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Responsabilità socio accomandante: limiti e ultra petita

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27839/2025, ha annullato una sentenza che aveva dichiarato la responsabilità illimitata di un ex socio accomandante per i debiti tributari di una società estinta. La Corte ha stabilito che la responsabilità socio accomandante è limitata a quanto ricevuto in sede di liquidazione. È stato inoltre ravvisato un vizio di ‘ultra petita’, poiché il giudice di merito aveva imposto una sanzione più grave di quella richiesta dalla stessa Agenzia delle Entrate.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità Socio Accomandante e Società Estinta: La Cassazione Fissa i Paletti

La questione dei debiti residui di una società estinta rappresenta un terreno complesso, specialmente quando si tratta di individuare i soggetti tenuti a risponderne. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione getta luce sui confini della responsabilità socio accomandante, delineando con precisione i limiti del suo coinvolgimento patrimoniale per i debiti tributari della società e sanzionando l’operato del giudice che va oltre le richieste delle parti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un ex socio accomandante di una società in accomandita semplice (s.a.s.), all’epoca dei fatti già estinta. L’Agenzia contestava un maggior reddito sociale per l’anno 2006, con conseguente maggiore IRAP e IVA, imputando il debito pro quota al socio.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva il ricorso del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava la decisione. La CTR riteneva il socio accomandante illimitatamente responsabile, sulla base di un suo presunto coinvolgimento nella gestione sociale, applicando la disciplina codicistica che sanziona l’ingerenza del socio accomandante.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità Socio Accomandante

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza della CTR per un motivo dirimente: la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, noto come vizio di ultra petita (art. 112 c.p.c.).

Il Vizio di Ultra Petita: il Giudice non può dare più di quanto chiesto

Il punto centrale della decisione risiede in una palese contraddizione. La CTR aveva fondato la sua condanna sulla responsabilità illimitata del socio. Tuttavia, la stessa Agenzia delle Entrate, nel proprio atto di appello, aveva circoscritto la sua pretesa, affermando che il socio “sarà ritenuto responsabile nei limiti della sua quota e nei limiti di quanto previsto dalla normativa vigente in materia di società estinta”.

In sostanza, era la stessa amministrazione finanziaria a inquadrare la richiesta entro i binari della responsabilità limitata. Di conseguenza, il giudice d’appello, condannando il socio a una responsabilità solidale e illimitata, è andato “oltre la domanda” (ultra petita), violando un principio cardine del processo civile.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che il contenuto della pretesa tributaria era stato delineato in modo inequivocabile dalla stessa Agenzia delle Entrate. Il richiamo all’art. 2312 c.c. (responsabilità dei soci in caso di estinzione), operato dalla CTR, non era pertinente. Tale norma va infatti coordinata con le altre disposizioni che distinguono tra soci a responsabilità illimitata e soci a responsabilità limitata.

Per il socio accomandante, la norma di riferimento, in caso di estinzione della società, è l’art. 2495 c.c., che limita la sua responsabilità a quanto percepito in base al bilancio finale di liquidazione. La questione dell’eventuale ingerenza nella gestione (che, ai sensi dell’art. 2324 c.c., comporterebbe la responsabilità illimitata) diventa irrilevante se la stessa parte creditrice (l’Agenzia) non ha basato la propria pretesa su tale presupposto. Poiché la richiesta era limitata, il giudice doveva attenersi a quel perimetro, rendendo superfluo ogni accertamento su un’eventuale commistione nella gestione.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, ribadisce con forza il principio della domanda: il potere del giudice è vincolato alle richieste formulate dalle parti e non può estendersi oltre. In secondo luogo, offre una tutela fondamentale per gli ex soci accomandanti di società estinte. La loro responsabilità socio accomandante per i debiti tributari non può essere estesa illimitatamente d’ufficio dal giudice, ma deve essere specificamente richiesta e provata dal creditore. Se l’ente impositore stesso limita la propria pretesa alle somme percepite in sede di liquidazione, quella è la misura massima della potenziale condanna. La decisione, pertanto, consolida la certezza del diritto e protegge il contribuente da decisioni che eccedono i confini del contenzioso.

Qual è il limite della responsabilità di un socio accomandante per i debiti tributari di una società estinta?
Secondo questa ordinanza, la responsabilità del socio accomandante è limitata alle somme che ha effettivamente ricevuto in base al bilancio finale di liquidazione della società, come previsto dall’art. 2495 del codice civile.

Cosa si intende per vizio di ‘ultra petita’ in questo caso specifico?
Significa che il giudice d’appello ha dichiarato la responsabilità del socio come illimitata e solidale, andando oltre la richiesta della stessa Agenzia delle Entrate, la quale aveva circoscritto la pretesa del Fisco entro i limiti della quota di liquidazione ricevuta dal socio.

L’ingerenza del socio accomandante nella gestione della società è stata rilevante per la decisione finale?
No, in questo caso non è stata rilevante. La Corte di Cassazione ha ritenuto la questione ‘assorbita’, ovvero superata dal motivo principale dell’accoglimento del ricorso. Poiché la richiesta dell’Agenzia era già limitata, e il giudice non poteva andare oltre, l’indagine sull’eventuale coinvolgimento del socio nella gestione è diventata ininfluente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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