Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 2293/2022 R.G. proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso per cassazione (PEC: EMAIL;
-ricorrenti – contro
Agenzia delle entrate
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania -sezione staccata di Salerno n. 4954/09/2021, depositata il 15.06.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Salerno accoglieva i ricorsi riuniti proposti da COGNOME NOME e COGNOME Angela, quali coobbligati in solido della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, il primo in qualità di socio accomandatario, unitamente a tale COGNOME NOMECOGNOME e la seconda in qualità di socia accomandante, avverso l’avviso di
Oggetto:
Tributi
accertamento, per IVA e sanzioni , in relazione all’anno 20 14, a seguito di utilizzo di fatture relative ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, emesse dalla RAGIONE_SOCIALE società priva di qualsiasi struttura organizzativa;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania -sezione staccata di Salerno accoglieva l ‘appello proposto da ll ‘Agenzia delle entrate, osservando, per quanto ancora qui rileva, che entrambi i contribuenti erano tenuti, nelle rispettive qualità, a vigilare sulla gestione societaria, come prevede l’art. 2320 c.c. e, in particolare, vi era tenuto NOME NOME, visto che era socio accomandatario , non avendo peraltro gli stessi contestato la frode fiscale di cui si erano ritenuti vittime;
i contribuenti impugnavano la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria;
l ‘Agenzia delle entrate rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare va rilevata la tardività della memoria depositata in data 4.07.2025 (denominata ‘note di udienza’);
-ciò premesso, con il primo motivo di ricorso i contribuenti denunciano la violazione, inosservanza d/o falsa applicazione degli artt. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, 42, comma 1, e 43 cod. pen., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, non avendo la CTR valutato in concreto la responsabilità colposa, sotto il profilo della culpa in vigilando , tenuto conto delle effettive possibilità dei ricorrenti di avere conoscenza dei fatti e dell’illiceità delle operazioni contestate, dato che i medesimi non avevano mai partecipato all’attività di impresa e non avevano mai compiuto atti di amministrazione delle società, avendo diligentemente richiesto annualmente il rendiconto e il risultato della gestione, essendo NOME NOME un operaio dipendente del Comune di Maiori e la figlia
NOME residente all’estero, non risultando alcuna redditività dalla predetta attività, sicchè doveva essere esclusa la loro consapevolezza circa le vicende inerenti l’operazione contestata, ‘sia sotto il profilo colposo che doloso’;
– con il secondo motivo deducono la violazione, inosservanza e/o falsa applicazione degli artt. 167, 415, 186-bis, 112 e 115 cod. proc. civ., 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR considerato che l’Agenzia delle entrate, sia in primo che in secondo grado, aveva preso posizione esclusivamente sull’operazione contestata addebitando di fatto la responsabilità a soggetti terzi e nulla eccependo in ordine a quanto contestato dai ricorrenti circa la mancanza della loro conoscenza e conoscibilità dell’operazione, il raggiro posto in essere dal commercialista di cui i contribuenti erano vittime;
– con il terzo motivo deducono la violazione, inosservanza e/o falsa applicazione degli artt. 6, comma 2, 3, 4 -11, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, 2697 cod. civ., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per non avere la CTR considerato che i contribuenti non avevano la possibilità di comprendere e valutare in concreto la verità e/o illiceità delle operazioni contestate, non essendo in contatto con la gestione dell’attività e con i singoli fatti sociali, non avendo alcuna competenza contabile e tributaria, non avendo mai ricevuto notizia dell’operazione contestata, sicchè le obiettive condizioni di incertezza delle disposizioni e la indeterminatezza (inesistenza) delle informazioni (mai) ricevute dal legale rappresentante scriminano i fatti, non consentendo di addebitarli ai ricorrenti, dovendo questi essere ascritti solo a terzi; rileva che la CTR ha riformato la sentenza di primo grado
ritenendo autori della violazione i ricorrenti, sebbene gli stessi non avessero sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi, omettendo qualsiasi motivazione sul punto;
con il quarto motivo deducono la violazione, inosservanza e/o falsa applicazione dell’art. 2320, comma 1, 3 cod. civ., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per avere la CTR ravvisato la responsabilità dei ricorrenti, per omessa vigilanza sulla gestione della società, sebbene la norma ritenuta violata non preveda alcun obbligo ai fini tributari e si applichi solo al socio che abbia compiuto atti di gestione, mentre i ricorrenti non hanno mai effettuato atti di gestione e non avevano conoscenza delle operazioni contestate;
con il quinto motivo deducono la violazione, inosservanza e/o falsa applicazione dell’art. 7, comm i 1 e 4, del d.lgs. n. 472 del 1997, mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, non avendo la CTR motivato in ordine alla quantificazione della sanzione sia in relazione alle circostanze dedotte dai ricorrenti sia alla motivazione della sentenza di primo grado;
i predetti motivi, che vanno esaminati unitariamente essendo connessi, sono inammissibili sotto plurimi profili;
si tratta di motivi formulati mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e quello del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass., 13 dicembre
2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874);
-anche voler accogliere l’orientamento meno rigoroso, che subordina l’ammissibilità del motivo frutto di mescolanza ( Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874) alla condizione che lo stesso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto, deve rilevarsi che tali condizioni non sono presenti nel caso di specie perché i motivi sono del tutto privi di tali specificazioni e si caratterizzano per una critica complessiva alla sentenza impugnata sovrapponendo alla interpretazione delle norme adottata dalla Corte territoriale, sulla base degli accertamenti in fatto riportati in sentenza, proprie interpretazioni dei medesimi fatti che neppure si confrontano con i passaggi essenziali, in fatto ed in diritto, che hanno condotto i giudici di appello ad accogliere l’impugnazione (Cass., 25 ottobre 2019, n. 27393);
-i motivi sono pure inammissibili per difetto di specificità ed autosufficienza, non avendo i ricorrenti riportato nel testo del ricorso per cassazione le parti degli atti processuali e dei documenti, rilevanti per la comprensione dell’esatto contenuto delle doglianze, anche in relazione ai ruoli ricoperti dai contribuenti;
i motivi sono inammissibili, infine, perchè mirano ad ottenere, sotto l’apparente censura della violazione di legge e del vizio di motivazione, una nuova valutazione delle risultanze processuali, contrapponendo all’apprezzamento operato dal giudice di merito quello ritenuto più corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimità;
– con riferimento al secondo motivo, inoltre, non sussiste in ogni caso la dedotta mancata applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ., atteso che detto principio, che opera anche nel processo tributario, deve, tuttavia, deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in via subordinata non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del « thema decidendum » ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione (Cass., 13 marzo 2019, n. 7127; Cass., 23 luglio 2019, n. 19806);
– occorre poi ribadire che, in relazione alle sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Fattispecie in tema di condono tombale in cui la S.C. ha ritenuto che le operazioni di “compliance” tributaria affidate a professionista rimasto inadempiente fossero comunque addebitabili al contribuente per “culpa in vigilando”) (Cass. n. 12901 del 2019);
– in conclusione, il ricorso va rigettato e nulla va disposto sulle spese non avendo l’Agenzia delle entrate svolto alcuna difesa .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9 luglio 2025