Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23832 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23832 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
n. 17571/2016 R.G.
COGNOME
Rep.
A.C. 12 giugno 2025
OGGETTO : IVA -Avviso di accertamento -Società – Estinzione per cancellazione dal registro delle imprese Pretesa tributaria nei confronti degli ex soci.
sul ricorso (iscritto al n. 17571/2016 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest’ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente –
contro
CANTÙ NOME , nato a Voghera (PV) il 20 giugno 1933 e residente in Castelletto di Branduzzo (PV), alla INDIRIZZO (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio legale COGNOME–COGNOME, unitamente all’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso (indirizzo p.e.c. del difensore: ‘ EMAIL ‘ ; indirizzo p.e.c. del domiciliatario:
‘ EMAIL );
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (Milano) n. 78/2016, pubblicata il 13 gennaio 2016;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 giugno 2025, dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del contro ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.;
FATTI DI CAUSA
1.- In punto di fatto e limitando l’esposizione alle sole circostanze rilevanti in questa sede, si osserva che oggetto del contenzioso è un avviso di accertamento (n. T9V03E902360/2012) IVA, emesso, nei confronti di Cantù NOME, quale fratello ed erede di RAGIONE_SOCIALE, ex socia della società RAGIONE_SOCIALE con socio unico, in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese, con riguardo all’anno d’imposta 200 7. In particolare, secondo quanto era emerso dal bilancio finale di liquidazione (chiuso alla data del 31 dicembre 2007), la predetta ex socia, poi deceduta, aveva percepito una somma di €. 42.744,39 (euro quarantaduemilasettecentoquarantaquattro/39) e beneficiato di un’assegnazione di beni per un valore complessivo di €. 329.412,68 (euro trecentoventinovemilaquattrocentododici/68).
Con il suddetto atto impositivo, veniva richiesto il pagamento di una maggiore imposta per € . 33.881,00 (euro trentatremilaottocentottantuno/00), oltre sanzioni per € . 42.351,25 (euro quarantaduemilatrecentocinquantuno/25).
L’erede COGNOME NOME , fratello dell’ex socia, impugnava tale avviso di accertamento.
Con la sentenza di primo grado, la CTP di Pavia accoglieva il ricorso, rilevando che la responsabilità dei soci delle persone giuridiche in liquidazione doveva ritenersi applicabile, ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 46 del 1999, esclusivamente alle imposte sui redditi e non all’IVA, che era oggetto dell’accertamento. Inoltre, soggiunge va che la sorella del ricorrente era deceduta prima dell’avviso di accertamento e non era destinataria di alcuna pretesa tributaria.
2.La CTR della Lombardia (Milano), investita dall’appello dell’amministrazione finanziaria , lo rigettava evidenziando – con riguardo al merito della pretesa – che: – in forza del principio di specialità, non trovava applicazione il disposto dell’art. 2495, comma 2, c.c., stante la presenza di una specifica disciplina tributaria relativa alla responsabilità
degli ex soci della società cessata (art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973); l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 che disciplinava la responsabilità dei soci di società in liquidazione, i quali avessero ricevuto assegnazione di denaro o beni sociali durante il periodo di liquidazione o nei due periodi d’imposta precedenti alla liquida zione, si applicava, all’epoca dei fatti, alle sole imposte sui redditi e non anche all’IVA, in forza dell’art. 19 d.lgs. n. 46 del 1999, che, nel testo vigente ratione temporis espressamente contemplava tale limitazione; pertanto, non estendendosi la responsabilità dell’ex socio anche all’IVA, il principio doveva necessariamente trovare applicazione anche nei confronti dell’erede dell’ex socio, poiché tale erede subentra nella medesima posizione giuridica del defunto, cosicché la sua responsabilità non può essere ampliata a debiti tributari inesistenti nei riguardi del defunto.
3.- Avverso la menzionata sentenza d’appello , l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
4.- Il contribuente COGNOME Alessandro ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi. Infine, ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.;
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo, la ricorrente principale Agenzia delle Entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2495 c.c. e 36, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973 nel testo vigente ratione temporis e, cioè, prima delle modificazioni introdotte mediante d.lgs. n. 175 del 2014.
Sostiene, al riguardo, che la decisione impugnata porrebbe il problema del rapporto tra la previsione di cui all’art. 2495, comma 2, c.c. e quella dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973. La CTR avrebbe risolto tale questione nel senso di riconoscere la prevalenza della seconda sulla prima data la specialità del diritto tributario, nel quale la stessa si colloca, rispetto al diritto comune.
Evidenzia, ancora, che, in realtà, le due norme non sarebbero in rapporto di specialità, poiché esse disciplinano due fattispecie completamente diverse.
L’art. 36, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 (secondo cui « I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile »), infatti, contemplerebbe una responsabilità propria dei soci i quali, pur in presenza di debiti tributari a carico della società già accertati, abbiano ottenuto denaro o altri beni sociali dagli amministratori o l’assegnazione dei beni dai liquidatori. Tale disposizione, dunque, secondo l’ affermazione della giurisprudenza di legittimità, presupporrebbe l’esistenza di un debito tributario certo, emergente da un atto impositivo già emesso o da una dichiarazione già presentata.
A comprova del fatto che si tratterebbe di una responsabilità dei soci, vi sarebbe, secondo la prospettazione della ricorrente Agenzia delle Entrate, la previsione di cui al comma 6 (« La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 ») per la quale l’amministrazione finanziaria fa valere detta responsabilità emettendo nei confronti dei soci l’atto impositivo.
