Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13529 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13529 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4725/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente adesiva- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI TARANTO, n. 1691/29/15 depositata il 15 luglio 2015
Udita la relazione svolta nell ‘adunanza camerale de l 6 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, cessionaria di un ramo d’azienda della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, per brevità, RAGIONE_SOCIALE), impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto l’avviso di intimazione ex art. 50, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973 notificato dall’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE, con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di 108.527,79 euro per tributi erariali, interessi di mora e accessori iscritti a ruolo nei confronti della cedente.
La Commissione adìta, in accoglimento del ricorso, annullava l’atto impugnato.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, la quale, con sentenza n. 1691/29/15 del 15 luglio 2015, respingeva il gravame principale proposto da RAGIONE_SOCIALE sia quello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE.
Rilevava il giudice regionale, per quanto nell’odierna sede ancora interessa:
-che rettamente la Commissione provinciale aveva ritenuto affetta da nullità l’impugnata intimazione di pagamento per non essere stata preceduta dalla notifica della cartella esattoriale nei confronti della società intimata;
-che «dagli atti di causa non e (ra) emersa alcuna figura o forma di identificazione fra le due società ( scilicet : la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE -n.d.r.) che, entrambe in vita (e senza, quindi, che fra le stesse vi stata alcuna forma di fusione o intervenuta alcuna scissione), a (veva) no espresso ed esprim (eva) no la esistenza di distinti e diversi soggetti con piene e separate autonomie e responsabilità patrimoniali» ;
-che appariva infondato anche il motivo di gravame, «trattato solo per completezza di decisione» , con il quale l’agente della
riscossione sosteneva doversi comunque affermare la responsabilità solidale della società cessionaria ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997; e ciò in quanto la norma in questione, oltre a subordinare la predetta responsabilità alla preventiva escussione del cedente, la limitava al valore dell’azienda o ramo d’azienda oggetto di cessione, nel caso in esame «di gran lunga inferiore al debito fiscale» .
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE, nell’allegata qualità di successore a titolo particolare di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha spiegato controricorso adesivo alle richieste della parte impugnante.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è invece rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine stabilito dal comma 1, secondo periodo, del predetto articolo il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso per l’accoglimento de l ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1414, 1415, comma 2, 1416, comma 2, 1417, 2727, 2729, 2740 e 2901, comma 1, c.c., dell’art. 173, comma 13, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), dell’art. 15 del D. Lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 7, comma 1, della L. n. 212 del 2000.
1.1 L’illustrazione della censura è così riassumibile:
-attraverso la cessione di ramo d’azienda fra di loro apparentemente intercorsa, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano posto in essere un’operazione solo della cedente : tanto era evincibile dall’esame RAGIONE_SOCIALE visure camerali relative alle due società, da cui emergeva che gli amministratori e i direttori tecnici della RAGIONE_SOCIALE erano stati nella RAGIONE_SOCIALE;
-la cessione in parola si era, quindi, sostanziata, dell’altra, come desumibile anche dall’avvenuto trasferimento in favore della cessionaria dell’intero personale tecnico e amministrativo, nonchè di tutti i beni materiali e immateriali e dei contratti facenti capo alla cedente;
-ciò dimostrava che la RAGIONE_SOCIALE era pienamente a conoscenza del credito posto a base dell’impugnata intimazione di pagamento, essendo stata in precedenza regolarmente notificata alla RAGIONE_SOCIALE la cartella esattoriale presupposta.
1.2 Viene, pertanto, rimproverato alla CTR di aver malamente applicato le e , in tal modo pervenendo all’erronea conclusione che .
1.3 Si soggiunge, inoltre: che, quand’anche fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE fosse intervenuta un’operazione di scissione, comunque la seconda avrebbe dovuto rispondere in solido con la prima RAGIONE_SOCIALE obbligazioni tributarie sulla stessa gravanti; – che l’intimazione di pagamento di cui trattasi richiamava per relationem la prodromica cartella esattoriale notificata alla RAGIONE_SOCIALE, sicchè l’atto risultava adeguatamente motivato, essendo ivi indicati necessari per poter .
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 2560 c.c., dell’art. 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973.
