 4959/2017).
6.2 Per i debiti pregressi relativi al ramo d’azienda , soggetto passivo dell’imposta, nei cui confronti deve essere svolta l’attività accertativa, è esclusivamente il cedente, rispetto al quale si è realizzato il presupposto impositivo. Il cessionario d’azienda risponde di un ‘ obbligazione propria, perché subentra al cedente, e ne risponde in via sussidiaria, in base al l’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997, pur non avendo realizzato il fatto indice di capacità contributiva. Sui limiti della responsabilità del cessionario o conferitario e sull’atto da notificargli, questa Corte ha chiarito:
6.2.1 che l’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997 introduce una responsabilità solidale e sussidiaria del cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente . Nell’ipotesi di cessione conforme a legge, disciplinata nei primi tre commi, viene valorizzata la diligenza del cessionario nell’assumere, prima della conclusione del negozio traslativo, informazioni sulla posizione debitoria del cedente, così assumendo il primo una responsabilità sussidiaria, con “beneficium excussionis” , limitata nel “quantum” (entro il valore della cessione) e nell’oggetto (con riferimento alle imposte e sanzioni relative al triennio prima del contratto ovvero anche anteriori, ma irrogate o contestate nel triennio, ovvero entro i limiti del debito risultante, alla data del contratto, dagli atti degli uffici finanziari); nella distinta ipotesi di cessione in frode al fisco disciplinata nel quarto e quinto comma, la responsabilità del cessionario è presunta “iuris tantum”, “quando il
trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante” e senza i limiti previsti per le cessioni conformi a legge. Sia nell’ipotesi di responsabilità a titolo ordinario che in quella per frode ai creditori, la responsabilità resta solidale. La differenza è data esclusivamente dal fatto che nel primo caso la responsabilità solidale è soggetta a limitazioni (Cass. 15948/2024, Cass., 29722/2020 e Cass. 5979/2014);
6.2.2 che l’avviso di accertamento, relativo al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e RAGIONE_SOCIALE sanzioni, diretto al cedente dell’azienda o di un suo ramo non deve essere notificato anche al cessionario, né in caso di cessione lecita, né in quella in frode al fisco, in mancanza di espressa deroga al principio generale, desumibile dall’art. 42, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui l’avviso di accertamento è notificato al contribuente e non agli altri soggetti che, a vario titolo, possano essere tenuti al pagamento dell’imposta accertata (Cass. 10377/2022 e Cass. 29722/2020);
6.2.3 che la cartella di pagamento non è nulla per il solo fatto che l’emissione della stessa e l’iscrizione a ruolo non siano stati preceduti dalla preventiva escussione del cedente il ramo di azienda. La violazione del ‘ beneficium excussionis ‘ non configura un vizio proprio della cartella e la relativa eccezione integra un’autonoma ‘ causa petendi ‘ impugnatoria appartenente al perimetro dell’esecuzione (Cass. 14736/2021, che richiama Cass., Sez. U., 28709/2020 per evidenziare che i principi affermati in materia di beneficium excussionis , applicabili anche al cessionario di azienda).
6.3 L’art. 8 stat. contrib. p revede la possibilità dell’accollo del debito d’imposta altrui, escludendo che si possa verificare la liberazione del contribuente originario. Sull’accollo negoziale de l debito d’imposta la sentenza impugnata richiama Cass., Sez. U. 28162/2008 che, con riguardo alla normativa anteriore all’art. 8 stat. contrib. , ha affermato che, laddove le parti abbiano assunto volontariamente l’impegno di pagare le imposte dovute da un terzo, in tal modo esse
non assumono la posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma la qualità di obbligato (o coobbligato) in forza di titolo negoziale, sicché l’amministrazione non può esercitare nei loro confronti i propri poteri di accertamento e di esazione, esercitabili solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale, non potendo quindi emettere atti impositivi, ma dovendo, invece, agire in via ordinaria per l’accertamento e l’adempimento dell’obbligo contrattuale. Anche successivamente all’entrata in vigore dell’art. 8 stat. contrib. le Sezioni Unite hanno confermato che l’autonomia privata non può alterare i connotati dei tributi diretti (Cass., Sez. U., 6882/2019) e, più recentemente, è stato ribadito che l’Amministrazione non può esercitare nei confronti dell’accollante i propri poteri di accertamento ed esazione, da esercitare solo nei confronti di chi per legge è obbligato a soddisfare il credito fiscale (Cass. 9353/2024 e Cass. 3930/2025).
6.4 La comunicazione 17/6/16 all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrate del soggetto che ricopriva la duplice veste di legale rappresentante della società conferitaria e di liquidatore della società conferente non giustifica dunque la notifica della cartella di pagamento alla società conferitaria. Accertato, tuttavia, che fra società conferente e società conferitaria è ravvisabile una responsabilità solidale ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997, non assume più rilevanza che l’accollo negoziale del debito d’imposta altrui non costituisca un nuovo obbligato solidale nei c onfronti dell’Amministrazione finanziaria, in quanto non incide sull’individuazione del soggetto passivo del tributo. Diviene irrilevante l’argomentazione della controricorrente secondo cui l’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997 non si applica all’accollo del debito d’imposta. È sufficiente che l’art. 14 si applichi in caso di conferimento di ramo d’azienda.
7.In conclusione, rigettato il primo motivo di ricorso e in accoglimento del secondo deve essere disposta, ai sensi degli artt. 384 e 385 c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata con rinvio
alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia sulla base dei principi affermati con riferimento al l’art. 14 legge n. 472 del 1997. Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo del ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigettato il primo;
cassa la sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/10/2025.
la Presidente NOME COGNOME