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Responsabilità soci società estinta: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22274/2025, affronta il tema della responsabilità soci società estinta per debiti fiscali. Il caso riguarda un avviso di accertamento notificato a una ex socia di maggioranza di una S.r.l. cancellata. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, stabilendo che la responsabilità del socio, pur derivando da quella della società, necessita di un atto impositivo distinto e successivo. Inoltre, ha chiarito che in caso di accertamento induttivo con maggiori ricavi, devono essere riconosciuti i costi correlati in via forfettaria. Infine, ha ribadito la fondatezza del motivo sull’omessa pronuncia in merito alle sanzioni.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità Soci Società Estinta: La Cassazione Chiarisce

La questione della responsabilità soci società estinta per i debiti fiscali residui è un tema cruciale nel diritto tributario. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui confini e le modalità con cui il Fisco può agire nei confronti degli ex soci dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, offrendo importanti chiarimenti procedurali e sostanziali.

Il caso analizzato riguarda una società a responsabilità limitata, cancellata, il cui debito fiscale per IRES, IRAP e IVA, emerso da un accertamento, è stato successivamente richiesto alla socia di maggioranza (detentrice del 97% delle quote), insieme all’IRPEF sui maggiori utili presuntivamente distribuiti. La vicenda processuale ha portato la questione fino al vaglio della Suprema Corte, che ha cassato la decisione di secondo grado, rinviando la causa per un nuovo esame.

La Successione Fiscale e la Responsabilità Soci Società Estinta

Uno dei punti cardine della decisione riguarda la natura della responsabilità del socio. La Cassazione, richiamando un consolidato orientamento, chiarisce che l’estinzione della società determina un fenomeno successorio “atipico” nei rapporti pendenti. Tuttavia, questo non significa che il Fisco possa agire contro il socio basandosi unicamente sull’accertamento notificato alla società ormai estinta.

La Necessità di un Atto Impositivo Distinto e Successivo

La Corte ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità del socio per i debiti della società estinta, sia ai sensi dell’art. 2495 c.c. che dell’art. 36 del d.P.R. n. 602/73, richiede la notifica di un atto impositivo nuovo, distinto e successivo a quello emesso nei confronti della società. Questo atto deve essere emesso solo dopo che la pretesa verso la società si è consolidata. L’accertamento notificato al socio non è una mera riproposizione del debito societario, ma un atto che fonda una nuova pretesa, basata sulla sua qualità di successore e limitata a quanto percepito in sede di liquidazione.

L’Accertamento Induttivo e l’Obbligo di Riconoscere i Costi

Un altro motivo di accoglimento del ricorso riguarda la metodologia dell’accertamento. L’Amministrazione Finanziaria aveva proceduto con un accertamento “induttivo puro”, basato su discrepanze tra banche dati, rideterminando i ricavi. La Corte d’Appello aveva erroneamente ignorato la doglianza della contribuente sulla mancata considerazione dei costi connessi a tali maggiori ricavi.

La Cassazione, in linea con la giurisprudenza costituzionale, ha stabilito che, anche in caso di accertamento induttivo, è necessario tener conto dei costi necessari alla produzione dei maggiori ricavi accertati, al fine di rispettare il principio di capacità contributiva. Poiché le scritture contabili sono ritenute inattendibili, tale riconoscimento deve avvenire applicando una percentuale forfettaria, un adempimento che spetta al giudice del rinvio determinare.

Presunzione di Utili e Onere della Prova

La Corte si sofferma anche sulla presunzione di distribuzione degli utili extracontabili nelle società a ristretta base sociale. Viene confermato che, in presenza di una compagine sociale limitata (nel caso di specie, solo due soci di cui uno con il 97%), si presume che i maggiori utili accertati siano stati distribuiti ai soci.

Tuttavia, questa è una presunzione relativa. Il socio ha la facoltà di superarla fornendo la prova contraria, ad esempio dimostrando la propria totale estraneità alla gestione della società. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che, data la posizione di controllo quasi totale della ricorrente, hanno considerato inverosimile che non avesse percepito la sua quota di reddito non dichiarato.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme che regolano la successione fiscale post-estinzione societaria. Il ragionamento giuridico evidenzia la distinzione tra il debito della società e l’obbligazione del socio. L’obbligazione del socio sorge su un presupposto diverso: non la semplice esistenza del debito societario, ma la sua qualità di successore e la percezione di somme o beni in fase di liquidazione. Per questo motivo, la pretesa verso il socio deve essere formalizzata con un atto autonomo, che gli consenta di difendersi non solo contestando la sua responsabilità personale, ma anche, se ancora possibile, il merito della pretesa originaria verso la società.

Sul fronte dell’accertamento induttivo, la motivazione si ancora al principio costituzionale di capacità contributiva (art. 53 Cost.). Tassare i ricavi lordi senza considerare i costi necessari a produrli equivarrebbe a tassare un reddito fittizio, violando tale principio. Di qui la necessità di una rettifica che, pur in assenza di contabilità affidabile, riconosca un’incidenza percentuale di costi, un onere demandato al giudice di merito in sede di rinvio. Infine, la Corte ha censurato la sentenza d’appello per omessa pronuncia sulla questione delle sanzioni, un vizio procedurale che impone l’annullamento della decisione.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre tre importanti indicazioni pratiche:
1. Per i soci di società estinte: La cancellazione della società non garantisce l’immunità da debiti fiscali pregressi. Tuttavia, la pretesa del Fisco deve essere veicolata tramite un nuovo e specifico avviso di accertamento, che può essere impugnato per contestare sia la sussistenza dei presupposti della responsabilità personale (es. mancata percezione di utili) sia il merito del debito originario.
2. Per l’Amministrazione Finanziaria: L’azione nei confronti degli ex soci richiede un percorso procedurale rigoroso, che non può prescindere da un atto impositivo autonomo e motivato, emesso solo dopo la definizione della pretesa verso la società.
3. Sull’accertamento induttivo: Viene consolidato il principio secondo cui la determinazione di maggiori ricavi deve essere sempre bilanciata dal riconoscimento, almeno forfettario, dei costi correlati, garantendo una tassazione basata sull’effettiva capacità economica del contribuente.

Dopo la cancellazione di una società, il Fisco può richiedere i suoi debiti fiscali direttamente agli ex soci?
Sì, ma non direttamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità dei soci sorge solo a seguito della notifica di un nuovo e distinto atto impositivo, successivo a quello emesso nei confronti della società, e a condizione che la pretesa verso quest’ultima si sia consolidata. Non è sufficiente l’atto originariamente notificato alla società.

In una società con pochi soci, gli utili non dichiarati si considerano automaticamente distribuiti?
Si presume di sì. Per le società a ristretta base sociale, vige una presunzione per cui i maggiori utili accertati si considerano distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote. Tuttavia, si tratta di una presunzione relativa: il socio può fornire la prova contraria, dimostrando, ad esempio, la sua completa estraneità alla gestione societaria.

Se un accertamento fiscale determina maggiori ricavi in modo induttivo, devono essere riconosciuti anche i costi?
Sì. La Corte ha affermato che, nel rispetto del principio di capacità contributiva, l’accertamento di un maggior imponibile basato su presunzioni deve essere accompagnato da una rettifica che tenga conto dell’incidenza percentuale dei costi necessari a produrre quei ricavi. Tale riconoscimento può avvenire anche in via forfettaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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