2.1 Si assume che la notifica della cartella di pagamento alla RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stata in ogni caso necessaria, nemmeno in presenza di una cessione di ramo d’azienda realmente avvenuta, in quanto l’obbligazione tributaria oggetto della presente controversia causa era riferibile alla sola RAGIONE_SOCIALE, , laddove la responsabilità solidale della cessionaria derivava non già dal titolo (ruolo), bensì direttamente dalla legge, e precisamente dai summenzionati artt. 2560, comma 2, c.c. e 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
2.2 Viene, al riguardo, precisato: – che in materia tributaria detta responsabilità sussiste a prescindere dal fatto che i debiti relativi all’azienda ceduta risultino dai libri contabili obbligatori; – che, ad ogni buon conto, i debiti di cui all’avviso di intimazione risultavano dai bilanci presentati dalla RAGIONE_SOCIALE, regolarmente acquisiti agli atti del processo, sicchè nemmeno sotto questo aspetto potevano ritenersi fondate le contestazioni mosse dall’intimata RAGIONE_SOCIALE
2.3 Si lamenta, infine, che, la CTR avrebbe dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000, in quanto, anziché limitarsi ad annullare ‘tout court’ l’intimazione di pagamento, la CTR avrebbe tutt’al più dovuto rideterminare in un diverso importo il credito esigibile nei confronti della cessionaria RAGIONE_SOCIALE, essendo quello tributario un processo di impugnazione-merito e non di impugnazione-annullamento.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è prospettata la violazione dell’art. 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997, nonché degli artt. 115, 116 e 132, comma 2, n. 4) c.p.c..
3.1 Viene imputato alla Commissione regionale di aver erroneamente escluso (almeno in apparenza) l’applicabilità al caso di specie della disposizione contenuta nel comma 4 dell’art. 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997 -secondo la quale, in caso di cessione di azienda attuata in frode dei crediti tributari, la responsabilità solidale del cessionario per il pagamento dell’imposta e RAGIONE_SOCIALE sanzioni riferibili al cedente non è soggetta alle limitazioni previste nello stesso articolo, a causa dell’omesso esame di alcuni fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione fra le parti.
3.2 Segnatamente, essa avrebbe tralasciato di considerare: – che vi era ; – che era stato effettuato il , ovvero l’arsenale della Marina Militare di Taranto; -che successivamente alla descritta operazione la cedente aveva cessato la propria attività ed era stata posta in liquidazione, nominando quale liquidatrice la madre del socio NOME COGNOME, presente nella compagine di entrambe le società.
3.3 Si osserva, in aggiunta, che nel caso in esame ricorrevano comunque le condizioni richieste dal comma 1 del menzionato articolo ai fini dell’affermazione della responsabilità solidale della cessionaria, ancorchè limitata al valore del ramo d’azienda ceduto, essendo stata offerta dall’agente della riscossione prova documentale sia dell’avvenuta preventiva escussione, con esito negativo, del patrimonio della società cedente, sia dell’incapienza di tale società, sia della sussistenza del requisito temporale prescritto dalla norma (posto che i crediti azionati erano stati iscritti a ruolo nel biennio anteriore alla stipula dell’atto di cessione).
Nell’ordine logico si appalesa prioritario lo scrutinio del secondo motivo.
4.1 Esso è fondato.
4.2 Per giurisprudenza di questa Corte, il cessionario o conferitario d’azienda risponde di un’obbligazione propria, giacchè subentra al cedente e ne risponde in via sussidiaria ex art. 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997, pur non avendo realizzato il fatto indice di capacità contributiva (cfr. Cass. n. 255/2012).
4.3 L’esistenza dell’obbligo del cedente è, quindi, costitutiva dell’obbligo del cessionario/conferitario; e quest’obbligo, sebbene diverso per causa, concerne il medesimo oggetto, ossia il debito d’imposta.
4.4 In un simile contesto, l’ente creditore notifica l’avviso di accertamento unicamente al cedente, poiché egli soltanto è il soggetto passivo d’imposta ed è nei suoi confronti che va accertata la debenza del tributo, ai fini della formazione del titolo esecutivo, ossia del ruolo (art. 49, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973).
4.5 Per contro, al cessionario/conferitario d’azienda o di un ramo di essa è sufficiente notificare la cartella di pagamento (cfr. Cass. n. 15966/2016) o anche solo l’avviso di mora (oggi avviso di intimazione), atti giuridicamente dipendenti dal ruolo già formatosi nei confronti del soggetto passivo d’imposta (cfr. Cass. n. 2769/2023, Cass. n. 6531/2018, Cass. n. 25765/2014, Cass. n. 11228/2007, Cass. n. 618/2006).