Diversamente, sempre secondo la prospettazione della ricorrente amministrazione finanziaria, nel caso dell’art. 2495, comma 2, c.c. il legislatore avrebbe previsto la responsabilità dei soci in virtù di un fenomeno successorio innescato dall ‘ estinzione della società per la cancellazione dal registro delle imprese. I soci, pertanto, sarebbero chiamati a rispondere in via successoria dei debiti tributari già facenti capo alla società.
Tale disposizione sarebbe da ritenersi applicabile anche ai crediti vantati dal Fisco nei confronti di una società estinta per cancellazione dal registro delle imprese, cosicché spetterebbe all’Agenzia delle Entrate, nel momento in cui intende azionare la sua pretesa, verificare se sussistano le condizione per dirigere la sua pretesa nei confronti dei soci, in quanto direttamente responsabili ex art. 36, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973
ovvero se far valere la loro responsabilità in quanto successori della società nei debiti societari.
Nel caso di specie, sarebbe incontestato che l ‘ Agenzia abbia inteso far valere la responsabilità della defunta socia NOME a titolo successorio , con conseguente piena applicabilità dell’art. 2495, comma 2, c.c..
La scelta dell’amministrazione finanziaria, dunque, secondo la prospettazione sviluppata nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, sarebbe pienamente comprensibile ove si rilevi che, nel caso di specie, il credito tributario vantato aveva ad oggetto il mancato pagamento dell’IVA (e delle sanzioni irrogate), ed era stato accertato successivamente all’estinzione della società, con la conseguenza che l’unica disposizione applicabile era da identificarsi proprio nell’ art. 2495, comma 2, c.c., trovando l’art. 36, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973 applicazione solo in relazione alle imposte dirette e solo per debiti tributari già accertati.
2.- Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, il controricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento, per violazione dell’art. 112 c.p.c..
Sostiene, al riguardo, che l’eccezione di inammissibilità, sollevata con riguardo all’appello proposto dall’amministrazione finanziaria, in quanto sottoscritto da un funzionario la cui nomina era decaduta a seguito della sentenza della Corte cost. n. 37 del 2015, sarebbe stata erroneamente interpretata dalla CTR come riferita alla richiesta di nullità dell’originario atto impositivo e sarebbe stata perciò considerata intempestiva, perché mai sollevata in precedenza.
3.- Con il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato, il controricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.2495, comma 2, c.c., dell’art. 754 c.c., dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003 e dell’art. 8 d.lgs. n. 472 del 1997, nonché dell’art. 24 Cost..
In sintesi, con tale doglianza sostiene che gli ex soci risponderebbero sia delle obbligazioni tributarie già definitivamente accertate, sia di quelle non ancora definite e rispetto alle quali il procedimento non si sia ancora
concluso al momento dell’estinzione della società. Nella specie, l’ex socia sarebbe deceduta prima dell’avviso di accertamento e la società si sarebbe estinta ancor prima del procedimento di accertamento; dunque, si sarebbe al di fuori di ambedue le predette ipotesi e dunque non sarebbe possibile far valere nei confronti dell’erede dell’ex socia una pretesa erariale mai contestata a quest’ultima prima del suo decesso.
4.- La censura proposta con il ricorso principale è infondata.
Ed invero, all’epoca dei fatti, l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 non poteva trovare applicazione con riguardo all’IVA, stante la limitazione alle sole imposte dirette prevista ex art. 19 d.lgs. n. 46 del 1999.
Né, del resto, può assumere rilevanza il fatto che l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 prevedeva (come, del resto, ancora oggi) una clausola di salvezza con riguardo alle eventuali « maggiori responsabilità » previste dal codice civile.
E ciò in quanto, anche a voler ritenere applicabile, alla fattispecie in esame, il disposto dell’art. 2495 c.c., in ogni caso la responsabilità dell’ex socia (RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere accertata dall’amministrazione finanziaria con apposito avviso di accertamento previsto dall’ultimo comma dell’art. 36 nel testo all’epoca vigente.
Tuttavia, poiché la disposizione di cui all’art. 19 d.lgs. n. 46 del 1999, faceva riferimento a tutto l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, senza distinzione di commi, correttamente la CTR -in applicazione del principio interpretativo che si esprime attraverso il noto brocardo secondo cui « ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus » -ha ritenuto che l’avviso di accertamento, a carico dell’ex soci a, non fosse suscettibile di essere emanato con riguardo all’IVA e così, parimenti, nei confronti dell’odierno controricorrente che, in quanto erede dell’ex socia defunta, era subentrato nella medesima posizione giuridica di quest’ultima .
Del resto, anche le Sezioni Unite, hanno recentemente chiarito che « Per configurare la responsabilità dei soci in relazione al debito tributario della società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, l’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione costituisce elemento che l’amministrazione finanziaria è tenuta a dedurre con un apposito avviso di accertamento nei confronti dei soci stessi, ai
sensi dell’art. 36, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 » (Cass. civ., Sez. U, sentenza n. 3625 del 12 febbraio 2025, Rv. 673808-03).
5.- In conclusione, alla stregua delle considerazioni finora sviluppate, il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate dev’essere senz’altro respinto, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
6.Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza dell’amministrazione finanziaria ricorrente principale e si liquidano come da dispositivo.
7.- Non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, trattandosi di importo non dovuto in ragione del fatto che trattasi di una pubblica amministrazione ammessa alla prenotazione a debito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato; condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi €. 4.500,00 (euro quattromilacinquecento/00), di cui €. 200,00 (euro duecento/00) per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,