4.6 È stato, in particolare, statuito che l’avviso di accertamento diretto al cedente dell’azienda o di un suo ramo non deve essere notificato pure al cessionario, nè in caso di cessione lecita, nè in quello di cessione in frode al fisco, in mancanza di espressa deroga al principio generale desumibile dall’art. 42, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui detto avviso è notificato al solo contribuente e non anche agli altri soggetti che, a vario titolo, possano essere tenuti al pagamento dell’imposta accertata (cfr. Cass. n. 5979/2014).
4.7 Si è altresì evidenziato che, a mente dell’art. 25, comma 1, del
D.P.R. n. 602 del 1973, «il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede».
Proprio da questa norma si ricava che la cartella di pagamento può essere alternativamente notificata al debitore iscritto a ruolo oppure al coobbligato.
4.8 Orbene, poiché in caso di cessione di ramo d’azienda viene a instaurarsi fra il cedente e il cessionario un rapporto di solidarietà dipendente successiva, deve ritenersi consentita la notifica della cartella soltanto al primo, debitore principale, senza alcuna necessità di un’ulteriore notifica nei confronti del secondo, coobbligato solidale.
4.9 Alla stregua dei suenunciati princìpi di diritto, che vanno qui ribaditi, ha dunque errato la CTR nel confermare la decisione assunta dal primo giudice, il quale aveva dichiarato la nullità dell’impugnato avviso di intimazione per non essere stato preceduto dalla notifica della cartella di pagamento nei confronti della cessionaria RAGIONE_SOCIALE.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso assorbe la disamina del primo.
Rimane invece esaminabile il terzo motivo, investente un’autonoma ratio decidendi utilizzata dalla Commissione regionale, ovvero quella secondo cui, indipendentemente dalla validità dell’avviso di intimazione, la cessionaria RAGIONE_SOCIALE non sarebbe comunque tenuta al pagamento dei tributi riferibili alla cedente RAGIONE_SOCIALE, in mancanza della preventiva escussione del patrimonio di quest’ultima e a fronte di un valore del ramo d’azienda «di gran lunga inferiore al debito fiscale» .
6.1 Il motivo, a prescindere dalla sua formale rubricazione, è da ritenersi proposto anche ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., essendo stata denunciata dalla ricorrente la violazione di una serie di norme, fra le quali, in particolare, l’art. 14 del D. Lgs.
n. 472 del 1997.
6.2 Tanto premesso, deve sùbito notarsi che, nella parte in cui prospetta , la censura si appalesa inammissibile, in quanto, in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. ), il ricorso per cassazione poteva essere esperito esclusivamente per i motivi di cui ai nn. 1), 2), 3) e 4) dell’art. 360, comma 1, c.p.c., in virtù della norma discendente dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter del medesimo codice (cfr. Cass. n. 11439/2018, Cass. n. 26860/2014), la quale è operante anche rispetto al ricorso avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale, dovendo ritenersi riferita unicamente alle disposizioni sull’appello la previsione di inapplicabilità contenuta nell’art. 54, comma 3 -bis , del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012 (cfr. Cass. n. 6331/2016).
Peraltro, la ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo e di secondo grado sono fra loro diverse (cfr. Cass. n. 5947/2023, Cass. n. 13064/2022, Cass. n. 18867/2020, Cass. n. 8515/2020).
6 .3 Nella parte in cui, invece, lamenta la violazione dell’art. 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997, il motivo è fondato.
6.4 In proposito, va osservato che sulla cennata questione sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 28709/2020, hanno così statuito: «In tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare la cartella notificatagli eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale. In tal caso, se si tratta di società semplice (o irregolare) incombe sul socio l’onere di provare che il creditore possa soddisfarsi in tutto o in parte sul patrimonio sociale; se si tratta,
invece, di società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni, è l’amministrazione creditrice a dover provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale (a meno che non risulti ‘aliunde’ dimostrata in modo certo l’insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito, come, ad esempio, in caso in cui la società sia cancellata). Ne consegue che, se l’amministrazione prova la totale incapienza patrimoniale, il ricorso andrà respinto; se, invece, il coobbligato beneficiato prova la sufficienza del patrimonio, il ricorso andrà accolto. Se la prova della capienza è parziale, il ricorso sarà accolto negli stessi limiti. Se nessuna prova si riesce a dare, l’applicazione della regola suppletiva posta dall’art. 2697 c.c. comporterà che il ricorso sarà accolto o respinto, a seconda che l’onere della prova gravi sul creditore, oppure sul coobbligato sussidiario» .
6.5 Tale sentenza, sebbene resa sullo specifico tema dell’impugnabilità della cartella di pagamento notificata al socio illimitatamente responsabile in mancanza della preventiva escussione del patrimonio della società debitrice, nella parte motiva sviluppa le proprie argomentazioni estendendole alla fattispecie contemplata dall’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
6.6 Per quel che qui particolarmente interessa, le Sezioni Unite, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 114/2018, hanno affermato la possibilità per il cessionario di far valere la natura sussidiaria della sua obbligazione, opponendo all’ente creditore il «beneficium excussionis» in sede di impugnazione della cartella di pagamento innanzi al giudice tributario.
Nel contempo, hanno pure chiarito che, spettando al solo coobbligato sussidiario far valere il beneficio in discorso, onde impedire l’inizio dell’esecuzione vera e propria, non è affatto preclusa la possibilità di notificare nei suoi confronti la cartella prima che abbia avuto luogo l’escussione dei beni dell’obbligato
principale.
6.7 Se ne è tratto il seguente corollario: «La violazione del beneficium excussionis non configura un vizio proprio della cartella, perchè la relativa deduzione è eccezione che va a integrare autonoma causa petendi di impugnazione appartenente al perimetro dell’esecuzione. Inoltre, la mera violazione dell’ordine che il creditore deve seguire per fare valere le proprie ragioni non può di per sè comportare la caducazione della pretesa rivolta» al coobbligato sussidiario, «ma al più può fondare la richiesta di sospensione dell’esecuzione dell’atto riscossivo impugnato, ex art. 47 D. Lgs. n. 546 del 1992» (sull’argomento vedasi pure Cass. n. 14736/2021).
6.8 Quanto, poi, ai criteri di riparto dell’onere probatorio operanti in subiecta materia , si legge nel menzionato arresto nomofilattico (pag. 19) che «una scelta analoga a quella relativa alla società registrata è stata adottata in favore del cessionario d’azienda o di ramo di essa (ex art. 14 D. Lgs. n. 472 del 1997)» .
6.9 Le richiamate regole giuridiche devono ritenersi applicabili anche nel caso -ricorrente nella specie- in cui al cessionario di ramo d’azienda sia stato notificato un avviso di intimazione non preceduto dalla notifica della cartella esattoriale (cfr. Cass. n. 6857/1995 e, più di recente, Cass. n. 2769/2023).
6.10 In adesione all’indirizzo giurisprudenziale innanzi ricordato, va in primo luogo escluso che l’intimazione rivolta alla RAGIONE_SOCIALE potesse essere considerata nulla per il solo fatto che la sua notifica era stata effettuata anteriormente all’escussione della cedente RAGIONE_SOCIALE, come accertato dalla CTR con apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede.
6.11 Secondariamente, va osservato che il giudice di merito, nel confermare «sic et simpliciter» la decisione di primo grado, non ha compiuto alcuna indagine intesa a stabilire se l’incapienza patrimoniale della cedente il ramo d’azienda risultasse «aliunde» ,
né se fosse stato assolto l’onere probatorio che le Sezioni Unite, come si è visto, variamente distribuiscono fra le parti nell’ipotesi in cui il coobbligato si avvalga del «beneficium excussionis» previsto dall’art. 14 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
6.12 In questo stesso àmbito si colloca anche la questione relativa al contenimento della responsabilità solidale della cessionaria entro i limiti fissati dall’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997; questione che il collegio regionale ha risolto sulla scorta del non pertinente rilievo che il valore dell’azienda ceduta, oltretutto nemmeno quantificato, risulterebbe «di gran lunga inferiore al debito fiscale» , in tal modo offrendo un’interpretazione contrastante con il tenore letterale della norma, la quale non subordina la responsabilità in parola alla sussistenza di un determinato rapporto quantitativo fra il valore dell’azienda ceduta e l’entità dell’imposta e RAGIONE_SOCIALE sanzioni dovute dal cedente.
6.13 Oltretutto, il giudice tributario di secondo grado ha completamente omesso di verificare se nella fattispecie concreta fosse configurabile l’ipotesi della cessione fraudolenta disciplinata dal comma 4 del menzionato articolo, non soggetta alle limitazioni previste per la cessione lecita.
7 . Per le ragioni illustrate, va disposta, a norma dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
7.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, a mente dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di
giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione